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Autore: Soul Mancini    22/03/2017    8 recensioni
Gli Evil Hunters, una band emergente formata da quattro amici.
Il loro incubo: un misterioso hacker che si aggira per il web e li ha presi di mira.
I ragazzi verranno trascinati in una macabra battaglia a colpi di click e display impazziti.
DAL TESTO:
«“Non mi fa entrare nella pagina” affermò con un sospiro, cercando di mantenere la calma.
“Come sarebbe a dire? Cazzo, ci hanno fottuto la pagina?!” esplose Nathan.
“Non vorrei giungere a conclusioni affrettate, magari facebook non funziona bene in questo momento, ma mi sembra strano. Se non dovesse ricomparire, c'è solo una spiegazione: un hacker se n'è impossessato, ha tolto la gestione a tutti e quattro e cambiato la password” spiegò Mark, alzandosi e poggiando il suo monumentale telefono su una sedia.
“Quindi ci hanno fottuto la pagina” concluse Tom con aria esasperata.»
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Consiglio l'ascolto di questa canzone durante la lettura. Io penso che sia un capolavoro! Spero che vi piaccia e che la troviate adatta al capitolo:

Portrait F In Dark Waters




Uff, sono stanco di questa storia, non vedo l'ora che finisca! Ormai la sedia ha preso la forma del mio culo... o forse è il contrario, che ne dite?” borbottò Mark, tornando al suo posto davanti al pc.

Possibile che dobbiamo perdere la sanità mentale per colpa di uno stronzetto qualunque? Roba da denuncia!” commentò Tom spazientito.

Okay, allora, sì... l'indirizzo IP. Ho vari programmi e vari metodi per scovarlo, quindi se non ne funziona uno posso sempre usarne un altro” spiegò il chitarrista, scostandosi per l'ennesima volta i capelli dal viso.

Jade si accostò a lui e raccolse la sua folta chioma di boccoli tra le sue mani, prendendo a giocherellarci distrattamente. Quando Mark si concentrava nel fare qualcosa, detestava quelle ciocche ribelli che puntualmente gli ricadevano sugli occhi.

Io ho sonno ragazzi, non ne posso più! Io mi sveglio presto per andare al lavoro, cazzo! Adesso è quasi l'una!” si lamentò Nathan, abbandonato scompostamente sulla poltrona.

E se saltasse fuori che l'hacker abita dall'altra parte del mondo? Non possiamo certo pagarci un viaggio per andare da un idiota che ci ha preso la pagina!” fece notare Jade, osservando Tom e Nathan con la coda dell'occhio.

Vi prego, state zitti! Non avete neanche un'idea del mio mal di testa...” li ammonì Mark, posandosi una mano sulla tempia. In genere passare tanto tempo davanti a uno schermo non gli provocava nessun effetto collaterale, ci era abituato, ma il dilemma in cui erano stati coinvolti lo stava sfiancando.

Calò nuovamente il silenzio. Erano tutti troppo stanchi per romperlo.

Cos'è questa cosa?” sibilò Mark, aggrottando le sopracciglia di fronte allo strano giochetto che gli si presentava di fronte.

Nello schermo, i numeri che avrebbero dovuto comporre l'indirizzo IP vorticavano e si rincorrevano, fuggivano da una parte all'altra come impazziti. Era un banco di segni bianchi che guizzavano in un mare blu, senza mai trovare il loro ordine.

È una cosa normale?” s'informò il batterista, incrociando le braccia al petto e concludendo la frase con un sonoro sbadiglio.

Certo che no, i numeri dovrebbero stare tutti su quella barra nera. Un altro scherzetto dell'hacker, nulla di cui preoccuparsi. Ora lo cerco con un programma migliore, scommetto che contro questo non troverà niente.”

Quando la stanza fu di nuovo immersa nel silenzio, il rumore dello scatto della serratura proveniente dal piano di sotto fece sobbalzare i ragazzi, ma poi compresero che si trattava dei genitori di Tom di ritorno dalla cena.

Il batterista decise quindi di scendere a salutarli, ma prima di lasciare la stanza intimò a Mark di fare in fretta perché era tardi e sicuramente i suoi si sarebbero voluti riposare.

Oh, trovato finalmente! Vi do una buona notizia: il nostro amichetto si trova in un piccolo paese che dista due ore e mezzo di macchina da qui. Ci avrei scommesso! Bene, domenica alle nove del mattino tutti pronti, passo a prendervi e partiamo” strepitò Mark con entusiasmo.

