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Autore: There is always hope    21/03/2017    0 recensioni
La mia storia si colloca tra la fine della 3A e l'inizio della 3B di Once Upon A Time. Sappiamo che Killian è riuscito a sfuggire al sortilegio lanciato da Regina, Snow e Charming, per poi essere tornato nel nostro mondo in cerca di Emma grazie ad un fagiolo magico, datogli da Barbanera in cambio della Jolly Roger.
Ho sempre provato ad immaginare come fossero andate veramente le cose, così ho scritto questa storia.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Barbanera, Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, William Spugna
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Era fatta. 
Stringevo tra le mani il fagiolo magico e guardavo con un magone alla gola la mia nave, la mia adorata Jolly Roger, ormai nelle luride mani di quel vecchio stoccafisso di Barbanera. Ma non me ne pentii nemmeno per un secondo, avevo fatto ciò che era giusto, così, facendomi forza, voltai le spalle al veliero e mi diressi verso il villaggio, e da lì sarei poi andato in direzione della foresta, per cercare un luogo sicuro dove poter aprire il portale. 
Nonostante fossi felice per essermi procurato il fagiolo, mi chiedevo ancora come sarei riuscito a far tornare la memoria ad Emma; ma era inutile preoccuparsene proprio in quel momento, prima dovevo trovarla e poi avrei pensato a cosa fare. Attraversai di corsa il villaggio, quasi i miei piedi non toccavano terra, e mi diressi verso la foresta. Camminai per qualche ora e poi arrivai in una radura; mi accertai che nessuno mi avesse seguito e lanciai il fagiolo sull'erba. Subito si aprì il portale e io non pensai ad un luogo specifico dove recarmi, ma alla persona che volevo trovare, a quel viso che volevo disperatamente rivedere, certo che non avrei fallito. Presi un respiro profondo e mi gettai dentro quel turbine.
 
Ancora prima di aprire gli occhi le mie orecchie furono assordate da rumori che avevo udito solo una volta nella mia vita, quando ero corso dietro ad Emma e quel dannato Coccodrillo per uccidere quest'ultimo. Aprii gli occhi e mi ritrovai nello stesso identico luogo dell'ultima volta, con l'unica differenza che adesso era notte fonda. La situazione che mi si parò davanti era più o meno questa: gente che urlava, strane scatole che si muovevano sulla strada così da trasportare persone da un luogo all'altro. C'erano anche persone che urlavano dentro uno strano aggeggio tenendolo vicino all'orecchio! 
In questo mondo non esistevano carrozze, non dovevi muoverti necessariamente in sella ad un cavallo...  Dannazione, era tutto decisamente troppo rumoroso e frustante! Dentro di me cominciò a farsi largo la nostalgia per il rumore delle onde e il russare dei marinai. 
Ripresomi dall'impatto iniziale pensai subito al da farsi: ero nel mondo di Emma, ma come trovarla? 
Ad un tratto mi accorsi che la gente passava e mi guardava in modo strano, fissandosi, in particolare, sul mio braccio sinistro; guardai il mio uncino e mi resi conto che non trasmetteva molta sicurezza, così decisi di cambiarlo con la mano finta che portavo sempre con me e usavo quando non volevo farmi riconoscere.  
Mi guardai intorno: quale strada dovevo prendere? Non potevano mettere un cartello "Per di qua se vuoi trovare Emma Swan!" ? Va bene seguire l'istinto, ma così era troppo. Questo luogo era enorme e pieno di gente, sarei riuscito a trovare Emma prima di morire di stenti? MALEDIZIONE! 
Presi un respiro profondo e tentai di calmarmi, cercando di non distruggere tutto quello che mi stava intorno per la rabbia. Decisi di dirigermi verso destra e chiedere a qualcuno se per caso conoscesse Emma; fermai un numero imprecisato di tizi, ma nessuno di loro aveva mai sentito il suo nome o quello del figlio. Dannazione! Dovevo trovare una soluzione alla svelta, tanto più che era quasi l'alba. Dopo un po' passai di fronte quello che doveva essere un negozio di gioielli e andai a scontrarmi con un tale che usciva da lì come una furia. Stavo per perdere l'equilibrio, visto che per la troppa stanchezza non tenevo nemmeno in piedi, ma lui mi afferrò per un braccio e mi aiutò a non cadere, dicendo: "Mi scusi, non l'avevo proprio vista. Si sente bene?"
Dovevo avere una faccia cadaverica. Risposi: "Si, sono solo esausto. Sto cercando una persona da ore, ma non riesco a trovarla."
"Provi a dirmi il nome, magari posso aiutarla. Mi chiamo Walsh, tra parentesi, e gestisco un negozio di mobili" disse lui, sorridendo. 
