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Autore: ranyare    21/03/2017    2 recensioni
Quando Garon ha orchestrato l'incidente di Cheve, non ha pianificato soltanto il brutale assassinio del Re di Hoshido, ma anche di appropriarsi di una specifica bambina dal sangue di drago. Ma come poteva essere certo che la bambina che ha strappato dal corpo ancora caldo del Re sia davvero quella giusta?
Le bugie crollano quando Ileana, cresciuta come una principessa nohriana, viene catturata da una pattuglia hoshijin presso l'Abisso Infinito, e portata al cospetto della regina Mikoto e di una ragazza della sua età, Zoe; ma il prezzo da pagare per la verità si rivelerà, però, troppo alto per entrambe.
Mentre le ombre della guerra si stagliano sul continente di Euanthe, Ileana e Zoe dovranno prendersi per mano per proteggere i propri cari dal pericolo imminente.
Dalla storia:
Ma, se gliel’avesse detto, il Principe Ereditario non sarebbe partito con un’armata, preferendo invece una delegazione diplomatica. E Re Garon non avrebbe avuto la guerra che voleva così tanto – la guerra che lui, il suo fedele e capace Iago, aveva passato tutto quel tempo a preparare. Quindi, ovviamente, non aveva detto nemmeno una parola sulla pergamena, già sparita in uno sbuffo di fiamme guizzanti.
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Avatar/Kamui (F), Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Golden Bridges'
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Aranyhíd
Wa'ada
(Arabo classico)
Un verbo che significa "seppellire la propria figlia."

 

Leo era certo che il tremore della carrozza fosse interamente colpa del continuo dimenarsi di sua sorella Elise, e non della strada acciottolata che conduceva al cuore di Windmire.

-Elise.- ringhiò, portandosi le mani alle tempie: si sentiva già esausto, e non era nemmeno mezzogiorno. -Sarebbe così terribile per te provare a stare ferma per cinque minuti di fila?-

-Sì!- strillò lei, chiaramente incapace di mettere un freno al proprio entusiasmo. Leo strinse i denti, quando la sua voce alta ed acuta gli perforò i timpani: poteva già sentire la morsa dell’emicrania che gli sarebbe esplosa in testa nel giro di pochi secondi. -Come puoi essere così calmo, fratello? Non sei euforico? Ileana viene a casa con noi! Staremo finalmente tutti insieme, come una famiglia!-

Quanto, quanto rimpiangeva di non aver deciso di scortare la carrozza a cavallo, assieme a Xander.

-Daaaaaaaaaaaaaaaaai, siamo arrivati? Non può andare più veloce, questo trabiccolo?!-

-Credo che ci siamo.-

La voce di Ileana fu appena un sussurro, che appannò per un attimo il finestrino della carrozza a cui era rimasta incollata fino a quel momento.

Era rimasta lì, immobile, da quando erano partiti dalla Torre Nord, molto prima che la linea dorata dell’alba spuntasse all’orizzonte, e Leo non poteva davvero biasimarla: aveva passato dodici lunghi anni rinchiusa in quella fortezza.

Era stato felice di vedere la meraviglia accendersi sul suo volto quando il Sole era sorto all’orizzonte: erano stati abbastanza fortunati da trovarsi su un passo di montagna, in quel momento, e l’altitudine le aveva permesso di vedere quella sottile linea di luce tra la terra e la coltre di nubi di cui era perennemente ammantato il cielo di Nohr – una coltre che si dissipava solo di notte, più un giorno ogni luna e mezzo.

Ileana forse non l’aveva nemmeno mai vista, un’alba: era un gufo, e le piaceva passare le mattine a letto. Era un’abitudine che avrebbe dovuto abbandonare in fretta, se il loro padre avesse deciso di permetterle di entrare nell’esercito di Nohr.

Leo si morse il labbro, sovrappensiero, combattendo con quella strana sensazione di timore e disagio che gli stringeva il petto. Re Garon era stato chiaro: a Ileana non sarebbe stato permesso di lasciare la Torre Nord a meno che non avesse provato le proprie abilità in combattimento, a meno che non avesse provato di essere forte quanto i suoi fratelli e sorelle. E, benché fosse una maga straordinaria – e come sarebbe potuto essere altrimenti, visto che l’aveva addestrata lui personalmente? – non era ancora riuscita ad attivare una vena drago.

Eppure, il re l’aveva comunque richiamata a Krakenburg. Leo non sapeva bene cosa pensare di quella novità, ma non poteva nascondere a se stesso di essere preoccupato e, sopra ogni cosa, temeva la reazione dell’aristocrazia: la corte di Nohr trasudava ambizione e crudeltà, e non c’era un singolo nobile che non fosse pronto a spargere sangue dinanzi alla più misera prospettiva di ricevere l’attenzione del re.

Una principessa misteriosa, cresciuta lontana da Krakenburg e che non poteva nemmeno provare il proprio retaggio scatenando il potere dei draghi, non sarebbe durata molto in quel genere di ambiente. Il solo pensiero di quello che Ileana avrebbe dovuto affrontare bastava a fargli venire la nausea.

Schiacciando le dita fredde sulla propria fronte, Leo si costrinse a mettere da parte il proprio pessimismo, lo sguardo che esitava sulla figura della sorella minore: di certo, almeno, aveva l’aspetto di una discendente del re, con quei capelli biondi e i lineamenti delicati che ricordavano molto tanto lui quanto Elise. Fisicamente parlando, i suoi occhi erano tutto ciò che la separava da loro – quegli occhi così verdi, così diversi dagli scuri toni di viola e bruno che gli altri avevano ereditato dal padre, che forse aveva ricevuto in dono dalla concubina che era probabilmente stata sua madre.

La somiglianza fisica, tuttavia, l’avrebbe tenuta al sicuro forse un paio di lune, a ben sperare.

Sospirò. Xander era certo che il padre avesse un piano per destare la magia dei draghi ancora silente nel sangue di Ileana, ma lui poteva soltanto sperare che avesse ragione… e che, qualsiasi fosse il piano, non comprendesse niente di pubblico.

-Leo, guarda! Siamo a casa!-

La voce di Elise lo strappò dai suoi pensieri, così lui si accostò alle sorelle premute contro il finestrino – ed eccolo, il castello di Krakenburg.

Torri nere si arrampicavano verso l’alto, protese verso il cielo di nubi oltre la gola in cui si trovava la residenza della famiglia reale come i rami della Desolazione si protendevano verso ogni scheggia di luce.

La carrozza si fermò, e loro si trovarono di fronte alla torre d’accesso, collegata al corpo centrale del palazzo tramite un ponte largo abbastanza perché tre persone potessero camminare fianco a fianco.

Certo, le difese di Krakenburg erano impressionanti, ma l’apprensione che si contorceva nello stomaco di Leo non mollò la presa – a lui il castello era sempre sembrato un mostro, in agguato negli abissi più oscuri e sempre pronto a colpire.

Di certo la nobiltà di Nohr rispondeva perfettamente alla descrizione.

Leo rabbrividì al pensiero della sorella risucchiata negli obblighi sociali, pericolosamente ignara dell’ambiente letale in cui si sarebbe trovata.

Una mano calda, guantata d’acciaio, gli si posò su una spalla, spingendolo a girarsi.

Xander era in piedi accanto a lui e lo fissava con un’ombra di preoccupazione negli occhi color mogano; erano occhi che si ingentilivano, perdendo la freddezza per cui erano rinomati, solo quando si posavano su un membro della sua amata famiglia. -Fratello? Stai bene?-

Leo si costrinse a sorridere. -Non preoccuparti per me, Xander. Pensavo.-

-Come sempre, allora.- lo canzonò bonariamente il Principe Ereditario, e il sorriso sul volto del fratello minore si fece appena più sincero.

Non poté farne a meno: le parole gli sfuggirono dalle labbra prima che lui potesse fermarle, prima che lui potesse ricordarsi che suo fratello aveva già abbastanza a cui pensare senza che lui gli rovesciasse addosso il proprio pessimismo. -Xander, lei… non è pronta. È tutto troppo improvviso. Se la presentiamo adesso a corte, sarà come darla in pasto ai lupi.-

L’ombra tornò negli occhi di Xander quasi all’istante, e il senso di colpa andò ad aggiungersi al mostro che si contorceva nel petto di Leo.

-Capisco il tuo timore, fratello.- gli disse, la stretta sulla sua spalla che si rinforzava appena. -Sono preoccupato anche io. Ma nostro padre mi ha detto che non ha intenzione di introdurla a corte, per ora. Ha organizzato qualcos’altro, per lei.-

Il secondo principe di Nohr annuì lentamente.

L’apprensione era ancora lì, certo, ma se quello che aveva in mente suo padre avesse davvero potuto dargli più tempo, allora si sarebbe accontentato. -Perdonami per averti disturbato.-

Xander lo guardò con affetto, uno di quei rari sorrisi dipinto sulle labbra. -Tu non disturbi mai.-

Leo fece per rispondere, ma la risata assordante di Elise gli tolse le parole di bocca. I due fratelli si volsero verso le loro sorelle, che chiacchieravano entusiaste con una Camilla appena smontata dalla sua viverna e che, al momento, stava soffocando Ileana in uno dei suoi abbracci.

-Camilla! Non respiro!- riuscì a gemere Ileana, sebbene non stesse facendo alcun tentativo di liberarsi dalla stretta della sorella, anzi.

Elise saltellava attorno a entrambe, troppo felice per stare ferma, prima di buttarsi addosso a loro per unirsi alle manifestazioni di affetto. Camilla non barcollò nemmeno e si limitò a stringere a sé anche quella sorellina così entusiasta, passandole un braccio attorno alle spalle.

-Camilla.- Xander sorrise mentre si avvicinava alle tre, e così fece Leo appena dietro di lui. -Potresti non asfissiare Ileana per il momento? Vorrei farle fare un giro del castello, almeno.-

La risata di Ileana si fece più forte quando Camilla allentò la presa. -Tranquillo, fratello. Ci sono abituata.-

-Ottimo!- cinguettò la principessa di Nohr, scoccando alla sorellina un bacio tra i capelli. -Perché non smetterò di coccolarti solo perché adesso verrai a vivere a palazzo con noi!-

Elise stava praticamente rimbalzando, quasi fosse una molla. -Nemmeno io! Nemmeno io!- gioì mentre stringeva le braccia attorno alla vita della sorella. -Ti voglio tanto bene! Ti voglio tutto il bene del mondo!-

-Vi prego.- Leo le rimproverò, serio solo per finta. -Potreste almeno provare a darvi un contegno e a comportarvi con la regalità che ci si aspetta da voi?-

Elise gli fece la linguaccia, ma Camilla gli sorrise, lasciando andare Ileana solo per stringere le braccia attorno a lui. -Oh, Leo. Il mio adorato geniale fratellino. Come faremmo senza di te a tenerci tutti in riga?-

-Probabilmente finireste a farvi rimproverare per comportamenti inappropriati un giorno sì e l’altro pure.- ribatté, ma c’era l’ombra di un sorriso sul suo volto mentre Camilla gli lasciava un bacio sulla guancia.

-Andiamo.- Xander richiamò l’attenzione di tutti, precedendoli verso la scalinata della torre d’accesso. -C’è il pranzo che ci aspetta, e i nostri sarti ti attendono per fornirti l’abbigliamento consono a un’udienza con nostro padre, Ileana.-

-Ma certo.- rispose subito la diretta interessata, saltellando accanto al maggiore dei suoi fratelli per stringersi al suo braccio. Le spalle di Xander si rilassarono appena a quella coccola, una delle mani ancora coperte dall’armatura che si stringevano su quelle più piccole e indifese di lei. -Scusaci per il ritardo.-

-Fa lo stesso, principessina.- la perdonò lui, accarezzandole appena i capelli. -Ora, vieni con me. Abbiamo un po’ di tempo per farti vedere casa prima di dover tornare ai nostri impegni.-

Muovendosi all’unisono, i cinque si incamminarono verso le scale della torre e poi attraverso il ponte che conduceva al castello. Elise era in testa al gruppo, naturalmente, e con la sua allegria aprì la strada verso il portone di ingresso. Ileana rimase indietro in poco tempo, impegnata com’era a guardarsi attorno; Leo se ne accorse e rallentò, attendendo pazientemente che lei lo raggiungesse.

-Tutto bene, sorella?- le domandò una volta che lo ebbe affiancato. -Sei stata così silenziosa per tutto il viaggio. Qualcosa ti preoccupa?-

I corti capelli biondi di Ileana le solleticarono il mento quando scosse la testa. -No, tutto bene. Credo di essere solo un po’… sai. È tutto così…-

Lo sguardo di lui seguì gli occhi affascinati di Ileana verso le torri, verso i balconi che circondavano il burrone in cui era incastonato il castello. Ma certo, si disse, rimproverandosi per la propria cecità: Ileana era stata rinchiusa e isolata per così tanto tempo che, forse, tutti quei posti nuovi e quegli odori sconosciuti erano sufficienti per sopraffarla. -Capisco.-

-Ti chiedo perdono se mi sono rivelata una cattiva compagnia. Spero tu non ti sia annoiato in carrozza?- gli domandò lei, gli occhi verdi che lo guardavano trafitti da una scheggia di senso di colpa.

Leo le rispose con un sorriso e le mise un braccio attorno alle spalle per stringersela addosso, lasciandole un bacio sulla tempia e strappandole una risata. -Certo che no, sorella. Ho avuto tutto il tempo per studiare il mio libro, almeno finché Elise non si è svegliata. Anche se il suo russare mi aveva reso difficile concentrarmi.-

Disse la parte finale ad alta voce di proposito, e la minore delle principesse di Nohr si voltò in un batter d’occhio, arrossendo furiosamente. -Io NON russo!-

-Oh? E come lo sai? Dormivi così profondamente che non credo ti avrebbe svegliato nemmeno lo scoppio di una battaglia.- la prese in giro lui, mentre Ileana si mordeva un labbro cercando di non scoppiare a ridere.