Per me non ci sono problemi e penso nemmeno per gli altri. Il problema adesso è: come facciamo a portare Nathan fuori di qui?” rispose la ragazza con aria divertita.

Inizialmente Mark non riuscì a capire a cosa si stesse riferendo Jade, ma scoppiò subito a ridere quando apprese che il suo amico si era addormentato sulla poltrona e ronfava beato, proprio come un bambino.

Cosa mi sono perso?” si intromise Tom, facendo nuovamente irruzione nella stanza.

Domenica mattina si parte alla ricerca dell'hacker, il viaggio durerà due ore e mezza o giù di lì. Mi raccomando, puntuale, non come tuo solito!” lo aggiornò Mark. Avvicinandosi a Nathan e scuotendolo sgraziatamente per un braccio.

Eh? Ma che cazzo vuoi? Stavo dormendo...” farfugliò lui ancora con gli occhi chiusi e la voce impastata dal sonno.

Gli altri tre scoppiarono a ridere, scaricando un po' di tensione accumulata in quella lunga ed estenuante serata.


Mark, sei sicuro che stiamo andando nel posto giusto? Hai ricontrollato il nome del paese? E poi il tizio dove lo troviamo?”

Jade, se non taci in questo esatto momento, giuro che apro la portiera e ti butto fuori dalla macchina!”

Nathan e Jade non facevano altro che battibeccare e punzecchiarsi da quando erano saliti in macchina, circa un'ora e mezza prima. Lei si trovava nel sedile posteriore accanto a Tom, ma non faceva che affacciarsi tra il posto del guidatore e quello del passeggero, inquieta.

Mark intanto guidava rilassato e cercava di non ascoltare i discorsi degli altri due, concentrandosi sulle canzoni che la sua radio di musica rock preferita passava e sulle notizie annunciate dagli speaker.

Tom invece si era isolato con un gioco per il cellulare, stanco anche lui di sentire cantante e bassista che blateravano.

L'auto di Mark intanto percorreva a gran velocità la superstrada ormai da parecchio tempo; a fianco a essa scorreva uno scarno paesaggio di campagna, intervallato ogni tanto da qualche piccolo villaggio. Il cielo era coperto da un sottile strato di nuvole che velavano e filtravano i raggi del sole.

I ragazzi non si sentivano quasi per nulla agitati: il fatto che si trovassero alla luce li rincuorava. Cosa mai sarebbe potuto accadere in pieno giorno? Era l'oscurità a spaventare, le tenebre impedivano una visione chiara di ciò che stava accadendo e facevano quindi perdere il controllo della situazione.

Il resto del viaggio proseguì abbastanza tranquillamente: i quattro chiacchierarono del più e del meno, canticchiarono qualche brano trasmesso in radio ed evitarono qualsiasi riferimento a ciò che avrebbero dovuto affrontare da lì a poco. La più irrequieta era Jade, che non la smetteva di agitarsi sul sedile e controllare ossessivamente l'orario sul display del suo cellulare.

Verso le undici Mark, sotto consiglio del navigatore satellitare, abbandono la superstrada per immettersi in una via secondaria. Quest'ultima non doveva essere asfaltata spesso, dato che la macchina prese a sobbalzare sulle numerose buche, impossibili da evitare.

Oddio, ma stiamo andando in una fattoria? È inquietante...” commentò Jade, stringendo con forza una mano attorno alla sua cintura di sicurezza.

Ho cercato il posto ieri: si tratta di un paese di campagna. Non preoccupatevi, se ci perdiamo darò la colpa al navigatore!” ribatté lui, piegandosi leggermente in avanti per evitare di sbattere la testa contro il tettuccio quando incrociavano qualche fosso peggiore degli altri.

Grazie, così sì che ci hai rassicurato” borbottò Tom in tono ironico, riponendo il cellulare nella tasca dei jeans per concentrarsi maggiormente su ciò che stava accadendo.

Sei irritante perché fai finta di avere sempre tutto sotto controllo” aggiunse Nathan.

Dopo una decina di minuti, le ruote dell'auto cominciarono a scorrere più fluidamente su una via asfaltata, anch'essa poco trafficata e circondata solo da campi incolti.

