Anime & Manga > Buonanotte, PunPun
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Autore: Hitsuki    21/03/2017    0 recensioni
Punpun sente per un attimo il cuore che raggiunge lo spazio, che distrugge lo spazio, appena Aiko richiama Punpun a sé con un bacio.
[ punpun/aiko . tematiche delicate? ]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Rimangono solamente le impronte delle nostre ombre


 
Aiko è la schiuma delle onde del mare e schiaccia l'azzurro dell'acqua. Trasparente ed immune alla gioia, Aiko ha l'inconsistenza poggiata sulle labbra screpolate ed un paio di occhi lividi di felicità.
Basterebbe un violento colpo per poterla eliminare completamente dalla sua vita: finalmente Punpun rinverrebbe una risorsa di beatitudine nella morte della sua amata – Aiko muore, lo spirito di Punpun ascende all'eterno adempimento. Punpun però preferisce accarezzarle le mani, non per timidezza o paura di ferirla, ma per consolidare il loro rapporto arido, acerbo e marcio nell'insieme; nota il continuo ritmo con cui Aiko stringe ed allenta la presa, stringe ed allenta, stringe ed allenta. Le loro mani congiunte sono il cappio di entrambi ed un matrimonio per la solitudine. Il cielo plumbeo estende il vuoto per un numero infinito di piani e crea così il nulla. 
«Punpun». Punpun non risponde ed Aiko aumenta la presa. «Punpun, Punpun».
Punpun le stringe la mano ed Aiko ride un poco. Il suo sorriso era tanto bello incastonato nel suo volto di bambina, ma ora rimane indelebilmente triste. Aiko è, di per sé, una ragazza triste; ciò la lega, la collega indissolubilmente a Punpun, con il loro cappio di mani, con le sue promesse dirette alla schiuma del mare. Punpun ricorda vagamente la tristezza ed alimenta, con il suo amore per la tristezza di Aiko, l'involucro della sua apatia. Punpun è un cadavere trasportato dalla schiuma delle onde.
 
Nel dolce rincorrersi degli innamorati, c'è l'appiglio di un rapporto ben consolidato, una speranza per la contentezza di entrambi. La loro è una via di egoismo e il rincorrersi non fa altro che confermarlo: Aiko segue Punpun perché lo ama, perché è l'unico che l'abbia mai amata, perché è l'unico che la segue. Aiko gioca con le mani di Punpun, le adagia sul suo volto e vede il sangue dei suoi ricordi; sorride incerta a Punpun, gli mostra i denti e si augura che rappresentino una minaccia – eppure nel profondo si culla esclusivamente nelle minacce altrui. Si rivolge ad un Punpun immaginario presente in una vibrazione alternativa fra i tanti piani paralleli quando chiede: «Punpun, tu mi ami?».
Dicono che i gesti servono a colmare il vuoto che le parole lasciano. Le parole di Punpun si riempiono di suoni impastati di sangue, come le sue mani che si avvicinano verso la guancia pallida di Aiko. L'aridità di quel gesto serve a soddisfare nuovamente il nulla di entrambi e trova una risposta nell'inutilità delle parole. Il loro amore si affida ai gesti della solitudine e si trascina lungo il manico di un coltello, arranca per raggiungere la lama e lacerarsi. Aiko non percepisce nulla scorrere nelle vene, è solamente il battito di Punpun a presentarsi alle sue orecchie, come le conchiglie che raccoglie lungo la linea fra il mare e la sabbia. Basterebbe un passo per immergersi nell'annegamento ed è la sottile linea ad ammiccare al desiderio di Aiko; le chiede di scendere lungo le onde per non risalire più, ma il fondale degli occhi di Punpun continua ad essere più allettante dell'abbandono. Lei sa, più di tutti, che l'abbandono è cattivo – Punpun crede che l'abbandono sia troppo emotivo per lui. Aiko tocca il lembo della maglia di Punpun, lo stringe fra le dita e lo tira a sé come una bambina; ma non c'è più la decisione di una volta nel voler davvero stare accanto a Punpun – è più un non volerlo lasciar andare, è il desiderio di non essere sola al mondo, non ti dimenticare di me, sussurra.
Punpun si volta ed osserva quel candido contatto con la mano di Aiko. «Sei calmo, Punpun, come una notte senza stelle». Punpun pensa che quella sia la frase più ridicola che abbia mai sentito, eppure era una frase che avrebbe amato tempo addietro. Una notte senza stelle è un rammarico, perché suona come qualcosa di tragico e pomposo al contempo; ma il loro cielo sta solo nelle mani che si inseguono e dunque si annulla. Le stelle scoppiavano come fuochi d'artificio nei loro occhi. Ora l'unico bruciore è quello della pelle che sfrega sulla corda.
 
