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Autore: Kira Eyler    22/03/2017    5 recensioni
[Raccolta di One-Shots che funge da prequel di "Pazzia"]
[SOSPESA causa motivi spiegabili in MP. Scusatemi tutti.]
Dopo che due autrici mi hanno detto di fare un prequel sui due gemelli apparsi in "Pazzia", mi è venuta l'ispirazione per una raccolta di One-Shots su loro due. Le Shots avranno tutte un prompt diverso e solo a volte saranno collegate.
01. Inizio: "[...] -Souru, sorridi! Li ho uccisi, ti rendi conto!? UCCISI!- esclamò Katsumi, rimettendosi a ridere. Souru scoppiò in un altro forte pianto a dirotto, stringendosi al fratello e battendo i pugni sul suo petto [...]"
03. Maledizione: "[...] Un paio di fiammelle blu scesero, fluttuando, dalle scalinate del Tempio, e con voce infantile e alta parlarono: “Chiunque uccide un bambino accanto al Tempio, verrà ucciso in modo violento”
05. Bambole: "[...] -Bonjiro, giusto in tempo! La governante stava dicendo che mi usi a tuo piacimento, come se fossi la tua bambola!- [...]"
09. Specchio: "[...] -Hai capito il concetto, più o meno...- gli disse, celando la tristezza -... Ricordati di trovare qualcuno che raccolga tutti i pezzi, non solo i più grandi e quelli meno taglienti. D’accordo?-[...]"
Genere: Angst, Dark, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Marionetta pazza'
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06. Frammenti

-Fammi uscire da qui! Apri la porta, non è divertente!-
Continuò a battere i pugni contro la porta chiusa e, poi, a cercare di aprirla con la maniglia, ma niente da fare. La cosa più brutta era che si trovava al buio, in una stanza del manicomio dove non c’era neanche una finestra, una specie di magazzino vuoto e abbandonato. Come avesse fatto lui ad ottenere la chiave per sequestrarlo e intrappolarlo lì, non lo sapeva.
-Idate! Idate, apri! Apri subito!- continuò a gridare disperato e a battere i pugni -Apri! Souru sarà preoccupata, ti prego!-
Una risata, molto divertita, si levò tutt’intorno. Ci fu un colpo secco alla porta dall’esterno, che fece scattare il ragazzino all’indietro con la vana speranza che la porta si aprisse: invece, l’uomo lì dietro l’aveva fatto per farlo spaventare e basta. Katsumi strinse i pugni e abbassò lo sguardo.
-Ehi, piccoletto, ti ricordi la prima regola?- gli chiese la voce maschile dall’esterno, facendo una breve pausa prima di continuare: -Non gridare. Grida ancora e ti farò stare qui un’altra ora.- un’altra risata sommessa, e Katsumi aveva tanta voglia di ucciderlo -Poi di che ti lamenti: questa punizione è meglio dell’altra, no?-
 
Honoka chiuse la porta del salotto: ora, in quella stanza, c’erano solo lei, Bonjiro e il suo cane. Bonjiro che continuava a fissarla con aria attenta, seduto sul divano, e lei, dopo averlo raggiunto ed essersi messa davanti a lui, non era da meno. Sapeva che se avrebbe fatto un passo falso, nella condizione in cui era, sarebbe potuta addirittura morire: ora sapeva chi era davvero il suo compagno, doveva solo far finta di non saperlo.
Honoka strinse i pugni sui fianchi e prese un bel respiro, poi fissò dritto negli occhi il compagno; poteva farcela. Avrebbe potuto gridare per ogni cosa, aveva un telefono proprio nella stanza e anche un cane: aveva delle difese. Si accovacciò davanti a lui, poggiando le mani sulle sue ginocchia per restare in equilibrio, e lo guardò dal basso; Bonjiro la fissava stranito, così la fanciulla forzò un sorriso.
