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Autore: IwonLyme    21/03/2017    1 recensioni
‘Il Principe’ è un racconto sulla libertà, sul significato che essa ha soprattutto per il giovane Nivek, protagonista e narratore, che verrà messo a confronto fin da subito con la bellezza di essa, la sua importanza e, almeno per lui, il suo difficile raggiungimento. Non è facile essere liberi e Nivek desidera talmente tanto esserlo che romperà ogni regola per raggiungere questo scopo.
Tuttavia ciò che inizia come un gesto ribelle e di rivalsa gli costerà proprio ciò che da principio inseguiva e si troverà catapultato in una realtà ed in un mondo molto più duro e severo di quanto non fosse suo nonno ed il villaggio in cui viveva da emarginato. Una guerra contro un re malvagio ed un padrone pronto a legarlo per sempre a se stesso saranno le cause delle sue vicissitudini che lo porteranno a riflettere sulla propria vita, sul vero scopo di essa e sulla sua nuova condizione: essere un Drago Domato.
“[…] tutto sta nel comprendere che qualcosa non ci è davvero tolto se noi non lo lasciamo andare via.”
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nivek ha deciso di seguire Nowell tuttavia ancora non è chiaro perché l'uomo abbia preso la decisione di volgersi contro il padre. Qual è il passato di Nowell? Perché ancora non ne ha fatto parola con il suo Drago?

L'Urlo del Drago - Parte II

Nowell era seduto nella stanza in cui avevamo dormito la notte prima, sopra il letto guardava con attenzione la mappa che aveva chiesto in prestito al capo. Wardell ed il fratello avevano spiegato agli altri cosa stava succedendo, non era stata cosa facile, inoltre a Rastus era venuta l'idea di riunire un membro per ogni tribù di Drago così da poterci dire dove trovarle, sarebbe stato molto utile perché altrimenti avremmo dovuto perlustrare ogni zona del regno, tuttavia ci sarebbe voluto del tempo prima di poter partire. Restavo in silenzio in piedi davanti alla finestra osservando le mille stelle che scintillavano nel cielo e chiedendomi se anche a noi sarebbe capitato ciò che era successo all'altro principe. Sapere di essere i primi a fare un'impresa è più semplice, ma quando questa è già stata fallita da altri la paura è più forte. – Sento i tuoi pensieri gorgogliare fino a qui, Nivek, cosa ti tormenta? – Chiese Nowell distogliendo lo sguardo dalla carta e rivolgendolo a me. Lo guardai e mi portai vicino a lui, mi sedetti al suo fianco distendendo le gambe sul letto.
– Non so nulla di ciò che fa il nostro nemico, credi che potresti parlarmene? – Sospirò tristemente e arrotolò la mappa legandola con un filo lucido rosso. La posò sul comodino scavalcando il mio corpo e poi assunse un'espressione seria.
– Posso parlartene, ma non sarà piacevole per nessuno dei due. – Disse con già un tono diverso da quello che possedeva di solito. – Mia madre, come sai, mi ha partorito e cresciuto da sola, e le sono grata per non avermi mai guardato con odio. Non so dire se lei lo fece perché mio padre gliel'aveva ordinato o se perché in fondo lei mi amava a modo suo, credo che questo rimarrà per sempre un mistero, ma so che lei odiava mio padre e, vedendo ciò che ho visto, posso dire che faceva bene. – Strinse le mani tra loro e si addentrò nel difficile discorso che gli avevo chiesto di affrontare per me. – Mio padre veniva a farci visita ogni tanto, almeno questo avvenne fino a quando non compii cinque anni, egli era crudele, soprattutto con mia madre. Non c'era dignità nelle sue azioni, lei era il suo “animale”, così la chiamava più volte. La sua voce mi tormentava per settimane. “Animale, preparami da mangiare!”, “Animale, canta per me!”, “Animale, canta! Canta!”, lo urlava fino a farmi impazzire. Mia madre non poteva fare altro, mia madre non riusciva a non ubbidire, e, che il Cielo mi aiuti, quanto piangeva una volta che se n'era andato, piangeva così forte che non riuscivo a dormire, ed i suoi occhi erano così bui che nemmeno la luce li avrebbe illuminati. – Prese un respiro a singhiozzi e trattenne una lacrima. – Mio padre veniva e se ne andava, sconvolgeva la nostra vita tranquilla e quando non venne più quanto ero felice, ma mia madre, mia madre non lo era, lei era il suo Drago Domato, lei era costretta a desiderarlo, lei lo odiava … eppure lo amava. Poi un giorno venne di nuovo. Avevo sedici anni e lui venne da me, ma non per vedere mia madre, per prendere me. – Si fermò e sollevò lo sguardo sui miei occhi che increduli e sofferenti lo osservavano. – Voleva che io diventassi come lui, che dopo tutto quello che aveva fatto a mia madre io lo seguissi, puoi capire? Puoi capire il dolore che mi causò doverlo seguire, mia madre d'accordo, felice e sorridente che mi salutava, mi vedeva andare via con l'uomo che le aveva ordinato di gioire, le lacrime le scendevano dagli occhi ma lei era felice. – Deglutì fermando a metà la voce ed una lacrima gli scese dal viso senza poter più essere fermata.
– Mi portò con sé e mi mise davanti un Drago appena poté. Cielo abbi pietà di me per quello che sono, quello che successe fu il peggior crimine, il peggior dolore. Tentai di domare quel Drago e mio padre era felice poiché sembrava che io fossi riuscito facilmente, “Sei il degno figlio di tuo padre!” così disse, mi sono odiato e avrei voluto morire, ma poi il Drago mutò, si avvicinò e si chinò ai miei piedi, mi chiese con insistenza di prendergli il cuore, di farlo mio, ed io non sapevo cosa fare, non sapevo cosa dire. Davanti a me, senza emettere un solo suono di dolore, si infilò una mano nel petto e si cavò il cuore pulsante ed immobile nel suo palmo smise di battere. Morì davanti a me. – Strinse le labbra fermo, piccolo ed innocuo mi sembrò tornare bambino. – Per mesi continuai a sognare mia madre mentre si cavava il cuore dal petto e moriva. Mio padre però non si stanco di vederlo succedere e me lo fece ripetere molte volte. I Draghi da uccidere, quelli che erano deboli, quelli che erano da “macellare”, venivano mandati da me, dal figlio del Re, il Perfetto Uccisore. – Nascose il viso tra le mani e il suo respiro divenne affannato, disperato. – Ma io non volevo, non volevo e non avevo scelta, così terribile era … – Strozzò le ultime lettere. Cercò di calmarsi e poi si rimise dritto, il viso perso nella stanza in penombra.