Guardai quell'uomo: era magro, con i capelli ricci, alto, vestito elegantemente e stringeva una scatolina rossa in mano. All'apparenza un tipo normalissimo...non fosse stato per i suoi occhi. Erano piccoli, luccicanti, quel tipo di bagliore che emanano le iridi delle persone che hanno qualcosa da nascondere. Il suo sorriso, benché apparisse sereno, mi sembrò quasi un ghigno. Subito tornò a prevalere il mio istinto che questa volta diceva chiaramente di non fidarmi. Quando entrava in gioco il mio sesto senso c'era poco da fare: quel tizio non meritava la mia fiducia. 
"Chiedo venia...Sono ubriaco, non so quello che dico. Ho solo bisogno di riposo." E corsi via, lasciando quel tipo sul marciapiede, con la sua scatolina rossa in mano.
Corsi, corsi senza fermarmi. Il vento che sferzava il mio viso aiutò a svegliarmi e provai a rimettere insieme le idee, ma divenni, se possibile, più confuso di prima. Quando iniziò a mancarmi il fiato mi fermai e mi appoggiai con le mani ad un cancello, guardando in terra e  cercando di respirare. La rabbia mi fremeva dentro, mista a disperazione: ero sull'orlo della passerella e sotto c'erano una decina di squali pronti a trasformare le mie carni nel loro lauto pasto. Maledizione! 
Mi resi conto che il sole era sorto, dovevano essere all'incirca le otto del mattino e io avevo passato tutta la notte a vagare per quella dannata città senza risolvere nulla! Ad un tratto alzai lo sguardo e i miei occhi furono attratti da un particolare: su quel cancello c'era uno strano aggeggio con dei pulsanti e dei nomi scritti sopra, uno di quei cosi che servono a bussare dentro le case delle persone per poi farsi aprire. Tra tutti quelli che vi erano scritti spiccò un nome, IL SUO NOME! Non potevo crederci, doveva essere un sogno... se non avevo le allucinazioni e il mio cervello funzionava correttamente, e così i miei occhi, l'avevo trovata! Emma abitava qui! Un sorriso inconsapevole andò a disegnarsi sul mio viso, mentre la speranza cresceva dentro il mio cuore, il quale per conto suo martellava nel mio petto come se fosse impazzito, non so se per la corsa o per l'euforia della scoperta… o per qualcosa che in quel momento non riuscivo ad identificare.
“E adesso?” pensai “Cosa devo fare?” Ero un fascio di nervi, dannazione a me!
Chiusi gli occhi, presi un respiro profondo e mi concentrai: adesso che ero ad un passo dal poterla rivedere non avevo il coraggio di compiere l'ultimo passo. Cercando di mantenere i nervi saldi, provai a premere il pulsante vicino al nome di Emma, ma la mano tremava troppo e sbagliai, premendo il tasto sotto. Dopo pochi secondi si sentì uno scatto e il cancello si aprì. Entrai e mi diressi dentro l'edificio. Iniziai a salire le scale fermandomi ad ogni porta per leggere il nome che recava, finché non trovai una targhetta con scritto "Swan". Da dietro la porta proveniva della musica, ma il suono che mi attirò fu un altro: le voci di Emma ed Henry, che ridevano e scherzavano. Non pensai due volte a quello che dovevo fare e bussai. La musica si interruppe, così le voci e dopo un paio di secondi si aprì la porta. 
Eccola, lì davanti a me, radiosa come il sole! Notai a malapena che era ancora in pigiama e che, quindi, si era appena svegliata. Il ricordo che avevo conservato di lei per circa un anno non le rendeva giustizia; era bellissima e io avrei potuto passare giornate intere a guardare il suo viso, senza stancarmi mai! Non potei trattenermi dall'esclamare "SWAN!" e lei mi guardò in modo decisamente sospettoso. Disse: "Ci conosciamo?" 
Il suo sguardo mi fece un po' male, si capiva che non aveva idea di chi fossi; risposi: "Sono un vecchio amico e sono qui per dirti che la tua famiglia ha bisogno del tuo aiuto!" 
Lei mi guardava come se fossi pazzo: "La mia famiglia? Ma che stai dicendo? La mia famiglia è proprio qui, dove dovrebbe essere!" 
Non ricordava proprio nulla, dannazione! 
Provai a sorridere e le dissi: "Lo so che adesso non puoi ricordare, ma forse posso rinfrescarti la memoria". Senza riflettere su quello che facevo, la attirai a me e la baciai. Per un attimo mi sentii a casa, ma l'incantesimo fu interrotto proprio da Emma che, per liberarsi, mi diede un calcio nel basso ventre e mi spinse vie. La guardai, era terrorizzata. "MA CHE DIAVOLO FAI?" urlò. 
Cercando di reggermi in piedi (il suo calcio era stato abbastanza potente), risposi: "Dovevo provare. Dovevo scoprire se provi ciò che provo io!" 
Lei, sempre più sconvolta, disse: "Tu sei pazzo. La prossima volta chiamerò la polizia e ti farò ammanettare!" 
Disperato, urlai: "NO EMMA! Devi ascoltarmi, i tuoi gen...". 
Ma non potei finire la frase; mi chiuse la porta in faccia, lasciandomi lì come un ebete, per la seconda volta da quando la conoscevo. 
   
 
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