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Autore: Betta7    21/03/2017    6 recensioni
La ragazza S. e il ragazzo A.
Il Destino è un mistero che ci avvolge completamente nelle sue mani e, tra due anime affini, niente può fermare il corso dell'Amore.
" Non riuscivo a pensare lucidamente e, anche se era piuttosto stupido e alquanto imbarazzante, non riuscivo neanche ad immaginare quanto sarebbe stata bella.
Stringevo tra le mani il pacchetto con la rosa all'interno e, riflesso su di esso, vidi Sana scendere dalle scale.
Mi sembrò che il mio cuore si fosse fermato e che, improvvisamente dopo qualche secondo, avesse ripreso a battere. "

" Appoggiai di nuovo la testa sulla sua spalla e mi lasciai portare da lui, e mi resi conto in quel preciso istante dell'enorme fiducia che riponevo in quel ragazzo.
Eravamo amici-nemici, da sempre, eppure non avrei affidato la mia vita in mano a nessun altro. "

Dopo University Life, un'altra storia su un rapporto ai limiti dell'impossibile, un passo separa l'Amicizia e l'Amore.
Ma il Destino sa sempre cosa fa.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Natsumi Hayama/Nelly, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 17.

DIMMI SE VUOI MOLLARE.
Pov Sana.

"E' andato tutto bene a Osaka?".
Mia madre e le sue domande allusorie.
La guardai mentre la signora Shimura mi serviva una tazza di tè, il suo sguardo era lo specchio della sua curiosità. "Quando la smetterai di chiedere con lo stratagemma dei sottointesi?".
"Avanti figliola, raccontami qualche particolare piccante!".
Scoppiai a ridere, rischiando di rovesciare tutto il tè sul pavimento. "Cosa vuoi sapere esattamente, mamma?"
"Avete fatto sesso?". Per poco non mi strozzai, ripensare ai momenti passati con Akito mi fece arrossire, tanto che mia madre capì immediatamente che la risposta alla sua domanda era ovvia.
"O mio Dio, tesoro!!" urlò alzandosi dal divano e venendosi a sedere accanto a me. "Finalmente siete passati alla base successiva, temevo che vi ritrovaste a quarant'anni vergini per non sprecare il vostro magico momento!".
Rimasi sconvolta nel sentire quelle parole: non solo mia madre era felice che io e Akito avessimo fatto sesso - e sapevo che sarebbe stato così visto che mi aveva spinto lei a mettere la fede al dito - ma soprattutto stavo parlando di sesso con mia madre! Era inquietante.
Mi alzai, prendendo la mia giacca dopo aver posato la tazza sul tavolino, e diedi un bacio a mia madre.
"Devo andare mamma, è stato un piacere fare questa chiaccherata a cuore aperto."
"Ma... io pensavo che mi avresti raccontato i dettagli!" protestò lei, alzandosi a sua volta.
"In un'altra vita, mamma.".
Detto ciò presi l'ovetto di Kaori, che nel frattempo si era addormentata grazie alla ninna nanna della signora Shimura e mi diressi verso la porta. Misi la bambina in macchina e feci strada per tornare a casa, perchè finalmente era arrivato il giorno del ritorno di Akito.
Avevo preparato tutto, la nostra giornata sarebbe stata assolutamente dedicata all'ozio e anche a qualcos'altro, ovviamente. Non vedevo l'ora di sentire quel campanello suonare, quindi per distrarmi dal contare i minuti, mi misi sul divano con Kaori e la cullai per un po', mentre lei continuava a dormire.
Ero così stanca... Le riprese del film stavano per cominciare e avevo passato la precedente settimana a riprendere le fila del mio personaggio. Miyazaki mi aveva contattata giorni prima, dicendomi che aveva scelto il nome del coprotagonista e che stavolta era affidabile. Mi vennero i brividi quando ripensai all'episodio delle prove e, per tentare di scacciare il disgusto, mi misi a cercare qualche informazione su chi mi avrebbe affiancato.
Kengo Yamamura era un attore di teatro molto famoso, avevo sentito parlare spesso di lui ma non avevo mai visto un suo spettacolo, e quella sarebbe stata la sua prima esperienza dietro una macchina da presa. Fantastico, avrei dovuto lavorare con un dilettante del cinema, ma sapevo che era abbastanza bravo e di lui non si trovavano che commenti positivi. Ad ogni modo ero convinta che quel film sarebbe stato un successo e che se Miyazaki mi aveva scelta tra tante attrici qualcosa doveva pur voler dire.
Guardai Kaori, cresceva a vista d'occhio e somigliava sempre di più a sua madre. I capelli le erano cresciuti un po', e avevano cominciato a prendere la sfumatura del castano di Natsumi. Akito sarebbe arrivato il giorno dopo e già sentivo il cuore in gola al solo pensiero.
Mi addormentai subito dopo, mentre accarezzavo la testa di Kaori, con il viso di Akito stampato davanti.
Pensavo di riposarmi, ma il giorno dopo capii che non avrei mai trovato un attimo per rilassarmi: la mia vita era un casino.


