Serie TV > The Walking Dead
Segui la storia  |       
Autore: Machaira    21/03/2017    2 recensioni
Dal secondo capitolo.
Rick si allungò, prese il fascicolo e cominciò a leggerlo. A Daryl bastò un'occhiata per riconoscere la foto di quel ragazzo con i capelli corti biondo cenere, le spalle larghe e la canottiera bianca.
“Che cazzo ci fai con quello?” chiese irruento.
“È il tuo fascicolo.” rispose imperturbabile l'uomo dall'altra parte della scrivania, senza alzare gli occhi.
[…] “Che cosa volete?” chiese secco.
“Lavora per noi.” rispose risoluto Rick.
(sempre) dal secondo capitolo.
Eugene si alzò in piedi, si portò le mani rigide lungo i fianchi e lo guardò. “A settembre comincia il periodo di praticantato degli stagisti e ne è stato assegnato uno anche al nostro distretto. Stavo aspettando che qualcuno, uno qualunque di voi, facesse un passo falso per scegliere a chi scaricare quella zavorra. Hai vinto.”
Rick rimase allibito e per un momento non riuscì a dire nulla. […] Con le spalle al muro si arrese all'idea che la sua sorte fosse già decisa. “Si sa chi è?”
“La figlia minore del Generale Greene, Beth.”
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Michonne, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 3

Daryl era davanti alla stazione di polizia. Con una fottuta ora d'anticipo.
 
Quella mattina, nonostante avesse puntato la sveglia più tardi del solito, si era alzato comunque alle sei. Aveva fatto una doccia calda e si era preparato con tutta la calma del mondo, ma era arrivato troppo presto. Era così abituato alla vecchia routine che aveva scandito la sua vita per una decina d'anni, che non riusciva a svegliarsi tardi nemmeno durante il weekend. 
 
Con lo sguardo fisso sull'insegna si domandò cosa avrebbe potuto fare. Entrare in un covo di sbirri e aspettare era assolutamente da escludere. Da quanto tempo non faceva colazione il lunedì mattina? Dall'altra parte della strada, qualche metro più avanti, vide una tavola calda. Sarebbe potuto andare lì, prendersi un caffè e aspettare l'ora in cui iniziava il suo turno. Ancora non ci credeva. Chi glielo faceva fare?
 
Arrivato davanti alla vetrina, però, si gelò sul posto. Per quel cazzo di locale vagavano solo persone in divisa e pantaloni scuri! Era il ritrovo di tutti gli agenti del circondario?! Va bene che era vicino alla centrale, ma quella era una maledetta invasione!
 
Non ci pensava neanche di entrare, piuttosto si sarebbe impiccato! Però aveva tempo, così proseguì a piedi in cerca di un dannatissimo buco dove non pullulasse tutto il corpo delle forze dell'ordine del Paese.
 
Stava per perdere le speranze quando gettò un'occhiata a un negozietto piuttosto piccolo. Un bar pasticceria. Odiava quei posti: tutti pizzi, centrini e colori pastello. Non che avesse molta scelta; se avesse proseguito ancora sarebbe arrivato in periferia. Dopo uno sbuffo, entrò.
 
Il lato negativo era che l'interno era persino peggio dell'esterno ed era pieno di gente, ma per lo meno sentì un promettente profumo di brioche calde. Arrivò di fronte alla cassa e aspettò che la ragazza china su un foglio dietro al bancone alzasse gli occhi su di lui, ma niente. E sì che quando era entrato la campanella sopra la porta aveva segnalato il suo ingresso.
 
“Ehi. Si può ordinare?” chiese annoiato.
 
La ragazza si riscosse e prodigandosi in mille scuse prese la sua ordinazione. Daryl intanto cercò un tavolino e per fortuna un trio di amici si alzò proprio mentre lui si avvicinava. Pochi minuti dopo la cameriera gli portò la sua colazione e prese le tazze dei ragazzi che erano rimaste sul tavolo. Almeno la strada e il tempo perso erano valsi la pena; l'aroma del suo caffè nero fumante gli stuzzicava le narici e aveva già divorato metà cornetto.
 
