Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Minori Kuscieda    22/03/2017    4 recensioni
[Aruani - E la pazza Hanji in azione]
Dal testo:
-"C-ciao Annie."
"Ciao Armin."
Quando il ragazzo si chiuse la porta alle spalle la corrente provocata per via della finestra aperta portò con sè un odore delicato, di fiori, leggero ma percepibile.
Odore di primavera.-
In attesa del ritorno di Annie (Isayama, credo nella tua bontà, non deludermi), nel giorno del suo compleanno ho deciso di "omaggiare" il mio personaggio femminile preferito con questa OS. Ed è anche un modo, sebbene in ritardo, per augurarvi buon inizio primavera :3
Tra ricordi, proposte, regali e sogni, grazie ad un ragazzo dolce e gentile, Armin, la ragazza scoprirà che, nonostante tutto, a tutti viene data una seconda possibilità: quella di risorgere dalle "proprie ceneri", dal sonno dell'inverno, per tornare a vivere una propria primavera, una vera rinascita.
Buona lettura, Minori.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Leonhardt, Armin Arlart, Hanji Zoe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi, purtroppo, non mi appartengono. Le frasi che vedete scritte all'interno del testo, e anche quella detta da Armin in corsivo, sono tratte dal libro 'Avrò cura di te' di Massimo Gramellini e Chiara Gamberale, che consiglio a tutti quelli che stanno passando un periodo difficile, sia in generale, che in amore.
Consiglio prima di iniziare: Se vi va, leggete la parte 'nei sogni' con questa canzone in sottofondo. Io piangevo nel scriverla. https://www.youtube.com/watch?v=_jqSy8E9JLQ

AUTORE: Minori Kuscieda
LUNGHEZZA: OneShot (5525 parole)
PERSONAGGI: Annie Leonhardt, Armin Arlert, Hanji Zoe
PROMPT: Primavera
RATING: Giallo
GENERE: Generale, Introspettivo, Malinconico
NOTE/AVVERTENZE: ///
 

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Come in Primavera: vento di rinascita

-Mi sento come un campo seminato nel cuore dell'inverno, e so che primavera sta arrivando.
I miei ruscelli prenderanno a scorrere e la piccola vita che dorme in me salirà in superficie al primo richiamo.-

21 Marzo - Ricordi.
Erano passati sei giorni da quando si era svegliata in quel letto con un'emicrania tale da costringerla a stare seduta qualche secondo prima di alzarsi per aprire la finestra e far entrare sia aria, che luce.
Era come se qualcuno, prendendola alla sprovvista da dietro, le avesse colpito la nuca con un bastone.
Aveva chiuso gli occhi quando il sole aveva illuminato il suo volto e lo spazio attorno a lei, rivelando una stanza che non era la sua. 
Dov'era? Perchè era lì? Chi ce l'aveva portata? Cos'era successo prima?
Le domande, troppe, le affollavano la testa che scosse leggermente, e ciò la portò a poggiarsi con una mano al tavolino vicino a lei per evitare di perdere l'equilibrio.
Si era chiesta che giorno fosse perchè si sentiva come se avesse dormito per un'eternità.
Quando i suoi occhi si erano ormai abituati alla luce, si era affacciata fuori. Ciò che vide non era nè la Capitale, nè Stohess, nè nessun'altra città: c'erano alberi, probabilmente un bosco, in lontananza si vedevano dei monti, il cielo sereno, l'aria fresca e pulita. Aria di primavera.
 Poi aveva sentito delle voci provenire dal basso. Sul prato, in effetti, c'erano delle persone.
Non le riconobbe subito, era come se quelle, per lei, fossero voci nuove. 
Poi, alzando lo sguardo, si accorse che non riusciva a scorgere nè il Wall Rose, nè il Wall Sina.
Quando era uscita dalle mura? E cosa ne era del suo incarico di scortare il Corpo di Sorveglianza per le vie della città? E di Hitch, Marlow e gli altri?
Poi aveva sentito delle risate provenire da quelle persone sedute. Poi un nome: Armin. Si mise la mano destra tra i capelli sciolti, scompigliandoli ancora di più.
I ricordi le erano riaffiorati alla mente come un corpo che, spinto sul fondo dell'acqua, riemerge senza difficoltà.
Le carrozze per le strade, quella voce che l'aveva chiamata, il discorso nel vicolo.
Si era lasciata convincere, alla fine, da quelle parole: "Quindi se non mi aiuti, in quel caso, sarai una cattiva persona per me, Annie."
La camminata fino al passaggio sotterraneo, il tentativo di credere che fosse tutto uno scherzo, le accuse, Mikasa che minacciava di farla fuori, lo sparo, le persone che le bloccavano le braccia e la bocca, l'anello, il sangue. 
Poi il nulla.
Aveva chiuso gli occhi, come faceva sempre, ogni volta dalla prima, per poi riaprirli e guardare tutto e tutti da un punto di vista spaventosamente alto. Così alto da farla cadere per le vertigini, se solo non fosse stata ancorata alla nuca del gigante, al suo interno.
Sangue, cadaveri, ancora, sempre di più. Quando sarebbe finito tutto quello? La ricerca di Eren, il gigante, la lotta tra le case, il muro. Doveva scavalcarlo, fuggire. 
Non gli importava, lei non voleva vincere. 
Lei voleva salvarsi.
Mikasa, la spada che le tagliava le dita, la caduta.
Quelle parole: "Annie, cadi."
Eren che si avventava su di lei, rabbioso. Come biasimarlo? Poteva fargliene una colpa? Certo che no.
Paura, voglia di vivere.
Sentì qualcuno urlare di non mangiare una preziosa testimone.
Sentiva freddo. Cosa stava facendo?
Poco dopo, qualcuno che le gridava di uscire da lì, le dava della codarda.
Troppo tardi. 
Ora lei era al sicuro.