*
Arrivai in ospedale non appena il dottore mi chiamò per dirmi che c'erano dei documenti da compilare, per la sistemazione di Natsumi in un'altra stanza del reparto. Non capivo perchè dovevano spostarla, ma comunque non feci storie e salii in macchina. Dovetti portare Kaori con me, mia madre era impegnata nell'ultima stesura del suo nuovo romanzo e non voleva essere disturbata, e il signor Hayama non riusciva a badare a se stesso, figuriamoci ad una bambina di pochi mesi. Mandai Rei a prendere Akito alla stazione, dicendogli di portarlo a casa, ma sapevo perfettamente che sarebbe venuto in ospedale non appena il mio manager lo avrebbe lasciato davanti alla porta. Quando arrivai davanti alla nuova stanza di Natsumi un'infermiera si avvicinò a me porgendomi una serie di carte, dopo averle lette per bene, le firmai - perchè Rei mi aveva insegnato che nulla va firmato senza averlo prima letto - e glieli restituii con un sorriso. Guardavo la mia amica dall'esterno della sua camera, attraverso il vetro della porta. Era piena di fili, ma le era stato tolto il tubo di respirazione perchè nelle quarantotto ore aveva cominciato a respirare da sola, senza l'aiuto dei macchinari. Era un buon segno, mi disse il dottore, ma ricordai che aveva già detto una cosa del genere, quindi non mi munii di speranze che poi sarebbero state distrutte.
Spinsi la carrozzina di Kaori dentro la stanza della sua mamma e la misi in un angolo, accertandomi che avesse il ciuccio e che fosse ben coperta, prima di avvicinarmi al letto di Natsumi.
Era dimagrita tantissimo, l'alimentazione attraverso le sondine l'aveva stremata in tutto e per tutto, e aveva perso anche il colorito roseo che di solito le invidiavo per il mio un po' troppo chiaro. Le sfiorai i capelli, erano crespi e rovinati, a forza di stare schiacciati contro un cuscino. Le erano venute le piaghe, ma i dottori l'avevano curata e le facevano cambiare posizione più spesso di prima. Mi sembrava di guardare una persona diversa, non la Natsumi che conoscevo da tutta la vita. Non più la Natsumi che avevo rimproverato per il modo in cui trattava Akito o la Natsumi che mi aveva assillato per un mio autografo quando eravamo bambine, ma semplicemente una sagoma, un corpo, costretto in un letto d'ospedale.
Se mi avessero detto che non c'era più possibilità che si risvegliasse non sapevo come avrei reagito. Non sapevo come avrebbe reagito Akito. Probabilmente avrebbe perso la voglia di vivere, ma non volevo nemmeno pensarci.
Cominciai a parlarle, le raccontai tutto quello che era successo negli ultimi tempi, le spiegai dei problemi con Akito per il film, le dissi che avevamo anche smesso di litigare tanto spesso e immaginai la sua faccia se avesse potuto muoversi. Sarebbe scoppiata a ridere e mi avrebbe guardato con quegli occhi sarcastici che proprio non riusciva a trattenere. Mi venne da ridere, era bello parlarle ed immaginare che mi sentisse sul serio, magari era anche un po' stupido ma non riuscivo a non pensare che forse, da qualche parte, la sua anima mi stesse ascoltando.
Rimasi lì un po', non saprei nemmeno dire quanto, la guardai per la maggior parte del tempo, le strinsi la mano e la pregai di sbrigarsi a tornare che sua figlia mi stava facendo ammattire.
Quasi a farlo apposta Kaori si mise a piangere, quindi mi allontanai dal letto e la presi in braccio, tornando vicino a Natsumi. Nel sedermi sul materasso, la mano di Kaori e quella di Natsumi si toccarono e mi ritrovai piegata su di lei perchè Kaori la stringeva e non voleva staccarsi.
Non mi tolsi subito, volevo lasciare a madre e figlia quel piccolo momento di intimità, forse sarebbe stato l'unico che avrebbero mai avuto, poi mi spostai e il contatto si interruppe.
Presi la mano di Natsumi e la strinsi forte alla mia, cercando di inviarle tutta la mia linfa vitale attraverso quel tocco.
Inizialmente non compresi. Pensai di averlo immaginato. Rimasi immobile per un istante che mi parve un'eternità. Poi lo fece di nuovo.
Natsumi mi stava stringendo la mano.
Quando realizzai che stava succedendo davvero e che dovevo muovermi e chiamare qualcuno, lasciai la sua mano e corsi fuori dalla stanza, prendendo il primo medico che mi capitò a tiro.
"Si è mossa! Mi ha stretto la mano!!" urlai, spostandomi i capelli dal viso.
Il dottore osservò l'encefalogramma di Natsumi, rimase in silenzio e poi chiamò qualcun'altro con il cercapersone. Un paio di specializzandi entrarono nella camera, cominciarono ad analizzare l'encefalogramma, ad auscultarla, a usare parole incomprensibili e troppo tecniche che non capivo per niente.
"Signora si calmi, è stato solo un riflesso incondizionato probabilmente."
"Ma lei mi ha stretto la mano, non ha solo mosso un dito, mi stringeva!" urlai insistendo. Non poteva essere solo un riflesso. Perchè se fosse stato così significava che il mio cuore sarebbe ricaduto nella rassegnazione, e io non volevo perdere la speranza.