La campanella tintinnò di nuovo ed entrò una ragazza. Era minuta, scommetteva che se si fosse messo di fianco a lei l'avrebbe superata di almeno una testa. Ciò che lo attirò fu il suo aspetto: era tutta scombinata. Il cappotto le pendeva da una spalla e sull'altra aveva appesa una borsa che probabilmente pesava più di lei, ma quello che lo stranì di più furono i capelli. Erano arruffati, sembravano un nido. Cristo, sembrava uscita da una scopata!
 
Si diresse verso la cassa e scomparve dalla sua visuale. Lasciò perdere la sensazione che quella pasticceria sembrasse un posto per sole coppiette e ragazzine snob, e continuò a mordere il cornetto.
 
“Mi scusi, è libero?” chiese una voce gentile accanto a lui.
 
Alzò di scatto gli occhi e si trovò di fronte la ragazza che era entrata poco prima. Non disse niente, la guardò anche piuttosto male ma poi con un cenno del capo indicò il posto di fronte a sé.
 
“Grazie mille, stamattina è davvero pieno. Non l'avrei importunata se ci fosse stato un tavolino libero.” disse mentre si sedeva, togliendosi sciarpa e cappotto.
 
Daryl la osservò con uno strano sguardo negli occhi. "E chi se ne frega?" pensò tra sé e sé. Ma non voleva che quella ragazzina parlasse ancora, così annuì sperando che il messaggio giungesse forte e chiaro il destinatario: mollami.
 
“Quest'anno c'è davvero un tempo terribile! Non faceva così freddo da quell'inverno di una decina d'anni fa!” disse, cercando di intavolare un minimo di conversazione mentre aspettava il suo ordine.
 
“Senti chiacchierona, ti ho fatta sedere ma non sono la tua migliore amica.” la interruppe in tono brusco.
 
Non alzò nemmeno gli occhi dalla sua tazza di caffè, ma sapeva che l'aveva sentito perché, con la coda dell'occhio, l'aveva vista irrigidirsi e soprattutto si era finalmente zittita. In quel momento la cameriera le portò l'ordinazione e ogni tentativo di conversazione fu scongiurato.
 
In pochi minuti finì il suo caffè; senza dire nulla si alzò e uscì dal locale, ma mentre si allontanava ebbe la sensazione di avere un paio di occhi puntati nella schiena. Tornò alla stazione e nonostante mancassero dieci minuti all'inizio del turno giornaliero entrò comunque.
 
L'ufficio era pieno di persone che andavano e venivano; doveva essere il momento del cambio. Senza che nessuno gli dicesse niente andò nell'ufficio di Grimes. Quello stronzo. Era colpa sua se si trovava in quella situazione del cazzo! Cosa gli era saltato in mente quella sera?! Meglio lasciar perdere.
 
Daryl non poteva saperlo perché, anche se le stanze erano per la maggior parte a vetri, dava le spalle alla porta, ma in quel momento entrò Rick che fu subito fermato da Maggie.
 
“Rick, ma chi è quel tipo?” chiese indicandogli l'uomo seduto comodamente a una delle sedie davanti alla scrivania.
 
“È il nostro collaboratore.” disse soffermandosi soprattutto sull'ultima parola “Fammi gli auguri.” le sorrise e proseguì verso il suo ufficio.
 
“Buongiorno.” esordì allegro quando aprì la porta, richiamando l'attenzione dell'uomo.
 
“Tu devi ancora spiegarmi che cazzo hai da essere sempre così contento.” mormorò Daryl.
 
“Allora? Ti stai ambientando?” domandò, ignorandolo deliberatamente.
 
“Sì, ti piacerebbe.” ghignò in tutta risposta.
 
Rick fece il giro della scrivania e si sedette al suo posto. Prese un post-it appiccicato allo schermo del computer, lo lesse e lo gettò nel cestino. Poi sollevò il telefono e digitò un paio di tasti.
 