Si era allontanata dalla finestra, scossa. Si era distesa piano sul letto, su un fianco, senza smettere di guardare un punto davanti a lei.
Aveva poggiato la testa sul cuscino, aveva tirato le gambe al petto, stringendole con le mani.
Pianse.


21 Marzo, aria di primavera - Stanza di Annie. 
<< Come ti senti oggi? >>
<< Esattamente come ieri. >>
Henji aveva sorriso rassegnata a quella risposta.
<< Se vuoi, puoi uscire un po' all'aperto. E' una bella giornata di inizio primavera. >>
Inizio primavera? Questo voleva dire che...
<< Che giorno è oggi? >> Chiese, trascinandosi sul letto per poggiarsi al muro.
<< Ventuno marzo. >> La donna si sedette accanto a lei, sul bordo del materasso.
Il giorno prima del suo diciassettesimo compleanno. Ma tanto non importava, nessuno se lo sarebbe ricordato.
 << Sono passati sei giorni dal tuo risveglio. Pian piano ti stai riprendendo completamente. Ma è comunque importante che tu mangi per prendere peso, sai? >> Si voltò con lo sguardo verso il vassoio della colazione ancora pieno poggiato sul tavolo.
Annie fece spallucce. << Non ho fame. >>
<< Capisco... >> Sapeva fosse testarda, ma non così. << Se portassi qui qualcuno a tenerti compagnia staresti meglio? >>
<< Si, come no... Ti sfido a trovare qualcuno che voglia solo varcare quella porta. >>
Henji si alzò. << Vado, allora. >> E uscì di corsa dalla stanza, tirando a sè la porta con la mano.
<< Stavo scherzando, torna qui! >> La bionda era saltata giù dal letto, nel tentativo di fermarla, invano.
Era rimasta in piedi, immobile, mentre la porta si chiudeva con un clack.
Il vento che entrava, leggero, fece sentire la sua presenza muovendo piano i suoi capelli.
Vento di primavera.

21 Marzo - Biblioteca.
<< Psss, Armin. >>
Il biondo alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo, muovendo la testa a destra e a sinistra per capire da dove venisse quella voce.
Quando si sentì toccare la gamba emanò un urletto e quasi saltò in aria. << Armin, quaggiù! >>
<< H-Henji, ma che ci fai sotto al tavolo? >>
<< Era per... Auch! >> Mentre si alzava, la donna sbattè la testa contro la superficie di legno.
<< S-Stai bene? >> Si preoccupò il ragazzo.
<< Si, ovvio. >>
"Tanto è già pazza, non può diventarlo più di così." Penso Armin.
<< Che fai? >> Continuò la donna, prendendo una sedia per sedersi.
<< Leggo. >>
<< Interessante... >> Passarono alcuni secondi << E perchè leggi qui? >>
<< Perchè in biblioteca si viene per leggere, di solito. >>
Armin si chiedeva perchè quelle domande così insolite.
<< Ma sei da solo. Non vorresti avere un po' di compagnia? >> Non gli diede i tempo di rispondere che riprese a parlare << Sapevo avresti detto si. >>
<< M-ma io non ho nemmeno parla... >>
Non finì la frase che Henji gli aveva sfilato il libro dalle mani, aveva caricato su un braccio il volume che era in possesso del ragazzo e lo aveva preso per il polso costringendolo a seguirla.
Risalirono le scale che portavano al piano terra del castello, poi presero la rampa che saliva alle camere e girarono a destra del corridoio principale.
Armin sbattè contro la schiena di Henji che, senza avvisarlo, inchiodò davanti ad una porta chiusa.
<< Io devo andare a fare dei servizi. Cerca di convincerla a mangiare, parlale, non lo so... Tu sei un genio, trova il modo per farla stare meglio. >> Gli posò la mano sulla maniglia, nell'altra il libro che lui strinse al petto per non far cadere. << Conto su di te. >> E scappò via.
Non gli aveva dato il tempo di ribattere, di accettare o rifiutare, anche se a lui comunque non cambiava nulla leggere in camera o in biblioteca.
Aprì la porta e rimase sulla soglia finchè la ragazza, in piedi e di spalle vicino la finestra, non si voltò a guardarlo.
<< C-ciao Annie. >>
<< Ciao Armin. >>
Quando il ragazzo si chiuse la porta alle spalle la corrente provocata per via della finestra aperta portò con sè un odore delicato, di fiori, leggero ma percepibile.
Odore di primavera.

