Young God
La luce del
giorno fece capolino fra gli spiragli delle tende, tingendo
l’aria di un tenue
arancione. Tarjei si rigirò sotto le lenzuola, mettendosi a
fissare il
soffitto. In realtà, non aveva fatto altro che rigirarsi per
tutta la notte:
prima di andare a dormire aveva riletto il copione (un paio di volte ad
essere
sinceri), e non era riuscito a smettere di pensare a tutto
ciò che questa
stagione avrebbe significato per le persone, per il futuro della serie,
per sé
stesso.
Aveva raccontato
a Julie di come sapesse di essere gay già da quando aveva
dodici anni, di
quanto fosse stata dura accettarsi e di quanto tempo aveva impiegato a
torturarsi prima di riuscire ad ‘uscire
dall’armadio’, e lei aveva
semplicemente trasformato la sua storia in quella di Isak, che a
differenza di
Tarjei avrebbe dovuto affrontare tutto quel casino con qualche anno in
più, e
anche qualche ostacolo di mezzo.
Oltre a questo,
non riusciva a smettere di pensare ad Even, e all’attore che
avrebbe dovuto
interpretarlo: Even era un ragazzo rilassato e attraente, creativo ed
imprevedibile. Il disturbo bipolare lo rendeva un personaggio per
niente facile
e che necessitava di un attore con le palle per non diventare semplice
potenziale sprecato. Pensare che di lì a qualche ora si
sarebbe trovato in un
teatro insieme al resto del cast e della regia a trovare
l’Even perfetto in
mezzo ad un gruppo di diciottenni lo faceva sentire strano e
contemporaneamente
tremendamente entusiasta. Era del suo primo partner in assoluto che si
parlava,
e la storia d’amore dei loro personaggi sarebbe stata una
delle più epiche di
sempre, dovevano trovare la persona giusta o non avrebbe funzionato
affatto,
trasformando l’intera esperienza in una delle più
imbarazzanti della sua vita.
Alla fine, la
sveglia che aveva inutilmente impostato sul telefono suonò,
e Tarjei si decise
a scostare le coperte, rabbrividendo al contatto fra i suoi piedi nudi
e il
pavimento freddo e si diresse in cucina, da cui proveniva
l’odore paradisiaco
di uova e caffè. Sorrise, appoggiandosi allo stipite della
porta, alla vista di
sua madre canticchiare le note di una canzone che gli sembrava di aver
sentito
un paio di volte alla radio.
“Verrai ad
aiutare la tua mamma o rimarrai lì con le mani in
mano?”
Tarjei
alzò gli
occhi al cielo accennando una risata mista ad uno sbuffo e le si
avvicinò, posandole
un bacio sulla guancia e appoggiandosi al mobile della cucina.
“Buongiorno.”
“Sicuro? A
me
sembra proprio che tu sia pronto per andare a dormire.”
La donna
abbassò
la fiamma del fornello e si girò del tutto verso di lui,
dandogli una carezza
che voleva essere uno schiaffetto, guardandolo teneramente.
“Dormito
poco?”
Il ragazzo
annuì, scostandosi i capelli dalla fronte per poi
stropicciarsi gli occhi. Sua
madre continuò a guardarlo, corrucciando leggermente le
sopracciglia prima di
parlare di nuovo.
“Ho letto
il
copione.”
“Mamma.”
“Che
c’è? Devo
pur sapere cosa faranno fare al mio bambino, no?”
Tarjei la
guardò
per qualche secondo, giocando distrattamente con l’orlo della
sua maglietta e
poi cedendo al suo sguardo curioso, non che fosse mai riuscito a
nasconderle
nulla in ogni caso.
“Suppongo
che
tu-
“So che
è dura
dover rivivere quell’esperienza tesoro,” lo
interruppe prima che lui potesse
andare oltre, ma in fondo sapeva perfettamente ciò che suo
figlio stava per
dire, “so che è stata dura acnhe solo raccontarlo
a Julie, ma è un argomento
importante. Ci sono milioni di ragazzi e ragazze che si trovano in
quella
situazione, e sentirne parlare in televisione potrebbe riuscire a darli
il
coraggio di fare ciò che hai fatto tu e che farà
Isak. Potrebbe migliorare la
vita di moltissime persone.”
Mentre parlava
aveva poggiato una mano sulla sua guancia, e il suo tocco era riuscito
in parte
a sciogliere la tensione che Tarjei sentiva attanagliarli lo stomaco.