Un suono sconnesso e prolungato risveglia Punpun dal suo sonno. Infastidito, Punpun vorrebbe poter schiacciare l'enorme cicala che si trova sul suo petto, ma mentre strofina gli occhi realizza che la sua vista è sfocata e la cicala è piccola come tutte le altre. Certo una cicala in più od una in meno non contribuirebbero alla fine della società, o del mondo: il mondo di Punpun morirebbe solo con Punpun, il suo immaginario finemente collegato alla realtà per mezzo di Aiko si frantumerebbe se a contatto con l'inconscio.
Dopo questa sconnessa e prolungata considerazione, Punpun realizza che il suo desiderio di una vita è di schiacciare la cicala; la prende a sé, la racchiude sotto la sua mano e con quest'ultima spinge verso terra. Poco dopo sente scricchiolare qualcosa sotto il suo palmo. Punpun non ha bisogno di un motivo reale per uccidere: se la morte non è capace di condizionare – sensibilizzare secondo Aiko – la società, allora essa si può apporre al suo piano immaginario, ben più misericordioso e realistico.
Aiko finge di dormire accanto a lui. Dopo aver assistito di nascosto alla morte della cicala, si sposta accanto a Punpun e poggia le braccia sul suo petto. Per Punpun è naturale stringerla a sé mentre sfiora una delle sue ciocche di capelli. Perso a fissare in mezzo al punto dove un capello di Aiko si era separato dalla ciocca, Punpun decide di posare le sue labbra su quelle screpolate di Aiko; è un bacio dall'immenso valore di nulla, se non del rumore delle cicale. Aiko avrebbe sperato che con il rumore delle cicale si riferisse al loro suono estivo, ma in realtà Punpun pensava allo scricchiolio provocato poco fa – ed entrambi ne erano coscienti.
Altri rumori avvolgono il marciapiede rovinato sul quale avevano abbandonato gli zaini. Il respiro di Aiko è il rumore più assoluto ed al contempo silenzioso di tutta l'atmosfera; i lievi sussulti frammentano i respiri più regolari in quel piccolo angolo di un luogo sconosciuto che appartiene ad Aiko. Aiko possiede ove ella respira ed è per questo che continua a respirare e si aggrappa ai suoi stessi respiri, seppur sussultando.
Aiko si stanca di fingere di dormire e sbatte le palpebre con più velocità di quanto si aspettasse. Fissa per un attimo il petto di Punpun prima di alzare lo sguardo verso di lui abbozzando un sorriso; poi sfiora con le labbra la sua ferita all'occhio, senza il coraggio di baciarla davvero. È come se Aiko vedesse nel bulbo vuoto di Punpun un dolore ed una sofferenza accecanti. È vero inoltre che la ferita è coperta da un cerotto, ma Aiko sta iniziando a vedere con il filtro dei suoi pensieri, un vizio che da Punpun era passato a lei. Nel rincorrersi e prendersi per mano, l'autodistruzione delle stelle è uno scoppio informe di gesti; essi si distendono lungo livelli più alti e più bassi del cielo, per posizionarsi infine nelle abitudini quotidiane. È proprio come la famiglia che i bambini desiderano, con la quotidianità tanto sognata fra le mura di casa. Dopo aver raggiunto la libertà, i due realizzarono che non erano capaci di affrontarla e viverla: ma potevano affidarsi l'uno all'altro nel concepire quella dolce illusione.
 