21 Marzo - Attenzioni.
<< Che fai qui? >>
Il ragazzo non rispose.
<< Ti manda Henji? >> La ragazza ricevette un 'si' con la testa in risposta.
Quando il silenzio cadde nella stanza, la tensione poteva essere toccata con le mani.
Annie si sedette sul letto; Armin la guardò: non sapeva se era il pigiama, i capelli sciolti o cosa, ma ai suoi occhi appariva più magra del solito.
<< Come stai? >> Le chiese, sedendosi sulla sedia accanto al letto.
<< Normale. >>
-Andiamo Annie, hai Armin di fronte, sforzati di essere più loquace. A lui puoi dire la verità, gli puoi dire che in realtà stai di merda. Lui ti capirà, saprà cosa dirti.-

<< Ho visto che non hai mangiato. Dovresti farlo se non vuoi perdere le energie. >>
-Banale, Armin, sei banale.-

<< Lo so, ma... Se mangio sto male. Non riesco a mandar giù nemmeno un boccone senza sentire lo stomaco sottosopra. >>
-Ecco, ce l'ho fatta. Non era poi così difficile dirlo.-

<< Ne hai parlato con Henji? Forse lei può trovare la causa e una soluzione. >>
La ragazza scosse la testa, affranta. << Non penso ci sia un soluzione. >> l'espressione confusa di Armin le fece intuire che il ragazzo voleva spiegazioni.
Annie soppesò, con cura maniacale, le parole da dire. 
<< Quando uccidi delle persone innocenti è difficile andare avanti senza avere un ricordo di ciò che hai fatto. Lo so, puoi solo immaginare, e mi auguro per te che tu non debba viverlo in prima persona. >> Sospirò << Lo so cosa stai per dire: non l'ho fatto di mia spontanea volontà. Ma questo non cambia nulla, quelle persone non torneranno in vita. Quando dormo sono nella mia testa, mi fissano, e hanno gli occhi spenti. Quando mangio, sento l'odore del sangue che si mischia al cibo. Vorrei vomitare anche l'anima, così da non dover più vivere con questo peso sulla coscienza. >> Seduta sul letto, strinse le gambe contro il petto aiutandosi con le braccia. 
-Perchè ad un tratto sento così freddo?-

Armin rimase senza parole. Sapeva, comunque, che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe sembrata stupida e banale. Inutile.
-Che ne posso sapere io di quello che sta vivendo lei interiormente?-

<< Hai freddo? >> Le chiese, guadandola tremare leggermente.
Lei negò con la testa, chiudendo gli occhi. Poco dopo, sentì qualcosa di morbido poggiarsi sulle sue spalle: il biondo aveva preso la coperta che poco prima se ne stava poggiata sul materasso accuratamente piegata e gliel'aveva messa addosso. Il gesto, per quanto fosse banale e scontato, fece accelerare i battiti del cuore della ragazza che si ritrovò due lacrime pronte a rigarle le guance.
-Perchè fai tutto questo, Armin? Perchè ti preoccupi per me? Pensi davvero che io meriti questa gentilezza e questo aiuto?-

<< Hai visto che bella giornata? >> La voce di Armin, che intanto si era avvicinato alla finestra, le aveva fatto aprire gli occhi e girare la testa nella sua direzione.
<< Mh, s-si. >> Rispose piano, cercando di nascondere la voce tremante.
<< Ti va di uscire all'aria aperta? Potremmo stare seduti sull'erba... >> L'attenzione del ragazzo si poggiò sul calendario. << Aspetta, domani è il tuo compleanno? >>
<< Già. Come fai a saperlo? >>
<< Oh, ehm... Ricordo quello di tutte le persone più strette con cui ho legato ai tempi dell'addestramento. >> 
-Che scusa fantastica per non dirle che in realtà è l'unico che ricordi se si escludono quelli di Eren e Mikasa.-

<< Oh, capisco. Hai una buona memoria, allora. A volte anche mio padre se ne scordava. >>
-E con 'a volte' intendo quasi tutti gli anni.-

<< C-che ne dici se domani, non so... F-facessimo qualcosa? >> Indugiò << Io e te. >>
<< Io e te? >> 
-I pappagalli ripetono, non le persone, Annie.-

<< S-si... Se vuoi posso coinvolgere tutti gli altri. >>
<< No, lascia stare. Non penso sia il caso. >>
<< Allora, ti va? >>
-Digli di no. Digli di lasciar stare, di uscire da quella stanza, di allontanarsi da te. Si farebbe solo male a starti vicino. Digli che tu non meriti attenzioni, amicizia, nè tanto meno amore. E' troppo buono per soffrire, ancora. Gli vuoi troppo bene per vederlo star male. L'hai vista la paura che aveva quando ha visto la prima volta il Titano Femmina, il terrore quando ti sei piegata su di lui per guardarlo negli occhi. Non deve starti vicino, se vuole salvarsi. 
Diglielo, Annie, diglielo.-

Annuì piano. << Si. >>
Armin sorrise, facendo si che la ragazza potesse sentire chiari i battiti del suo cuore, aumentati in modo spropositato. 
In quel momento, un passero si poggiò sul davanzale della finestra aperta. Iniziò a cinguettare. Un suono delicato, rilassante.
Suono di primavera.