Il
ragazzo aveva lo sguardo basso, ascoltava attentamente le sue parole e
man mano
realizzava quanto fossero vere, e si sentì orgoglioso, ma
non accennò a
parlare, non ancora.
“E
oltretutto,
mi è giunta voce che si aggiungerà qualcuno al
cast, e a quanto sembra dovrà
essere anche piuttosto carino …”
A questo, Tarjei
alzò lo sguardo su di lei, sentendo le guance farsi man mano
più calde.
“Mamma.”
“Almeno
è quello
che è scritto sul copione.”
Sua madre gli
fece l’occhiolino per poi tornare alle uova. Il ragazzo
alzò gli occhi al
cielo, valutando l’idea di terminare lì la
conversazione, ma decise di rompere
il silenzio che si era nuovamente creato.
“E’
per quello
che non ho dormito.”
“Di
cos’hai
paura, bambino?”
Si morse il
labbro inferiore, riabbassando lo sguardo e riacquistando interesse per
la sua
maglietta.
“ ... hai
letto
il copione, sai che dovremo fare delle … cose.”
La donna gli
lanciò un sguardo malizioso e lui roteò gli
occhi, le guance che non
accennavano a tornare del loro colore naturale.
“E’
solo che non
voglio che sia imbarazzante o strano, okay? Io voglio fare quello che
mi piace
senza avere il terrore di andare sul set e sentirmi a
disagio.”
“Sei un
attore,
Tarjei, gli attori devono essere in grado di fare anche questo, e non
posso
garantirti che lavorerai solo con persone con cui ti troverai a tuo
agio, ma
bisogna essere ottimisti. E in ogni caso andrai alla grande, sei troppo
bravo
per lasciar condizionare il tuo lavoro da queste cose.”
Tarjei sorrise e
si lasciò abbracciare, cercando di rilassarsi del tutto
inebriandosi del
profumo inconfondibile della sua mamma.
“Ora,
mangia le
uova, va alle audizioni e porta a casa un ragazzo con cui possa
vantarmi con le
mie amiche, intesi?”
“Mamma!”
-
“Ehi,
è arrivata
la nuova stella!”
Tarjei era
appena entrato nel teatro che si ritrovò stretto in un
abbraccio di gruppo,
anche se in realtà la situazione si poteva meglio descrivere
dicendo che era
stato sepolto sotto il peso di almeno otto persone.
“Sto per
morire
qua sotto!”
“Marlon se
non
togli immediatamente quella mano te la taglio!”
“Lisa
smettila
di darmi gomitate nelle costole!”
“Credo di
aver
perso le lenti a contatto.”
Tarjei credeva
che sarebbe morto asfissiato quando Julie batté le mani e
tutte le voci
iniziarono a placarsi, mentre ognuno riacquistava la
mobilità dei propri arti e
alla fine riuscirono a rimettersi in piedi.
“Tornate
tutti a
sedervi ed evitate di uccidere il protagonista, grazie.”
Ancora
sbigottito ma adesso totalmente sveglio, Tarjei si aggiustò
i vestiti,
ricambiando gli abbracci stavolta molto più tranquilli di
ognuno dei suoi
amici, e alla fine si diresse al posto che Mari gli stava indicand0, e
cioè in
prima fila, proprio dietro a dove si trovavano lei e Julie.
Le tre ore
seguenti furono estenuanti: molti dei ragazzi che si erano presentati
alle
audizioni non erano in grado di protrarre un personaggio tanto
complicato,
oppure erano bravi ma “non erano Even”, come
più di qualche volta aveva
ripetuto Julie. Semplicemente, non c’era nessuno che
riuscisse a colpire
abbastanza né le produttrici né tantomeno Tarjei,
la cui ansia era tornata
prepotentemente a sussurrargli nel retro del cervello che non sarebbero
riusciti a trovare la persona giusta e che avrebbero dovuto annullare
tutto.
Fu allora che lui entrò.
Tarjei era di
spalle, ridendo ad una battuta di Ina quando Josephine si mise a
picchiare sul
suo braccio, occhi e bocca spalancati, e improvvisamente il ragazzo si
accorse
che si erano fatti tutti improvvisamente silenziosi. Si girò
e ne comprese il
motivo. Perfettamente.