Continuai ad insistere, ad urlare, a cercare di far capire ai medici che non stavo sognando e che non me l'ero inventato per la disperazione. Lei si era mossa.
Uno specializzando mi guardò esterrefatto, poi si avvicinò a me e tentò di calmarmi, ma non ero sconvolta o arrabbiata e nemmeno pazza, quindi dovevano fare qualcosa.
Mi rivolsi di nuovo al medico. "La prego. La prego, dottore. Controlli un'altra volta."
Lui annuì, facendomi capire che mi avrebbe accontentata solamente perchè glielo stavo chiedendo in quel modo e non perchè lui nutriva una speranza, nè umana nè scientifica, sulle condizioni di Natsumi.
Uscì dalla stanza dopo avermi posato una mano sulla spalla, seguito da quattro o cinque specializzandi.
Rimasi lì un altro po', non volevo lasciarla da sola anche se Kaori aveva fatto un po' di capricci quando l'avevo rimessa nella cesta.
Facevo su e giù per tutta la stanza, aspettando che i medici tornassero e mi dessero qualche notizia in più, ma niente. Per la successiva ora non ci fu traccia nè dei dottori e tantomeno di Akito.
Chiamai Rei, ma non rispondeva nessuno, quindi ci rinunciai alla terza telefonata. Ero impotente. E non mi piaceva affatto quella sensazione.
Uscii un attimo dalla stanza, mia madre era corsa subito dopo che l'avevo chiamata sconvolta dal fatto che Natsumi si fosse mossa, quindi le diedi Kaori chiedendole di farla addormentare.
Mi tolsi quel maledetto camice e lo gettai nel cestino, esasperata dal fatto che non mi avessero creduta e che Natsumi non si decidesse a dare la prova della verità: lei si stava svegliando e io lo sapevo. Lo sentivo.
Mi appoggiai al muro, buttando la testa all'indietro e sbuffando. Era tutto inutile, e da sola mi sentivo peggio.
"Kurata?". La sua voce fu come la risposta a tutte le mie preghiere, come se l'universo mi avesse letto nella mente e lui fosse arrivato per salvarmi dai miei brutti pensieri.
Mi fiondai su di lui, mentre la tensione accumulata nelle ultime ore sembrava diradarsi lentamente verso le mie braccia che lo stringevano. Mi veniva da piangere, ma trattenni le lacrime, sperando che lui riuscisse a risolvere le cose.
Dopo qualche minuti ci staccammo e finalmente rividi i suoi occhi ambrati. Erano il mio personale toccasana.
"Che succede Sana?"
Ero indecisa se raccontarglielo o meno, avrei probabilmente alimentato senza alcun fondamento le sue speranze, ma avevo bisogno che qualcuno mi capisse, che credesse a ciò che stavo dicendo. Mentre Rei e mia madre giocavano con Kaori, che proprio non voleva saperne di dormire, mi allontanai un po' con Akito, senza mai lasciare la sua mano.
Mi guardava come se stesse aspettando una sentenza di morte, quindi affrettai il passo e quando fui abbastanza lontana da occhi indiscreti cominciai a parlare.
Gli raccontai tutto, senza tralasciare nemmeno un dettaglio. La sua espressione era incredula, ma da qualche parte scorsi anche un pizzico di felicità nel sentire che c'era la possibilità che sua sorella, in coma da quasi tre mesi, si svegliasse.
"Ma ne sei certa?" chiese portandosi le mani sulla testa.
"Ne sono sicura, Akito. Lei mi ha stretto la mano, devi credermi. Ho passato più di mezz'ora a cercare di convincere i medici ma nessuno di loro vuole decidersi a mettere da parte il loro scetticismo e darmi ascolto! Tu non hai idea... lei era così.. così forte! Devi credermi Akito.. perchè..."
"Ti credo, Kurata. Certo che ti credo." mi zittì lui, mettendomi un dito sulla bocca. Quel contatto, anche se non era affatto il momento, sembrò accendere tutto il mio corpo. Cercai di scacciare quella sensazione e mi avvicinai, poggiando il viso sul suo petto. Ero distrutta.
"Andiamo, Sana. Cerchiamo di capire cosa sta succedendo."
Mi prese la mano e mi riportò davanti alla camera di Natsumi. Rei era seduto accanto a mia madre che cullava Kaori che, mentre io e Akito parlavamo, si era addormentata. Sapevo che non era un sonno destinato a durare molto, infatti non appena Akito si chinò a darle un bacio sulla fronte i suoi occhioni si spalancarono nuovamente.
"Vieni qui." Akito la prese dalle braccia di mia madre e se la portò al petto. Un giorno sarebbe stato un grande papà.
"Entro un attimo con Kaori, va bene?"
Annuii e gli sorrisi, accomodandomi accanto a Rei e poggiando la testa sulla sua spalla.
"Sei stanca?"
La voce di Rei era pesante, esattamente come la mia, e sapevo che anche lui aveva il suo bel da fare mentre io mi occupavo della mia famiglia. Lo avevo lasciato da solo a sistemare miliardi di cose prima delle riprese del film e non avevo assolutamente considerato quanto lavoro gli stavo addossando senza preoccuparmi minimamente.
"E tu?"
Non rimasi sveglia abbastanza per sentire la risposta, mi addormentai sulla spalla del mio manager mentre lui mi accarezzava la testa, proprio come quando ero bambina.