– Decisi di fuggire. Scappai una notte e corsi indietro, senza mai fermarmi, tornai da mia madre che sapevo ancora nascosta nella nostra casa. Più mi avvicinavo e più vedevo me e lei che insieme giocavamo nel prato, ridevamo, lei amava accarezzarmi i capelli e toccarmi il naso, diceva che sua madre lo faceva a lei quando era bambina, lei mi sorrideva così dolcemente, lei mi amava sebbene avesse dovuto odiarmi. Entrai in casa e la trovai buia e fredda. Sembrava non esserci nessuno dentro. Poi un fiammifero gratto ed una luce si accese. Come un incubo mi si presentò davanti. Il viso di mio padre, dietro di sé il Drago che l'aveva condotto fino a lì, sapeva dove sarei andato, sapeva cosa avrei tentato di fare. Ma ben più terribile era ciò che mi attendeva. “Animale, cavagli quell'occhio di Drago che lo rende così debole!” tuonò la voce di mio padre nell'ombra. Mia madre mi si avventò contro, i suoi occhi erano neri, piangeva, ma non poteva non ubbidire. Le sue unghie affondarono nel mio viso e mi sfregiarono, le cicatrici le ho ancora ben visibili. Riuscii a liberarmi. Indietreggiai con il sangue che mi inondava la maglia. Sollevai gli occhi su mio padre e lui rise. “Animale, fermo.” aggiunse calmo. Si alzò e si avvicinò fino a che i nostri sguardi non furono vicini. “Un Mezzo Drago ed un Solitario, chi mai vorrebbe avere un figlio come te?” disse e così, senza aggiungere nient'altro uscì dalla porta. Mia madre lo supplicò di tornare, di portarla via, ma poi, quando lui fu lontano, lei si rivolse a me come riacquistando il senno. Si avvicinò e mi ripulì il viso dal sangue. Mi chiese scusa ed io la strinsi a me forte. Lei mi mise le mani nei capelli e mi sorrise dolcemente come faceva di solito. Fredda e tranquilla sussurrò queste parole al mio orecchio: “Non ho molto tempo, figliolo, giura e promettimi che resterai al sicuro, non permetterai più a tuo padre di usarti e nemmeno di avere ragione di te. Promettimi che porrai fine a tutto questo odio.”. Glielo promisi. Glielo giurai e poi gli chiesi perché avesse detto di non avere molto tempo. Lei si divise da me e mi guardò negli occhi. – Immobile Nowell stringeva la proprie mani senza riuscire a finire. Immaginavo cosa sarebbe successo, ma nemmeno nei miei incubi più orrendi avrei creduto che potesse essere reale. – “Non guardare” sussurrò dandomi un bacio sulla fonte, “non voglio che tu mi ricordi così.”. Mi chiuse gli occhi passandomi una mano sul viso e poi si uccise. Mio padre gliel'aveva ordinato, le aveva detto di uccidersi così come si erano uccisi tutti gli altri. Aveva fatto avverare i miei incubi, mi aveva punito per il mio tradimento. Dal terrore e dalla pena lasciai casa di mia madre, poi però vi feci ritorno, la seppellii nel giardino in cui giocavamo e rimasi per molto tempo in quella casa. Poi cominciai a viaggiare, volevo sapere che nel mondo c'erano diversi tipi di Domatori e diversi tipi di vita e amore. Li ho trovati. E ho trovato anche la mia strada, la mia promessa va mantenuta. Non permetterò che avvenga mai più ciò che è successo a me o a mia madre. Mio padre deve pagare e non è vendetta ciò che cerco, nessuna vendetta può essere sufficiente poiché lui non potrà mai provare il dolore di perdere la persona più amata al mondo, egli non ama.
Non riuscivo a dire una sola parola, fermo avrei ascoltato tutto ciò che lui aveva ancora da dire.
– Quanto dolore deve aver patito mia madre: nata da Draghi Domati per diventare a sua volta una di essi, scelta dal più terribile Domatore esistente, costretta ad avere da lui un figlio, morire per gli errori di esso, che vita miserabile ha vissuto. – Si voltò e mi guardò negli occhi. – Immagino che non ti aspettavi una storia così, scusa … non l'avevo mai raccontata fino alla fine, devo esserti sembrato disperato. – Sorrise forzatamente.
– Non posso paragonare nulla di ciò che ho vissuto a quello che tu hai subito. – Sussurrai senza riuscir veramente a dire qualcosa di sensato. – Ma so cosa si prova a vedere la propria madre agire contro di sé, contro tutto ciò che è. – Presi un profondo respiro. – Anche per me mia madre era l'unica persona che mi avesse mai amato. Lei mi voleva bene indiscriminatamente, ma non stava bene. Era l'unica figlia di mio nonno, lui l'amava molto, lo ricordo mentre disperato, seduto al tavolo della cucina dove facevamo colazione, ascoltava le grida di mia madre che riempivano la casa sia di notte che di giorno. Non so cosa la rendesse così, ma lei non era lucida, c'erano momenti in cui sembrava essere in sé, altri in cui urlava, si faceva del male e ruggiva nella lingua dei Draghi qualcosa che per me rimarrà sempre ignoto. La sentivo piangere, disperarsi. Morì un giorno all'improvviso. Entrai nella sua stanza e lei mi sorrise, fece per alzarsi ma cadde a terra, si accasciò senza nemmeno urlare, morì così, inspiegabilmente. Il nonno non fu più lo stesso. – Mi voltai a guardarlo. – Nemmeno io ho mai raccontato a nessuno di mia madre. – Mi sorrise sinceramente felice e mi posò una mano sul capo.