-Leo! Sei cattivo!- piagnucolò la piccola, un broncio adorabile sulle guance tonde, le orecchie che avvampavano di un dolcissimo rosso. -Un cattivo con il mantello al contrario!-

Per contro, il fratello impallidì con violenza. -COSA?! E non potevi dirmelo prima di scendere dalla carrozza?!-

-Così impari a essere cattivo!- replicò lei, piroettando su se stessa per poi infilarsi fra gli enormi portoni socchiusi del castello, perfettamente soddisfatta della propria piccola vendetta.

Ileana quasi soffocò per trattenere il riso e Leo, oltraggiato, si girò per lanciarle un’occhiataccia. -E tu perché non mi hai detto niente, sorellina traditrice?-

Lei sorrise, girandogli intorno per sganciare i fermagli del suo mantello. -Ho dimenticato di menzionarlo?-

Lui brontolò qualcosa di inintelleggibile mentre lei gli toglieva il mantello per girarlo e poi drappeggiarglielo nuovamente sulle spalle. -E io che pensavo di potermi fidare almeno di te.-

L’unica risposta che ottenne fu una risata, mentre il suo mantello – ora indossato nel verso giusto – veniva di nuovo fissato alla sua armatura. -Scusa, Leo. Ma queste piccole cose ti rendono così adorabile.-

Leo alzò gli occhi al cielo, ma non si scostò quando la sorella gli soffiò un bacio su una guancia e si decise a entrare a sua volta, passando attraverso le porte che Xander aveva tenuto aperto per loro per tutto il tempo. Dentro, Camilla li attendeva con un sorriso, Elise al suo fianco impegnata a spostare il peso da un piede all’altro ogni due secondi.

C’era un calore nuovo negli occhi di Xander mentre la guardava tendere le mani a Ileana e trascinarla lungo il corridoio, raccontandole qualsiasi cosa le passasse per quella mente così vivace. Leo e Camilla le seguivano in silenzio, ridacchiando ogni tanto a per qualcosa che le scappava, il suono che si univa al divertimento di Ileana e alla risata assordante di Elise.

Una voce, da qualche parte nella sua testa, gli fece notare che forse una vita senza quella risata non sarebbe stata una vita degna di essere vissuta.

Con un sospiro, il Principe Ereditario chiuse le porte del castello alle proprie spalle.

 .

.

Ileana fece un’altra giravolta allo specchio, le dita strette nella stoffa del mantello per vedere come si muoveva assieme a lei. Sorrise, soddisfatta dell’effetto.

Gli abiti che indossava erano una versione impreziosita della divisa dei Maghi Oscuri – -Perché sarebbe degradante vedere una principessa vestita come un soldato qualunque!- aveva spiegato Camilla mentre la aiutava a provare l’armatura.

Ileana era contenta che fosse tutto scuro, arricchito da profili dorati, il blu di solito associato ai maghi completamente sostituito dal nero indossato, per tradizione, dagli esponenti della famiglia reale di Nohr. L’unico tocco di colore erano l’interno del mantello e alcune decorazioni su spalle e fianchi, che erano di un verde scuro ma vivido, lo smeraldo delle foreste.

Era sicura di dover ringraziare Camilla, per quello. Sorrise al pensiero della sorella maggiore e di quanto tormento avesse sicuramente dato a quel povero sarto per assicurarsi che ci fosse almeno qualcosa di personale nella sua nuova uniforme.

Si avvicinò allo specchio e cominciò a controllare i fermagli del mantello, a riallacciare i bottoni dei polsini, a stirare con le mani ogni piega della stoffa. Voleva essere perfetta.

Non vedeva suo padre da dodici anni, e ne aveva avuti solo sei quando lui aveva ordinato di farla trasferire alla Torre Nord perché si addestrasse senza le infinite distrazioni che una principessa avrebbe trovato a corte.

I suoi ricordi erano pochi, mangiati dal tempo: non era nemmeno del tutto sicura di ricordarsi esattamente che aspetto avesse, quell’uomo.

Portò una mano a riavviarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sotto il cerchietto.

Sarebbe stato contento di lei? Sapeva che avrebbe preferito addestrarla alla spada, perché l’avrebbe resa una figura molto più versatile in termini di formazione militare, ma era stato evidente fin da subito che la via dei “bastoni di metallo appuntiti” – come Leo si divertiva a definire la scherma – era la via peggiore che avesse potuto intraprendere.

Era stata un’idea di Camilla di farle studiare la magia, e solo i Draghi sapevano quante notti aveva dovuto passare a litigare con Xander sulla questione. Ma una volta che Leo stesso aveva cominciato ad addestrarla, beh, non c’erano più stati dubbi su quale fosse il suo talento.

Ileana pensava che avrebbe comunque potuto rendersi utile all’esercito. Aveva studiato le strategie che di solito i suoi fratelli adottavano in battaglia: Xander era sempre in prima linea, a guidare i suoi cavalieri nel cuore dello scontro, mentre Leo, con Elise e i suoi maghi, costituivano le retrovie e l’ultima linea di difesa, pronti a entrare in azione nel caso in cui si dovesse suonare la ritirata; Camilla poteva giocare sia in attacco che in difesa, aiutando il maggiore nell’offensiva e coprendogli le spalle dall’alto durante la ritirata.

Se il re le avesse permesso di addestrarsi come Incantatrice, avrebbe potuto guidare una piccola squadra di assalto che potesse affiancare Xander, permettendogli di spezzare i ranghi nemici molto più agevolmente e contando su di lui per proteggersi da quegli assalti che una manciata di maghi non avrebbe mai potuto bloccare.

Ma era ancora tutto molto incerto. C’era sempre quell’unico, enorme punto di domanda: le sarebbe stato permesso anche solo di avvicinarsi all’esercito, incapace com’era di scatenare il potere delle vene drago?

Ileana sapeva che quella capacità – o incapacità, nel suo caso – avrebbe effettivamente deciso del suo futuro. Il re aveva bisogno che i suoi figli fossero dei generali, e catalizzare tutto quel potere poteva veramente alterare le sorti di uno scontro: era di fondamentale importanza che imparassero ad attivarle, e il prima possibile… eppure lei doveva ancora imparare anche soltanto a percepirle. Xander le aveva garantito che ne era in grado, che ce l’aveva nel sangue, ma lei non era mai riuscita a incanalare nemmeno una goccia di potere dai molti pozzi di energia draconica sparsi per tutta Euanthe e per tutta la Torre Nord.

Per molto tempo non le era importato. Non era mai stata… adatta alla guerra. Non le era mai pesato di non poter usare le vene drago, perché significava non essere costretta a gettarsi subito nelle scaramucce con il regno di Hoshido o a partecipare alle contromisure adottate per sedare le ribellioni dei principati annessi in qualità di capo militare – un ruolo per cui lei sapeva di non essere assolutamente tagliata, ora come allora. Tuttavia, questa sua incapacità che lei aveva considerato un dono si era ben presto tramutato in una maledizione, non appena i suoi fratelli e sorelle erano stati chiamati a combattere negli scontri che stavano facendo Nohr a brandelli… mentre lei era stata condannata ad aspettare un segno di vita da parte loro. L’immobilità della torre le aveva dato sui nervi in fretta, rendendola impaziente e nervosa, mentre la preoccupazione per i suoi fratelli la divorava viva.

Detestava tutt’ora l’idea di combattere, ovviamente, ma l’avrebbe sopportato con gioia pur di essere al loro fianco, a proteggere loro e quella casa che loro amavano tanto.

Eppure la sua risolutezza non aveva destato alcun potere. Appena aveva cominciato a temere che sarebbe stata condannata ad aspettare in eterno, il re aveva deciso di richiamarla a Krakenburg, convinto che ormai non ci fosse più nulla che potesse imparare rinchiusa nella sua torre d’avorio. Ileana poteva solo sperare che avesse un piano, qualcosa per svegliare il sangue di drago ancora silente in lei, che conoscesse qualcosa che lei e Xander ignoravano o a cui non avevano ancora pensato.

Andrà tutto bene.” si disse per rassicurarsi, riaggiustando il mantello per l’ennesima volta. “Smettila di aspettarti in peggio. Saprà cosa fare. Andrà tutto benissimo.

Un ultimo sguardo allo specchio e, dopo un lungo respiro, Ileana girò su se stessa, col mantello che le ondeggiava intorno in un modo che la fece sorridere, e uscì dalla stanza.

Si era giusto chiusa la porta alle spalle quando lo sentì, appena in tempo, e si scansò a sinistra.

Thud.

Si voltò, per nulla preoccupata, per guardare il pugnale affondato nel legno proprio all’altezza delle sue orecchie. Alzò gli occhi al cielo.

-Mancata!- annunciò alla stanza vuota e, proprio come aveva previsto, la figura di un uomo emerse dalle ombre dietro a una delle lunghe, spesse tende purpuree che incorniciavano le finestre del salottino fuori dalle stanze del sarto.

-Non potete davvero darne la colpa a me. Siete sempre stata molto brava ad evitare qualunque lunga, rigida cosa diretta contro di voi.- la prese in giro mentre le si avvicinava, lasciando che le ombre si ritirassero dal suo volto per permetterle di vederlo: pelle olivastra, capelli candidi, benda sull’occhio e sorriso perfido, proprio come lei lo ricordava. -È un tale piacere vedere che non avete perso i vostri riflessi.-

-Volevi testare i miei riflessi? Sarebbe questa la tua scusa?- replicò lei, il sorrisetto che si faceva furbo. -Mio adorato Niles, se ci tenevi così tanto a trafiggermi con qualcosa dovevi solo chiedere.-

Una scintilla baluginò nell’unico occhio blu elettrico di lui. -Occhio a quella lingua, principessa. Potrei essere tentato di farne buon uso…-

-Un avvertimento del genere, proprio da te?- lo prese in giro, ma c’era un sorriso sincero nella sua voce. -Comunque so che avevi mirato alla porta.-

-Ma certo. Come se potessi mai osare farvi del male, mia signora.- Niles le concesse con un inchino, la tensione che gli abbandonava le spalle, la cattiveria la voce, la malizia il viso. -Quanto mi sono mancati i nostri giochi di parole.-

Ileana annuì. Per un attimo sembrò quasi volerlo abbracciare ma poi, dopo un attimo, parve ripensarci. -Già. Ne è passato di tempo dall’ultima volta che sei venuto alla Torre Nord. Mio fratello ti tiene impegnato, deduco?-

Un suo sospiro e un sorrisetto furono l’unica risposta che le offrì.

Ileana alzò gli occhi al cielo. -Mi racconterai mai delle storie, Niles?-

Lui fece un passo verso di lei, il ghigno che si accentuava quando lei si rifiutò di fare un passo indietro. -I vostri fratelli non vi hanno mai detto che la curiosità uccise il gatto, mia signora?- la sua mano si alzò e si strinse sull’elsa del pugnale, strappando la lama dal legno con un unico strattone.

Lei non si scompose né disse nulla, nemmeno quando il filo del coltello le passò accanto al viso mentre lui rinfoderava l’arma. Sospirò. -Dubito che le mie storie soddisferebbero la vostra sete d’avventura, mia signora. Se sono storie d’eroi che desiderate, conosco un certo stregone che sarebbe felicissimo di raccontarvi le imprese di_-

SLAM!

-IO SONO ODIN DARK!- gridò lo stregone che Niles aveva appena chiamato in causa, come se l’avesse sentito, la porta del salottino quasi brutalmente divelta dai cardini tanto fu il suo entusiasmo. -ECCO GIUNGERE L’EROE PRESCELTO DAL FATO!-

-Giuro che non è stato pianificato.- le sussurrò Niles all’orecchio mentre l’Incantatore si metteva in posa.

-DEMONIO!- urlò quello, il mantello che ondeggiava alle sue spalle mentre stendeva il braccio con uno svolazzo, puntando un dito accusatorio verso il suo compagno. -Parto delle ombre più vili, hai tramato per sfuggire al mio vigile sguardo per corrompere la sacralità del nostro compito, MA GIAMMAI! Nell’oscurità ho percepito i tuoi intenti malvagi e sono giunto qui, sulle ali del mio immenso potere, per proteggere la dolce principessa dalle tue grinfie peccatrici!-

La risata della “dolce principessa” in questione riecheggiò per il salotto e il corridoio mentre lei si lanciò in braccio a lui. -Mio salvatore!- sospirò con finto sollievo mentre si abbandonava tra le sue braccia, il dorso di una mano contro la fronte.

-Mia signora! Ritrovarvi sana e salva doma l’ardore dell’antico sangue che divampa nelle mie vene!- dichiarò lui mentre la prendeva tra le braccia per alzarla dal suolo, preso dall’entusiasmo. -Spero che il mio compagno non abbia… ecco… esagerato?- aggiunse in un tono più serio, davvero preoccupato, mentre la depositava delicatamente al suolo.

-Non temete, mio eroe.- rise Ileana, scoccando un bacio sulla sua guancia. -Si è comportato da vero cavaliere.-

Qualsiasi commento di Odin sulla dubbia concezione del “comportamento da vero cavaliere” di Niles gli sfuggì di mente non appena vide il mantello svolazzante che incorniciava la figura della principessa.

-MIA SIGNORA! La più splendente delle oscurità vi ha accolta nel suo gelido abbraccio!- esclamò, crollando in ginocchio e prendendole una mano tra le proprie. -La vostra aura, posso avvertirla salmodiare il suo canto di gioia, e destata infine dal suo sonno ora riluce d’impazienza in questo vostro fragile involucro di carne! Le ombre decantano il vostro nome e si diramano in voi, colmando il vostro innocente cuore della loro arcana magia! Creatura della notte, voi siete l’emblema dell’occulto splendore di una campionessa incoronata dalla Magia Profonda stessa!- le lasciò un bacio lieve sul dorso della mano. -Oh, quali incanti tesseranno queste dita! I vostri nemici cadranno nel terrore dinanzi al vostro sconfinato potere, e ringrazieranno i loro dei che sia la vostra mano, incantevole portatrice di morte, ad aver donato loro la pace dell’ultimo respiro sulle ali nere di un cigno!-

Ileana sorrise nonostante il rossore che le pervadeva il viso a quella cascata di complimenti, per quanto improbabili, ma Niles sbuffò.