Pov Akito.


Quando Sana mi aveva raccontato cosa aveva visto, cosa Natsumi aveva fatto, il mio cuore aveva perso un battito. Mi era sembrato che, improvvisamente, la mia vita sarebbe potuta tornare alla normalità o, anzi, che potesse migliorare visto il matrimonio con l'amore della mia vita.
Ma in quel momento, mentre mi trovavo accanto a mia sorella, distesa da quasi tre mesi su quel maledetto letto d'ospedale, mi sembrò che niente potesse andare meglio. Che niente potesse più andare in alcun modo, perchè io non esistevo più.
Afferrai una sedia e mi sedetti, stando bene attento a non far piangere Kaori, per poi prendere la mano di Natsumi.
Sana aveva ragione: era dimagrita tantissimo e non sembrava più mia sorella. Era solo un corpo, buttato su un letto, e la cosa che mi dava più fastidio era che non potevo fare niente per aiutarla.
"Nat..." sussurrai cercando di trattenere le lacrime. "Se vuoi vivere... se vuoi davvero vivere, muoviti ad alzarti da questo cazzo di letto. Ma se tu..." Mi fermai, spaventato dai miei stessi pensieri, perchè non volevo pensare quello che in realtà avevo nella testa, era sbagliato e soprattutto mio padre non sarebbe mai stato d'accordo. "Ma se tu non vuoi... puoi andare, solo.. dammi un segno che vuoi mollare e io farò sì che questo finisca. Ti prego... ti prego dimmi se vuoi mollare."
Le lacrime mi rigavano il volto ormai, e non ero nemmeno certo che fosse la cosa giusta, ma dovevo dirlo. Dovevo dire ad alta voce che forse era lei a non voler lottare. Era un'opzione che non avevo mai contemplato veramente, eppure era lì, ed era possibile.
"Non ci pe... non ci penso nemm... nemmeno."
Ebbi la sensazione di essere in una specie di trans, non capii nulla di quello che accadde subito dopo. Vidi solo gli occhi di Natsumi aprirsi lentamente, sentii la sua mano stringere la mia e poi una decina di dottori che entrarono in camera e mi dissero qualcosa come
si allontani, dobbiamo visitarla.
Non capii nulla. Solo che Sana mi si era gettata al collo, con le lacrime agli occhi, non sapevo nemmeno dov'era Kaori, se era ancora in braccio a me o se qualche infermiera me l'aveva tolta dalle mani prima che mi venisse una sincope. Il mio cervello non era collegato al resto del corpo. Sentivo solo il cuore scoppiarmi e, dopo mesi, finalmente riprendere a battere.
Amavo Sana, quando finalmente avevo capito che anche lei mi amava avevo provato una sensazione come quella, ma mia sorella, il sangue del mio sangue, aveva appena riaperto gli occhi mentre io le stavo dando il permesso di andarsene, di lasciarsi andare, e quello non poteva essere paragonato a niente.
Ero nato un'altra volta in quel preciso istante e avrei usato la mia vita al meglio che potevo.
"Si è svegliata..." fu l'unica cosa che dissi per la successiva ora, finchè non mi fecero rientrare in stanza.
La signora Kurata e Rei nel frattempo erano andati via portandosi Kaori, quindi alla fine l'infermiera acconsentì a farci entrare insieme.
Vedere Natsumi respirare da sola, dormire ma sapere che non era un sonno distruttore, mi riempì il cuore di gioia.
"Si è svegliata..." ripetei guardando Sana, con tutto il trucco colato e i capelli arruffati. Lei mi sorrise e annuì, stringendomi la mano.
Era tutto quello di cui avevo bisogno.