– Sono felice di averti conosciuto, Nivek. – Sussurrò scavalcandomi ed alzandosi dal letto.
– Dunque, ciò che quell'uomo vuole fare è sottomettere e sfruttare ogni Drago che esiste e respira, giusto?
– Sì, è questo ciò che desidera. – Annuii severo.
– Tu sai qualcosa di quel principe di cui parlava Ormond? – Chiesi. Nowell si voltò e, pensandoci qualche istante, tornò vicino a me per rispondere.
– In effetti qualcosa ho sentito. Tutto avvenne quando io stavo ancora con mia madre, forse più o meno quando avevo dieci anni, dodici al massimo. Quel che so è che il Re aveva un fratello minore, quel fratello dunque era il Principe in questione. Si dice che lui non fosse favorevole alla politica del fratello, che non volesse ciò che egli professava come giusto, non aveva molti Draghi, non li trattava con crudeltà, anzi era con loro quanto più dolce ed amabile. Supportato da alcuni nobili ed altri dell'esercito fu portato a voler tentare un colpo di stato, il Re però lo scoprì prima, non punì i traditori, ma solo il fratello, non so in che modo e sinceramente non voglio saperlo. Spero che lui riposi in pace. – Guardò fuori dalla finestra. – Qualunque cosa mi succeda, Nivek, prometto che ti proteggerò, non permetterò che tu soffra.
– Lo stesso vale per me, Nowell, sarò al tuo fianco fino alla fine. – Sorrise. Tornò verso il letto.
– Vai più verso il muro. – Si sdraiò accanto a me e mi tirò fino a che il mio capo non si trovò accanto al suo sul cuscino. – Entrambi dobbiamo riposare. Il sole sorge in fretta quando i tempi lo richiedono. – Mi strinse una mano. – Voleremo insieme anche domani, questo mi consola e mi rende felice.
 
Nowell era andato a parlare con Ormond di alcune cose riguardanti la mappa ed il loro agire in sua assenza, diceva che era meglio sapere cosa avrebbero fatto e dove si sarebbero diretti per trovare altri Domatori piuttosto che esserne all'oscuro. Non potevano usare sempre i Draghi, dunque grandi distanze le avrebbero dovute coprire a piedi. I cieli erano pieni di Domatori fedeli al Re e dunque era meglio non sembrare sospetti. Volare in molti era un pericolo. Io ed il mio padrone, invece, non avremmo faticato ad evitare l'indesiderabile, non solo io volavo molto più veloce degli altri Draghi, ma comandavo l'aria ed, infine, il mio colore era così simile a quello del cielo che da lontano era impossibile vedermi se non per sguardi molto acuti. Dunque, dovendo i nostri compagni procedere molto a piedi più che in volo ci avrebbero messo parecchio tempo prima di riuscire a riunirsi tutti. Ormond e Wardell preparavano così gruppi di Domatori che si sarebbero recati nei villaggi in cui sapevano esserci degli alleati, contavano di riunirne molti. Il villaggio da lì a pochi giorni si sarebbe svuotato se non per alcune donne che sarebbero rimaste, con i loro Draghi, per badare ai bambini.
Mentre Nowell era andato dunque a vedere come si stesse programmando la cosa, io ero rimasto nella casa della famiglia che ci ospitava e con Jethro e Wren stavamo aiutando la padrona di casa con il pranzo. Mi sentivo osservato visto che la signora Norton mi fissava con una certa insistenza, era, infatti, per lei la prima volta che mi vedeva e ne rimase molto stupita. – Dunque lui è il Drago del ragazzo con l'occhio giallo, giusto? – Wren sorrise annuendo. – Ed è un Drago … ? – Ormond e Wardell avevano certo spiegato chi fosse Nowell e quale sarebbe stato il suo ruolo, ma non si erano certo dilungati molto su chi fossi io e soprattutto cosa potessero vedere in me quelli della mia specie.
– È d'aria. – Tagliò corto l'altra donna. – Ma è particolare ed unico nel suo genere. Inoltre non credo che dovrei parlargliene senza il consenso del suo Domatore. – Concluse liberandomi dal sospetto.
– Capisco, sì, in effetti ha ragione … – Si scusò la donna ridacchiando nervosa e continuando a tagliare la verdura. Un silenzio abbastanza imbarazzante si venne a creare, ma poi Wren, stupendomi per la sua sensibilità ed abilità, cominciò a discutere su come sapeva cucinare un cibo o un altro.
Fu in quel momento, in cui le due donne sembravano essere entrate nel vivo della conversazione che Jethro si chinò verso di me. – Ho sentito che volete partire per parlare con i Draghi Liberi, scommetto che è un'idea tua. – Sussurrò al mio orecchio per non farsi sentire. Annuii. – Certo, come volevasi dimostrare … – Sospirò. – Credi davvero di riuscire a fare in modo che ti seguano? – Voltai lo sguardo e lo fissai intensamente. Annuii di nuovo.
Fece per aggiungere qualcosa ma Wren lo interruppe. – Perché non andate a prendere dell'acqua al pozzo, voi due, tanto siete talmente lenti che con difficoltà sareste più utili qui. – Disse sorridendoci. Certo era acuta di sguardo, io non potevo rispondere a Jethro, altrimenti la donna avrebbe cominciato a chiedere della mia voce, perfino il Drago dagli occhi rossi era titubante ad urlare troppo con la sua dote. Ci alzammo chinando i capi ed uscimmo alquanto velocemente.
Jethro ridacchiò una volta fuori e mi guardò sorridendo. – Dovrò ringraziarla dopo … – Disse con voce calma e serena.
– Sì, senza dubbio. – Risposi sempre tendendo la voce bassa.
– Dunque, come pensi di fare? – Mi domandò ancora.
– In realtà spero nella fortuna, Jethro, non ho molte altre possibilità, credo che, come tutti vedendomi fraintendano la mia origine e credano di me ben più di quello che in realtà sono, così faranno gli altri e, con ogni fortuna, potrebbero anche ritrovare in me qualcosa che va sopra le tribù, qualcosa sotto cui tutti un tempo si sarebbero riuniti e così riunirsi di nuovo. La fortuna credo che sarà la mia miglior alleata, se essa stessa vorrà. – Rimase in silenzio alcuni istanti dopo la mia risposta, poi si tirò indietro i capelli con una mano e sospirò.