-Va bene, Odin, abbiamo capito. Lei è deliziosa e tu sei a metà strada tra chiederla in sposa e avere un orgasmo.- sogghignò, Niles, al suono strozzato con cui gli rispose il mago e al rossore più vivido che si estese al collo della principessa. -Ora, possiamo andare dal re oppure vuoi essere tu a spiegare perché l’abbiamo accompagnata all’udienza in ritardo?-

Non servirono altre parole perché Odin saltasse in piedi. -Siate pronta, principessa, al destino che si snoda dinanzi a noi!- la prese sottobraccio e cominciò a guidarla in corridoio, fuori dal salotto. -Canterò la vostra beltà mentre ne percorreremo gli ardui sentieri, pronti a compiere ciò che è stato inciso fra i rovi che ci accompagnano nel nostro cammino! Che ogni pietra di questo castello si pieghi al vostro cospetto, e che ognuna rimembri il vostro passaggio e si inchini al vostro volere quando solcherete nuovamente questi luoghi!-

Il sorriso di Ileana tremò. -Oh, Odin, non è davvero necessario…- provò a dire, ma lui la ignorò del tutto.

-Principessa, è mio dovere rendervi omaggio! Sarebbe un peccato mortale non concedere ad ogni anima di questa terra dannata la consapevolezza della meraviglia che muove or ora i suoi primi passi fra questi irti pericoli e i più seducenti degli intrighi!- trillò lui, imperterrito, il suo braccio ben stretto al proprio. -Ora, dove ero arrivato? Ah, sì! Sulle ali di un cigno che ha sottratto al corvo il suo piumaggio, voi condurrete_-

La voce di Odin divenne un trascurabile rumore bianco nella mente di Niles: dopo tanti anni passati a lavorare fianco a fianco, aveva imparato a smettere di ascoltare quando il suo compagno si perdeva in quei suoi discorsi di eterna gloria e profonda oscurità – una questione di sopravvivenza, a suo modesto parere, considerate tutte le ore che si ritrovava a passare in sua compagnia. Si incamminò dietro ai due, mantenendosi a qualche passo di distanza, l’occhio vigile che scrutava i muri per cogliere ed anticipare qualsiasi eventuale minaccia – certo, probabilmente non ce ne sarebbero state, ma non si poteva mai essere troppo cauti.

Passando da una parete all’altra, il suo sguardo rimase impigliato per qualche secondo sul rossore che ormai ricopriva viso, orecchie e addirittura spalle della principessa. Non poté trattenere un sogghigno a quella vista: lei aveva sempre tollerato e persino partecipato alle stranezze di Odin, tanto quanto alle battute sconce di Niles… ma era timida, quella ragazza, e dolce, e non era del tutto a proprio agio al centro dell’attenzione – specie quando quell’attenzione era rumorosa come poteva essere soltanto Odin.

Oh, sì, la principessa era sempre stata dolce – anche se, dal suo punto di vista, non era sempre stato così. Aveva impiegato anni per smettere di odiarla, per riuscire a vederla per ciò che era: un folletto di bambina, sempre così felice di passare da un abbraccio a un altro, sempre così affamata di ogni segno d’affetto mostratole dai suoi fratelli e sorelle, inseguita da quel profumo di biscotti allo zucchero che lei preparava e che non mancava mai di infilare nelle tasche di suo fratello e delle sue guardie. Si chiese per un istante se avesse ancora l’odore di biscotti impigliato addosso, quell’aroma fragrante di pasta frolla appena uscita dal forno sulla pelle…

Un lieve sogghigno si disegnò sulle sue labbra profane: l’idea di accostarsi a lei, alla ricerca di quel profumo zuccherino nascosto tra i suoi capelli, era una tale tentazione, e Niles si scoprì a leccarsi le labbra. Ma Odin avrebbe gridato all’eresia e forse l’avrebbe persino sfidato per l’onore della sua “signora”… ovviamente, sempre che quest'ultima non finisse per dare fuoco a tutto – se stessa compresa – per la sorpresa e l’imbarazzo.

Soffocando una risata, le concesse un ultimo sguardo di apprezzamento – non aveva esagerato quando, rispondendo ad Odin, l'aveva definita deliziosa: era diventata proprio una bella bambolina…

…un peccato che sarebbe stata fatta in tanti pezzettini nel giro di pochi giorni, non appena la corte nohriana avesse allungato le mani su di lei.

Sapeva che la stavano aspettando, e da tempo. Poteva già quasi vederli, protesi verso di lei con quei loro artigli e zanne snudate, affilate apposta per affondarle nella pelle più facilmente, celati dietro sorrisi di benvenuto e lingue d’argento che nascondevano lo scintillio delle lame dei pugnali.

Dovevano solo aspettare un’occasione, che il re le voltasse le spalle… e lo avrebbe fatto sicuramente se lei avesse fallito quella specie di test che aveva in serbo per lei. A re Garon non serviva a nulla qualcuno che non sapesse sfruttare il potere del sangue che le scorreva nelle vene, se non a produrre eredi in grado di farlo.

Lui lo sapeva, e sapeva che lo sapevano anche loro: li aveva sentiti complottare, aveva sentito i sussurri silenziosi che aleggiavano per i corridoi, di cui lui si nutriva quotidianamente. Strisciavano, quelle voci, mormoravano, raccontavano di una principessa ingenua che non aveva ancora sbloccato il potere dei draghi, e pregavano che fallisse la prova del re, sapendo che i suoi fratelli non avrebbero potuto proteggerla. Sapeva che avevano già fatto dei piani, che c’erano già trappole pronte a scattare negli gli anfratti più bui del castello, che le loro mani fremevano per toccare, prendere, strappare, il sangue della principessa votato in sacrificio perché loro potessero arrivare più vicini al Trono di Spine.

Questa era la corte di Krakenburg… ma lei non lo sapeva.

Era cresciuta rinchiusa in una torre, lontana dagli intrighi e dalla politica, circondata dall’affetto incondizionato dei suoi parenti e dei suoi custodi, ma la realtà della capitale era molto, molto diversa dalla vita che aveva condotto fino a quel momento.

L’avrebbe travolta, senza pietà, all’improvviso, fredda come il ghiaccio.

Non era sicuro che sarebbe sopravvissuta, e sapeva di non essere l’unico ad avere quel timore: il principe Leo non aveva condiviso con lui le sue preoccupazioni, ma lui le aveva lette nell’irrequietezza dei suoi occhi, nel pallore delle mani che stringevano Brynhildr più convulsamente del solito. Sapeva cosa pensava ed era d’accordo: Ileana non era pronta.

Certo, era una dei più abili e dotati maghi che avesse mai visto… seconda solo a Leo, forse, e con tanto talento da potersi confrontare anche con lui. Il fratello l’aveva addestrata di persona, con uno zelo nato da un errore commesso così ingenuamente, ma che non si era mai perdonato.

Niles stesso era stato suo insegnante, per un po’: dopo quel… piccolo imprevisto con un incantesimo di fuoco commesso quando era giovane e davvero troppo entusiasta, il fratello l’aveva costretta ad imparare a mirare con arco e frecce, prima di permetterle di allungare le mani su un libro di magia. Ma Ileana era stata preparata alla battaglia, e non agli intrighi che costituivano le vere e proprie pareti del castello di Krakenburg.

I suoi fratelli avrebbero cercato di proteggerla, ovviamente, di fare da schermo tra lei e quei nobili sempre pronti, in agguato, alle spalle. Loro erano cresciuti a Windmire, erano abituati alle brutalità che i nobili erano disposti a compiere e che avevano reclamato le vite di tutti i loro vari fratellastri e sorellastre. Sapevano quando sorridere e quando minacciare, come evitare le trappole per rispondere colpo su colpo con la medesima cattiveria, sapevano tirare sempre il filo giusto per guardare interi complotti disfarsi ai loro piedi, e potevano crearne di altrettanto intricati per proteggere se stessi e i loro cari.

Ma non avrebbero potuto proteggerla per sempre, non quando avevano i loro doveri nei confronti del re da portare a termine.

Prima o poi, Ileana sarebbe rimasta sola e, senza la protezione del padre, sarebbe stata la sua fine.

Il suo occhio le accarezzò di nuovo la pelle: già poteva distinguere i lividi, i tagli, il sangue scorrere a saziare la sete del castello – già poteva vederla, sanguinante, spezzata, ferita, le guance rigate di lacrime lucenti, il suo bel visino distorto dal dolore e dalla paura.

Anni prima, quelle immagini lo avrebbero fatto gemere di piacere, volere di più, avrebbero portato le sue dita a stringersi sull’elsa di un pugnale. Oh, quanto, quanto l’aveva odiata – aveva odiato il suo disinteresse, la sua leggerezza, la sua innocenza… Ma col passare del tempo, mentre lei cresceva – il cuore più pesante, i pensieri più cupi, il futuro più incerto – quell’odio era diminuito fino a svanire.

Non meritava di essere lasciata in balia della nobiltà. Certo, una buona dose di realtà era quello che serviva a quella ragazza ingenua per svegliarsi dalla vita dorata che aveva condotto fino a quel giorno, ma quello era… troppo. Non era quello che le avrebbe certo augurato – dopotutto, il suo dolore sarebbe stato quello del principe Leo. Ed era un suo preciso dovere impedire che qualsiasi cosa facesse del male al principe.

Ileana doveva passare la prova del re. Doveva, se voleva avere anche una sola possibilità di sopravvivere.

Forse gli sproloqui di Odin non erano poi così male, dopotutto: almeno la principessa era troppo occupata a imbarazzarsi per preoccuparsi di quello che l’attendeva…

-Vi ho mandato a recuperare mia sorella perché la aiutaste a trovare la strada per la sala del trono, non perché gliela faceste perdere.-

La voce del principe Leo aveva il potere di fermare sul nascere, senza sforzo alcuno, anche le più rumorose, mirabolanti parole che la fantasia di Odin riusciva a mettere insieme. L’Incantatore sobbalzò, slegando immediatamente il proprio braccio da quello della principessa per inchinarsi al suo principe balbettando scuse e spiegazioni. Anche Niles fece un inchino, un sorrisetto di scuse l’unica risposta allo sguardo accusatore di Leo.

Leo sospirò. -Da qui ci penso io.- decise, interrompendo di nuovo gli sproloqui di Odin. -Voi potete andare. Aspettatemi nel mio studio, vi raggiungerò lì terminato l’incontro con mio padre.-

E poi girò sui tacchi, senza nemmeno fermarsi a controllare che i suoi ordini venissero eseguiti – sapeva che l’avrebbero fatto, come sempre, anche se solo dopo le loro solite stupidaggini: Odin si sarebbe inerpicato in qualche discorso dei suoi, Niles sarebbe stato Niles e l’avrebbe imbarazzato così tanto da farlo smettere per poi prenderlo in giro senza pietà mentre si incamminavano. A Leo, di solito, piaceva restare a guardarli, perché per quanto potessero essere frustranti le stranezze delle sue guardie riuscivano sempre a farlo sorridere.

Tuttavia quel giorno non era proprio dell’umore per sopportare delle sciocchezze e, così, si girò, incamminandosi con passo svelto inseguito dall’eco dei passi concitati di Ileana.

-Siamo in ritardo, fratello?- gli chiese quando lo ebbe raggiunto, preoccupata.

Leo si costrinse a espirare quel sospiro che non poteva fare a meno di trattenere, e a rallentare. Le offrì il braccio, che lei strinse con un sorriso e una domanda negli occhi. -No, siamo puntuali. Perdonami, sorella. Ho delle cose per la testa.- la mano guantata coprì quella di lei, attenta a non impigliarsi nel pizzo che le velava le braccia.

Il sarto aveva davvero fatto un ottimo lavoro con le sue vesti, doveva ammetterlo. Ileana era incredibile, così avvolta da nero e oro e verde, da armatura e pizzi. Era semplicemente stupenda, e in battaglia sarebbe stata terribile, con i contrasti di luce e ombra che caratterizzavano la magia Profonda in cui lei era tanto brava – proprio come per Camilla, avrebbe trasformato quella bellezza in un’arma, fatta per ispirare i suoi alleati e distrarre i suoi nemici.

O, almeno, lo sarebbe stata, una volta che avesse provato la sua forza, il potere del suo sangue. Fino ad allora, quella bellezza sarebbe stata solo una tentazione. Leo si ritrovò a ringraziare ogni stella del cielo di Nohr per essere riuscito a tenere la data del suo arrivo a Krakenburg lontana dalle orecchie della corte. L’ultima cosa di cui aveva bisogno quel giorno era la nobiltà che veniva a dare un’occhiata al loro potenziale giocattolino nuovo.

Si fermò, così all’improvviso che Ileana inciampò leggermente, ma lui se ne accorse a malapena mentre la sua mente correva a mille miglia all’ora. -Leo, che_?-

-Quando entreremo nella sala del trono…- cominciò, la bocca asciutta, i nervi a fior di pelle. -…non saremo lì in qualità di figli. Saremo dei soldati di fronte al loro re. Capisci?-

Il suo silenzio, il modo in cui la sua mano si strinse sul suo braccio gli dicevano che no, non capiva cosa stesse succedendo, ma che qualche parte di lei comprendeva che non fosse niente di buono.

-Non rispondergli.- continuò, voltandosi verso di lei e prendendole il viso tra le mani, il peso dei suoi errori a gravargli sulle spalle. -Non contestare. Non importa cosa ti dirà, va bene? Solo accetta gli ordini, e se c’è qualunque problema lo risolveremo insieme, tra di noi, e faremo comunque sembrare che tu abbia fatto tutto quello che ti ha chiesto. Okay?-

-Leo…- le sue dita si intrecciarono a quelle che le toccavano le guance mentre lei gli permetteva il contatto, gli occhi verdi attenti che reggevano il suo sguardo bruno. -Cosa succede? Cosa non mi hai detto?-

Fu l’orgoglio a gonfiarglisi in petto. Certo che aveva capito. Era intelligente, checché ne dicesse lei o chiunque altro, e lui aveva fatto in modo di addestrare e affilare quell’intelligenza in ogni modo possibile.