*
Le settimane successive furono frenetiche. Io e Sana non avevamo un attimo per noi, negli ultimi cinque giorni ci eravamo visti si e no quindici minuti di seguito.
Natsumi stava meglio, la sua riabilitazione era sfiancante e a volte dolorosa, ma lei era forte e grazie all'amore che aveva ritrovato in sua figlia riusciva ad avere un motivo per lottare, nonostante tutto. Kaori abitava ancora con noi, ma quella sera l'avrei portata da mio padre perché io e Sana avevamo bisogno di passare un po' di tempo insieme, senza dover scappare al primo pianto di mia nipote.
Presi il telefono, composi il numero di Sana e aspettai che rispondesse, mentre cercavo di capire se nella sua lista della spesa ci fosse scritto pannolini o pacchettini. Pacchettini di che poi? Attaccai quando scattò la segreteria, non mi avrebbe risposto di lì a breve quindi tanto valeva lasciar perdere, e mi avviai verso il reparto delle cose per bambini. Comunque i pannolini ci sarebbero serviti. Dovevo portare la spesa a casa e passare da mio padre perchè da quando mia sorella era uscita dal coma non avevo avuto molta possibilità di parlargli. Quando ero uscito dalla palestra mi ero persino illuso che la giornata fosse finita e invece no. Uscii dal supermercato e andai prima da mio padre, chiacchierammo e poi guardammo un po' di televisione insieme e quando uscii dalla mia vecchia casa erano già le sette.
Sana continuava a non rispondere al telefono, evidentemente era impegnata con Rei per le riprese del film che stavano per iniziare quindi decisi di non chiamare più.
Mi diressi verso casa, sperando di non trovarla impegnata con qualche telefonata importante né tanto meno tra i fornelli, più che per la mia salute che per altro.
Parcheggiai velocemente nel vialetto e corsi dentro casa, ansioso di passare un po' di tempo con Sana, ma quando entrai trovai il mio salotto pieno di scartoffie e lei che cercava di imparare una battuta.
Non mi notò, quindi la colsi alle spalle. Saltò dalla paura e mi piazzò un colpo proprio sul petto, mentre io non facevo altro che ridere. “Ma crescerai prima o poi?” disse Sana sorridendo tra le mie braccia. Il sole entrava dalla finestra finendo con arrivare sui suoi capelli che presero così le sfumature di un meraviglioso tramonto.
“Non lo so, può essere.” risposi mentre mi fiondavo sulle sue labbra per baciarla. Quando mi staccai la guardai a lungo in quei suoi occhi profondi, e poi senza parlare la presi per mano e la condussi verso la nostra camera da letto, dove per la prima volta l'avevo vista nuda, spiandola attraverso la porta socchiusa. Quella volta sentii di volerla e non poterla avere, ma in quel momento sapevo di poterla avere ed era forse la sensazione più bella che avessi mai provato.
Sana mi seguì senza dire nulla, sorridendo, consapevole di ciò che stavo pensando. Aprii la porta della camera e non la chiusi alle nostre spalle, mentre sentivo il suo respiro farsi più pesante. Mi avvicinai piano al suo corpo esile e mi soffermai a guardare l'incavo del suo collo delicato, abbassandole la spallina del top.