-Harada, non so come dirtelo...- iniziò Honoka, fermandosi un attimo per guardarsi intorno -... ma non ti ho, letteralmente, sequestrato per farmi aiutare in una materia.-
-E allora perché?- chiese tranquillo Bonjiro -Ti ricordo che Ayano è a casa, da sola, malata.-
Era infastidito, ma non voleva darlo a vedere: da ciò che aveva imparato da Idate, era meglio starsene sempre apatici e silenziosi. Però il pensiero di sua sorella a casa e di lui che veniva fatto salire nell’auto di Honoka con ben due inganni, per poi venirci anche bloccato... era odioso. Lo avevano ingannato ancora.
-Lo so, lo so!- fece Honoka, anche se per niente dispiaciuta -Lo sai che non ho mai parlato male di te e non ti ho mai fatto niente di male, però ora ascoltami-
-Niente di male, eh?- sussurrò il ragazzo; sul suo volto apparve un sorriso amaro.
 
 
Una secchiata d’acqua gelida lo colpì in pieno, facendolo scattare in piedi. Honoka e altri suoi compagni di classe si misero a ridere, prima di gettare il secchio a terra con noncuranza. Li fissò e basta, sospirando per calmarsi, prima di controllare se il suo orologio funzionasse ancora.
-Harada, te la sei presa?- chiese la voce fastidiosa della rappresentate, Honoka. Si avvicinò al ragazzo con passo deciso, gli poggiò una mano sulla spalla e poi la ritirò di scatto: -Oh, ma sei davvero tutto bagnato!- esclamò, con finto tono sorpreso, facendo ridere tutti gli altri.
-Honoka, dai!- esclamò un’altra voce femminile.
Ayano li raggiunse e li guardò con una strana espressione sul volto, un sorriso tirato che accompagnava un’espressione segretamente divertita. Scompigliò i capelli del fratello con una mano, facendolo imprecare sottovoce, poi fissò i suoi compagni e diede il cinque ad Honoka.
-Almeno se l’è presa meno dell’altra volta!- esclamò una voce maschile dal gruppetto.
-L’altra volta mi sarei incazzata anch’io...- la rappresentante fissò Bonjiro per un po’, facendogli abbassare lo sguardo -... non era acqua!-
 
Honoka si sedette accanto a lui un po’ troppo vicina, tanto che il giovane si spostò, facendola sbuffare.
-Potrei denunciarti per rapimento- fece serio. Strinse le braccia al petto, puntò lo sguardo sul piccolo chihuahua bianco che aveva preso a giocare con un osso di gomma; tutto pur di non guardarla e nascondere la sua espressione, tutt’altro che apatica.
-Oh, ma qui... ecco...- la ragazza tremò, sentì il battito cardiaco accelerare e una serie di tremolii attraversarla. Poteva farcela, doveva farsi coraggio: -... qui... a... a beccarti una denuncia, sarai tu.-
Bonjiro sgranò gli occhi ambrati. Fissò la sua compagna di scatto: possibile che sapesse qualcosa? Probabilmente no. Probabilmente voleva prenderlo in giro ancora, voleva ingannarlo ancora, voleva farsi beffa di lui ancora. L’unica cosa che poteva fare era chiamare la polizia perché “Harada non mi ha passato i risultati!”, da bimba viziata qual era. La fama da principessa e da figlia del sindaco le aveva dato alla testa, ma lui era piuttosto stanco quella volta.
Honoka lo fissò, gli occhi castani erano carichi di tensione; con una mano si toccò una ciocca dei corti capelli castani, prima di iniziare a mordersi il labbro. Stava tremando tutta, si vedeva, respirava affannosamente e temeva che i battiti del suo cuore risuonassero con il rintocco del pendolo.
-Ti denuncerò.- sentenziò Honoka, che ormai era attraversata da sempre più brividi di paura. Sapeva, però, che doveva farsi coraggio, perché lo stava dicendo per salvare lei.
-E perché dovresti denunciarmi?- domandò Bonjiro, regalandole uno sguardo glaciale. Doveva ammetterlo, stava iniziando a temere: e se Ayano avesse raccontato tutto ad Honoka?