– Credo che non siano gli altri a sopravvalutarti, mio allievo, ma tu a fare il contrario. Comunque, in ogni caso, presumo che molte tribù potrebbero seguirti proprio per quello che vedono in te, come tu sostieni, ma che alcune, che hanno perso la memoria dei tempi antichi, potrebbero non farlo. I Draghi delle terre paludose, a sud-ovest delle grandi montagne da cui provieni, sono poco longevi ed altrettanto singolari, con loro non avrai molte opportunità di farti ascoltare, o forse, proprio perché sei ciò che in realtà non credi possibile essere, ti seguiranno comunque anche senza aver memoria di ciò che tu potresti essere per aspetto. – Mi posò una mano sulla spalla e mi sorrise. Sembrava come consapevole di qualcosa che io nemmeno immaginavo. – Verrei con te se avessi ancora ali su cui volare, ma il Cielo mi ha punito per la mia stupidità e sono obbligato a farti andare solo, la mia voce ti sarebbe stata utile con le tribù della mia terra e, a dire il vero, avrei tanto voluto ritornarci. – Ridacchiò. – Verrei con te se mi fosse possibile. – Concluse tristemente guardando il cielo che così crudelmente l'aveva punito.
– Posso farti una domanda, Jethro? – Annuì sovrappensiero. – È forse stato un Domatore fedele all'uomo che è il padre di Nowell a procurarti quella ferita? – Sussultò e rivolse il suo sguardo verso di me. Sorrise forzatamente e abbassò il capo.
– Sì, ma non posso parlarti di chi fu e nemmeno di perché lo fece, ho giurato che non l'avrei mai rivelato a nessuno. – Sospirò. – Questo è un ordine di Wren. – Concluse stringendo le mani tra loro. Era la prima volta che vedevo Jethro così impedito da un ordine che gli era stato dato e pensai che anche lui alla fine era esattamente come tutti noi, eppure completamente diverso. Mi dimenticavo troppo spesso che lui era un Drago Consacrato, qualcosa di completamente diverso rispetto a me, perfino gli ordini di Wren, così credevo, dovevano essere più duri. Troppo spesso sembrava uscirmi dalla mente tanto che il silenzio che proveniva da lui mi stupiva ogni volta.
– È per proteggere voi stessi quindi lo comprendo. – Mormorai non riuscendo a guardarlo.
– Se fosse per quello, Nivek, allora non avrei motivo per nasconderlo a te. – Disse lui con tono cupo e severo. Sussultai nel comprendere quelle parole e nel sentire il mio nome pronunciato dalla voce calda del mio maestro, era la prima volta che lo faceva. Se non era per proteggere loro, perché lo teneva nascosto?
Mi voltai per fargli un'altra domanda, ma lui si schiarì la voce dipingendosi il suo solito sorriso sulle labbra ed io compresi che era meglio evitare quel discorso su cui lui e Wren sembravano avere idee completamente contrastanti. – Forse per questa missione sarebbe meglio un multilingua come Ishmael, invece che uno come me. – Dissi tornando al discorso precedente ed abbandonando quello fastidioso.
– Non credo che ci sia voce che possa essere ascoltata da ogni Drago più della tua. – Rispose rassicurandomi.
– Ma nemmeno la vostra, buon Drago, rimane inascoltata. – Tubò la voce ruvida ed impervia di Rastus alle nostre spalle. Mi voltai e lui chinò il capo ad entrambi. – Vi ho visti da lontano e pensavo di poter scambiare due parole con il Drago dagli occhi verdi, sempre che io non sia di disturbo. – Sebbene il suo corpo facesse pensare ad un uomo ruvido e poco garbato, il suo tono ed il suo sguardo erano ciò che di più gentile si possa immaginare.
– No, certo che no. – Rispose Jethro ridacchiando. – Erano anni che non ricevevo così tanti complimenti sulla mia voce, ma essa è ormai vecchia e ha perso molto del suo fascino. – Continuò. – Molto piacere di conoscervi, il mio nome è Jethro. – Si presentò il Drago dagli occhi rossi abbandonando la sua aria intimidatoria.
– Salute a voi, lieto di incontrarvi e di parlarvi, il mio nome è Rastus. – Si inchinarono uno all'altro.
Mi feci avanti. – Dunque di cosa volevi parlarmi, Rastus? – Domandai e lui si rivolse a me con rispetto.
– Il mio padrone mi ha detto che il suo gli ha raccontato che lei è stato addestrato dopo essere stato domato, quindi, visto che la sua infanzia la trascorse sulle montagne in cui le tribù sono molto isolate, ho immaginato che lei non sapesse di fatto come funzionano la maggior parte delle tribù di Draghi Liberi. – Annuii. – Dunque pensavo di spiegarglielo se lei ne fosse interessato.
– Sarebbe fantastico. Ti ringrazio Rastus. – Dissi. Guardai Jethro che sorrise e mi posò una mano sulla spalla.
– Torno da Wren, non ho altro da dirti per ora, prima che tu parta però consentimi di darti ancora qualche avvertimento. Ciò che tu e Nowell avete intenzione di fare è qualcosa di pericoloso e di assurdo, avrai bisogno di tutto l'aiuto che riesci ad accumulare. – Chinai il capo.
– Grazie mille, Jethro, sai sempre cosa dire e come aiutarmi. – Ridacchiò infilando le mani in tasca.
– Credo invece di esserti fin troppo inutile, Nivek, che il Cielo vegli su tutti noi. – Sollevò ancora lo sguardo verso le nuvole irraggiungibili e poi si allontanò lasciando soli me e Rastus. Lo seguii con lo sguardo fino a quando non entrò in casa e poi mi voltai verso l'altro Drago.
– Sono pronto per ascoltarti. – Dissi e lui allora si avvicinò a me.