“Hai intenzioni serie, eh?” disse lei, mentre la sua bocca si incurvava in un sorriso. Ricambiai, annuendo in silenzio, mentre mi voltavo per aprire l'acqua calda nella vasca che avevamo accanto al letto. Avrei dovuto ringraziare chi aveva preso quella meravigliosa decisione di mettere la vasca lì. Gli avrei decisamente fatto una statua.
Sana mi mise le braccia intorno al collo, stringendomi a sé, e poi saltò mettendomi le gambe intorno alla vita.
La baciai con tutta la forza che avevo in corpo. Avevamo passato più di un mese separati, lo stress dopo il risveglio di Natsumi ci aveva portato al limite e ritrovarmi così, insieme a lei, con l'unico di pensiero di baciarla e amarla mi rendeva la persona più felice dell'universo.
Eravamo così giovani, eppure ci eravamo fatti carico di una responsabilità più grande di noi, ed eravamo stati bravi.
Il vapore dell'acqua invase la stanza in poco tempo, mentre ci spogliavamo reciprocamente ed entravamo nella vasca bollente. Avevo visto Sana nuda molte volte, ma ogni volta mi sembrava una rivelazione. Il colore della sua pelle, le morbide curve del suo seno piccolo, le fossette più in alto del suo fondoschiena e i suoi meravigliosi nei.
Quando ci sistemammo nella vasca da bagno, abbastanza grande da accogliere entrambi, la strinsi a me più forte che potevo.
“Questa vasca è sempre stata il mio sogno proibito, lo sai?” le dissi io, poggiando la mano sulla sua pancia. La sua pelle era liscia, e la sentivo tremare al passaggio delle mie dita. Amavo farle quell'effetto, mi dava un potere che adoravo avere e che mi rendeva l'uomo più orgoglioso del mondo.
“Vorrei che ogni giorno fosse così...” sospirò Sana.
“Anche io.” conclusi, prima di farle voltare il viso e baciarla con tutto me stesso.
Quando la sfiorai con più forza il suo corpo sussultò e dentro di me tutto si accese. La feci voltare e Sana si mise a cavalcioni su di me.
“Non è un sogno vero?” dissi spostandole i capelli dietro le spalle. “Noi siamo sposati sul serio, mia sorella è sveglia e… è tutto perfetto.”
Non avevo ancora realizzato quanto quelle parole fossero vere. Avevo trascorso gli ultimi giorni nella paura più assoluta che fosse tutto un meraviglioso sogno da cui mi sarei svegliato di lì a breve. La vita mi avrebbe dato il solito schiaffo in faccia e l'universo sarebbe tornato al suo posto.
“Fa quasi paura dirlo ad alta voce.”.
“E allora non diciamolo.” la zittii, baciandola, mentre la sollevavo dai fianchi ed entravo piano in lei. Il suo corpo si inarcò, e mi gettai a baciarle il collo, dove le goccioline scendevano piano verso il suo seno.
Persi la cognizione del tempo mentre sentivo Sana gemere attorno a me, la mia mente abbandonò il mio corpo e mi ritrovai a guardarmi dall'esterno, come se le mie azioni non fossero davvero le mie.
Avevo paura di quella vita così perfetta e, mentre mi beavo della sensazione di avere Sana, finalmente, tutta per me, non potevo far tacere quella parte di me che, comunque, non comprendeva come fosse possibile che io avessi trovato così tanta felicità in così poco tempo.