Aiko ama il nome di Punpun, le sensazioni che prova nel pronunciarlo, le uniche parole di cui hanno realmente bisogno. Ormai Punpun ha raggiunto la dimensione ultraterrena e si immerge nella convinzione che ciò che accade è all'infuori del suo piano di azione. È disinteressato quando sfiora con le dita una foglia e nota le sottili venature su di essa; è ancor più insofferente quando strappa la foglia e la getta sull'erba senza un motivo preciso. Punpun è diventato sconclusionato e vive di quella violenza semplice, respira in essa, questa violenza è sottile come la venatura in basso a destra della foglia di mesi fa, si dice. 
Aiko è nascosta dietro a un cespuglio da cui ha strappato una bacca che ora inghiotte, nella speranza che essa sia velenosa. Aiko si avvelena dei pensieri e delle speranze – speranze così tristi da non dover definirsi tali – che Punpun le inietta; vive di veleno, sopravvive lungo la strada del bosco, ma non riesce a respirare sull'asfalto o sulla via di casa. Aiko di principio non ha casa che sia salda, ha solo l'irrefrenabile Punpun, meramente desideroso di una morte che lo baci. Anche nel momento in cui si sarebbe strappato tutti i suoi occhi e avrebbe perso gli arti, Punpun sarebbe rimasto il suo Punpun. Punpun che è vicino al precipizio; Punpun che è vicino a lei. I due sono fuori luogo nel mondo, sono feccia che fugge dalla spazzatura e si getta in una vita impersonale; la vita di Punpun appartiene ad Aiko e la vita di Aiko appartiene a Punpun. Quell'appartenenza così edace e delicata è ciò che permette di condurre la vita di entrambi – trascinandola rovinosamente, sfregiandola di rosso, rincorrendosi lungo la linea fra la sabbia ed il mare. 
«Punpun!». Aiko intona una canzone inventata sul momento con quel solo nome. Dopotutto è il nome per cui ha vissuto. Punpun non è infastidito da quella canzone stonata, non si irrita neppure quando sente il suo nome, è come se qualcuno avesse tenuto a lui in tutti quegli anni… Punpun sente per un attimo il cuore che raggiunge lo spazio, che distrugge lo spazio, appena Aiko richiama Punpun a sé con un bacio. Le labbra di Aiko vibrano anche dopo aver cantato; sono labbra perennemente tremanti e dilavate, un po' come lei stessa. Punpun non può fare a meno di rispecchiarsi in un ruscello e si vede assieme all'Aiko di un'infanzia parallela.
 