– Camminiamo verso l'esterno del villaggio, mi piace camminare mentre parlo. – Senza aspettare la mia risposta cominciò a dirigersi verso la stradina sterrata e poco curata che avevamo usato per giungere fino a lì. Io gli fui affianco veloce prima che potesse andare troppo lontano. Sembrava aver fretta di allontanarsi.
– Qualcosa non va, Rastus? – Chiesi a bassa voce. Se stavamo uscendo dal villaggio forse ciò che pensava di dirmi non era esattamente perfetto per essere udito da molte orecchie.
– Deve stare tranquillo, gli altri Draghi sentendo la sua voce potrebbero giungere alla mia stessa conclusione, potrebbe essere difficile per lei partire dopo. – Lo guardai e lui mi rispondeva piano senza nemmeno voltarsi a guardarmi.
– E perché? – Domandai ancora senza comprendere.
– Crede davvero che se avessero una possibilità di veder rinascere la stirpe reale che credevano estinta non esiterebbero a lasciarla partire per la più assurda di tutte le missioni? Non sono i Draghi Liberi che noi temiamo, ma quelli domati. – Tagliò corto facendomi capire che dovevo rimanere in silenzio fino a quando non fossimo stati fuori. Ci distanziammo dal villaggio per molti passi e poi si fermò all'improvviso. Me lo trovai davanti con lo sguardo torvo e pensieroso. Certo incuteva timore.
– Deduco che tu non mi hai portato qui per spiegarmi come funzionano le tribù di Draghi Liberi, non è vero? – Lui non aveva intenzione di rispondere, continuava a guardarmi concentrato e sembrava leggere qualcosa che mi sfuggiva.
– Se fossimo in tempo di pace e giustizia non esiterei a disperarmi per la sua condizione, ma forse in un tempo così anormale e orrendo perfino la situazione in cui lei si trova potrebbe essere favorevole. – Tubò con la sua voce profonda e scura di Drago. – Ma mi chiedo come senza riuscire a comprenderlo.
– Se hai dispiacere per la mia condizione, Rastus, allora credo che la tua disperazione sia infondata. – Risposi calmo. – Io sono felice della mia sorte tanto quanto si può essere felici di qualcosa che è arrivato senza chiedere.
– Non mi preoccupo della sua condizione per lei, ma per noi. Un Re sottomesso ad un altro Re non è più, infine, un Re, non crede?
– Non credo di capire a che “Re” tu ti riferisca. – Rimase allora in silenzio con lo sguardo ancora fisso nei miei occhi.
– Se lei ancora non lo sa allora non ci resta altro che attendere. – Sospirò.
– Tu credi che io sia un Re, Rastus? – Domandai con le mani che tremavano per la sua risposta che già, alla fine, mi era chiara.
– Io non lo credo. – Rispose secco ed il mio spirito si alleggerì all'improvviso. Dunque mi ero sbagliato, lui non era cieco come tutti gli altri che mi avevano chiamato “Re”. – Io lo so. – Concluse fermo sorridendo tenue e chinando leggermente il capo. – Ma se lei ancora non l'ha compreso, allora non mi resta altro che attendere quel momento. – Un rumore lo fece voltare verso il villaggio, ma a me non interessava minimamente cosa fosse.
– Perché mi hai portato qui? Per dirmi che la mia condizione è un problema per tutti tranne che per me? Che non so infine chi sono? – Domandai severo con la mia voce umana. Si voltò ancora verso di me, stupito sembrava dalla mia domanda.
– No, no di certo. – Sorrise. – Per potervi comprendere meglio e per udire la vostra voce di Drago che sapevo avreste usato se fossimo stati soli. Per poter confermare che nulla su questo mondo si è mai avvicinato tanto all'idea che ogni Drago ha della propria stirpe reale ormai estinta tanto quanto lei. Ora posso dire che chiunque sentirà la sua voce di Drago non potrà fare a meno di pensare lo stesso. – Prese un respiro e poi strinse le mani una con l'altra diventando perplesso all'improvviso. – La sua idea è buona, ma molto difficile da compiere ed anche di questo voglio parlarle.
– Allora parlamene. – Lo esortai.
– Ha idea di quante tribù di Draghi Liberi esistano? – Non lo sapevo. – Alcune non superano nemmeno i venti esemplari, ma hanno un capo tribù e vivono in un luogo isolato. È impossibile per lei conoscere dove si trovano tutte le singole tribù di Draghi dell'intero regno e, anche se dovesse conoscerle, ci metterebbe anni per riuscire a parlare con tutte.
– Dunque cosa mi consigli di fare?
– Parlare con le tribù più grandi, convincerle e chiedere aiuto. – Non comprendevo bene cosa significasse. – Se lei riuscisse a convincere le tribù con più Draghi esse convincerebbero a loro volta quelle più piccole, comprende? Draghi Liberi che convincono altri Draghi Liberi è questo che lei deve tentare.
– Intendi dire che prima devo convincere i capi delle tribù più importanti e poi dire loro di convincere anche quelle più piccole?
– Sì, poiché è ovvio che essi conoscano meglio dove usano stare le tribù più piccole della loro stessa specie e poi vi risparmierebbero il dover andare da ogni tribù. – Rastus aveva certamente avuto un'ottima idea, mi sembrava un modo facile ed abbastanza veloce per riuscire a raggiungere più Draghi possibili.
– Dunque io devo solo preoccuparmi di conoscere dove si trovano le tribù più importanti, giusto?
– Sì, dovrebbe essercene circa una per ogni specie, una per ogni lingua, ma i Draghi di montagna sono quasi tutti o estinti o troppo chiusi per poterci aiutare, come credo lei sappia bene, ed i Draghi di Terra si sono divisi in molte famiglie. Dunque ho selezionato per lei quelle più grandi interrogando tutti i Draghi che ci sono al villaggio e chiedendo loro quale fosse la tribù più influente dalle loro parti. Ce ne sono due per i Draghi di Fuoco, una di esse credo che sia la tribù del Drago Jethro, tre per i Draghi di Terra, una di esse è la mia, ed infine una sola per i Draghi di Acqua. In tutto sono cinque tribù che lei deve visitare. – Concluse.
– E la tribù del Buco di Eran? – Sussultò a sentir pronunciare quel nome.