-Ti becchi una denuncia per ciò che hai fatto ad Ayano.- rispose la ragazza, in preda alla rabbia. Ce l’aveva fatta: gliel’aveva detto continuando a fissarlo negli occhi, gliel'aveva detto nonostante la paura. Stava per salvare la sua migliore amica.
Al ragazzo sembrò crollare il mondo addosso.
La ragazza lo vide alzarsi, fissarla apatico e basta, senza parlare o muoversi; la castana deglutì e strinse i pugni sulle ginocchia: ora doveva correre, premere un pulsante sul telefono e il messaggio-denuncia sarebbe stato inviato. Il suo cane iniziò a ringhiare ferocemente e no, la cosa non le piaceva neanche un po’. Si alzò anche lei, continuò ad osservare il compagno e si avvicinò indietreggiando al telefono sul comodino.
Si bloccò quando Bonjiro iniziò a ridere: a quel puntò iniziò a pensare di morire.
Bonjiro si portò le mani alla testa, continuò a ridere in modo insano e a sorridere. Quando si fermò, la prima cosa che fece fu afferrare un cuscino dal divano; mentre continuava a sorridere in modo sadico, si avvicinò alla ragazza. Honoka afferrò il telefono e lo strinse in una mano, mentre il cane iniziò ad abbaiare; doveva tenerlo impegnato ancora un po’.
Il ragazzo si avvicinò a lei e la fissò per un po’, poi parlò: -Quella stronza ti ha detto tutto, vero? Ti ha detto tutto, anche ciò che ho subito io per portarla fuori?-
Honoka non lo ascoltò: sapeva che era un brutto manipolatore. Fissò lo schermo del telefono e velocemente tentò di cliccare sull’icona di invio; il telefono le volò, letteralmente, dalle mani, a causa di uno schiaffo che Bonjiro aveva dato alla sua mano. Finì a terra, la castana lo fissò con la bocca spalancata, scioccata per la velocità del compagno e perché non si aspettava una simile reazione. Almeno, le telecamere stavano riprendendo tutto. Strinse i denti e diede uno schiaffo al ragazzo, facendogli voltare il capo.
-Te lo meriti, mostro.- borbottò, infuriata, senza staccare lo sguardo da Bonjiro.
 
-Tesoro, stai bene!?- gridò una donna, con tono realmente preoccupato.
Katsumi indietreggiò di un passò e deglutì sonoramente; osservò la madre prendere in braccio Souru, la quale piangeva disperata con graffi su braccia e gambe. E a farle male era stato lui, spingendola per sbaglio giù dall’albero su cui si erano arrampicati: non poteva crederci.
Souru rintanò il viso nel petto della donna, che le accarezzava nel frattempo i capelli, sussurrandole parole dolci; il bambino si sentiva in colpa. Accorse anche loro padre, fissando la bambina attentamente e poi voltando lo sguardo verso il grande albero. Quando osservò suo figlio, gli rivolse un’occhiata piena di rabbia e odio. Gli si avvicinò e lo spinse a terra, per poi fissarlo dritto negli occhi.
-Volevi per caso ucciderla!?- gli gridò contro, mentre il bambino si limitava a scuotere il capo in segno di negazione -Stupido, stupido! Te l’ho detto che ti serve un fottuto psicologo, se non fosse per tua madre ti avrei già sbattuto da lui!-
-Io... non l’ho fatto a posta...- sussurrò Katsumi, dispiaciuto, abbassando lo sguardo.
-Sì che l’hai fatto a posta, sei un maledetto mostro!- continuò a gridargli contro suo padre. Parole dettate dalla rabbia, dallo spavento, che provava una persona ancora immatura; parole che, gridate così, non facevano altro che peggiorare le cose.
E a confermare ciò, qualche anno dopo ci fu anche quell’uomo.
 
Honoka stava per andare a prendere il telefono, sicura che dopo quello schiaffo Bonjiro si sarebbe fermato per un po’. Il ragazzo la fissò apatico, poi si accese la rabbia: se avesse toccato quel telefono e se l’avesse denunciato, avrebbe perso Ayano e questa era l’ultima cosa che voleva.