A quel punto l'agitazione si insidiò nei ragazzi insieme alla consapevolezza che stavano per giungere nel luogo in cui avrebbero trovato il loro nemico. Solo in quel momento guardarono indietro nel tempi, a qualche giorno prima, e si resero conto di non sapere neanche loro cosa li aveva portati fin lì. Erano stati loro a correre dietro all'hacker o era stato lui a trascinarli in quel macabro gioco fino a ossessionarli? Non se lo ricordavano più, forse non esisteva una vera differenza tra le due cose.

L'ultimo tratto del loro folle viaggio fu caratterizzato da un silenzio carico di tensione, mitigato solo dalle chitarre distorte diffuse dall'impianto stereo.

È questo il paese. Ragazzi, siamo arrivati” annunciò l'autista, mentre una serie di casette di periferia scorreva loro accanto.

E adesso?” La domanda di Jade fu appena udibile.

Hai un indirizzo preciso?” s'informò Nathan, abbassando il volume della musica.

Sì, sono riuscito a procurarmelo. Per fortuna per accedere a internet è stato utilizzato sempre lo stesso dispositivo, che è sempre stato nello stesso posto. Probabilmente è un computer.”

io sto per avere un attacco di claustrofobia, in questa macchina c'è troppo caldo! Ci fermiamo da qualche parte per pranzo?” propose Tom, abbassando il finestrino per permettere all'aria fresca di entrare.

Ma che problemi hai? Siamo in pieno febbraio, chiudi quell'affare!” sbottò la ragazza che sedeva accanto a lui.

Nessuno osò contraddirla: Jade si trovava in un momento complicato e come al solito reagiva a modo suo, mostrandosi infastidita per ogni minima piccolezza.

Tom ha ragione, io sto morendo di fame” concordò Nathan.

Mark si limitò ad annuire e cominciare a cercare con lo sguardo un bar in cui acquistare un panino.


Io ti dico che non può essere questo, abbiamo sbagliato tutto! Chi può essere così folle da portare un computer qui? E poi è impossibile che ci sia connessione!” ripeté per l'ennesima volta Jade, stringendo con forza la tracolla della sua borsa.

Però le mie ricerche ci hanno condotto qui e io direi che è il caso di dare un'occhiata, non credi? Non ho guidato per due ore e mezzo fino a un villaggio sperduto nel nulla perché volevo fare una gita” la contraddisse Mark, cercando di mantenere la calma ed esaminando l'enorme struttura di cemento con lo sguardo.

I ragazzi avevano pranzato, avevano temporeggiato, ma verso le tre del pomeriggio si erano resi conto che non potevano più permettersi di perdere tempo e si erano recati all'indirizzo scoperto da Mark. Tutti si aspettavano di ritrovarsi davanti una comune casa, magari una tra le tante villette a schiera che caratterizzavano la zona residenziale del paese; erano rimasti sconcertati quando avevano avvistato un enorme cubo di cemento grigio palesemente abbandonato e diroccato. Doveva trattarsi sicuramente di un capannone, vista la presenza di una gran quantità di finestroni appena sotto il tetto; la porta, composta da assi di legno posate l'una sull'altra e tenute insieme da qualche chiodo, dava direttamente sull'ampio marciapiede.

Però Jade non ha tutti i torti: nessuno entra in questo posto da anni, è palese” fece notare Tom, accostandosi all'ingresso e sfiorando il legno con indice e medio della mano sinistra.

Per favore, spostatevi. Se stiamo qui ad aspettare che qualcuno di voi prenda una decisione, stanotte finiamo per dormire in macchina” s'intromise Nathan spazientito, affiancando il batterista e facendogli cenno di indietreggiare.

Per lui e la sua massa muscolare non fu difficile aprire quell'insieme di tavole ammassate l'una sull'altra.

Cos'è questa puzza insopportabile?” commentò Jade con una smorfia disgustata.

I ragazzi furono infatti investiti da un'ondata d'aria umida impregnata da un forte odore di chiuso, polvere e qualcos'altro a cui non seppero associare nulla di preciso.

Allora? Seguitemi!” ordinò con sicurezza il bassista, ignorando le espressioni dubbiose dei suoi amici.

Mark, sei stato tu a trascinarci qui: se siamo entrati in questo schifo per niente, io ti faccio causa” bisbigliò Jade, aggrappandosi istintivamente al braccio del chitarrista.