Non dirle. Quello era stato il loro errore – di Xander, di Camilla, suo. Erano sempre stati così ansiosi di proteggerla, di farla felice, che non si erano mai preoccupati davvero del giorno in cui lei sarebbe dovuta entrare nel mondo di Krakenburg finché quel giorno non era stato troppo vicino perché potessero continuare a ignorarlo. Avevano trasformato lei e la Torre Nord in un rifugio in cui gli intrighi non esistevano, ma Leo ora non riusciva quasi a respirare al pensiero che, forse, avevano scavato la tomba della sorella con le loro stesse mani.

L’avevano protetta troppo, tenuta all’oscuro troppo a lungo – proteggevano Elise con la stessa determinazione, ma almeno Elise era lì al castello e poteva vedere con che ambiente avrebbe dovuto confrontarsi prima o poi, per quanto schermata e di poca importanza fosse adesso. Ma Ileana non aveva avuto nemmeno quella possibilità. E adesso doveva entrare, del tutto alla cieca, senza nemmeno sapere che tipo di re fosse il loro padre né come comportarsi di fronte a lui.

“Hedi, perdonaci. Cos’abbiamo fatto?”

Ileana reclinò il capo di lato mentre lui le passava il pollice sulla guancia, sempre più perplessa e preoccupata. -Leo? Mi stai spaventando.-

Bene, avrebbe voluto dirle. Aveva ottime ragioni per essere spaventata, e lui avrebbe voluto spiegargliele tutte, una per una, avvertirla, fare quello che avrebbe dovuto fare già da tempo.

Ma non poteva. Non ne aveva il tempo, né le parole.

Così forzò un sorriso, ingoiò il groppo in gola, e disse solo: -Perdonami, sorella. Non è nulla. Mi sono solo dimenticato di dirti quanto tu sia bella.- le soffiò un bacio sulla tempia, ignorando le sue domande e la preoccupazione nei suoi occhi. -Andiamo adesso, siamo attesi.-

Ringraziando il Drago Nero, erano oramai solo a un paio di corridoi di distanza dalla sala del trono, perché Leo non avrebbe potuto sopportare il peso di quegli occhi per un minuto di più.

-Sorella!- Elise trillò quando li vide avvicinarsi, lanciandosi addosso ad Ileana per stringerla in un abbraccio.

Anche Camilla si avvicinò, ma decise di lasciare le sorelline alle loro dimostrazioni d’affetto per un po’. Leo fu decisamente sorpreso di sentire le braccia della sorella maggiore che se lo stringevano addosso in un abbraccio tutto per lui.

-Mio dolce Leo, sei pallido come un lenzuolo!- lo rimproverò, permettendogli di respirare solo per prendergli il volto tra le mani ed esaminarlo da vicino. -Sei certo di stare bene?-

Lui arrossì, non abituato a tutta quell’attenzione, ma qualcosa in lui era ben contento che qualcuno notasse il suo stato e se ne preoccupasse. -Sto bene, Camilla!- soffiò, inevitabilmente.

-Ah, fratellino. D’accordo, d’accordo, ti lascio stare. Spero di non averti infastidito troppo.- ridacchiò lei in risposta, le dita a riordinare i capelli che gli aveva arruffato lei stessa. Leo si rifiutò di replicare, sbuffando in risposta, così la maggiore delle principesse di Nohr spostò la propria attenzione sulle sorelle. -Ileana, mia cara. Sei splendida.-

Il suo commento parve richiamare l’attenzione di Xander, che era rimasto immerso nei suoi pensieri in silenzio vicino alla porta mentre le sue sorelle si salutavano. Si voltò giusto in tempo per vedere Camilla attirare Ileana – con Elise ancora appiccicata a un braccio – in uno dei suoi abbracci mentre Leo alzava gli occhi al cielo e brontolava qualcosa sul cercare di non soffocarla.

Ma fu Xander a soffocare per lei, quando i suoi occhi si posarono sulle vesti che coprivano – o, per essere più precisi, scoprivano – il corpo della sua sorellina.

Ileana era snella e minuta, com’era sempre stata. Lui l’aveva sempre saputo, ma era sempre stato così preoccupato di come il suo corpo si muovesse durante l’addestramento che non si era mai fermato a notare come fosse si fosse ammorbidito nel tempo. Le trasparenze degli abiti che indossava erano aderenti e mettevano in evidenza tutte le curve che il suo corpo aveva maturato, ma copriva abbastanza da lasciare qualcosa all’immaginazione e da spingere un osservatore a chiedersi quando morbida potesse essere la sua pelle chiara sotto tutti i veli neri che la coprivano.

L’incrocio di nastri dorati incatenava gli occhi ai suoi fianchi, guidandoli su per la vita snella e sfidandoli a proseguire oltre, ad accarezzare quel lembo di pelle lasciato scoperto prima che altra stoffa e alamari scintillanti le nascondessero la gola. Il mantello le scendeva dalle spalle – probabilmente il suo pezzo preferito della divisa – come un paio d’ali nere, rivestito di un verde scuro e vibrante che ben si sposava coi suoi occhi. Se lo stava già stringendo addosso, di certo sentendosi esposta e leggermente infreddolita, coperta com’era da nient’altro che dai copribraccia di pizzo che partivano dal polso e si avvolgevano fin sotto le sue spalle.

Xander sentì qualcosa ringhiargli nel petto alla vista di sua sorella, e per un momento considerò seriamente l’idea di trascinarla di nuovo dal sarto e dargli una lavata di capo per aver confezionato alla sua principessina qualcosa di così succinto.

-Di chi è stata l’idea di presentarla all’esercito come Maga?- sibilò nell’orecchio di Leo mentre faceva un passo per avvicinarsi alle sorelle.

-È l’unico rango base del nostro esercito armato di libri di incantesimi.- il fratello gli ringhiò indietro sotto voce, chiaramente infastidito. -Sai che non posso darle una promozione finché non risolviamo questa seccatura delle vene drago. Ho già in mente qualcosa, a riguardo. Ne parleremo appena riuscirai a trovare del tempo per me, fratello.-

Xander sapeva che aveva ragione – Leo aveva sempre ragione – ma lui non poteva fare a meno di irritarsi al pensiero di ogni uomo dell’esercito che avrebbe lasciato vagare gli occhi viscidi sulla sua principessina.

Il portone della sala del trono si aprì con uno schianto, e sulla soglia comparve un uomo dai capelli scuri. Xander camuffò la propria smorfia con il suo cipiglio da Principe Ereditario – “A proposito di viscido…” ringhiò tra sé e sé.

-Miei principi, mie principesse.- li salutò tutti questo con un profondo inchino, la maschera dorata che gli copriva mezza faccia a tenergli indietro i capelli lunghi. -Ah, lady Ileana. Permettetemi di presentarmi formalmente, questa volta: sono Iago, primo consigliere del re e stratega dell’esercito nohriano.-

Ileana sentì la pelle accapponarsi in risposta al modo in cui la guardava, ma ignorò il brivido che le corse lungo la schiena. Fece un cenno nella sua direzione, una semplice cortesia richiestale dall’etichetta di corte. -È un piacere, Iago. Ma non ricordo di avervi mai incontrato.-

Il sorriso dell’Incantatore si trasformò in un ghigno che le gelò il sangue nelle vene. -Venni una volta alla Torre Nord per avere notizie del vostro addestramento. Ovviamente, rimasi positivamente impressionato dalle vostre abilità magiche. Ma è stato anni fa. Siete cresciuta…-

Quell’ultima aggiunta fece irrigidire Leo, e Xander fece un passo verso lo stratega, effettivamente piazzandosi tra lui e la sorella. -C’è qualcosa che devi comunicarci, Iago?- gli chiese, bandendo i convenevoli.

-Il re è pronto a ricevervi, milord.- Iago gli rispose subito, liberando l’entrata alla sala del trono e facendogli segno d’accedere con uno svolazzo della mano.

Il Principe Ereditario annuì, e fece segno alle sorelle di seguirlo con un cenno. I principi e le principesse di Nohr entrarono nella sala del trono, uno alla volta, Xander per primo ed Elise per ultima. Ileana era in fila dietro Leo, il cuore che batteva forte nel petto e la bocca secca mentre oltrepassava quella soglia. Tutto il nervosismo che la compagnia dei suoi fratelli e delle loro guardie aveva tenuto a bada durante la sua prima mattinata a Krakenburg rialzò la testa, e lei strinse i pugni per farsi forza. Prese un respiro profondo mentre si metteva in riga, i fratelli e le sorelle accanto a lei, e si sforzò di trovare il coraggio di guardare in direzione di quel padre che non vedeva da dodici lunghi anni.

Re Garon sedeva sul suo trono nero, un’ascia imponente dall’aspetto letale appoggiata al muro alla sua destra, pronta all’uso. Si alzò in piedi mentre i suoi figli si inchinavano a lui, e Ileana si trovò a tremare notando quanto semplicemente torreggiava persino su Xander. Era alto quanto il maggiore dei suoi figli, se non di più, ma aveva un fisico molto più robusto… e lì finiva la somiglianza tra padre e figlio. Ileana si era sempre immaginata il padre come una copia più adulta del fratello maggiore, ma in quel momento si accorse di aver commesso un errore: non c’era assolutamente nulla di Xander nel re, se non il cipiglio serio e la tonalità degli occhi.

Quell’uomo era così… estraneo.

-Ileana.-

Sobbalzò quando lo sentì pronunciare il suo nome, senza alcun preavviso. Quasi scattò sull’attenti, le mani strette dietro di sé, la schiena ben dritta. -Sì, padre.-

-Benvenuta a Krakenburg, figlia mia.- la accolse, la voce profonda che ringhiava come un tuono e riecheggiava su per la volta della sala del trono e fin nelle sue ossa. -Spero che tu abbia avuto l’occasione di riprenderti dal tuo viaggio.

-Grazie, padre. E sì, mi sono ripresa.- disse con un piccolo inchino, il capo chino di fronte a lui. -Sono venuta a servirvi al meglio delle mie capacità.-

Il re la soppesò con lo sguardo, in silenzio, e lei osò sperare che fosse contento di lei. -I tuoi fratelli mi hanno raccontato delle meraviglie che sei in grado di compiere con un libro di magia tra le mani.- Ileana arrossì, e fece del suo meglio per soffocare il sorrisino compiaciuto. -Tuttavia, mi dicono anche che non sei ancora in grado di svegliare il tuo sangue ed attivare le vene drago.-

Ileana sentì il rossore farsi bruciante e tenne il capo chino, le unghie a scavarle i palmi delle mani, una spiacevole stretta d’ansia a chiuderle la bocca dello stomaco. Lottò contro l’istinto di stringersi intimorita nel mantello. -S_sì, padre.-

Il Re d’Ossidiana ridacchiò, un suono scuro che le punse la pelle. -Non c’è bisogno di essere così tesa, figlia mia.- disse lentamente, e se l’indulgenza nella sua voce fece rilassare le spalle del Principe Ereditario drizzò invece le orecchie di Leo, lo sguardo che andava avanti e indietro tra padre e sorella. -Ho discusso la tua situazione con Xander, e mi sembra che tutto ciò che ti serve per sbloccare il potere dormiente nel tuo sangue è… solo un po’ di pratica.-

Ileana scoccò uno sguardo a Xander, che annuì incoraggiante, il cipiglio sul viso che si distendeva appena. Loro padre aveva un piano per aiutare Ileana con il suo blocco, e non sembrava affatto preoccupato, e questo gli bastava.

-C’è una fortezza abbandonata al confine con Hoshido sull’Abisso Infinito. Voglio sapere se l’edificio è ancora in buono stato, per farne un avamposto per le nostre armate. Non dovrebbe esserci bisogno di combattere, ma potreste incontrare degli hoshijin in ricognizione, quindi voglio che tu sia pronta a difenderti.- Ileana annuì, così il re continuò: -Nessuno dei tuoi fratelli ti accompagnerà, ma non per questo ti manderò da sola. Prenderai con te una guarnigione di soldati che obbedirà ai tuoi ordini. Sarai anche accompagnata da Gunter, da una delle tue guardie, e da un veterano della mia guardia personale. Inoltre, per essere certo che non ti accada nulla…-

Il Re d’Ossidiana fece un cenno con una mano e Iago avanzò di un passo, una spada e un fodero tra le mani. Li offrì allo sguardo attento di Ileana, e Xander colse un lampo di apprensione nei suoi occhi verdi.

Garon proseguì: -Questa è Ganglari, forgiata con il potere di un altro mondo. I tuoi fratelli mi dicono che preferisci la magia, ma sei anche stata addestrata alla spada. Voglio che tu porti questa lama con te, cosicché se la tua magia fallisse per qualsiasi motivo, avrai comunque modo di proteggerti.- fece una pausa, gli occhi scuri che soppesava l’esitazione nelle mani della figlia. -Prendila, bambina mia. Non partire lasciando tuo padre a temere per te.-

Ileana colse il sorriso incoraggiante di Xander, e annuì al re, mite. Mentre suo padre tornava a sedere sul Trono di Spine, Iago le si avvicinò, la spada tra le mani. -Permettetemi, milady…-

Leo si mise in mezzo ancora prima che l’Incantatore finisse di parlare, le mani esigenti tese di fronte a sé. Qualcosa di venefico passò sul volto di Iago, ma così rapidamente che Ileana si chiese se non se lo fosse solo immaginato. Consegnò la spada al secondo principe di Nohr senza un’altra parole, e Leo la prese frettolosamente. Tornò in linea con i suoi fratelli, e Ileana sentì l’elsa della lama sfiorarle la mano. La magia che la pervadeva la fece rabbrividire quando le sue dita si strinsero sull’impugnatura.

-Ti ringrazio per la tua generosità, padre.- disse inchinandosi, azzardando un sorriso in direzione dell’uomo seduto sul suo trono oscuro.

-Partirai non appena possibile. Tuo fratello Leo ti aiuterà con le preparazioni e nel decidere la strada da percorrere.- Garon fece un cenno con la mano, e Leo strattonò discretamente il braccio di Ileana: erano appena stati congedati. -Xander. Voglio che tu cominci a preparare le nostre truppe. Voglio che un pezzo del nostro esercito vada ad occupare la fortezza non appena Ileana ne avrà preso possesso.-

-Sarà come volete, padre.- disse solennemente il Principe Ereditario, chinando il capo di fronte al suo re.