Pov Sana.

Il suono di quel maledetto telefono si propagò per tutta la camera da letto e il mio primo impulso fu quello di prenderlo e buttarlo fuori dalla finestra. Non avevo voglia di svegliarmi, di lasciare andare la spensieratezza della sera prima e soprattutto non volevo assolutamente che Akito si svegliasse. Lo avevo guardato dormire per un po', prima di crollare anch'io, e mi ero ritrovata più innamorata che mai.
Ammiravo ogni suo movimento, ascoltavo ogni suo respiro e mi sembrava che fosse il suono più bello del mondo.
Uscii il braccio dal tepore del piumone e afferrai il telefono. Era Rei. Sapevo già cosa mi avrebbe detto e, guardando l'orario, mi fiondai fuori dal letto per correre in bagno a fare la doccia. Akito mugugnò qualcosa, ma non si svegliò, quindi ebbi il tempo di lavarmi e vestirmi mentre lui era ancora nel mondo dei sogni.
Rei continuava a chiamarmi, all'ennesima telefonata uscii dalla camera da letto e risposi.
“Ma perché diavolo mi attacchi il telefono in faccia?”
“Buongiorno anche a te, Rei.” dissi ridendo. Ero troppo felice per farmi rovinare quel momento da lui e dalla sua ansia per il mio lavoro.
“Sto passando da te per andare a fare lo shooting di lingerie. Pensi di essere pronta diciamo… adesso?”
“Non dimentico mai i miei impegni Rei, lo sai. Ti aspetto.”
Chiusi la chiamata e mi diressi di nuovo verso la camera da letto. Anche se avevamo chiarito quella parte della nostra relazione sapevo che comunque ad Akito non andava giù che io facessi quel tipo di fotografie.
Ero felice che Natsumi si fosse svegliata, avevo passato così tanto tempo sperando di vederla sorridermi di nuovo e poterle raccontare tutte le novità della mia vita, ma da quando avevo capito che avrebbe ripreso Kaori con lei il mio cuore era caduto in preda allo sconforto. Akito mi amava, e di questo ero certa, ma mi avrebbe amata allo stesso modo se non avessimo dovuto sposarci? Sarebbe stato così anche se non ci fosse stato qualcosa a costringerci? Non sapevo rispondere a quella domanda, ma non volevo nemmeno una risposta. Forse avrei dovuto lasciarlo libero, avrei dovuto lasciargli vivere la sua vita senza alcuna intromissione da parte mia. Il mio lavoro lo rendeva nervoso, e quando avrei cominciato a girare il film sarebbe stato peggio. Avrei dovuto combattere contro le sue insicurezze, mentre io ne avevo già abbastanza di mie.
Cercai di mandare giù quel groppo mentre mi accorsi che si stava svegliando. “Hai intenzione di rimanere lì a fissarmi?”
Le sue spalle grandi si alzavano e abbassavano ad ogni respiro, i suoi muscoli sembravano flettersi fino allo sfinimento mentre faceva quel movimento impercettibile.
“Sarebbe un'idea fantastica.” dissi avvicinandomi. “Ma purtroppo Rei sta venendo a prendermi per il servizio fotografico.”
Akito aggrottò le sopracciglia, allungando la mano verso di me per spingermi sul letto. “Allora ti lascio andare, questa volta.”
Mi baciò la mano e poi mi abbassai per baciarlo sulle labbra.
Dovetti staccarmi un momento dopo perché Rei suonava al campanello. Corsi verso la porta e dopo aver preso borsa e giacca uscii dalla porta, sentendo Akito che dalla camera urlava “Ciao Sana!”.
Era come se mi avesse fatto la più bella dichiarazione d'amore della storia. Ero proprio una mogliettina innamorata!






Eccomi qui, di nuovo per voi...
Finalmente Natsumi si è svegliata, ma le cose non sono ancora completamente sistemate. Ci sono ancora tanti imprevisti da affrontare. Spero che continuerete a seguirmi, nonostante tutto. 
Vi ringrazio infinitamente perchè mi seguite non solo su efp, ma anche su instagram (dove mi sono arrivati dei messaggi meravigliosi, che mi hanno veramente riempito il cuore), sulla mia pagina facebook (per chi volesse e non ne è a conoscenza, ecco qui il link
 (     https://www.facebook.com/inchiostronellevene/     ) e su wattpad, dove pubblico in contemporanea con efp.

Vi ringrazio davvero, perchè siete meravigliosi :)
Spero di vedere tante tante tantissime recensioni!
Un bacio
Akura.
   
 
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