L'ambiente che si presentò di fronte ai loro occhi appariva alquanto sinistro: le vetrate ricoperte da una cortina di polvere esibivano delle macchie verdastre che filtravano la luce proveniente dall'esterno, motivo per il quale la stanza era immersa nella penombra. Le pareti, macchiate di umidità e sporcizia, non erano mai state intonacate e in certi punti avevano ceduto, spargendo dei piccoli cumuli di macerie sul pavimento di cemento.

Alcuni pannelli dall'aspetto poco stabile fungevano da pareti divisorie, definendo così due o tre grandi camere.

Il freddo era pungente, accentuato dalla pressante umidità.

Secondo voi ci sono topi morti? Non riesco a respirare...” sussurrò Tom, stringendosi il naso con due dita.

Mark prese a camminare per la stanza in cui si trovavano, analizzando ogni angolo con cura per trovare qualche indizio di una recente presenza umana. Ben presto anche gli altri, senza più lamentarsi o scambiarsi impressioni, lo imitarono, spostandosi a coppie in modo da sentirsi più sicuri.

Qui non c'è niente. Passiamo al prossimo, qui c'è uno spiraglio per passare a un'altra stanza, tra questi due pannelli” concluse il chitarrista dopo qualche minuto, indicando un'apertura abbastanza larga da poter attraversare senza problemi.

I quattro, prima di darsi un'occhiata intorno, trattennero il fiato, timorosi di trovare qualcosa di poco gradito. In realtà non sapevano cosa aspettarsi, ma la suggestione del luogo e dei fatti dei giorni precedenti li accompagnava e li opprimeva in ogni passo che compivano.

Oh, qui c'è un po' più di luce” osservò Nathan, frugando con lo sguardo per tutto il perimetro del pavimento completamente sgombro da ogni ostacolo.

No, anche qui non c'è niente. Che vi avevo detto? Cosa pensavate di trovare in questo posto?” esclamò Jade, impaziente di uscire all'aria aperta e rintanarsi in auto, diretta verso casa sua.

Non abbiamo controllato l'ultima stanzetta, quella più piccola. Mi sembra di aver visto un passaggio anche per quella” obiettò Mark, invitando gli altri a uscire senza perdere tempo.

Tutti sembravano più tranquilli, come se avessero capito che ormai non c'era più niente ad attenderli e in un certo senso felici che la loro ricerca si fosse dimostrata infruttuosa.

Ecco, quel pannello ha ceduto, si è formata una specie di porta. Andiamo?”

Alla proposta di Mark seguì un pesante silenzio.

Fu in quel momento che Nathan lo udì. Un insistente ticchettio, una goccia che cadeva a ritmo regolare e picchiettava su una superficie dura.

Il suo sogno.

No, cazzo, andiamocene” farfugliò, immobilizzandosi a pochi metri dall'apertura tra i pannelli con gli occhi sbarrati. Il panico lo stava corrodendo e all'improvviso una serie di flashback gli si stava materializzando nella mente, scorrendogli di fronte agli occhi, così terribilmente reali.

Cosa c'è?” gli domandò Mark con un sospiro.

Io questo posto lo conosco, l'ho già visto, è quello del mio sogno... io qui non ci resto, addio!” balbettò, indietreggiando di qualche passo in direzione dell'uscita.

Non è possibile, non puoi sognare qualcosa che non hai mai visto. Andiamo Nat, anche tu hai insistito per venire qui e adesso ci vuoi piantare?” gli si rivoltò contro Jade, indignata.

Dai ragazzi, siamo tutti assieme, cosa ci potrà mai capitare?” tentò di rassicurarli Mark.

Ma lì dentro qualcosa sta gocciolando!” protestò ancora il bassista, in preda al terrore.

E quindi? Hai idea dell'umidità che c'è qua dentro?”

Basta, mi avete stancato. Io entro, ciao!” sbottò Tom, sorprendendo tutti, non era proprio da lui prendere un'iniziativa, soprattutto in una situazione del genere.

Vedendo che il batterista si stava realmente dirigendo verso la terza stanza, anche gli altri gli furono subito dietro, curiosi e spaventati allo stesso tempo.

Sentivano il cuore in gola.

L'adrenalina a mille.

I muscoli quasi non rispondevano.

Fecero un passo in avanti. Insieme.

Un grido squarciò l'aria, riecheggiando tra le mura spoglie, ma nessuno dei ragazzi l'aveva emesso. Loro non ci sarebbero riusciti, troppo sconvolti da ciò a cui stavano assistendo.