21 Marzo, notte - Nei sogni.
Freddo. Rumori ovattati. Sentiva braccia e gambe stanche. Da quanto tempo era lì dentro? Era mattina o notte? Aveva perso il conto dei giorni. Sebbene avesse gli occhi chiusi, e nonostante quello spesso strato di cristallo le impedisse di relazionarsi al mondo esterno, da un po' di tempo riusciva a percepire la maggior parte delle cose che le accadevano vicino. Riconosceva dei rumori, captava piccole parole a singhiozzi, a volte qualche frase completa e di senso compiuto, altre volte, invece, il silenzio totale. Come in quel momento. Finchè non sentì una porta metallica chiudersi poco lontano...

Chiuse la porta alle sue spalle con tutta la delicatezza che la situazione richiedeva. Sapeva bene che quello che stava facendo sarebbe sembrato strano, insensato, e probabilmente avrebbe riacceso le ire degli altri, ma a lui non importava. Lì, in quei sotterranei freddi, bui e odorosi di muschio, vecchio e marcio, mentre attraversava i corridoi, riusciva quasi a sentirsi coraggioso.
Giunse davanti a quelle grate che ormai aveva toccato molte volte, nelle ultime sere. O meglio, notti. Prese le chiavi, appese ad un gancio sul muro, le infilò nella serratura e aprì.

Tintinnio di chiavi, rumore di serratura sbloccata. Così vicini a lei.
Chi era? Avrebbe tanto voluto aprire gli occhi per scoprirlo... Ma non ci riusciva, era come se le palpebre fossero diventate pesanti come macigni. Di cinque sensi, poteva usare solo l'udito, sperando di riconoscere delle voci. Ne aveva sentite poche, ma nessuna le aveva riportato alla mente ricordi o persone particolari. Forse, si era detta, appartenevano a persone che lei non conosceva. Eppure, non era la prima volta che sentiva il rumore di chiavi... Qualcuno aveva aperto qualcosa, ma cosa? Probabilmente, il posto in cui quel cristallo era rinchiuso: il cristallo con lei dentro.

Come aveva fatto le sere precedenti, prese la scatola di fiammiferi dalla tasca, ne accese uno e lo usò per accendere le due torce appese alla parete della cella. La stanza venne illuminata, rivelando un posto nè piccolo, nè grande, lo spazio adatto a far entrare una sedia con una coperta su di essa... E quel cristallo. Guardò per un attimo la figura racchiusa al suo interno e il suo volto si rattristò. Ingoiò quella sensazione di angoscia mista a rancore e sensi di colpa e ricacciò indietro le lacrime. No, non ora, non come tutte le volte che la vedeva. Non le aveva parlato, mai, sia per via delle lacrime e dei singhiozzi che glielo impedivano, sia perchè si ripeteva che non sarebbe servito a nulla. Lei non lo avrebbe mai sentito, non gli avrebbe mai potuto rispondere. Come poteva? Per questo, si limitò a fare quello che aveva fatto anche le altre volte: si mise la coperta sulle spalle, aprì il libro che aveva preso dalla biblioteca e lo inziò a leggere. 
Per la prima volta si era ritrovato a farlo ad alta voce, nonostante l'inutilità del gesto, come a volerlo fare per entrambi.

“Le scelte di paura sono sbagliate persino quando si affacciano alla mente con il volto del buon senso.” 

Una voce? Si, era prorpio qualcuno che stava parlando. La sentiva flebile ma chiara. Che frasi erano, quelle che diceva? Sembravano lette su qualche libro. Ma soprattutto, perchè sentiva familiare quel suono? Quel tono gentile, calmo, come di qualcuno troppo poco coraggioso per parlare più forte. Qualcuno che lei conosceva, qualcuno con cui lei aveva parlato spesso, qualcuno la cui voce meritava di essere ricordata. 

<< Ci sembrava la cosa più adatta provare a catturarti, la cosa più sensata da fare. Avevamo paura, si trattava pur sempre di una spia nell'esercito. Ma forse, se avessimo provato a ragionare un po' di più, avremmo capito che ciò che ci sembrava razionale in realtà era la cosa più avventata da fare. Avremmo potuto metterci a tavolino a parlare, vero, Annie? Avremmo potuto capire le tue ragioni semplicemente chiedendotele, invece di ingaggiare una lotta fra titani, no? Avremmo evitato questa situazione, io avrei evitato di sentirmi in colpa, e poi impotente nel vederti lì dentro da mesi. >>

“L’esistenza umana è un fiume di energia che sfocia in un oceano infinito, ma prima di arrivarci incrocia bivi e cascate.” 