“Jesus puoi portarmi quei fascicoli? Sì, quelli.” fece una piccola pausa in cui Daryl sentì la voce dall'altra parte della cornetta blaterare qualcosa di confuso. “Fai due viaggi o chiedi aiuto. Muoviti.” concluse sorridendo.
 
Rimasero in silenzio per qualche minuto e poi Daryl chiese “Per caso mi avete assunto per scaldarvi le sedie col culo?”
 
In quel momento entrarono Jesus e Abraham con due scatoloni ciascuno, che posarono a terra. Dopo qualche parola lasciarono Rick e Daryl, ma prima che la porta si chiudesse sentirono Jesus urlare “Buon lavoro, collega!”
 
Ed entrambi sapevano che non si riferiva a Rick
 
Daryl si agitò sulla sedia e disse in tono aspro “Ma vaffanculo. Dovresti tenere sotto controllo i tuoi uomini. E già che ci siamo cominciamo, cosa stai aspettando?”
 
“Manca ancora una persona.”
 
Daryl stava per chiedere chi; i poliziotti non lavoravano sempre in coppia? Ma il rumore della porta che si apriva stroncò sul nascere ogni sua domanda.
 
“Rick, scusami! Non riuscivo a trovare parcheggio!” esordì una voce squillante.
 
“Buongiorno.” la salutò con un sorriso. “Non preoccuparti, siamo appena arrivati anche noi.”
 
“Oh, salve.” disse con una nota di stupore, rivolta all'altro uomo che all'inizio non aveva notato per la fretta.
 
Daryl si voltò e solo in quel momento riconobbe la ragazza. “Ciao chiacchierona.” la apostrofò per poi riportare gli occhi fissi di fronte a sé.
 
“Vi conoscete?” chiese Rick sorpreso.
 
“Sì, stamattina il signore è stato così gentile da farmi accomodare al suo tavolo dato che non c'erano altri posti liberi.”
 
“Uo, frena! Signore? Quanti anni pensi che abbia?” chiese lui offeso. Nessuno lo aveva mai chiamato signore in vita sua! Non con quel tono soprattutto! Cos'era tutta quella tranquillità? Stava cercando un modo per prenderlo per il culo?
 
“Non è questo, volevo solo essere gentile!” si difese lei.
 
“In ogni caso visto che lavorerete insieme potete anche chiamarvi per nome, non siamo nell'Ottocento.” rise Rick “Beth, lui è Daryl il nostro nuovo collaboratore. Daryl, lei è Beth e rimarrà qui per qualche tempo come stagista.”
 
“Una matricola.” la sfotté lui con un sorrisino sghembo. Beth si trattenne dal commentare; non voleva partire con il piede sbagliato, ma non riuscì a trattenersi dallo scoccargli uno sguardo spazientito.
 
“Bene, visto che ci siamo tutti possiamo iniziare. In breve: lui è Pablo Chacòn.” disse l'agente prendendo il primo fascicolo da una delle scatole e mostrando una fotografia alla coppia di fronte a sé. Era un uomo assolutamente ordinario: pelle vagamente olivastra, occhi castani scuro, capelli neri e ricci. Non doveva avere più di cinquant'anni.
 
“Gestisce uno dei più grandi traffici di cocaina dello stato e ha contatti anche all'estero. Sono anni che gli siamo dietro e ci sfugge sempre. Un paio d'anni fa riuscimmo a prenderlo, ma dopo il processo evase quasi immediatamente e da quel momento abbiamo perso le sue tracce. Ovviamente i traffici hanno ripreso regolarmente da quando è tornato in circolazione, ma non sappiamo né dove sia, né chi lo aiuti, e soprattutto come faccia.”
 
Rick alzò lo sguardo sui due di fronte a sé. Beth era seduta composta con le gambe accavallate e lo guardava attentamente, abbassando il volto ogni tanto per annotare qualcosa sul cellulare, mentre Daryl aveva appoggiato la caviglia destra sul ginocchio sinistro e stava mezzo sdraiato sulla sedia con un braccio dietro lo schienale. Sembravano proprio il giorno e la notte. Perché aveva la sensazione che quei due insieme lo avrebbero tirato matto?
 