Un vecchio computer era abbandonato a terra; nonostante non fosse collegato a una presa di corrente, lo schermo era acceso e qualcosa al suo interno si muoveva.

La tastiera era incrostata da una sostanza rosso scuro, tendente al nero. Delle gocce dello stesso colore, dense e pesanti, piovevano sui tasti. Nello schermo andavano intanto a formarsi delle parole, delle lettere, a ritmo di quel macabro digitare.

Dal soffitto, il corpo di una ragazza fissava i ragazzi con i suoi enormi occhi privi di palpebre. Senza vita.

Gridava. Era un grido straziante, troppo acuto per essere sopportato. Era un suono stridulo che faceva vibrare la sua gola scoperta e le sue labbra a brandelli.

Stringeva tra le mani una corda intrisa di sangue. Tuttavia non si trovava attorno al collo, segnato da una profonda ferita.

Fu quando le sue mani abbandonarono la fune che questa tornò a stringersi nuovamente attorno a quel lembo di pelle che lasciava intravedere il bianco sporco dell'osso. Il corpo si dibatté per qualche istante e poi giacque.

Il grido si interruppe con uno stridio che continuò a rimbombare, accompagnato dallo scricchiolio delle ossa in attrito.

Il viso, ancora dominato dagli occhi sbarrati, era deturpato da lividi, ferite e cicatrici scure e grumose sullo sfondo diafano della pelle.

Dalle vesti colavano copiosi e freschi rivoli di sangue. Pioveva rosso ovunque, tranne sullo schermo fastidiosamente bianco.

Gli Evil Hunters non riuscivano a muoversi e a gridare. Erano in uno stato di paresi; più quei due pozzi senza limite li fissavano, più si sentivano impotenti e intorpiditi.

Quasi non si resero conto dei loro cellulari che, all'interno delle loro tasche, avevano preso a vibrare. Quel tremito impazzito si diffuse per tutto il loro corpo, dominando i loro muscoli. Quella vibrazione aveva la forza di un terremoto, li possedeva completamente senza che avessero la possibilità di ribellarsi.

In preda agli spasmi e ai conati, i loro occhi appannati erano irrimediabilmente calamitati dallo schermo del computer e dal suo bianco accecante. Una scritta si era completata e si impresse senza rimedio nelle loro menti.


Sono cresciuta di fronte a uno schermo e di fronte a uno schermo sono morta. Io mi sono divertita in questo gioco, e voi?


Il gioco era finito e loro avevano perso.

Quelle furono le ultime, uniche parole.

Accompagnate dall'ossessivo e corrosivo ticchettio sui tasti.

Click. Click. Click.



♠ ♠ ♠



Ciao a tutti ragazzi!

Eh sì, con questo capitolo più lungo del solito si conclude la mia minilong horror, come già annunciato in precedenza!

Beh... che dire? Non sono molto soddisfatta di questo finale se devo essere sincera: l'idea originaria (che mi è venuta praticamente l'altro ieri XD) era carina, ma non credo di averla sviluppata nel modo migliore. Spero sia stato comunque di vostro gradimento, così come tutta la storia!

È un racconto senza pretese, un esperimento che mi è servito più che altro per esercitarmi sulle scene horror... spero che vi abbia lasciato qualcosa di positivo!

Io so già che mi mancheranno gli Evil Hunters e tutti voi, lettori e recensori, che siete stati davvero magnifici e mi avete dato una carica incredibile per andare avanti, scrivere ogni capitolo e dare il massimo!

Ringrazio quindi Kim_Sunshine, Hanna McHonnor, Anwa_Turwen, Sakkaku, Amaranthine, Old Fashioned, Fan of The Doors e Frenzthedreamer per aver creduto in questa storia, per averla seguita con interesse dal primo all'ultimo capitolo e per avermi sostenuto con affetto ed entusiasmo.

Ringrazio KUBA per essersi imbarcato in quest'avventura ed essersi fermato a lasciare un commento, per ora solo al primo capitolo.

Ringrazio i lettori silenziosi e chiunque arriverà fin qui dopo essere imbattuto per sbaglio in questa mia follia.

Ragazzi, il vostro supporto mi ha davvero commosso, non me lo aspettavo e non so proprio come esprimere la mia gioia e la mia gratitudine! Ma cosa farei e dove andrei senza di voi??? ♥

Ora non resta che salutarci (a malincuore per quanto mi riguarda) con la speranza di trovarci di nuovo in un'altra avventura! ;)

Soul :3



   
 
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