January 31th 2108
Sono in bagno, mi sto
tamponando
i capelli bagnati; quando bussano alla porta ci faccio appena caso. So
che
Shogo è in casa, può occuparsene lui. Quello che
non so ancora è che Shogo non deve occuparsene.
Comincio ad avere una
strana sensazione quando capisco che la porta non è
ancora stata chiusa. Cerco di rassicurarmi dicendomi che potrebbero
essere
amici di Shogo venuti a salutarlo. Oppure sta firmando sul palmare di
un drone
per ritirare un pacco: è terribilmente lento per queste
cose, mi ricorda quei
vecchi del passato, che preferivano la carta al computer.
Ma ci sta mettendo davvero troppo
anche per questo. Finisco di massaggiarmi il capo con
l’asciugamano, passo le
dita fra il ciuffo sottile e sospiro con calma.
Qualsiasi cosa sia,
è chiaro che me ne debba occupare io: in questi mesi di
convivenza devo aver sopravvalutato Shogo.
Esco dal bagno,
lasciando la porta socchiusa e avanzo verso la porta
d’ingresso. Sento l’aria fredda raffreddarmi le
mani, la curiosità cresce
esponenzialmente al mio passo.
“Makishima?”
Chiamo, per capire dove sia.
Un verso mi risponde:
è troppo acuto perché l’abbia prodotto
Makishima.
Mi sorge un dubbio atroce.
“Makishima?”
“Choe!”
Sento la sua voce rispondermi, fuggevole sollievo.
“Ho sentito
un suono strano…” Sto sul vago, per vedere cosa ha
il coraggio di
rispondermi.
“Oh,
quello?” Un altro verso acuto, differente dal primo
“Niente di
preoccupante, mi è venuto il singhiozzo.” Allungo
le mani sul suo viso, sono
sicuro di essergli vicino: trovo la fronte, con i polpastrelli scendo
sugli
zigomi sollevati dalla posizione di riposo, gli angoli degli occhi sono
più
stretti e il contorno labbra increspato in un sorriso. Penso che deve
essere
bellissimo, ma dico tutt’altro. “Non è
vero. Cosa c’è?” Adesso sorrido io e
può
vederlo chiaramente, comunque mi tocca gli zigomi e le labbra,
imitandomi E’ la
cosa più emozionante che mi sia successa da quando sono
arrivato in questo
Paese.
Un altro verso
interrompe i miei pensieri, è piuttosto distante. Le mani di
Makishima si allontanano subito e io lo inseguo. Siamo nel cortile di
casa,
ancora dentro il cancello, ma mi spaventa l’idea di rimanere
impalato davanti
alla porta. Fuori casa è più difficile
concentrarsi sui suoni del corpo per capire
gli spostamenti. Mentre cammino celermente cercando di individuare
Makishima,
sento dei passetti venirmi incontro. Mi sono familiari, eppure non
riesco a
capire… Sono troppi per essere un uomo.
“Shogo…?” Chiamo piano, cercando di
mantenere la calma.
La risposta mi arriva
troppo tardi: un corpo nudo, peloso e caldo mi butta per
terra, sento delle zampe far pressione sul petto e una lingua umida su
tutto il
volto e il collo. E’ un cane, malezione, un cane!
Evito di dimenarmi,
per non farmi mordere. Makishima mi raggiunge, riesce a
togliermi il cane di dosso e mi aiuta a tornare in piedi.
Non mi chiede se sto
bene, se mi sono spaventato, se sono anche solo
lontanamente d’accordo con lui... Dice solo:
“E’ un cucciolo, si chiama
Gulliver.”
:: Angolo
Autrice ::
“Possiamo
tenerlo?”
Okay, pardon, questa
era d’obbligo <3
Buonasera a tutti,
ecco proposto un altro momento fluff e particolarmente
comico della convivenza dei due aspiranti fuorilegge – ma
questa è un’altra
storia!
Il prompt
“cucciolo” è stata una vera tentazione,
ne ho discusso assai con chi
mi ha sostenuto e consigliato nella stesura di questa raccolta
… e alla fine
sono riuscita ad avere la meglio e a scrivere una flash a riguardo.
Conoscendomi –e sapendo quanto li shippo ** - pensavo avrei
reso il tutto molto
più demente, invece mi sono stupita di me stessa –
e questa sì che è una cosa
demente da dire (?)
Ad ogni modo, sono
riuscita ad inserire anche una scena che mi premeva molto,
vale a dire il riconoscimento tattile molto utilizzato dalle persone
che si
ritrovano a dover sopperire alla mancanza della vista, come Choe. Spero
aver
descritto focalizzando l’attenzione che deve esserci data e
tutto sommato anche
di essere riuscita a farvi sorridere: suvvia, come non chiamare
“Gulliver” il
cane di Makishima? <3