“Ho bisogno che studiate il suo caso; leggete tutti i dati che abbiamo raccolto negli ultimi anni.” continuò Rick indicando i quattro scatoloni pieni di fascicoli.
 
“E poi?” chiese Beth prontamente “Che facciamo?”
 
“Ditemi se cogliete qualcosa che ci è sfuggito, due paia di occhi in più non fanno male.”spiegò Rick.
 
“Col cazzo che lo farò! Può sbrigare lei il lavoro d'ufficio.” la indicò con un cenno del capo “Se volete che davvero vi aiuti dovete farmi vedere i posti.”
 
Guardò Rick negli occhi con uno sguardo di sfida e l'altro lo fissò a sua volta con un lampo di nervosismo negli occhi. “Andiamo.” disse alla fine “Ma vi porto entrambi, siete sotto la mia responsabilità.”
 
§§§
 
Da qualche minuto stavano osservando una villa nella zona residenziale della città: la prima cosa che colpiva lo sguardo era senza dubbio il grande cancello placcato d'oro che delimitava la proprietà. Sulla sommità della cancellata erano intervallate piccole statue di angeli e demoni alati. Ai lati dell'entrata c'erano due grossi leoni rampanti, anch'essi dorati ma con le criniere tinte di smalto rosso. Sugli altri tre lati del perimetro, correva un filare di alberi che nascondeva il piano terra da occhi indiscreti. In corrispondenza del cancello c'era una fontana circolare a tre livelli. In cima c'era un angioletto che faceva pipì nella vasca di sotto, mentre in quella più grande c'erano otto delfini che sembrava stessero per saltare, disposti a cerchio e ricoperti di pietre azzurre. Come ultimo tocco di classe, l'acqua era colorata di rosso. 
 
Al di là della fontana si poteva vedere la casa vera e propria: tre piani più mansarda di vistosità pura. Sette gradini rialzavano la porta d'ingresso dal terreno. Ai lati del primo scalino c'erano due statue greche ad altezza naturale: un uomo che mostrava i muscoli (ed assomigliava pericolosamente a Superman) e una donna in una posa sensuale più svestita che altro. Al terzo piano c'era una balconata e i pilastri erano stati scolpiti in modo da raffigurare quattro donne con la pelle nera e le tuniche verdi, che sollevavano un anfora rossa sulla testa. Le persiane erano di un improponibile arancione zucca, che faceva un contrasto terribile con i muri verde acqua e le decorazioni floreali dorate. Le tegole erano ricoperte di edera rampicante che a tratti scendeva in piccoli riccioli sulla facciata. Sul colmo del tetto, a coronare il tutto, c'era una statua di parecchi metri di una Madonna nera con il capo coperto da un velo bianco e un rosario di diamanti tra le mani giunte.
 
Questo era tutto ciò che si riusciva a captare da fuori; non voleva sapere come fosse conciato il resto.
 
“Questa è la casa di Chacòn. La controlliamo regolarmente ma non c'è mai stato un movimento sospetto in due anni.” disse Rick con tono un po' rassegnato.
 
“Cristo, che posto. Un museo di gusti di merda.” commentò Daryl con disgusto osservando la casa.
 
“È terrificante...*1” concordò Beth.
 
“Quando l'avevamo preso, è stata sotto sequestro per qualche mese, ma ormai è più di un anno che moglie e figli sono tornati a vivere qui. Nessuno di loro si comporta in modo sospetto; da quando il padre se ne è andato sono diventati degli angioletti. La signora Chacòn segue un corso di pilates, fa beneficenza e aiuta la chiesa qui vicina. Niente che una donna di quarantacinque anni non farebbe. Il figlio maggiore va all'università e la figlia più piccola sta finendo le superiori. Mai schedati, nemmeno per una multa.” spiegò.
 
Quella mattina era spuntato un sole limpido e freddo che rendeva l'aria accecante, perciò i due uomini indossavano gli occhiali da sole, mentre la ragazza per comodità aveva raccolto i capelli fermandoli con una matita. Erano in auto, una di quelle di servizio: lui alla guida, Daryl sul posto del passeggero e Beth dietro nel posto in mezzo. Si sentiva come se fossero sul set di un maledetto telefilm degli anni ottanta.
 