– Essi sono Draghi di Terra che da anni nascono e vivono in una profonda fossa del terreno, l'oscurità scorre nelle loro vene ora ed i loro occhi ed i loro animi sono ciechi ad ogni comune sentimento. Essi sono sordi e non venerano il Cielo che è troppo luminoso, non vedo come potrebbero mai essere rapiti dalla sua voce. – Abbassai lo sguardo pensieroso. – Essi inoltre sono quasi tutti dalla parte del nemico, lui li soggiogò poiché li avvertiva simili a sé.
– Va bene, ho compreso, vai avanti. – Dissi tuttavia turbato per la loro condizione.
– Deve stare attento ai Draghi dell'acqua, sono volubili, difficili da raggiungere e poco inclini ad ascoltare per troppo a lungo. Le loro ali preferiscono nuotare piuttosto che volare, convincerli del contrario sarà difficile. – Sospirò. – I Draghi di Terra invece sono molti e diversi sebbene derivino tutti dalla stessa specie, ci sono quelli del fango, che vivono nelle paludi, quelli delle foreste e quelli di caverna, la mia tribù è quella degli ultimi, vada prima da loro , le apriranno la via e sapranno darle consigli saggi. Invece le Tribù del Fuoco sono cocciute, forti ed amano mostrare la loro superiorità, faccia comprendere loro che è il più forte e sarà il loro capo per il resto della sua vita. – Mi guardò. – Credo che lei sappia poco degli altri Draghi e forse questo è un bene, forse il non avere pregiudizi sarà la sua forza, ma se la vedono succube del suo padrone, se vi vedono come ciò che siete, un Domatore ed il suo domato, allora credo che potrebbero nascere dei problemi.
– Quali problemi?
– Potrebbero non voler prendere ordini da qualcuno che a sua volta li prende. Potrebbero non rispecchiarsi in un Drago sottomesso. – Annuii.
– Con questo intendevi che la mia condizione è un problema per voi?
– Non solo per questo. – Si voltò ancora verso il villaggio. – Credo che Ormond mi stia chiamando, forse sa che sono in sua compagnia.
– Grazie per i tuoi consigli. – Sorrise.
– È mio dovere darli a lei. – Insieme, fianco a fianco, ritornammo indietro.
Rientrammo tra le case del villaggio, il sole batteva sui tetti e tutti erano indaffarati. Ormond aspettava Rastus vicino alla prima casa. Il Drago si avvicinò ed io notai lo sguardo severo e crucciato del Domatore. Qualcosa non doveva essere andato bene nell'ultima discussione con Nowell. Che il Solitario avesse detto qualcosa di indelicato? Tuttavia non appena l'uomo vide me ed il Drago dagli occhi scuri insieme si rallegrò improvvisamente. – State facendo amicizia? – Chiese a Rastus che sorrise chinando il capo. – Bene … – Sussurrò rivolgendo il suo sguardo verso di me. – Bel Drago, il tuo padrone è ritornato verso la casa che vi ospita, forse è lì che ti cerca. – Disse sorridendomi. – Affrettati. – Chinai il capo. Senza farmelo ripetere lasciai Rastus e Ormond soli.
Mi diressi verso la casa dove avevo dormito quella notte ed intanto mi guardavo intorno. Era dal giorno prima che non avevo notizie né di Ishmael né di Shiloh, forse avevano molti più amici lì di quanto mi aspettassi. I Draghi che, affaccendati, sostavano nelle strade aiutando i proprio Domatori, al mio passaggio si voltavano e mi guardavano rapiti per poi veloci chinare le loro teste e brontolare con la loro voce di Drago. Alcuni osavano perfino portarsi il pugno al petto così come aveva fatto il vecchio Drago ormai molto tempo fa. Non ero lusingato dai loro modi e nemmeno coinvolto. Però cominciò a sorgermi il sospetto che infine fossi io a comprendere male e non loro a vedere in me qualcosa di sbagliato. Non mi sentivo né un Re né un Lungo Sguardo, ma forse lo ero e se così era allora come sarebbe cambiato il mio modo di vivere e pensare? Forse avevo paura di essere legato ancora una volta da qualcosa che alla fine non volevo essere.
Sollevai lo sguardo cercando di scacciare i pensieri più bui e vidi Ishmael dirigersi furiosamente verso il campo aperto. Dal viso che aveva, ne ero convinto, se avesse potuto volare senza Wardell avrebbe spiccato il volo lasciandoci tutti lì. Mi fermai per aspettarlo visto che veniva nella mia direzione, non sembrava vedermi tanto era assorto nei suoi pensieri. – Qualcosa non va, Ishmael? – Chiesi non appena fu abbastanza vicino da sentire la mia voce. I suoi piedi si fermarono ed il suo sguardo si sollevò verso di me: la rabbia era svanita, ingoiata dalla sua pelle chiara, ed al suo posto si era creata una nebbia di tristezza ed indecisione. – Ishmael … – Sussurrai senza parole, non l'avevo mai visto così spaventato ed insicuro.
– Ishmael! – La voce di Wardell ruppe il silenzio e mi voltai per vedere da dove venisse. – Ishmael! – Il Drago dagli occhi gialli si voltò cupo verso il padrone e lo guardò mentre si avvicinava correndo. – Perdonami, Ishmael, ma … – Smise di parlare quando mi vide. – Ah, tu … – Borbottò. Si tirò dritto e mi fissò severo. – Nowell ti sta aspettando. – Disse secco. Voleva che me ne andassi e potevo comprenderlo dai suoi occhi acuti e pungenti.
– Sì, ora lo raggiungo. – Sussurrai dirigendo lo sguardo in direzione della casa. Mi voltai ancora verso Ishmael e poi su Wardell, sembravano doversi dire qualcosa d'importante che con me lì non poteva essere detto. – Vi lascio soli. – Mormorai infilandomi le mani nelle tasche dei pantaloni. Mi incamminai con lo sguardo del Drago dagli occhi gialli su di me.
– Nivek! – Urlò e mi voltai ancora nella sua direzione. I suoi occhi erano fissi su di me mentre il suo Domatore lo guardava senza comprendere. Il suo sguardo mi disse più di ciò che voleva, così io credo.