-Chi sei? Perchè parli di cose successe, suppongo, tempo fa? Come fai a sapere che... Aspetta. Non dirmi che... No! Che ci fai tu qui? Sei l'ultima persona che voglio sapere al mio fianco.-

<< Sai, ho letto su alcuni libri, tempo fa, che i fiumi sono nati per sfociare nei mari e negli oceani. Bello, vero? Sembra un fenomeno scontato ma al tempo stesso meraviglioso. Nei libri però c'è anche scritto che questi fiumi, spesso, prima di arrivare a destinazione, interrompono bruscamente il loro corso regolare e dritto per precipitare verso il basso e prendere il nome di 'cascate'. Poi, dopo la caduta, riprendono a scorrere regolari. Pensaci, è un po' come la vita di noi essere umani. Per un po' di tempo tutto prosegue dritto, lineare, tranquillo... Poi, ad un tratto, tutto peggiora, si inizia a precipitare verso il basso. Ci si fa male, molto male. Poi, dopo altri ostacoli, forse, se si è abbastanza forti, si riprende il ritmo giusto. E tu sei forte Annie, vero? >>

-Perchè mi dici queste cose, adesso? Sei qui solo per dirmi questo, Armin? Perchè sei tu, vero? La voce è quella. La stessa voce di quel giorno nel vicolo, la voce che mi parla dal fondo della scale del passaggio sotterraneo... Io non sono forte, Armin, non lo sono mai stata. O meglio, non come volevano gli altri, non come voleva mio padre. C'erano giorni in cui avrei tanto voluto restare a letto, sotto le coperte, fingere che il tempo si fosse fermato per non vedere niente, nessuno. Per non vedere te, per non parlarti, per non affezionarmi più di quanto già non lo fossi.­-

“La scelta di coraggio che ogni essere umano è chiamato a compiere nel corso della vita: aprirsi all’amore, a costo di provare il dolore.” 

<< In un mondo come questo, in cui ci viene portato via tutto, cosa ci resta? Pian piano, ci vengono portate via persona care, quelle persone che ci hanno cresciuto e amato, a cui si deve tutto. Tutti devono far conto con la morte di una persona cara, prima o poi. Ma in un mondo in cui il più debole muore, e il più forte va avanti, cosa può fare il primo per provare a vivere? >> Il ragazzo mise giù il libro e si alzò dalla sedia, lasciando cadere per terra la coperta. Si avvicinò al cristallo. << Nel corso della vita ti leghi a tante persone, è inevitabile. Nessuno ne è immune, nemmeno tu, sai? Cerchi di sfuggire ai legami ma, alla fine, sono loro a trovare te. Alla fine ci caschi, e ti affezioni a qualcuno, inevitabilmente. La paura di perdere queste persone ti lega, inconsciamente, ancora di più a loro. E puntualmente, loro vengono portate via da te, e tu soffri. E poi di nuovo, come un circolo vizioso: ti affezioni, lo perdi, ti affezioni, lo perdi. Siamo stupidi, noi umani, eh? Sappiamo coma andrà a finire eppure lo rifacciamo, ancora a ancora. Stupidità, pura e semplice. >> Passarono alcuni minuti in cui deglutì un paio di volte. Poggiò la fronte al cristallo, freddo, poi con la mano destra chiusa a pugno colpì il materiale azzurro. << NO! >> L'urlo rieccheggiò nella cella. Un altro pugno, con la mano sinistra. << No... >> Bisbigliò. << E' la scelta che prendiamo di essere coraggiosi, ogni volta. Anche io ho perso persone a cui ero legato, e adesso me ne sono rimaste poche. Di molti ho solo ricordi vaghi. Ma tu... >>

“Prenditi tutto il tempo, ma non lasciare che il tempo si prenda tutto.” 

<< Tu sei ancora qui, vero Annie? Lo so. Non so so puoi sentirmi, ma so che un giorno tornerai. Lo farai, vero? Stai solo aspettando il momento giusto. Ma il tempo non è nostro amico, sai? Pensi di essere tu a tenerlo in pugno, ma è lui a tenere te tra le mani, e può decidere di lasciarti cadere quando vuole, a suo piacimento. >> Alzò lo sguardo e guardò il viso di fronte a lui. Il volte rigato di lacrime, Armin cercò di asciugarle il più possibile con i polsini della camicia della divisa, come se la ragazza potesse vederlo piangere, e giudicarlo. << Promettimi di batterlo, il tempo. Vinci contro di lui, non lasciare che si porti via ogni cosa, ogni minuto della tua vita, ogni speranza, ogni desiderio, tutti i sogni. Non lasciare solo il ricordo, perchè non mi basta. Io voglio te, in carne ed ossa, le tue mani, i tuoi occhi, le tue labbra, i tuoi capelli, la tua voce. Io voglio te, hai capito, Annie? >>

-Perchè? La testardaggine non fa per te, Armin. Va' via da qui, va' dagli altri, dai tuoi amici. Io a cosa ti servo? Soffriresti, come stai soffrendo ora, se non peggio. Il mio ricordo un giorno svanirà, ne sono sicura. Mi ricorderai come colei che si è messa contro i suoi simili, come colei che ha ucciso innocenti, come colei che si è sigillata qui dentro, da debole e codarda qual è, pur di sfuggire alle responsabilità. Quando sarai adulto, con una famiglia, non ricorderai nemmeno il mio nome, il mio volto sarà una macchia scura nell'oblio del tuo cervello. Non piangere per me, non lo merito. Sprecale per qualcuno che merita davvero le lacrime di una persona dolce e sensibile come te.-