-Ileana.-

Ileana si bloccò sulla soglia, la voce del padre improvvisa come un colpo di frusta. Si volse verso di lui.

-Non deludermi.-

Deglutì, e si inchinò di nuovo. -Non accadrà, padre.-

 .

§

.

Un fulmine spaccò in due il cielo sopra la sua testa, e Ileana sorrise.

Le tempeste la affascinavano: adorava vedere il cielo incupirsi, sentire l’elettricità farsi guizzante, ascoltare il tuono ruggire in lontananza. La faceva sentire viva.

Là, nella sua torre, aveva spesso passato le notti tempestose in bianco, appollaiata davanti alla finestra, occasionalmente schiudendo i vetri per lasciar entrare un refolo di vento, qualche goccia di pioggia e il profumo che portavano con loro. Le uniche eccezioni erano state le notti in cui i suoi fratelli e sorelle si fermavano a dormire, quando il tempo era davvero troppo brutto per poter viaggiare. Durante quelle notti, quando era piccola, faceva finta di aver paura delle tempeste perché Xander e Camilla la lasciassero dormire con loro, tutti nello stesso letto, e piagnucolava finché non andavano a convincere Leo ad unirsi a loro.

Da grande aveva cominciato a lasciare in pace il fratello e la sorella maggiori, ma era stata Elise a prendere l’abitudine di infilarsi nella sua stanza – e lei aveva davvero paura delle tempeste, da piccola –, di solito trascinandosi dietro Leo per punzecchiarlo finché non si decideva a leggerle una storia della buonanotte; una volta messa a letto Elise, Ileana e Leo avevano trascorso un numero indefinito di notti svegli fino all’alba, chini sui libri di incantesimi tanto da addormentarcisi sopra.

Le tempeste sapevano di famiglia, e non esisteva niente che Ileana amasse di più della sua famiglia.

-Come facciate a mantenere quel sorriso in questo miserabile posto dimenticato dai Draghi è per me un mistero, Lady Ileana.- borbottò Jakob, irritato, mentre le passava una tazza di porcellana piena di tè caldo.

-Ed è per me un mistero come tu abbia pensato di portare un servizio da tè durante una marcia militare, Jakob.- rispose lei, con un sorrisetto. Il suo fedele maggiordomo le sorrise, ma un’altra voce si intromise prima che potesse risponderle.

-Ha ragione, ragazzo. Questo non è assolutamente il posto per le tue fragili porcellane.- ringhiò un Gran Cavaliere avvicinandosi al trotto a cavallo di una giumenta nera, la fedele lancia ben stretta in mano. -Non sei più alla Torre. Devi adattarti, comportarti di conseguenza. Non puoi continuare a viziare la tua padrona in questo modo, sotto il naso dei soldati. E voi non dovreste permetterglielo, milady.-

Ileana si scrollò il rimprovero di dosso con uno svolazzo della mano, restituendo la tazza al maggiordomo. -Lascia stare Jakob, Gunter. Si sta solo prendendo cura di me, come gli hai insegnato tu.- la smorfia del cavaliere si ammorbidì quando lei si avvicinò per lasciarsi aiutare a montare in sella. Lei gli soffiò un bacio su una guancia e si accomodò all’amazzone. -Però ha ragione lui, Jakob.-

Gunter sorrise mentre Jakob alzò gli occhi al cielo, ma nessuno dei due spese un’altra parola sull’argomento. Ileana cominciò a studiare le pieghe nel viso del cavaliere: Gunter era sempre stato serio da che aveva memoria, ma il cipiglio corrucciato che gli aveva incupito il volto da quando avevano lasciato la Torre Nord era… preoccupante.

Sembrava portare lo stesso peso del pallore delle nocche di Leo mentre le stringeva la mano fuori dalla sala del Trono, delle borse di apprensione sotto gli occhi di Xander mentre le augurava buon viaggio, delle dita di Camilla che le attorcigliavano i capelli come se non volesse lasciarla andare.

Ileana sapeva che erano in ansia per lei – perché altrimenti sarebbe stato stressato anche Gunter? – eppure non riusciva a capire il motivo di tanta preoccupazione… ma voleva scoprirlo: ad ogni costo.

-Gunter, mi porti a fare un giro?- gli domandò, richiamando subito l’attenzione del Gran Cavaliere. -Vorrei vedere l’Abisso.-

L’uomo ridacchiò, e lei poté sentire la sua risata vibrare sotto tutti gli strati di armatura che indossava. -Solo tu potevi chiedermi di portarti a vedere un panorama così desolato.-

-Beh, è una desolazione diversa da quella che si vedeva dalla mia finestra alla Torre Nord.- ribatté lei, e lui scosse la testa, divertito. -Ti spiacerebbe restare qui, Jakob? Preferirei avere qualcuno a tenere d’occhio l’accampamento mentre mi allontano. Non staremo via a lungo.-

Il maggiordomo sembrò voler obiettare, pronto a chiederle di poterla accompagnare al precipizio, ma la fredda occhiataccia della principessa lo fece desistere. Nonostante avesse probabilmente trovato strano quel gesto, Gunter non si espresse e scrollò le redini di Serilda, stringendo saldamente una mano attorno alla vita di Ileana per stabilizzarla mentre trottavano verso il canyon.

Ileana rimase in silenzio per tutta la cavalcata. Erano arrivati all’Abisso Infinito il giorno prima, e avevano deciso di accamparsi per la notte prima di proseguire. Quella mattina, alle prime luci dell’alba, aveva ordinato ad Hans di prendere un drappello e andare in ricognizione: la via per attraversare l’Abisso era fatta di ponti sospesi e pericolanti, perfetti per tendere un’imboscata… e, di fare un salto nel vuoto a causa di un’imboscata che avrebbe potuto tranquillamente evitare, lei non aveva proprio voglia.

Curiosamente, Hans era un’altra ragione di stress tra i suoi cari. Non appena Xander aveva scoperto chi era il veterano menzionato dal padre si era incupito in un modo che Ileana non aveva mai avuto occasione di vedere, e Leo era impallidito ancor di più. Persino Gunter sembrava indispettito dalla scelta: non c’era stato momento, nelle due settimane di viaggio che Ileana e la sua unità avevano impiegato a raggiungere l’Abisso, in cui l’aveva lasciata da sola con il guerriero.

E, ovviamente, nessuno si era preso il disturbo di spiegarle il perché.

La sua irritazione dovette palesarsi in qualche modo mentre lei era persa nei suoi pensieri, perché Gunter le accarezzò un braccio in segno di conforto. -A cosa pensi, bambina?-

Ileana sbuffò. -Cos’è che nessuno mi vuole dire?-

Seppe di aver colpito nel segno quando la carezza del cavaliere si arrestò bruscamente nell’incavo del suo gomito. -Cosa vuoi dire?-

-Ah no, non ci provare!- sbottò, divincolandosi dalla sua stretta affettuosa. -Sai esattamente cosa voglio dire! I miei fratelli, mia sorella, le loro guardie, tu… siete tutti preoccupati, preoccupati per me, ma nessuno mi vuole dire come mai!-

-Scricciolino__-

Quel nomignolo era sempre stato in grado di calmarla, ma in quel momento non sembrava in grado di poter placare la sua irritazione. -Scricciolino un corno. Devo sapere, Gunter. Hobisogno di sapere, e lo sai!-

Gunter tacque per una manciata di respiri, durante la quale la Maga non abbassò mai i propri occhi verdi. -È per questo che mi hai chiesto di portarti qui?-

Non ebbe risposta, ma il guizzo negli occhi di lei fu più che sufficiente. Scosse la testa.

E così toccava a lui, infine, dirle tutto. Toccava a lui mandare in frantumi la sua visione del suo mondo, della sua famiglia, dell’uomo che chiamava padre. Toccava a lui devastare colei che aveva giurato – al re, al divino Drago Nero, a se stesso – di proteggere da ogni dolore.

Sembrava che Nohr potesse ancora, dopotutto, strappargli via ogni cosa.

Ileana dovette accorgersi di quanto Gunter fosse a disagio perché, invece di insistere, si limitò a fissarlo. Lui distolse lo sguardo, lasciandolo vagare sul canyon che si estendeva di fronte e sotto di loro.

L’Abisso Infinito pareva uno squarcio nella terra stessa, come se una parte del mondo fosse stata strappata via e il precipizio fosse la cicatrice lasciata dalla frattura.

Si diceva che il crepaccio fosse senza fondo, un salto nell’oscurità eterna che terminava con una morte cieca e inevitabile. Le rocce che delineavano la voragine erano appuntite, taglienti, e si protendevano verso il cielo scuro e perennemente tempestoso come fauci che non attendevano altro che la possibilità di inghiottire i cuori tremanti di coloro che tentavano di attraversare i ponti sospesi.

-Detesto questo luogo con tutto me stesso. C’è qualcosa di sbagliato, qui. La terra, il cielo…- scosse la testa. -Non è un posto per noi mortali.-

-Gunter.- Ileana ringhiò, la voce che prendeva quell’inflessione rigida che lui aveva imparato a riconoscere nei reali che davano un ordine aspettandosi che venisse esaudito.

Sospirò. -Non dovrei essere io a parlartene, scricciolino.-

-Ma sei l’unico che può farlo.-

Non poteva discutere con quell’affermazione, così scosse il capo con rassegnazione. -Riguarda… riguarda la corte di Krakenburg. I vostri fratelli e sorelle sono… apprensivi su come potrebbero accogliervi.-

Ileana sbuffò. -Leo era apprensivo quando non sono riuscita a evitare completamente uno dei fendenti di Xander mentre ci addestravamo e mi sono fatta un graffio. Sembrava sul punto di vomitare bile quando mi ha salutata.- toccò a lei sospirare. Abbassò il capo e, quando guardò di nuovo Gunter, c’era dolore nei suoi occhi. -Quello che ho visto nei volti dei miei fratelli e di mia sorella, e quello che vedo nel tuo volto adesso, non è apprensione. È… agonia.-

Gunter fece scorrere le dita, coperte dall’armatura, tra i suoi capelli, riavviandole le ciocche dietro le orecchie. Sembrava così ansiosa, così impaurita… stava portando lo stesso peso che gravava sulle sue spalle – che gravava sulle spalle di tutti quelli che le volevano bene – senza saperlo.

Il suo tocco si arrestò sullo zigomo sottile e la mano di lei, più piccola e delicata, coprì la sua, prolungando la carezza. -Per favore, Gunter. Aiutami a capire. Perché si preoccupano della corte?-

Lo stava guardando con quei suoi occhi, così grandi e dolci. Non era mai riuscito a negare niente a quegli occhi. Non ci sarebbe riuscito mai. -Perché il Castello di Krakenburg è un posto molto più impietoso di quanto tu possa immaginare.-

-Non capisco. Sono in pericolo? Sarò in pericolo?- la sua fronte era corrugata mentre cercava di dare un senso alle sue parole – ma come avrebbe potuto, con così tanti buchi da riempire da sola senza nemmeno un indizio? -Anche se supero la prova di mio padre?-

-È una possibilità, sì. La corte è… brutale. I nobili non conoscono la pietà, né il rimorso. Non è un ambiente facile in cui sopravvivere, nemmeno per coloro di sangue reale.- faceva male dover dire quelle parole, faceva male quanto la spada che aveva cercato di strappargli un occhio, eppure si trovava a doverle pronunciare lo stesso. -E, se tu fallissi…-

Un fulmine squarciò il cielo in quel momento, diramandosi tra le nubi oscure e pesanti, serpeggiando fino a terra. Gunter quasi poteva distinguere il punto esatto in cui era caduto, ma non vide altro che nuda roccia annerita.

Ileana sembrava un po’ più pallida, ma c’era qualcosa di deciso nel modo in cui annuì. -Va bene. Raccontami tutto.-

-Scricciolino__- tentò lui, ma lei lo interruppe girandosi a fronteggiarlo, gli occhi imploranti che crepitavano come fuoco.

-Gunter. Meno so e più sono vulnerabile. Indipendentemente da come vada questa prova.- prese un respiro profondo, le mani che stringevano il mantello mentre se lo tirava di più attorno alle spalle. Stava tremando, ma se fosse per il freddo o la paura, lui non avrebbe saputo dirlo. -La domanda è: mi lascerai tornare tra i corridoi della mia stessa casa sola e indifesa, o mi aiuterai a proteggermi?-

Come se esistessero davvero più risposte a quell’incognita.

Ileana era perfettamente conscia di quanto si trattasse di una domanda retorica: Gunter l’aveva amata, protetta, cresciuta e coccolata praticamente da sempre, e aveva rivestito quel ruolo che Garon non si era mai dato pena nemmeno di degnare di un pensiero.

Quella giovane, stupenda donna che ora teneva fra le braccia… sembrava passato così poco tempo da quando le aveva raccontato l’ultima fiaba della buonanotte, le aveva rimboccato le coperte e sfilato l’ennesimo libro dalle dita stanche che non avevano saputo reggere l’inesorabilità del sonno… eppure Ileana non era più la sua bambina: Ileana aveva abbandonato il nido e spiccato un primo, incerto volo in un cielo che prometteva soltanto oscurità e sofferenza, ed ora non stava facendo altro che implorarlo di insegnarle ad usare le sue ali.

Come poteva negarle la conoscenza? Lui stesso le aveva insegnato che la conoscenza era saggezza, eppure era rimasto vittima di quell’incantesimo che quei grandi occhi verdi erano stati in grado di lanciare su chiunque avesse avuto il privilegio di incrociarne l’attenzione: aveva sbagliato, racchiudendola in un abbraccio troppo stretto e soffocante e rifiutandosi di prepararla per ciò che l’attendeva al di là delle mura sicure della loro casa… ma ora, sull’orlo di un precipizio senza fine, poteva rimediare.