– Fortunato è chi trova la propria via senza fatica, ma ancor più fortunato è chi la trova nella difficoltà. – Mormorai con un sorriso felice sulle labbra. Alla fine forse era proprio vero ciò che avevo pensato la prima volta guardandoli.
Mentre i miei piedi si muovevano veloci verso la casa che ci ospitava, i miei pensieri tornavano alle parole che Wardell ed Ishmael si sarebbero scambiati. Forse finalmente ci sarebbe stato qualcosa di bello di cui gioire. Non ci misi molto a trovarmi fuori dalla casa. Nowell mi aspettava in piedi fuori dalla porta e scrutava intorno a sé aspettando il mio ritorno. Quando mi vide i suoi occhi mi si rivolsero tristi e turbati. Un peso sembrava premergli sullo stomaco, come qualcosa che infine non doveva avvenire. Rividi nel suo viso il riflesso dello stesso sguardo di Ormond. Si avvicinò silenzioso. – Devo parlarti … – Mormorò afferrandomi un braccio e tirandomi verso il dietro della casa. Cominciai a temere ciò che volesse dirmi.
– Qualcosa non va, Nowell? – Chiesi non appena lui ebbe finito di trascinarmi e cominciò a fare avanti ed indietro in un piccolo pezzo di terreno.
– Certo che c'è qualcosa che non va. – Disse lui con un filo di voce.
– Sulla partenza?
– Non essere ridicolo … – Si fermò all'improvviso e si passò una mano sulla bocca. Chiuse gli occhi e sembrò frenarsi dal dire cattiverie. Poi tornò a guardarmi e si calmò. Prese un profondo respiro. – Wardell vuole consacrarsi ad Ishmael. – Disse secco come se fosse la peggior notizia del mondo. – Sono anni che ne parla, ma adesso sembra determinato a farlo. Anzi, lo farà. Ho cercato di dissuaderlo in ogni modo, ma non ascolta ragioni, è sordo. – Deglutì terrorizzato dall'idea. – Che il Cielo lo faccia rinsavire …
– Non è una bella notizia? – Chiesi completamente estraneo alla cosa. Nowell ridacchiò nervoso.
– Una bella notizia? Non c'è peggior notizia che lui potesse darci. – Sospirò.
– Perché? – Domandai. Probabilmente ero l'unico a non saperne nulla. Si coprì il viso con le mani.
– Lui perderà tutti i suoi Draghi, tutti tranne Ishmael. Alcuni di essi sono nati e cresciuti in cattività, altri sono ciechi, altri non possono più volare, Wardell doma tutti i Draghi che hanno bisogno di aiuto, solo pochi dei suoi Draghi gli sono utili, non sembra ma ha un gran cuore. Immagini che cosa ne sarà di loro senza la protezione di Wardell? Senza la sua guida? Molti ai macelli, altrettanti nelle mani di crudeli Domatori. Per loro sarà la fine. – Mi guardò. – Ma poi che ne sarà di lui? Non è semplice vivere senza poteri, senza essere considerato “utile”. Lo conosco bene … ne morirebbe.
– Credo che lui abbia pensato a tutte queste cose …
– Non abbastanza! – Saltò su il Solitario. – Non posso permettere che lui si rovini così! Essere Consacrato è la peggior sventura che possa capitare! Incatenato ad un unico Drago! Chiedilo a Yorick come ci si sente senza! – Perché tirava in ballo Yorick?
– Smettila. – Dissi secco ed il suo sguardo critico si rivolse su di me. – Yorick amava il suo Drago, così come Wren, così come Wardell, forse tu non sei in grado di comprenderlo e mi dispiace.
– Lo comprendo invece. – Ribatté tristemente. – Proprio perché lo comprendo non voglio che lui lo faccia. Credi che sia facile? Credi che sia semplice essere Consacrati? Per quanto lui lo ami non può renderlo libero, non può restituirgli ciò che gli tolse molto tempo fa. Consacrarsi rende tutto così indelebile da essere quasi doloroso. Egoista è il Domatore che doma, ed ancor più egoista quello che consacra scusandosi con l'amore. Si odierà, così come fa Wren e così come fa Yorick. – Si sollevò. – Ormai non c'è più ritorno, lui lo rimpiange, sai? Rimpiange che Ishmael non sia libero. – Annuii e lui mi posò una mano sulla spalla.
– Hai ragione, è terribile in ogni caso, ma, Nowell, tutto cambierebbe se anche il Drago fosse d'accordo, non credi? Un Drago che vuole essere Consacrato non è forse un Drago che ama?
– Sì, lo è, indubbiamente, ma, sebbene noi possiamo pensarla in questo modo, sia Wren, sia Yorick, sia Wardell continueranno a chiedersi se sono realmente amati o se tutto è frutto di un loro inconscio ordine. Essere Consacrati distrugge lo spirito ed il cuore. – Abbassò lo sguardo. – Non voglio che capiti a Wardell che è gentile e buono.
– Se lui lo vuole credo che tutto questo l'abbia considerato. – Annuì. Si avvicinò e posò la fonte nell'incavo della mia spalla. Rimase in silenzio con gli occhi chiusi e con una mano posata sulla mia schiena. Sollevai le dita e gli sfiorai i capelli tenendolo vicino a me. – In fondo credo che sia l'unico modo che a un Domatore resta per dimostrare il proprio amore. – Era triste tutto considerato, forse fin troppo triste da poter sopportare, eppure era così che andavano le cose. Chi amava non poteva amare e chi odiava poteva odiare così facilmente. Mi dissi che è sempre più facile fare del male piuttosto che del bene. Mi dissi che forse Nowell aveva ragione, forse non doveva succedere ciò che Wardell voleva che succedesse. Forse era meglio che Ishmael restasse ciò che era. Tuttavia ricordando lo sguardo che il Drago dagli occhi gialli mi rivolse non ho dubbi, lui lo voleva esattamente quanto Wardell, ma credeva di non meritarselo. Credeva che diventare il Drago Consacrato del suo Domatore sarebbe stato uno sbaglio, per gli altri Draghi e per il suo stesso padrone.