Era il ragazzo
più bello che avesse mai visto, e si disse che mai avrebbe
avuto la possibilità
di incontrarne uno più bello, perché
semplicemente non esisteva. Un giovane dio
dai capelli biondi, che permetteva ai mortali di condividere la sua
presenza
per un motivo a lui sconosciuto. Indossava vestiti simili a quelli che
erano
venuti prima di lui, ma non sembrava un pesce fuor d’acqua
come gli altri.
Tarjei pensò che fosse nato per indossarli, per indossare
qualsiasi cosa in
realtà, e anche per non indossare nulla.
“Il tuo
nome?”
“Henrik,
Henrik
Holm.”
Tarjei
sentì Josephine
e Lisa sospirare sotto voce, stringendo l’una il braccio
dell’altra per evitare
di lanciare dei gridolini eccitati, come le ragazze fanno ogni volta
che posano
lo sguardo un bel ragazzo.
Henrik fece
vagare lo sguardo sui ragazzi seduti di fronte a lui,
l’espressione divertita
dalle loro reazioni e da tutto quel silenzio, quando i suoi occhi
azzurri si
posarono su di lui e la sua espressione cambiò, come se
avesse appena
realizzato qualcosa, e il suo sorriso divenne dolce. Tarjei credette di
star per
prendere fuoco, ma riuscì a ricambiare con un piccolo
sorriso, sentendo la
pelle d’oca tirargli i peli delle braccia.
“Quanti
anni
hai, Henrik?”
“Ventuno.”
“L'annuncio
era
per i ragazzi fino ai diciannove anni.”
Mai come in quel
momento Tarjei provò il forte desiderio di lanciare qualcosa
a Julie e urlarle
di stare zitta. Henrik si morse il labbro inferiore, mostrando per la
prima
volta un accenno di debolezza, ma sembrò riacquistare
immediatamente la sua
sicurezza.
“Lo
so.”
La semplice
affermazione ristagnò nell'aria per qualche secondo, in cui
tutti gli occhi si
posarono sulla donna in attesa della sua prossima mossa. Poco dopo
parlò, e
Tarjei sentì di star per svenire.
“Tarjei.”
“Mh?”
“Avvicinati.”
Adesso era
diventato lui il soggetto di tutti gli sguardi, e ciò non
faceva altro che
peggiorare la situazione. Deglutì il più
silenziosamente possibile e si alzò,
lanciando uno sguardo di sbieco ad Iman che sogghignava nel posto
accanto a
lui.
Sorprendentemente,
più si avvicinava ad Henrik e più sentiva i nervi
sciogliersi, i muscoli
rilassarsi: la sua vicinanza era come un calmante, una boccata d'aria
fresca ed
una doccia bollente contemporaneamente.
Quando si
trovò
di fronte a lui si accorse di quanto fosse effettivamente alto, persino
più di
lui che solitamente torreggiava su chiunque gli stesse intorno. La
vicinanza
gli permise di notare i dettagli: l'esatta sfumatura di azzurro dei
suoi occhi,
il rosa delle sue labbra così piene, la forma del naso,
della mascella. Dicono
che tutto è più brutto visto da vicino, ma Tarjei
pensò che quella regola non
valesse per il ragazzo (l'uomo) che
aveva di fronte: anche quando notò le imperfezioni della sua
pelle, le punticce
che increspavano la sua fronte come costellazioni, pensò che
non lo facessero
sembrare meno bello, solo più umano e sapere che nemmeno
questo giovane dio era
perfetto non fece altro che farlo sembrare ancora più
meraviglioso ai suoi
occhi. Le mani di Tarjei avevano iniziato a prudere: guardare
sembrava
non bastargli più, voleva ... no, aveva
bisogno di toccare, ma si dovette trattenere.
Passò
qualche
attimo, durante i quali a Tarjei sembrò quasi di avvertire
fisicamente lo
sguardo di Henrik che gli accarezzava il viso, prima che il
più grande rompesse
il silenzio.
“Ehi.”
“Ehi.”
Qualcuno
ridacchiò dalla platea, e anche ai due ragazzi non poterono
fare a meno di
sorridere: l’incontro sembrava molto più intimo di
ciò che era in realtà ed
erano tutti un po’ in imbarazzo, ma non negativamente, di
quell’imbarazzo che
si prova nel guardare una coppia in un momento che avrebbe dovuto
essere
destinato solo a loro due, senza spettatori.