Poteva dare alla sua bambina la verità di cui aveva disperatamente bisogno, le armi che le sarebbero servite per diventare più forte e per imparare a destreggiarsi fra i venti che avrebbero sicuramente tentato di arrestare violentemente il suo volo prim’ancora che iniziasse davvero.

-Va bene.- sospirò, e le prese una mano tra le sue, facendole distendere le dita fredde in modo da poterle chiudere tra le proprie. -Va bene. Ti spiegherò.-

Oh, ma da dove cominciare—?

-Vostra Altezza!-

Beh, a quanto pare avrebbe avuto tutto il tempo di porsi il problema, a giudicare dall’espressione sconvolta del soldato senza fiato che correva a rotta di collo verso di loro.

-Tieniti.- Gunter la avvertì, prima di passarle un braccio intorno ai fianchi e lanciare Serilda al galoppo, giù per la cresta rocciosa su cui si erano fermati per intercettare l’uomo a metà strada. -Riposo, soldato. Respira, e consegnaci il tuo messaggio.-

-G_Gunter, signore! Principessa Ileana! Grazie al Drago Nero…- il Mercenario singhiozzò, piegandosi su se stesso ma cercando di non ansimare mentre parlava. -Siamo… siamo stati attaccati! Hans era entrato nella fortezza con alcuni di noi mentre gli altri restavano di guardia, ma… ma è stato l’unico a uscirne! E c’erano Samurai e Ninja hoshijin dietro di lui! A-abbiamo cercato di ritirarci pacificamente, ma non… non ci hanno ascoltato, e… e…- prese un respiro più profondo, una mano al petto. -Sono stato mandato avanti ad avvertirvi. I miei compagni stanno combattendo sui ponti, cercando di trattenere gli hoshijin, ma stanno… stanno…-

-Grazie, soldato.- lo interruppe Ileana, scendendo da cavallo e offrendo la propria mano all’uomo per aiutarlo a tirarsi su. Lui la guardò, confuso, e si raddrizzò da solo.

Ileana abbassò la mano, a disagio. -Porta il messaggio all’accampamento. Dì a tutti di prepararsi e di unirsi a noi immediatamente. Io e Gunter andremo ad assistere Hans. Non possiamo perdere quei ponti.-

 .

-Un grave errore!- Gunter esclamò mentre calava violentemente il pomello della sua lama nohriana sulla tempia di un Samurai che aveva tentato di colpire il suo cavallo.

L’uomo cadde a terra con un gemito. Gunter rinfoderò la spada per aggiustare la presa sulla lancia e ne guidò la lama attraverso la gola dello spadaccino, risparmiandogli una morte cadendo giù per l’Abisso, o finendo calpestato dai soldati e dai cavalli. Sentì una spiacevole stretta allo stomaco, ma la ignorò. Uccidere non smetteva mai di disturbarlo, nonostante fosse un veterano: la desolazione che la guerra si lasciava dietro era qualcosa con cui ancora non riusciva a fare i conti. Euanthe aveva visto abbastanza sangue, e anche lui.

Ma non poteva rischiare che un nemico si rialzasse per pugnalare Ileana alle spalle solo perché lui aveva avuto pietà.

“Per l’appunto…” grugnì, la mano che afferrava l’ascia assicurata alla sella di Serilda. Il suo lancio colpì il bersaglio – la spalla di un Ninja che stava giusto per colpire il fianco scoperto della Principessa.

-Fai più attenzione, ragazzina!- la rimproverò quando la vide girarsi, allarmata dal grido strozzato dell’hoshijin. Lei annuì, pallida come un fantasma, e Gunter vide chiaramente la smorfia sul suo viso mentre mandava un fulmine del suo Mjölnir a garantire una morte rapida ed indolore al soldato nemico.

La osservò ingoiare la colpa e il disgusto, il volto una maschera imbattibile, la mente ben concentrata sulla battaglia. Stava andando bene, si disse tra sé e sé. Il Principe Ereditario Xander sarebbe stato fiero di lei, se avesse potuto vedere la sua risolutezza, la sua mancanza di esitazione. E il Principe Leo l’avrebbe di certo lodata per la strategia che aveva messo in atto.

Ileana aveva valutato la situazione rapidamente, e l’aveva dichiarata pessima.

Quando lei e Gunter erano arrivati ai ponti, Hans e quei pochi sopravvissuti dei suoi uomini erano conciati malissimo – e molti di loro erano esausti e feriti, e gli hoshijin li stavano incalzando con un furia tale che bastavano i loro sguardi ad intimidire e disarmare gli avversari. Il loro arrivo aveva rassicurato le truppe nohriane, dandogli abbastanza tempo a quelli incapaci di combattere oltre di ritirarsi verso il campo, verso i guaritori. Gunter sapeva che anche solo quel piccolo rialzo nell’umore poteva contare come una piccola vittoria.

Grazia all’elemento sorpresa e sfruttando il più possibile la mole di Gunter in qualità di Gran Cavaliere a cavallo, erano riusciti a limitare l’avanzata degli hoshijin su una delle piattaforme rocciose che popolavano il crepaccio dell’Abisso Infinito, come isolette deserte galleggianti su un mare di infinita oscurità.

Ileana aveva subito deciso di farne il campo di battaglia: era collegato al confine nohriano da un ponte ampio e relativamente in buone condizioni, che era abbastanza solido e stabile da permettere la ritirata di eventuali feriti presso il campo, dove Jakob li attendeva pronto, *** alla mano – non era stato felice di sentirsi ordinare di rimanere indietro e lontano dalla Principessa per quella battaglia, ma la gravità della situazione gli aveva impedito di lamentarsi a oltranza.

Per contro, i ponti che collegavano la piattaforma al confine hoshijin erano consumati, pericolanti e molto più stretti. Di tutti, gli hoshijin ne stavano usando infatti uno solamente, che rendeva molto facile in controbattere alla loro offensiva e rispondere ai numeri con l’abilità delle milizie nohriane. Gunter avrebbe voluto poter tagliare quel ponte e porre fine a quella battaglia insensata molto in fretta, ma la presenza dei soldati di Hoshido gli rendeva impossibile arrivare alle corde. Ma si sarebbe accontentato: i loro nemici stavano avendo difficoltà a gestire le loro truppe su quel piccolo ponte e non potevano nemmeno schierare gli arcieri – che erano una delle maggiori preoccupazioni di Gunter, ma che fortunatamente non riuscivano a trovare un buon punto da cui scagliare i loro dardi. C’era un Cecchino solitario che li fissava dal confine dall’altra parte del crepaccio, uno yumi luminescente tra le mani. Il suo sguardo era talmente ricco di rabbia omicida e frustrazione che Gunter poteva quasi sentirlo bruciare sulla pelle.

Tutto sommato, erano in una posizione abbastanza buona per opporsi all’offensiva hoshijin e resistere finché non sarebbero stati troppo stanchi per inseguirli al di là del ponte non appena Ileana avesse ordinato la ritirata. Avrebbero tagliato le corde non appena avrebbero avuto abbastanza spazio di manovra, senza dover temere un attacco dall’alto – non con i fulmini che minacciavano di abbattere chiunque tentasse di oltrepassare il canyon in volo.

Sì, Ileana si stava comportando bene, soprattutto considerando che era la prima volta che calcava un campo di battaglia. Era chiaramente a disagio con il suo ruolo di comandante, e infatti aveva preferito lasciare il compito di dare ordini a Gunter, ma era riuscita a ribaltare le sorti di quella che aveva tutta l’aria di una battaglia certa. Avevano buone probabilità di portare a casa la pelle.

O almeno, le avevano avute finché la terra stessa non cominciò a tremare.

Per un momento, tutto si fermò – persino le nubi oscure e ringhianti che si rincorrevano sopra l’Abisso Infinito parvero arrestarsi. Il Cecchino solitario dall’altra parte della gola cominciò a risplendere di una luce azzurrina, etera – la stessa luce che proveniva dal suo yumi… una luce che non aveva nulla di magico, e tutto di divino.

Il Cecchino era un principe di Hoshido, e stava accentrando il potere di una Vena Drago.

Gunter fu il primo a riprendere controllo di sé e si precipitò al fianco di Ileana mentre il resto dei soldati – tanto nohriani quanto hoshijin – non poteva fare a meno di fissare il principe mentre il cielo e la terra stessi rispondevano alla chiamata del suo sangue.

Il suo movimento sembrò riscuotere Ileana dal suo stato di trance, e quando si girò a guardarlo, lui vide l’agonia nei suoi occhi.

-Gunter…- Ileana iniziò, ma le parole sembrarono impigliarlesi in gola, e non disse altro.

Il Gran Cavaliere quasi bestemmiò, quando comprese: non aveva nemmeno percepito la Vena Drago.

Aveva fallito la prova del re.

Qualcosa di orribile avviluppò il cuore di Gunter e strinse, ma lui fece del suo meglio per impedire a quel tormento di manifestarsi sul suo viso. -Rimani concentrata.- le disse invece, cercando di mantenere la voce quanto più risoluta possibile.

Dopo un’ultima scossa, di fronte agli occhi terrorizzati dei nohriani, la terra prese vita: la pietra sotto i piedi del principe tremò prima di lanciarsi in avanti, formando un ponte tra il confine e la piattaforma su cui si stava svolgendo la battaglia. Frecce azzurrine piovvero dal suo yumi divino, non mancando nemmeno un bersaglio e portando soltanto morte.

Gunter non perse un secondo e cominciò ad abbaiare ordini, imponendo alle truppe di serrare i ranghi e prepararsi alla ritirata. Si arrischiò a guardare indietro, verso la loro unica possibilità di scampo: il ponte reggeva, piantonato da Hans dall’altra parte. Se fossero riusciti a ritirarsi ordinatamente, avrebbero potuto bloccare gli hoshijin sul ponte e poi tagliare le corde. Aveva sperato di non dover arrivare a tanto – non gli piaceva essere costretto a uccidere così tante persone, e con un espediente talmente da codardi, ma era la loro unica possibilità…

Era talmente concentrato a studiare la loro via di fuga che non vide la testardaggine sul viso di Ileana, la sicurezza nei suoi occhi. La intravide sfogliare il suo Mjölnir, e lampi guizzarono da quelle pagine per colpire e costringere gli hoshijin ad arretrare, assicurando qualche attimo di respiro ai suoi soldati. Gunter aprì la bocca per farle i complimenti, ma le parole gli morirono in gola quando la vide avanzare sul percorso che si era aperta con l’incantesimo.

-Principessa!- la chiamò, sperando che bastasse a fermarla.

Lei non si volse nemmeno, così lui si ritrovò a seguirla, dolorosamente consapevole degli occhi affilati del Cecchino, il suo sguardo e il suo yumi fissi su di loro – chiaramente, avevano attirato la sua attenzione.

-FERMI!- abbaiò Ileana, la sua voce forte e chiara nell’aria tesa dell’Abisso Infinito.

I nohriani la ascoltarono, e i nemici esitarono alla vista dell’avanzata della Maga. Il loro comandante avanzò in prima linea, di fronte alle sue truppe. Aveva il disgusto dipinto in volto, e una freccia ancora incoccata tenuta saldamente tra le dita.

-Principe di Hoshido.- Ileana lo salutò rispettosamente, e lui inarcò un sopracciglio, gli occhi come lame. -Vi prego, cessate l’offensiva…- Gunter la vide girarsi verso di lui, cercando il suo supporto, la sua benedizione. Comprese ciò che aveva intenzione di fare e le offrì un magro sorriso, annuendo gravemente. Ileana sembrava più leggera quando fronteggiò di nuovo i loro nemici per dichiarare: -Ci arrendiamo.-

Un mormorio percorse le schiere di soldati attorno a loro. Il volto del principe mostrò dapprima shock, poi rabbia, sdegno, odio. Infine, le rivolse un sorriso di scherno, una scintilla rossa negli occhi.

-A morte.-

Se Ileana fosse stata un secondo più lenta, Gunter avrebbe dovuto riportare il suo cadavere a Windmire.

Il principe hoshijin imbracciò l’arco con un movimento fluido, rilasciando una freccia divina crepitante di energia. Ileana levò le mani, scintille di magia tra le dita, e un muro di fulmini apparve dal nulla a deviare il dardo che puntava al suo cuore.

-RITIRATA!- ordinò Gunter mentre gli hoshijin si preparavano a lanciare un ultimo assalto. Il suo cavallo saltò in avanti, e la lancia del Gran Cavaliere arrivò appena in tempo a fermare la stoccata di una Maestra di Lancia dai capelli blu che era riuscita a infilarsi tra le maglie dell’incantesimo prima che la sua naginata potesse mordere il braccio di Ileana. -AL PONTE!-

Fece ruotare Serilda, ignorando il ghigno crudele sulle labbra del principe, voltando le spalle a quel baluginio rosso nei suoi occhi. Tese una mano a Ileana mentre indietreggiavano, intenzionato a farla salire in sella dietro di sé, ma mentre faceva per stringerle il braccio il terreno tremò di nuovo e lui poté solo guardare, impotente, mentre lei inciampava e restava indietro mentre il suo cavallo procedeva avanti, spinto dalla massa di soldati in fuga per avere salva la vita.

-Principessa!- la chiamò.

Ma Ileana non lo guardava più, avendo occhi solo per il secondo ponte di pietra che si era schiantato contro la piattaforma da un’altra angolazione, proveniente da un altro punto del confine hoshijin. Tagliò la ritirata di parte delle loro truppe, frapponendo un manipolo di Arcieri e Samurai tra loro e la salvezza.

-Ileana! No!- gridò, le formalità gettate al vento quando la vide rivolgersi di nuovo verso la battaglia, le mani che mettevano via il suo Mjölnir per estrarre un altro tomo.

-VAI!- gli strillò lei, i capelli che frustavano il vento quando lei si girò per lanciargli un’occhiata. -Ti raggiungo, tu vai! Proteggi il ponte dal confine!-

Anche se disobbedire a un reale di Nohr gli era già costato troppo una volta in passato, Gunter fu tentato di correre di nuovo quel rischio. Non importava che Ileana non lo considerasse suo padre: lui la considerava sua figlia – quella figlia che aveva perso per mano del suo re, e che aveva ritrovato quando lui gli aveva dato una frusta.