Armin cadde a terra. Aveva altre cose da dirle, non poteva farsi fermare dalla lacrime. Tirò sul col naso e strofinò la manica destra della camicia prima sugli occhi e poi su tutto il viso. << Non scherzo quando dico che per me sei una brava persona, non lo dico tanto per dire. E' la cosa più vera e sincera che io abbia mai detto, e non mi pento, non rimangio le mie stesse parole. Non voglio tornare sui miei passi, ma voglio solo continuare a vivere quelli che mi restano in tua compagnia, insieme a te. Non posso impedirti di inciampare, ma posso medicare il tuo piede ferito. E prenderti in braccio, fino a quando non sarai in grado di camminare con le tue gambe. Io avrò cura di te. Perchè... >> Sospirò, come a voler pensare bene alle parole che stava per dire. << Perchè sono sicuro di amarti, Annie, e niente e nessuno farà mutare questo mio sentimento nei tuoi confronti. Spero di poterti abbracciare, prima o poi, e di poter riascoltare il suono della tua voce. >>
Il ragazzo si alzò, ripiegò la coperta e prese il libro. Mentre con un soffio spegneva una delle due fiaccole, diede un ultimo sguardo alla ragazza, fredda e impassibile come sempre. Come quel cristallo. Lasciò una delle due torce accese, come a voler lasciare un segno della sua presenza, tanto, l'indomani, si sarebbe trovata spenta. Uscì dalla cella, chiuse a chiave la porta per poi ripercorrere, questa volta al contrario, quel corridoio buio.

Annie sentì e immaginò il ragazzo alzarsi e andare via. Dopo il rumore di porta chiusa a chiave, in quei sotterranei tornò il silenzio.
-Oh, Armin... Mi dispiace. Mi avevano detto che avrei dovuto odiare tutti, e all'inizio è stato facile. Perchè sei venuto qui? Dovevi restare alla larga da me, fin dall'inizio. Ma a cosa serve ripeterlo ora, così tante volte? Se l'essere umano dimostra coraggio ad amare pur sapendo di dover soffrire... Allora si, sono umana anche io. Non ne sono certa ma penso di amarti, chissà se un giorno riuscirò a dirtelo. Intanto, cerca di non stare troppo male, io, forse, tornerò.-
Se fosse rimasto qualche minuto in più vicino a lei, Armin Arlert avrebbe visto Annie Leonhardt piangere per qualcuno e non per se stessa.


22 Marzo, Mattina tardi - Regalo
Stava aspettando Armin seduta sul letto con lo sguardo perso all'orizzonte fuori dalla finestra.
Si chiedeva quale piega avrebbe preso quella giornata: il ragazzo le aveva detto che lui stesso si sarebbe preoccupato di preparare tutto, nonostante quel 'tutto' consistesse solo nel pranzo e nella coperta da usare per stendersi sul prato, e che poi l'avrebbe passata a prendere dalla camera. Lei doveva solo farsi trovare pronta.
Quella mattina si era svegliata, aveva fatto colazione -per grande gioia di Hanji-, si era fatta una doccia voloce e aveva indossato i vestiti che la donna gli aveva procurato già giorni prima sebbene lei avesse deciso di restare in pigiama, sia per pigrizia che per comodità. 
Pantaloni normali, degni nemmeno di uno sguardo, e felpa bianca con cappuccio: vestiti che poi, ne era certa, provenivano dal suo armadio nella camera a Stohess. Aveva legato i capelli, nella stessa acconciatura di sempre, e si era seduta sul letto a fissare fuori dalla finestra.
Sospirò. Perchè quei ricordi la colpivano proprio in quel momento? Non ricordava mai cosa sognava la notte, -sempre che sognasse qualcosa-, ma adesso le sembrava di rivivere l'accaduto come se l'avesse appena letto sulle pagine di un romanzo. Qualcosa le diceva che, ricordarlo proprio quel giorno, significasse parlarne con il diretto interessato. 
Qualche minuto dopo sentì bussare.
<< Entra pure. >>
<< B-buongiorno. >> Armin entrò nella stanza osservando l'amica.
<< Buongiorno. >> La ragazza notò che in mano il biondo aveva un piccolo barattolo con dentro alcuni fiori di campo e dell'acqua che si insinuava tra gli spazi vuoti.
<< Questo è per te... Buon compleanno! >> Si avvicinò alla ragazza e gli porse il contenitore. Poi, con un sorriso imbarazzato, si piegò leggermente e le lasciò un bacio sulla guancia. 
Annie perse un battito: si sentiva contenta e leggera come mai in vita sua. Prese il barattolo e lo poggiò sul tavolino sotto la finestra; un raggio di luce si posò sul vetro, facendolo brillare.
<< Grazie. >> Il sorriso che si dipinse sul suo volto era uno dei più sinceri e dolci mai visti.
Il ragazzo arrossì. << A-andiamo? >>