Non poteva ucciderla in casa sua; anche se era l’unico modo. L’avrebbe senza dubbio scoperto il cameriere; ma poteva uccidere anche lui. Era sicuro che ci fossero delle telecamere; avrebbe potuto cancellare quel pezzo, era un genio, no? Ayano avrebbe sofferto di più con lui o senza di lui? Evidentemente senza, lui era tutto per lei, Ayano si sarebbe suicidata per la sua condizione. Doveva davvero ucciderla? Sì, e anche subito, aveva afferrato il telefono.
Si avvicinò silenziosamente alla ragazza; il cane non aveva smesso di ringhiare. Honoka era seduta sulle ginocchia, cercava di rimontare e di riaccendere il telefono. Bonjiro sorrise, appoggiando il cuscino a terra con la massima attenzione e delicatezza: perché soffocarla con un cuscino quando poteva farlo benissimo da solo? Arrivò alle spalle della ragazza e, in un attimo, le circondò il collo con entrambe le mani, stringendo sempre di più la presa, mentre la ragazza tentava invano di liberarsi.
L’animale scattò, gettandosi in corsa e con i denti in mostra verso i due. Il ragazzo lasciò la presa su Honoka, che iniziò a tossire, e mettendosi in piedi diede un forte calcio alla bestiola: questa cadde a terra, guaendo rumorosamente. La castana si avvicinò gattonando verso l’animaletto, con le lacrime agli occhi, prima di alzarsi e di fiondarsi verso la porta.
-Torna qui, lurida stronza!- le gridò contro Bonjiro, inseguendola.
La fanciulla toccò la maniglia della porta con mano tremante, ma non riuscì ad aprirla poiché venne afferrata per le braccia e portata all’indietro.
-Lasciami, lasciami!- esclamò in preda alla disperazione, dimenandosi e tentando di liberarsi; fissò la porta chiusa: -AIUTO, AIUTATEMI! VUOLE UCCIDERMI!- gridò con tutta la forza che aveva.
Bonjiro la scaraventò a terra, facendole sbattere violentemente il viso contro il pavimento. Il ragazzo si guardò intorno agitato, strinse i denti; Honoka gridò ancor più forte, impressionata dal suo sangue che vedeva sul pavimento e che le fuoriusciva dal naso. Non arrivava nessuno.
-MAMMA! QUALCUNO!- gridò Honoka, in preda ai singhiozzi; lacrime salate le scivolavano lungo le guance. Anche se fosse morta, sarebbe riuscita a salvare Ayano grazie alle telecamere di quella stanza, ma aveva paura ugualmente.
Si sentì nuovamente afferrata per il collo, le lacrime continuarono a bagnarle le guance mentre, disperata, tentava di allentare la presa del compagno. Perché non arrivava nessuno? Doveva esserci almeno un cameriere, una domestica, un essere vivente che potesse fare qualcosa! Non poteva morire così.
Il collo le doleva, non riusciva più ad emettere un solo fiato, gli occhi le si stavano chiudendo e le forze la stavano abbandonando. Quando la presa iniziò ad allentarsi, fino a lasciarla completamente, si abbandonò a terra; tossì rumorosamente, respirò ansimando tentando di recuperare fiato per la seconda volta. Se c’era qualcosa che non capiva era quella: perché non la uccideva e basta? Aveva intenzione di prenderla e lasciarla all’infinito? Cosa ci otteneva, così? O meglio, cosa voleva?
“Deve avere per forza un piano, per forza...” pensò, sconsolata, facendo leva sulle braccia per mettersi almeno a sedere.
-Perché mi tratti così!?- gli gridò contro, fissandolo con odio; si portò una mano al petto, tossì di nuovo e fece un respiro profondo, poi continuò: -Se vuoi uccidermi fallo e basta, tanto...- un sorriso tirato si dipinse sul volto di lei -... hai già perso ogni cosa.-
Bonjiro strinse i pugni, mentre Honoka si sentì profondamente orgogliosa: aveva calcolato ogni cosa, dal preparare la denuncia, al fissare un bel po’ di telecamere nella stanza, al preparare degli indizi che facessero arrivare al suo assassino nella sua camera. Aveva davvero preparato ogni cosa. E poi l’aveva fatto venire lì per un motivo.