“C'è qualche domanda?” domandò. Nessuno dei due rispose, così ingranò la prima e si mise in strada diretto verso la prossima meta.
 
Negli giro di un paio d'ore li aveva portati in tutti i posti rilevanti per le indagini: oltre la casa di Chacòn erano stati anche a un circolo di tennis, un ristorante, un capannone e un mercato coperto. Non avevano trovato niente di strano; non che ci avesse sperato ma cominciava a trovare frustrante non riuscire a capire cosa succedesse.
 
Contro ogni previsione, era stata una mattinata piuttosto tranquilla. Daryl aveva aperto bocca solo un paio di volte per qualche chiarimento, ma per lo più aveva passato il tempo ad osservare. Durante il viaggio di ritorno lo aveva visto scrivere al telefono, ma dubitava che fosse qualcosa inerente al caso. 
 
Beth da parte sua si era dimostrata quella di sempre, anche sul lavoro: era sveglia, sempre gentile e non si perdeva una parola di quello che lui diceva. Ma Rick non poteva evitare di chiedersi perché il Generale Greene avesse insistito per farle fare lo stage. Ormai aveva finito l'Accademia, avrebbe potuto lavorare e fare esperienza sul campo, non seguire le indagini così, un po' a caso. Non che gli desse fastidio, anzi: era una brava ragazza, la conosceva da tanto tempo, andavano d'accordo e le voleva bene. Non sarebbe stato lui a contestare la sua decisione.
 
Era ormai l'una quando tornarono in centrale.
 
“Ora c'è la pausa pranzo, voi avete qualcosa?” chiese mentre rientravano nell'edificio.
 
“Sì, ho portato un sandwich da casa. Posso andare in ufficio?” domandò Beth.
 
“Certo, non c'è problema!” le rispose con un sorriso “E tu Daryl?”
 
Con un cenno del capo indicò la porta e disse solo “Sta arrivando.”
 
Non capirono esattamente cosa intendesse finché un paio di minuti dopo non entrò un ragazzo asiatico con un cappellino rosso e giallo che allegramente annunciava di avere un ordine per “Daryl!”.
 
“Quant'è?” chiese il diretto interessato avvicinandosi.
 
“Sono sette dollari.” rispose sorridendo l'altro “Ma che ci fai qui? Quando mi hanno detto che avrei dovuto consegnare una pizza a te, a questo indirizzo, pensavo che il capo avesse fumato.”
 
“Sì, be... le sfighe capitano a tutti.” tagliò corto l'altro prendendo il portafogli e porgendogli le banconote.
 
“Non mi presenti i tuoi nuovi amici?” chiese quello un po' malizioso.
 
“Chi sei, mia madre? E non sono amici miei. Ci si vede.” rispose prendendo tra le mani il cartone della pizza e andando a passo deciso verso l'ufficio di Rick.
 
“È sempre così?” chiese l'agente con un mezzo sorriso.
 
“No, a volte è anche peggio” e nonostante avesse assunto per un momento un'espressione piuttosto seria in volto capirono che stava scherzando. Quel ragazzo aveva un sorriso ampio e contagioso che arrivava fino agli occhi limpidi. Sembrava avere l'argento vivo addosso; una di quelle persone che mettono allegria solo a vederle. “Sono Glenn, comunque.” Beth e Rick si presentarono a loro volta.
 
“Lavoro non molto distante da qui. Tenete, nel caso vi venisse voglia di pizza!” disse porgendogli un volantino pubblicitario. “Ciao!” e li salutò, andandosene veloce come era arrivato.
 
“Io vado di là, buon appetito.” gli augurò per poi seguire le orme di Daryl.
 