Armin sapeva che Annie voleva evitare di dover incrociare gli altri anche solo per raggiungere una stanza, così decise di percorrere il castello fino all'uscita sul retro.
<< Non è un granchè, me ne rendo conto, scusami. >> Esordì con quella frase quando stavano per uscire in giardino.
<< Cosa? >>
<< Il regalo, e anche tutto ciò che ho preparato. >>
Annie negò con la testa. << Non devi scusarti. Ciò che hai fatto basterà... E poi, preferisco il semplice alle cose troppo complesse ed esagerate. >>
<< Il barattolo che hai visto... >> Armin continuò, mentre si sedevano sulla coperta già stesa sul prato in precedenza; la ragazza si voltò a guardarlo. << ...E' un ricordo che ho di quando vivevo con mio nonno. Mi diceva sempre che, quando mia madre era bambina, era una specie di ricorrenza metterne uno sul tavolo nei giorni importanti. Rendeva tutto più allegro e speciale. Da quando me ne ha parlato, io avevo cinque anni, anche io ho iniziato a farlo: ogni domenica, coglievo alcuni fiori dal giardino e li mettevo nel barattolo riempiendolo poi con l'acqua. In autunno e inverno usavo ramoscelli, foglie secche e pigne. >>
<< E' davvero un bel ricordo. >> La ragazza si stese sulla coperta, con gli occhi fissi al cielo e le mani sotto la testa. Vide con la coda dell'occhio il ragazzo fare lo stesso. << Io non ne ho molti. In quasi tutti c'è mio padre, o voi del gruppo di addestramento: Reiner, Bertholdt, Jean e i diverbi con Eren, la competizione con Mikasa... >>
Sempre rimanendo nella stessa posizione, Annie girò il viso a destra. Trovò davanti a sè gli occhi chiari di Armin, che, con la bocca leggermente socchiusa, la ascoltava parlare e la guardava. A dividerli c'erano pochi centimetri, i respiri si mischiavano.
<< Ci sei anche tu, nei miei ricordi più belli. >> Disse lei voltando, pur non avendone voglia, la testa per tornare a guardare il cielo. 

22 Marzo, Primo pomeriggio - Happiness
Annie, con gli occhi chiusi, stesa sul fianco destro, con un braccio sotto la testa e l'altro lungo il fianco, agli occhi di Armin appariva dolce e serena come mai l'aveva vista. 
Il sogno che aveva fatto quella notte gli aveva fatto ripercorrere quelle ore passate al buio nella cella in compagnia del cristallo freddo in cui lei era rinchiusa... Si chiedeva se mai sarebbe riuscito a ridire quelle parole spontanee e sincere alla ragazza stesa accanto a lui, apparentemente addormentata. 
Sorrise leggermente continuando a guardarla, quando si accorse che, con un leggero movimento della testa, il ciuffo più corto le era ricaduto sul viso. Lo scostò piano, e lei aprì gli occhi.
<< S-scusa, ti ho svegliata? >>
La ragazza sbattè un paio di volte le palpebre. << S-si, cioè... No, ero in dormiveglia. >>
Tra i due calò un silenzio interrotto solo dai respiri regolari, dal vento che faceva muovere erba e alberi, dal cinguettio degli uccellini.
Annie si mise a sedere all'improvviso, attirando l'attenzione del ragazzo. << Senti Armin, devo chiederti una cosa... >>
<< D-dimmi. >> Il ragazzo ingoiò la saliva.
<< Tu... Insomma, eri tu a vanire a farmi visita quelle notti? >> Si girò a guardalo, lui annuì, piano.
<< Ma come... >>
<< Non so come, ma riuscivo a sentire. Non mi è capitato subito, appena dopo lo scontro, però ci riuscivo. A volte sentivo solo qualche parola, a volte solo rumori, a volte frasi di senso compiuto... >> Ormai i due erano l'uno di fronte all'altro. << Dopo avermi detto quelle parole, quel discorso di cui non ho perso nemmeno una virgola, non sei più tornato. >>
Armin abbassò la testa, iniziando a guardare la coperta sotto di lui, sconsolato. << No... Io... Cioè... N-non riuscivo a sopportare di vederti lì, rinchiusa, senza che io potessi fare qualcosa. >> Disse, tutto d'un fiato.
<< Non te ne faccio una colpa. >> La ragazza avvicinò la mano a quella del ragazzo e gliela strinse. << Mi stupisco che tu sia venuto così tante volte. Insomma, sono pur sempre la persona che ha ucciso degli innocenti, non merito nessun tipo di attenzione e affetto... >>
Il biondo alzò lo sguardo e lo puntò negli occhi della ragazza. << NO! Non è vero... >> Si fermò e prese un bel respiro. << Tu sei davvero una brava persona, nonostante tutto. Annie, io... >>
<< Armin, non dire niente. Adesso, in questo momento... >> La ragazza gli poggiò la mano libera sulla guancia, l'altra sempre stretta nella sua. << ... Mi serve sapere se le cose che hai detto, dall'inizio alla fine, tu le 
pensi davvero. Sono sincere, quelle parole, Armin? >>
Mentre lui la fissava con la bocca socchiusa per lo stupore e la sorpresa -chi gli avrebbe mai detto che quella giornata avrebbe preso quella piega?-, la bionda spostò la mano dalla guancia e poggiò delicatamente due dita molto vicine alle labbra del ragazzo. 
<< Si, dall'inizio alla fine, è tutto vero. >>
Annie sorrise, gli occhi lucidi. Poi li chiuse, avvicinandosi piano alle labbra del ragazzo.
Armin spalancò gli occhi e strinse di riflesso la mano della ragazza quando le loro labbra si toccarono. Teso e sorpreso, si rilassò solo quando mise a fuoco la figura che gli stava davanti, e realizzò ciò che stava succedendo.
Poi chiuse gli occhi, rispondendo al bacio. 