Aiko spalancava le braccia quando vedeva qualcosa di nuovo ed il suo era un gesto disperato, in cui provava a vivere senza il contatto di Punpun; ma là dove cessava il contatto con lui, Aiko sentiva le sue mani sole e fredde e vuote. La libertà collideva con la vita stessa e le due non potevano coesistere. Ciò che coesisteva era solo la sussistenza fra Aiko e Punpun, il loro amore d'infanzia che proseguiva dopo anni dimenticati eppure vividi; era triste sapere che fra le loro mani non rimaneva nulla di quegli stessi ricordi che erano gli unici ad animarli nella loro solitudine. Aiko cercava disperatamente, a braccia spalancate, l'abbraccio che auspicava. Ma l'abbraccio non arrivava mai.
O meglio, Punpun la abbracciava, ma era come se la strozzasse. Se per Punpun quella era la più intensa dimostrazione d'amore, era solo perché Punpun era incolore. Ed Aiko lo sapeva perfettamente; sapeva che l'incolore non era il colore che apparteneva a lei, ed Aiko non apparteneva a nulla, neppure a lei stessa. Non riusciva ad accontentarsi della tonalità di grigio del marciapiede, non dopo aver ammirato assiduamente un barlume nell'occhio di Punpun – Punpun, che la abbracciava. La solitudine ricolma che respirava era, semplicemente, ciò a cui poteva agognare dopo aver scacciato il bisogno di sentirsi sola per anni: ma proprio perché non riusciva ad accettare l'isolamento, si aggrappava all'incolore e con il respiro lo rendeva suo. Aiko assorbiva Punpun per non scomparire.
Punpun le accarezzava sempre la testa nell'abbracciarla, mani fredde che si intrecciano per magia o forse per miracolo; Punpun era sensibile nella sofferenza di cui si assaporava, ma è proprio nell'insofferenza che il pensiero si bloccava e plasmava una violenza assopita. La violenza era ciò con cui si era ritrovato e che, nel corso degli anni, era riuscito ad accettare, a patto che essa lo fornisse di mani calde – se di sangue tiepido, non importava. Era il sangue altrui a donare bagliore nell'occhio di Punpun. L'occhio brillava come un dio. L'illuminazione di non dover ambire a nulla era ciò che lo spingeva ad ambire alla sua Aiko. Con lei tutto si collegava, perché la sua vita assumeva un senso fisico; infatti le astrazioni di Punpun prendevano vita quando egli si perdeva nell'insofferenza, e non pensava più, e pensava ad Aiko.
Lunghi gesti e brevi gesti intercorrevano nei loro pensieri, nutrendo Punpun ed Aiko di quel loro amore splendido all'infuori di ogni cosa. La loro casa creata con tanto amore era quella del loro spiraglio prima del precipizio e, anche se purtroppo non si trovava sullo spazio, era piazzata nella cruda realtà trascesa nella sottigliezza grazie ai movimenti di sussistenza. Il piccolo sogno da bambini si tramutava in realtà e riusciva anche a perdere l'essenza della realtà stessa.
Era il rumore dei passi di Punpun a risvegliare Aiko dal suo sogno. Aiko sapeva che erano i suoi passi perché ella li seguiva in continuazione – osservava le impronte che Punpun aveva lasciato nel fango e le schiacciava con i suoi piedi scalzi. Appena Punpun vedeva Aiko, si inginocchiava verso di lei e la accarezzava come suo solito; un gesto che valeva come un dono mai fisicamente modellato, forte ed intenso oltre al semplice amore, forte ed intenso come una violenza. Aiko si convinceva, quando vedeva l'occhio lucido di Punpun, che in fondo loro due erano rimasti gli stessi.
 
 
ok, ho finito oyasumi punpun un po' di tempo fa ed è stata una bella lettura: ci sarebbe tanto da dire, in realtà, ma non voglio dilungarmi! però voglio precisare che da un punto di vista narrativo/artistico, il misto fra realtà ed onirico del manga è qualcosa che trovo di grande ispirazione, ed è ciò che più mi ha incentivato a scrivere una fanfiction. essendo una ff molto sperimentale, inizialmente non la volevo neanche scrivere: pensavo che non avrei rappresentato quest'opera al meglio, ma!! potrò sempre scrivere qualcosa in futuro (anche se per ora non ne ho intenzione). tl;dr ho pensato che sarebbe stata una buona idea per provare qualcosa di più sperimentale, più lungo, anche più articolato, perché no. ci tenevo ad evocare l'amore stagnante fra punpun ed aiko così com'era, senza però dilungarmi eccessivamente (e quindi rischiando di far diventare la mia ff troppo ridondante rip). also, ho voluto creare un effetto che permettesse di iniziare la ff da un paragrafo qualsiasi. quanto al resto lo lascio a voi, non sento il bisogno di precisare tutto, se avete dubbi chiedete pure.
altro da dire? forse sì, però come ho già scritto ho già precisato abbastanza. sono contenta di aver pubblicato, è da un po' che ne avevo l'intenzione e devo motivarmi di più (qualche volta ci provo!!). ultimamente sono insoddisfatta del mio stile e non ho molta voglia di scrivere orz, ma questa fanfiction in sé mi piace. comunque, un grazie enorme per aver letto!
  
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