Eppure non aveva la possibilità di disobbedirle: per poterla raggiungere ormai avrebbe dovuto sicuramente scavalcare molti dei suoi stessi uomini, probabilmente fare del male al suo cavallo, e possibilmente finire a precipitare giù per l’Abisso in caso fosse successo.

No. La sua migliore possibilità di salvare la sua principessa era obbedire agli ordini, proteggere il varco, e prepararsi a tagliare le corde di quel maledetto ponte non appena lei l’avesse attraversato. Perciò permise a Serilda di attraversare, ma i suoi occhi rimasero su Ileana.

Era fiero di lei per come stava proteggendo i suoi uomini. Era anche furioso del fatto che lo stesse facendo, perché lei era la principessa e avrebbe dovuto mettere la sua vita prima di quella dei soldati… ma non poteva farne a meno: Ileana era cresciuta trattando i servitori come suoi pari, come parte della famiglia, e gli voleva bene. Non avrebbe abbandonato chi combatteva sotto il suo comando, indipendentemente da quello che rischiava. Era furioso per quello, per il pericolo in cui si stava mettendo. Ma era anche assurdamente fiero di lei.

La guardò evocare sfere di lampi nelle mani, lanciandone una verso il Cavaliere Kinshi che era comparso in cielo a proteggere gli hoshijin con le sue frecce, e una al Maestro d’Armi che le si era scagliato contro selvaggiamente, senza nemmeno aspettare che la roccia sotto i suoi piedi si stabilizzasse del tutto. La guardò schivare ognuno dei suoi colpi e rispondere a suon di saette, la magia che le si concentrava senza posa nei palmi come se fosse un fiume in piena. Uno dei suoi incantesimi colpì il bersaglio, mandando a terra il Master of Arms con la sola forza della sua magia; ne lanciò subito un altro per tramortire la Maestra di Lancia che incalzava un Guerriero.

Uno degli ultimi dei loro che doveva ancora arrivare al ponte, notò Gunter. Gli tremavano le mani, così le fermò stringendo più saldamente l’elsa della sua lama nohriana.

Coraggio, scricciolino, manca poco…

—Snap!

 .

Per un secondo, Ileana si sentì galleggiare come se fosse senza peso, come quando suo fratello Leo la sollevava per aria con la magia per trascinarla alle lezioni con Xander quando lei cercava di evitare l’addestramento nascondendosi sotto il tavolo.

Per un secondo, Ileana credette di aver immaginato l’ascia scintillante, l’arco di luce che aveva disegnato mentre calava, lo strappo che aveva causato mentre lacerava le corde consumate che sorreggevano il ponte.

Per un secondo, Ileana si aspettò di essere sul punto di svegliarsi da un incubo molto, molto vivido.

Quando la gravità cominciò a trascinarla verso il basso, la sensazione di cadere non la svegliò.

-ILEANA!-

-MILADY!-

Non la svegliò, perché non era un incubo. Era reale. L’ascia incastonata nel legno era reale, l’angoscia di Gunter e Jakob era reale, il vuoto sotto di sé era reale.

Anche l’improvviso, inaspettato dolore che le attraversò braccio e spalle quando una presa d’acciaio si chiuse sul suo polso, trattenendola dal precipitare nel vuoto assieme ai suoi soldati e a quel che restava del ponte, era reale.

Singhiozzò per il dolore e strinse i denti, il braccio torto in una maniera assolutamente innaturale.

-Vi ho presa, milady!- gridò una voce che non riconobbe, e guardò in alto: attraverso il velo di lacrime che le annebbiava la vista, distinse shuriken scintillanti, una sciarpa viola, una chioma verde scuro. -Adesso vi tiro su. Aggrappatevi a me appena ne avete l’opportunità. Va bene?-

Ileana voleva gridare che no, non andava bene niente, ma sembrava di aver perso tanto la voce quanto il controllo del suo corpo. Fortunatamente, il suo corpo sembrò muoversi da solo quando il mondo attorno a lei s’inclinò e le spalle del Maestro Ninja furono improvvisamente a portata di mano. Il braccio le fece male quando si strinse a lui, ma non abbastanza da impedirle il movimento. Sentì la stretta del braccio di lui attorno alla vita mentre se la stringeva addosso, il bacio pungente della roccia della gola contro la pelle e i vestiti strappati.

Lo guardò – il suo nemico, il suo salvatore – e lo trovò a sorriderle con cortesia, una dolcezza infinita nei suoi occhi viola. Il braccio che non la stava stringendo aveva la corda spezzata del ponte arrotolata attorno al polso, e lei poteva distinguere le tracce rosse e brucianti che quella aveva aperto nella sua pelle.

-Andrà tutto bene, milady.- le disse, e lei si chiese come poteva risultare così calmo anche sospeso su un abisso senza fondo. -Non vi lascerò cadere.-

Lo stridio di un uccello sconosciuto spezzò l’ululato dei venti che sferzavano il canyon, sovrastando anche le voci preoccupate che si agitavano sopra la piattaforma. Un uccello gigantesco, dalle piume bianco-dorate, si abbassò al loro livello e rimase sospeso di fronte a loro, sfidando le correnti e il minaccioso cielo tempestoso.

-KAZE!- urlò la donna a cavallo del pennuto. -Reggiti! Vi portiamo via da qui!-

Il ninja che aveva salvato la principessa sorrise. -Reina! Grazie al Drago Bianco, non sono mai stato più felice di vederti!-

Ileana chiuse gli occhi quando l’uccello allungò le zampe verso di lei, gli artigli snudati che scintillavano sotto i fulmini che venavano le nubi. Eppure quegli artigli non la graffiarono nemmeno quando le circondarono la vita mentre il braccio dell’uomo scivolava via. Come se avessero una mente tutta loro, le sue mani si strinsero alle piume.

Il vento le fischiò furioso nelle orecchie mentre l’uccello s’innalzava, le ali che frustavano le correnti una, due, tre volte, e poi sentì di nuovo roccia nuda contro la sua pelle… ma sotto di lei, con la gravità stessa che ce la spingeva contro. Strisciò via dall’uccello, a malapena consapevole del ninja – Kaze – che faceva lo stesso mentre il cavaliere – Reina – scendeva dalla propria cavalcatura. Con la coda dell’occhio li vide entrambi avvicinarsi all’uccello per aiutarlo a ripiegare le ali prima che i venti ululanti potessero spezzarle nella loro furia.

Il respiro affannato, una mano che si stringeva tra la terra e le pietruzze, Ileana premette l’altro palmo contro il suo petto, apprezzando come mai avrebbe creduto il battito forte che le pulsava sotto le dita.

Quello stesso battito che per un secondo si fermò, senza alcun preavviso, quando qualcosa di bruciante le sfiorò i sensi – non era proprio magia, ma non era nemmeno troppo diversa. Ne aveva sentito il pizzicore già prima, da lontano, quando aveva affrontato il principe. Percepirla così vicina, in quel momento, fu quasi troppo.

Ileana aprì gli occhi, e per qualche secondo, il bagliore azzurrino della freccia divina le riempì la vista e la mente – il suo mondo si contrasse, iniziando e finendo con quel dardo luccicante pronto e impaziente di affondarle nel cuore.

-Il mio Maestro Ninja si è bruciato una mano e il mio Cavaliere Kinshi ha rischiato il suo partner… e per salvare una morta che cammina.- sputò il principe, stillando veleno con ogni parola, odio rosso che gli incendiava gli occhi. -Le tue ultime parole, feccia?-

Fu il suo disgusto a scuoterla.

Come… come osava? Lui li aveva attaccatirifiutato la loro resa, inseguiti quando cercavano solo di ritirarsi, di tornare a casa… e osava dare a lei della feccia.

-Mi aspettavo più onore da un principe di Hoshido.- ringhiò lei in qualche modo, nonostante fosse ancora senza fiato.

Gli occhi del Cecchino si strinsero e le sue dita tremarono, la freccia lucente che tremolava, implorando di essere rilasciata, ma lui la trattenne – per qualche misteriosa ragione. -Come osi parlare di onore, tu che servi il più miserabile dei re?-

-Non sono io quella che a infierito su un nemico che stava abbassando le armi.- precisò lei, ignorando il dolore alla spalla mentre si puntellava sulle braccia per alzarsi a sedere.

-Hai del coraggio, a chiedere clemenza quando sono stati i tuoi soldati ad iniziare l’attacco.- la derise lui.

-I miei uomini stavano solo facendo un sopralluogo. L’orgoglio di Hoshido è così fragile da considerarlo un attacco?- gli sputò contro lei.

Il Cecchino rise, un suono oscuro e senza gioia, e scosse la testa. -Proprio come mi aspettavo da una maga di Nohr. La feccia come te non può far altro che mentire.- la guardò, rabbia e odio e disgusto che sanguinava dai suoi occhi rossastri. -Hai avvelenato queste terre con il tuo fiato anche troppo a lungo. È ora di morire.-

Tese più indietro la corda immateriale del suo yumi, e la freccia brillò più forte che mai, sibilando tra le raffiche di vento che sembrava creare. Crepitava, e l’energia che emanava scorreva violentemente sulla pelle di Ileana come una corrente, così potente da riempirle il corpo di tanti piccoli taglietti. Lui fece un passo avanti, il dardo che quasi le sfiorava il mento.

Ileana aveva sperato che la facesse finita in fretta, con un solo colpo al cuore, ma sembrava voler giocare con lei ancora un po’.

-Allora? Hai paura, adesso?- sibilò con un ghigno.

Aveva paura. Per Hedi, era spaventata. Era stanca, ferita, in trappola, e tanto, tanto spaventata.

Ma sarebbe morta prima di mostrarlo. Xander non l’avrebbe mostrato, se fosse stato al posto suo. Aveva già deluso le sue truppe per averle fatte finire con le spalle al muro, aveva deluso suo padre per non aver percepito quella dannata Vena Drago. Non avrebbe deluso anche suo fratello piangendo come un gattino indifeso.

Rialzò la testa, al di sopra della freccia tanto – troppo – vicino alla sua pelle, stringendo i denti contro il dolore pungente dell’energia affilata che grondava dal suo yumi, e sibilò: -Non ho paura di uno come te.-

L’inaspettato stridore di acciaio contro pietra e lo strillo oltraggiato che lo seguì li distrasse dal loro piccolo scambio di insulti, gli occhi di entrambi che correvano al piccolo, luccicante pugnale che aveva appena tintinnato contro la piattaforma.

-CHI OSA ATTACCARE IL SECONDO PRINCIPE DI HOSHIDO!- ruggì la Maestra di Lancia dai capelli blu – quella che era riuscita ad infiltrarsi tra le maglie del muro di saette di Ileana durante la battaglia.

-IO!-

Jakob.

Ileana voltò immediatamente il viso, gli occhi che correvano all’altro lato della gola. Ed era là, il suo caro, leale Maggiordomo, graziosamente appollaiato su uno dei pali che avevano sorretto il ponte – doveva esserci salito per lanciare il suo coltello più lontano, sperando di attirare l’attenzione e non di fare del male. Gunter era appena un passo dietro di lui, ancora a cavallo, e sembrava teso e pallido – di certo in ansia per lei, e probabilmente molto più che preoccupato che Jakob precipitasse nell’Abisso, instabile com’era.

La Maestra di Lancia di certo non aveva apprezzato la sua interferenza, perché continuò a strillare: -ASPETTA CHE TI METTA LE MANI ADDOSSO, CANE! IO TI__-

-Tu niente.- sibilò Ileana, la sua voce sorprendentemente forte, abbastanza da cogliere gli hoshijin alla sprovvista. Si alzò in piedi con movimenti lenti, ben conscia del dardo immateriali che non smise mai di seguire il suo bersaglio – il suo cuore. -Non lo minaccerai nemmeno, infatti.-

La giovane donna la guardava come se le fossero spuntate le squame all’improvviso. -Come ti permetti di parlarmi così, schifosa piccola__-

Ileana alzò gli occhi al cielo e decise di troncare sul nascere quella che di certo sarebbe stata una sequela di insulti molto originale. -Sei la guardia reale del principe, non è vero? Quell’uomo è la mia. Sta solo cercando di proteggermi. Non faresti lo stesso, se fosse lui quello in procinto di essere ammazzato a sangue freddo?-

Le sue parole ridussero la lanciera al silenzio, ma la sua stretta sulla sua naginata si fece tanto stretta da farle sbiancare le mani.

-Buona, Oboro.- la riprese bonariamente il principe. -Lascia che il cane abbai.- lo schernì a voce alta, e gli hoshijin risero.

Ileana fece una smorfia – cosa non avrebbe dato per folgorarlo! –, ma un’occhiata d’avvertimento dal Maestro d’Armi che aveva affrontato prima la convinse a tenere a freno la lingua, almeno per il momento.

Era impossibile che Jakob non avesse sentito le sue parole, ma si rifiutò di reagire. -Vorrei ricordare a Sua Altezza che rifiutare una resa e condannare a morte una principessa rappresenta un atto di guerra. Il Trono di Spine non resterà impassibile davanti a un tale tradimento!-

-Tradimento…- gli fece eco il principe sottovoce, e il suo mormorio si perse nel ronzio furioso che si levò dagli hoshijin alle parole Maggiordomo. Più forte, dichiarò: -Anche se non chiederei altro che di spargere il sangue del mostro responsabile della violazione del nostro trattato di confine, Hoshido non si permetterà di privare della vita un membro della famiglia reale di Nohr in modo così arbitrario.-

E, finalmente, la luce azzurrina si disperse, la corda evanescente e la freccia crepitante che si dissolvevano nell’aria. Per Ileana si fece improvvisamente più facile respirare senza quell’energia divina a schiacciarle l’anima, anche se poteva comunque sentire il potere dello yumi.

-E allora, per amor dei Draghi, restituitecela!- insisté Jakob, un’inflessione di disperazione nella voce.