A quello ne seguirono altri, uno dopo l'altro, tutti così simili eppure diversi.
Quel letto, che fino alla notte prima le era sembrato così vuoto e freddo, adesso era diventato il posto ideale da cui non voleva più uscire.
C'era qualcosa, nei loro gesti, nel loro modo di toccarsi, di scoprire per la prima volta il corpo di un altro, per di più del sesso opposto, che lasciava trasparire la dolcezza ma anche l'insicurezza e l'essere impacciati.
Rimasero sotto le coperte, quasi completamente nudi, tutto il pomeriggio, fino a poco prima di cena quando si separarono giusto il tempo di mangiare... 
Si ritrovarono insieme, di nuovo, alle prime ore della tarda serata, quando tutti erano nelle loro stanze a dormire, o comunque troppo impegnati per badare a loro.
Distesi su un fianco l'uno di fronte all'altro, lasciavano che i loro respiri si mischiassero. Parlarono, a bassa voce, di qualsiasi cosa venisse loro in mente, sempre mano nella mano. Quando ormai i due erano troppo stanchi anche solo per tenere gli occhi aperti, tra baci e coccole, si addormentarono stretti.
La mattina dopo, il sole fece capolino da dietro le nuvole insinuandosi tra le fessure delle vecchie ante in legno della finestra. Ma soprattutto, illuminando il mondo fuori: i fiori, i ruscelli, le montagne, gli alberi, i prati; si era alzato un leggero venticello fresco, tipico della prima mattina, che accompagnava gli uccellini nei loro voli, che scuoteva fiori e alberi, lasciando ondeggiare petali colorati in aria, per poi posarli delicatamente a terra.
Sia fuori che dentro, vento di primavera, vento di rinascita.

*Angolo Autrice*
Ciao a tutti, lasciate che mi presenti. *fa un piccolo inchino* Sono Minori Kuscieda, ma voi chiamatemi Mino-chan.
Scrivi ormai dal lontano aprile 2012 e sono tornata qui su EFP dopo una pausa lunga un anno dovuta ad un vuoto totale di idee.
Ho iniziato a vedere Shingeki no Kyojin il 28 febbraio, grazie ad una mia amica (la ringrazio per l'ennesima volta), e l'ho finito in tre giorni. Non serve dire che me ne sono innamorata già mentre ascoltavo la sigla XD Ora, pian piano, sto collezionando anche il manga, e aspetto la seconda stagione *^*
E' la prima storia che scrivo su questo anime/manga, e ancora mi chiedo cosa (o meglio, chi) mi abbia convinto a pubblicarla. 
Ma andiamo con ordine... Associo alla primavera il simbolo di "rinascita" proprio perchè io stessa ho vissuto un inverno, durato circa un anno, da cui sono uscita completamente proprio con l'inizio della primavera del 2016.
La frase iniziale, infatti, è una di quelle a cui tengo molto.
Poi, come personaggio io adoro Annie (anche, e nonostante tutto, nella forma titanica)... E, sperando nella bontà del grande Isayama, aspetto che si decida a risvegliarsi *si siede accanto al cristallo e fissa la ragazza aspettando il suo ritorno*. Anche perchè non avrebbe senso farla rimanere là dentro, secondo me, non è nè morta, nè (completamente) viva, insomma, qualcosa deve pur succedere -e io continuo a sperare-.
E quale giorno migliore per ricordarla se non quello del suo compleanno?
Compleanno che festeggia insieme ad Armin, lo stesso ragazzo che ha scoperto il suo segreto tempo prima, che la definisce "brava persona", lo stesso ragazzo che lei, da titano, risparmia invece di ucciderlo.
Il ragazzo che, ho immaginato, recarsi le notti a tenerle compagnia, come a volerle dimostrare di non essere sola nemmeno dopo quello che è successo. E, perchè no, confessarle, convinto che lei non possa sentirlo, che prova qualcosa che va oltre il rispetto e l'amicizia. 
Ed è nata, così, questa OneShot che, spero, vi sia piaciuta almeno un po'.
Aspetto qualche commento, per sapere cosa ne pensate, e mi farebbe davvero tanto tanto piacere leggerli. 
Non so chi ama, come me, la Aruani (e, devo dirvi la verità, nemmeno la Beruani mi dispiace come coppia XD) ma spero comunque che leggerla vi abbia tenuto un po' di compagnia e vi abbia trasmesso qualcosa. Spero, e ne sono quasi certa, di tornare su questo fandom con nuove storie... 
Posso dire, quindi... Alla prossima, Mino-chan :3
  
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