Mi ricordai la discussione che lui ebbe con Shiloh tra le tende, forse era proprio di quello che stavano parlando, forse era così che andavano le cose in quel mondo di molti Draghi ed un solo Domatore. Forse era così che Ishmael doveva restare. Eppure ripensando al suo sguardo ed al modo con cui pronunciò il mio nome quel giorno non ho dubbi, Ishmael non aspettava altro. La voce calda di Wardell che chiedeva di perdonarlo, il sapore di tristezza che li circondava, amanti condannati al dolore, anime gemelle divise dal fato e da tutto ciò che si definisce “moralmente giusto”. Giusto per chi? Forse niente era giusto.
Perfino oggi, ora che molti anni sono sfuggiti via dalle mie dita ed il dolore antico ha lasciato le mie membra, perfino oggi ripensando a quello sguardo non so pensare ad altro, non so perdonarmi per essere stato cieco e sordo. Non ho dubbi, Ishmael amava Wardell e lo desiderava, voleva restare con lui per sempre, consacrarsi a quell'uomo che l'aveva domato, che gli accarezzava così dolcemente le squame, con cui volava in alto verso le nuvole più belle, correva sull'arcobaleno e contava le stelle. Non c'era altro amore. Non c'era altro dolore. Lo amava e che il Cielo perdoni tutti noi per essere stati così ciechi. Che Wardell ci perdoni poiché non era lui a doversi scusare ma tutti noi a non capire. Ishmael lo amava e perfino oggi ripensandoci non ho proprio dubbi.
 
Wardell quella sera venne nella casa in cui eravamo ospiti, entrò nella stanza mia e di Nowell e guardò il proprio amico con uno sguardo che mai dimenticherò finché avrò vita. Il mio padrone si alzò dal letto. – Perdonami, Nivek, torno subito. – Sussurrò con un filo di voce seguendo fuori l'altro. Io però non riuscii a stare fermo, mi alzai veloce e corsi fuori dalla casa non appena si furono allontanati. Sapevo che se Wardell aveva quello sguardo allora Ishmael doveva averne uno molto simile. Cosa era mai successo?
Mi diressi verso l'abitazione di Ormond. Silenziosa una voce cantava nel buio della notte, sussurrava una melodia sconnessa ed ogni tanto si fermava. Avrei riconosciuto tra mille quella voce, apparteneva a colui che cercavo. La seguii mentre il silenzio ovattava il cielo e sentivo quei suoni così chiaramente da venirne quasi assordato. – Le luci della notte brillano nel cielo, il sapore del mattino ormai non è più sincero, meglio dormire nella notte, che aspettare il sole, meglio morire nella notte, che aspettare il sole … meglio morire piano, che svegliarsi lontano … – La figura di Ishmael si dipinse davanti ai miei occhi, era immobile seduto su un muretto di pietre che divideva due case. Il suo sguardo era perso tra le stelle e dai suoi occhi scendevano lacrime pesanti e severe. Mi avvicinai senza far rumore, ma la sua voce non riprese a cantare. Gli posai una mano sulla schiena e mi sedetti vicino a lui.
– Cosa mai è successo? – Mormorai con un filo di voce rotto dalla tristezza. Lui si asciugò malamente il viso e sembrò rimpicciolire nella mia mano. Mai Ishmael, Drago così bello e gentile, mi era sembrato indifeso ed insignificante.
– Mi capisci, vero Nivek? Comprendi … – E la sua voce si fermò ancora. Sembrava tenere quelle parole lontane, come uno spettro che mai avrebbe osato invocare di nuovo.
– Qualunque cosa la comprenderò, amico mio. – Sussurrai avvicinandomi di più a lui.
Dalle sue labbra uscirono alcune note sconnesse e poi la sua mano si strinse intorno al mio polso. – Come ho potuto farlo … ? Come ho potuto … – Il suo respiro divenne irregolare e veloce. Sembrò accorgersi solo in quel momento del madornale errore. – Gli ho detto di no … – Sollevò lo sguardo fino a che i nostri occhi non si incontrarono. – Gli ho detto di no …
Quella notte compresi che non basta amare ed essere amati, non basta volere qualcosa con tutto il cuore per riuscire a prenderla una volta ottenuta. C'è ben altro. Non basta comprendersi a fondo per riuscire a coronare i proprio desideri. Per Wardell ed Ishmael non era bastato. Non era stato in grado di agire egoisticamente, seguire solo il proprio, riservare il proprio padrone, il suo amore solo per sé, aveva compreso che egli aveva un ruolo più grande. Aveva compreso che Wardell non sarebbe mai potuto essere solo suo. Il Domatore non avrebbe mai fatto nulla contro la volontà di Ishmael, compresi anche questo.
Non basta amare ed essere amati per vivere felici. Non c'è sempre un lieto fine sebbene siano entrambi a volerlo. C'è ben altro. Ishmael aveva detto di no, ma tra le mie braccia piangeva. Ishmael aveva detto di no, ma il suo cuore era stato schiacciato sotto quelle parole. Ishmael aveva detto no e se ne pentiva.
Non dissi mai ciò che Ishmael confessò a me soltanto, non dissi mai che lui avrebbe voluto vivere al fianco di Wardell per il resto della sua vita, non dissi mai che quel no nascondeva un sì così grande da non poter essere pronunciato. Non dissi mai la forza con cui mi strinse il braccio e pianse. Non dissi mai quanto il suo amore fosse profondo. Tuttavia credo che Wardell lo comprese senza aver bisogno delle mie parole.
Compresi che così succede quando ami qualcuno ma il tuo amore va sprecato. 

La verità su Nowell è ormai chiara. Il Re Orrendo si è reso responsabile di molti crimini, ma il più grave è sicuramente quello contro suo figlio. Riuscire a liberare il regno dal suo giogo sembra l'unica cosa da fare.
I Draghi ed i Domatori però non sono liberi nemmeno di esprimere a pieno i propri sentimenti e questo, sicuramente, è frutto di anni ed anni di credenze sbagliate e pregiudizi. Riusciranno a cambiare anche questo? 
Grazie mille per aver letto la storia
Iwon Lyme
   
 
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