-No.- negò il principe, un sorriso evidente sulle labbra – si stava divertendo, comprese Ileana con una morsa orribile allo stomaco. -Prima di tutto, perché il ponte è crollato e non rischierò la vita del mio Cavaliere Kinshi per liberare la vostra stupida principessa. E secondo, lasciarla andare senza prima strapparle ogni possibile informazione sarebbe un vero spreco…-

Quando la guardò di nuovo, il sangue si gelò nelle vene di Ileana. Lo scintillio rosso era svanito, ma i suoi occhi bronzei erano diventati crudeli, affilati e calcolatori. Non l’avrebbe lasciata tornare a casa, comprese subito. Non da viva.

Si sottrasse al suo sguardo per fissare i suoi tutori, così vicini eppure così disperatamente lontani. Dovevano aver compreso le implicazioni del principe, perché Gunter aveva trascinato Jakob giù dal palo e si erano messi a discutere di qualcosa.

Ileana poteva immaginare cosa fosse quel qualcosa: Jakob voleva chiaramente imbarcarsi in una qualche missione suicida per salvarla – solo il Drago Nero sapeva come avrebbe potuto farcela con quel baratro che si apriva tra di loro – e Gunter stava cercando di farlo ragionare, forse dicendogli che sarebbero già dovuti mettersi sulla strada per Krakenburg per riferire tutto a Xander. La sua voce era doveva stanca, perché avrebbe voluto che ci fosse un altro modo, qualsiasi altro modo, e stava sicuramente chiamando Jakob “ragazzo” per distrarlo dal dolore che stava sicuramente facendo a pezzi entrambi al pensiero di lasciarla in mano ai nemici. Per i Draghi, poteva quasi sentire la sua voce.

Probabilmente non avrebbe mai più sentito la sua voce.

Il suo cuore si incrinò al pensiero, e si frantumò in mille pezzi quando fu seguito da altro.

Probabilmente non avrebbe mai più visto la sua famiglia. Non si sarebbe mai più allenata con Xander, non avrebbe mai più preso il te con Camilla o studiato con lei o suonato il violino con Elise. Non ci sarebbero state altre battute, risate, incantesimi, musica. Si erano promessi di andare a guardare le stelle non appena sarebbe tornata a casa, per festeggiare il suo primo successo. Ma lei non sarebbe tornata a casa. Sarebbero dovuti andare senza di lei. Avrebbero dovuto vivere senza di lei.

Dovette fare appello ad ogni briciolo di forza rimastale per soffocare il singhiozzo che le si gonfiò in gola – e dovette trovarne anche di più per non portarsi una mano alla bocca per trattenerlo. Ce la fece a malapena.

-Venite, milady.- le sussurrò una voce all’orecchio, ed Ileana guardò sopra la propria spalla per vedere il Maestro Ninja dai capelli verdi che le aveva salvato la vita.

Kaze.

-…perché?- gli chiese, e lo odiò quando vide la comprensione nel suo sguardo di scuse, e si odiò per il pallore del proprio viso, per il velo di lacrime nei propri occhi, per le increspature nella propria voce.

Kaze portò una mano al viso di lei e le sistemò i capelli, riavviando alcune ciocche sotto il cerchietto. -Andrà tutto bene.-

Come?, avrebbe voluto chiedergli. Per come apparivano le cose in quel momento, per lei sarebbe stato meglio morire nella caduta giù per l’Abisso. I suoi occhi virarono verso l’oscurità eterna sotto di sé mentre l’hoshijin la spingeva lentamente sul ponte di pietra che il principe aveva creato con la Vena Drago. La stretta sulle sue braccia e sui suoi fianchi non era soffocante, ma era solida – per essere certo che non facesse nulla di stupido, come se avesse letto i suoi pensieri.

Cercò di guardare al di sopra della spalla di lui, per vedere un’ultima volta le sue guardie, ma era già troppo lontana. Il cuore le sprofondò nel petto.

Gunter. Jakob.

Non era nemmeno riuscita a dirgli quanto fosse grata di averli conosciuti, quanto significassero per lei. Non aveva nemmeno avuto la possibilità di chiedergli di dire ai suoi fratelli e sorelle quanto gli volesse bene.

Xander. Camilla. Leo. Elise.

Aveva fallito la sua missione, deluso suo padre e i suoi soldati. E adesso sarebbe diventata una fonte di informazioni da usare contro coloro a lei più cari. Aveva fallito su tutta la linea.

Mi dispiace…

La voce del principe la strappò ai suoi lugubri pensieri.

-Non mi importa se è carina, Kaze. Legala.- ordinò mentre li sorpassava quando ebbe attraversato la gola, diretto verso la testa della colonna per guidare i suoi soldati via dall’Abisso Infinito.

Ileana sentì il sangue ribollire mentre la superava senza degnarla nemmeno di uno sguardo, e sibilò: -Non ti darò niente.-

Lui si fermò a quelle parole. C’era un sorrisino sulle sue labbra mentre le si avvicinò, come la sua impudenza non facesse altro che divertirlo. -Volontariamente, no di certo. Non ne dubito. Non importa, da te avrò lo stesso quello che voglio. Per esempio…-

Ileana si rifiutò di rifuggire il tocco che le sfiorò i fianchi, diretto al cinturone di pelle che portava in vita. Le sue dita sciolsero le fibbie con sorprendente rapidità, e lei sentì il peso di Ganglari allontanarsi dalla sua pelle. Aveva portato la spada al fianco da quando era partita, ed era diventata una sicurezza, nonostante avesse saputo dal primo momento che non l’avrebbe mai sguainata. Sentirsela portare via era destabilizzante.

-Cosa se ne faccia una maga come te di una lama del genere, poi…-

Ileana esalò il respiro che non si era accorta di trattenere. -Più o meno la stessa cosa che se ne farebbe un Cecchino.-

Lui la ignorò del tutto, concentrato com’era a sfilare il fodero di Ganglari dal cinturone per legarla direttamente alla propria armatura, le mani che esaminavano l’elsa della spada con reverenza.

-Perdonatemi, milady.- mormorò il Maestro Ninja mentre le prendeva i polsi e cominciava ad avvolgerli con dei legacci sorprendentemente soffici. -Permettetemi di fare le presentazioni da parte di tutti. Io sono Kaze. Il Maestro d’Armi con cui avete duellato si chiama Hinata, e la Maestra di Lancia con cui avete discusso si chiama Oboro. Sono le guardie reali del secondo Principe di Hoshido, Lord Takumi.- il nodo che strinse era stretto, ma non tanto da farle male. -Posso avere il vostro nome, milady?-

-Sono Ileana, quarta principessa di Nohr e figlia del Re d’Ossidiana.-

Il mondo sembrò cambiare colore non appena quelle parole le uscirono di bocca. Mentre Kaze annuiva, nascondendo un sorriso tra i suoi capelli, le due guardie reali si volsero a guardarla con un’espressione che poté definire solo come incredulità. I loro occhi volarono al principe, che si era bloccato, le mani tremanti come raggelate sui legacci del fodero. Quando i suoi occhi furono su Ileana, lei vi lesse anche più rabbia di quanta non ce ne fosse stata quando sembrava impaziente di affondarle una freccia nel cuore.

-Non è possibile.- sibilò tra i denti mentre le si avvicinava a grandi passi – e questa volta, Ileana avrebbe indietreggiato, se non ci fosse stato il corpo di Kaze a impedirle la ritirata. La sua mano si chiuse sulla nuca e la strattonò verso di lui, affatto preoccupato dell’angolo doloroso in cui le piegò il collo quando la costrinse a guardarlo. -Stai mentendo.-

Ileana si ribellò, cercando di liberarsi della sua stretta, ma le sfuggì un gemito quando non ottenne altro che uno strattone. -Perché dovrei?- ringhiò in risposta.

La sua mano tremò tra i suoi capelli, rifiutandosi di lasciarla andare anche quando face un passo indietro – quando bastava per snudare Ganglari e premergliela contro la gola. Il contatto con il metallo freddo e affilato mandò una scarica di brividi giù per la schiena di lei.

-Non voglio chiedertelo di nuovo, feccia. Il tuo nome. Subito.- pretese, e la spada scintillò dello stesso rosso che gli era imperversato negli occhi.

-Te l’ho detto!- strillò lei, l’autocontrollo che scivolava via mentre la spalla vibrava contro la sua pelle, la lama tagliente che le leccava la gola con ogni tremore della sua mano. -Puoi minacciarmi quanto vuoi, ti ho detto la verità!-

-Quelli come te non dicono la verità così facilmente.- grugnì, la spada – la sua spada, il dono di suo padre – che le premeva contro la gola quanto bastava da bagnarsi di sangue. -Ma ho intenzione di strappartela, principessa, a qualunque costo. Credimi, crollerai. In fretta.-

-Lord Takumi!-

Ileana sentì il calore di una mano sfiorarle il mento mentre allontanava la lama dalla sua gola. La nuca bruciò di dolore quando il pugno stretto tra i suoi capelli si rifiutò di allentare la presa, ma la fermezza dello stesso braccio che le aveva impedito di precipitare nell’Abisso Infinito la trascinò via con dolcezza, e quelle dita finalmente le permisero di scivolare via.

-Lasciatela in pace!- Kaze supplicò, l’altro braccio che si stringeva, protettivo, attorno alle sue spalle. -Io… non credo che stia mentendo, milord.-

Ileana poteva sentire il respiro affannoso del principe, ma si rifiutò di incrociare il suo sguardo assassino finché non fosse certa di poterlo sopportare. Xander non avrebbe tremato di fronte a un nemico. Camilla non avrebbe mai permesso a nessuno di intimidirla tanto da renderla inerme. Leo non avrebbe mai implorato clemenza ai suoi aguzzini. Doveva essere forte quanto loro.

Per loro.

-Manderemo a chiamare mia madre, allora.- decise il principe mentre Ileana alzava finalmente lo sguardo e raddrizzava la schiena dopo aver fatto un respiro profondo. La prima cosa che vide fu la sua smorfia di fronte alla sua sfida. -Kaze, va’ a chiamare Reina. Voglio parlarle immediatamente. E ti proibisco di avvicinarti in ogni modo a questa cagna finché rispondi ai miei ordini.- fece un cenno alle sue guardie, per farli avvicinare. -Oboro, alla feccia ci pensi tu. Perquisiscila e legala – come si deve – e restituisci a Kaze la sua sciarpa.-

Ileana lo guardò con aria di superiorità mentre il Cecchino le voltò le spalle. La donna di nome Oboro le si avvicinò e lei scoprì di denti. Le braccia calde di Kaze si rifiutarono di lasciarla andare.

-Lord Takumi!- implorò, un’inflessione strana nella voce che lei non fu in grado di comprendere. -Mio principe, vi prego, permettetemi di__-

-Ti ho dato un ordine, Kaze.- lo interruppe lui, rifiutandosi di ascoltare il Maestro Ninja, senza nemmeno voltarsi a guardarlo. -Non sarai tu ad occuparti della prigioniera. Perché lei è una una prigioniera. Fino a prova contraria, non è altro che un ostaggio e una fonte di informazioni, e sarà trattata come tale. Chiaro?-

-Mio principe.- e questa volta Ileana capì in cosa trasformasse le sue parole quella strana inflessione: erano un avvertimento. -Se le facciamo del male prima di essere sicuri, Lady Mikoto__-

-È chiaro, Kaze?- insisté il Cecchino, interrompendolo tanto con la voce quanto con lo sguardo minaccioso che gli scoccò da sopra la spalla. -Bada, non ho intenzione di tollerare ulteriori interferenze da parte tue. Ci siamo capiti?-

Kaze sembrò dover compiere un vero sforzo per tenere a freno la lingua, e l’ossequioso ‘Sì, milord’ che sibilò non risposta di certo non era quello che avrebbe voluto dire. Ileana sentì l’ultima carezza che le lasciò sul braccio prima di lasciarla andare e sparire nella colonna di hoshijin.

Quelle sarebbero state le uniche mani amichevoli che avrebbe trovato lì, si rese conto mentre la stoffa soffice che Kaze aveva usato per legarle i polsi scivolava via per essere rimpiazzata da della corda dura, avvolta strettamente attorno alle mani. I legacci le morsero la pelle mentre si stringevano, immobilizzandole le braccia in una posizione scomoda per la spalla, e gemette al dolore che s’irradiò giù per il braccio che già le faceva male.

-Questo è per avermi paragonata a uno schifosissimo cane.- le ringhiò contro la Maestra di Lancia mentre tirava ancora di più i legacci in un nodo stretto. -Ora, muoviti.-

Senza un lamento, Ileana si lasciò spingere lungo il cammino, tenendo la schiena dritta, la testa alta, il viso atteggiato in una smorfia di sdegno e superiorità. Non si sarebbe piegata solo perché la consideravano una morta che cammina, affatto – anzi: avrebbe fatto tutto il possibile per rendergli impossibile strappargli anche una sola parola.

Non aveva nulla da perdere.

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Salve a tutti!
Come al solito, mea culpa, sono in un ritardo pazzesco, avrei dovuto aggiornare una settimana fa. Chiedo perdono!
Bando alle ciance, ecco la prima delle nostre protagoniste, Ileana di Nohr: Ileana è il nostro "Nuovo Personaggio", e già la trama comincia a discostarsi da quella del gioco in sé - e le cose non faranno altro che ingarbugliarsi, da questo momento in avanti!
Speriamo entrambe che il capitolo vi sia piaciuto, e vi aspettiamo fra un mesetto (circa) con il prossimo aggiornamento!
Ecco un piccolo vademecum delle scelte stilistiche di traduzione che abbiamo fatto in questo capitolo:
Bottomless Canyon: Abisso Infinito
Dark Mage: Mago/a Oscuro
Sorcerer/ress: Incantatore/trice
Sniper: Cecchino
Master Ninja: Maestro Ninja
Kinshi Knight: Cavaliere Kinshi
Spear Master: Maestro/a di Lancia
Master of Arms: Maestro d'Armi
Hoshidan: Hoshijin
Nohrian: Nohriano
Obsidian King: Re d'Ossidiana
Marble King: Re di Marmo
La storia è pubblicata contemporaneamente anche sul sito ArchiveOfOurOwn, in inglese, con aggiornamenti mensili da entrambe le parti. Trovate la versione in inglese QUI
Alla prossima!

 

   
 
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