Rick osservò Beth entrare nel suo ufficio. Non si fidava molto ad andarsene, ma vedendo Michonne uscire dal suo ufficio decise che per quella volta avrebbe potuto fare un'eccezione a quella che sarebbe diventata una regola fissa: mai lasciarli soli. Michonne non si fermava quasi mai alla tavola calda; preferiva raggiungere una sua amica e pranzare con lei. Se voleva parlarle doveva cogliere l'occasione. Così voltò le spalle a quella che ormai era la sua squadra e seguì la donna che si dirigeva verso l'ingresso.
 
“Ehi! Michonne!” richiamò la sua attenzione mentre affrettava il passo per raggiungerla.
 
“Rick, ciao.” rispose con gentilezza.
 
“Senti, in questi giorni non ci siamo visti ma... insomma, volevo chiederti scusa per l'altra sera. Di solito non bevo! È stata solo una svista, non volevo farti saltare la copertura.” disse dispiaciuto.
 
“Fosse solo quello.” inarcò le sopracciglia e accennò un sorrisino eloquente “Ma comunque tranquillo, non c'è problema.” rispose uscendo dalla centrale.
 
“Cosa? Che altro è successo?” chiese smarrito.
 
“Non ricordi niente?” domandò perplessa.
 
“Non molto. Ehm... no, non ricordo.” rispose con voce flebile flebile, abbassando il capo.
 
“Dopo esserti preso un manrovescio da Boris ed essere saltato sul cofano della sua automobile, sei rimasto in piedi a fissare il vuoto. Alla fine ti ho fatto salire in macchina e siamo venuti in centrale. Ti ho aiutato a scendere, mi hai guardato con degli occhi da pesce lesso e dopo due secondi mi hai vomitato sulle scarpe.”
 
“Oh mio Dio.” mormorò lui passandosi una mano sulla fronte “Ho fatto qualcos'altro?”
 
“No, Jesus e Abe ti hanno portato di sopra in sala relax e hanno detto a Maggie di chiamare sua sorella.” concluse lei.
 
“Mi dispiace, davvero.” alzò lo sguardo verso di lei e incontrò il suo. Non sembrava arrabbiata, lo guardava solo con un pizzico di divertimento. “Lascia che ti offra qualcosa per farmi perdonare! Potremmo uscire per una birra.”
 
“Forse è meglio che lasci perdere l'alcool per qualche tempo.” lo prese in giro.
 
“Be sì... direi di sì. Allora una cena! Una cena in cambio di una copertura saltata.” lui era arrivato davanti alla tavola calda e si fermò, sperando che lei gli rispondesse in fretta.
 
“E di un paio di scarpe” sorrise lei continuando a camminare.
 
La guardò allontanarsi per qualche metro e poi la richiamò. “Quindi è un sì?”




Angolo autrice:
 
*1 Come ammazzare il capo... e vivere felici, 2011, Kurt Buckman.
 
Ed eccoci alla fine del terzo capitolo! La citazione in realtà se la dividono Daryl e Beth (in originale è: "È terrificante questo posto. Un museo di gusti di merda."), ma quel " È terrificante" non mi sembrava molto da lui, così l'ho divisa :P Comunque sia: si parte! In questo capitolo si gettano le basi per entrare nel vivo della storia: finalmente Daryl e Beth si sono incontrati, mentre Rick invita a cena Michonne... Chissà come andrà a finire tra questi due :P Non da ultimo è stato introdotto il caso a cui dovranno lavorare: Pablo Chacòn. Potrei dire di aver chiamato così il boss a cui devono dare la caccia come omaggio al film Come ti spaccio la famiglia, in realtà ero solo troppo pigra per cercare un nome mentre scrivevo, e avevo messo provvisoriamente questo (per il semplice fatto che è il primo ad essermi venuto in mente). Poi, man mano che ci pensavo, continuavo a chiamarlo "Chacòn" così l'ho lasciato. Come sempre ringrazio tantissimo chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito! Davvero, tutte recensioni bellissime! Se vorrete farmi sapere ancora cosa ne pensate, sarò più che contenta di leggere le vostre opinioni :)  A settimana prossima! (perché mancano solo due episodi alla fine della stagione? :(  )
·Machaira·
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Walking Dead / Vai alla pagina dell'autore: Machaira