 
Ayano si stava asciugando le lacrime con la manica della maglia scura, senza avere il coraggio di guardare Honoka negli occhi; d’altra parte, come poteva averne? Ora non era più la ragazza innocente e dolce, ma si era calata la maschera e si era mostrata per com’era: una pazza assassina, che continuava a soffrire e a sentirsi inopportuna e sporca ogni giorno, ogni minuto.
La castana la fissava incredula. Erano sedute su uno dei gradini della rampa di scale scolastica, con la luce del Sole che le prendeva in pieno, nonostante le lezioni stessero continuando. La rappresentante non aveva mai sentito una storia più complicata e incredibile, sia per quanto riguardava ciò che era successo all’amica, sia per ciò che era successo a quel mostro. Come poteva reagire, adesso? Non poteva abbandonarla: era stata costretta a mentire e a uccidere, stava male e soffriva, aveva paura di ogni cosa che le ricordava ciò che aveva subito.
E quel peso se lo portava da sola, senza cercare di alleviarlo con l’aiuto di qualche psicologo, perché era stata costretta al silenzio.
-Non voglio separarmi da Katsumi- aveva detto Ayano, tra un singhiozzo e l’altro -Gli voglio bene e... e se ha fatto quelle cose è colpa mia! Continua a rispettare le regole che gli avevano imposto, perciò lo faccio anch’io...-
-Fai cosa? Quali regole?- aveva domandato Honoka, più confusa e preoccupata che spaventata.
-Il silenzio, come prima cosa: dobbiamo nascondere il nostro segreto, non dobbiamo denunciarci a vicenda. Anche perché...- Ayano si fermò, puntò gli occhi ambrati in quelli castani dell’amica. Le strinse le mani, cercando un conforto e una forza per proseguire: -... voglio stare con lui!-
-Non esiste che tu faccia certi pensieri!- esclamò Honoka, facendo sgranare gli occhi alla ragazza al suo fianco. Accortasi di aver gridato troppo, abbassò il tono e continuò: -Se non lo denunci tu, lo farò io.-
-No! No, non farlo!- sbottò disperata la corvina.
Honoka non credette alle sue orecchie, quella volta: era assurdo che Ayano continuasse a difenderlo e ad incolparsi, a dire di continuare a volergli bene. Era assurdo che dicesse che lui dimostrava l’affetto in modo sbagliato, ma che, comunque, le voleva bene. Le promise di stare zitta, di non parlarne con nessuno e di non denunciare Bonjiro, anche se mentì. Mentì, pur sentendosi bene: aveva anche capito uno dei punti deboli di quel pazzo.
 
-Cosa credi,- riprese a parlare, con più foga e coraggio -di avere ancora la protezione di Idate? Eh?- marcò quel nome con forza, per farlo risaltare.
-Non sai niente.- affermò semplicemente il ragazzo. Prese a camminare fino a raggiungere uno dei vari mobili, ed iniziò ad aprire i cassetti alla ricerca di qualcosa.
La castana non parlò più, il sorriso sparì dal suo volto: cosa stava cercando? No, non doveva andare così, avrebbe dovuto citare sempre più elementi fino a costringerlo al silenzio. Lo vide aprire anche l’ultimo cassetto e trattenne un grido per pietà della cagnetta, svenuta –sperava fosse svenuta: aveva aperto il cassetto dove, la scorsa notte, la domestica aveva posato una tenaglia in ferro dopo averla utilizzata.
Scosse la testa in segno di negazione quando Bonjiro afferrò proprio quell’oggetto; il cuore iniziò a batterle forte, strusciò sul pavimento tentando di indietreggiare, in preda alla paura. Stava seriamente succedendo una cosa del genere? Il ragazzo si voltò a guardarla con un ghigno sul volto, poi prese a camminare verso di lei spalancando la tenaglia, per far spaventare la castana.
Honoka scattò in piedi e tentò una fuga, ma venne prontamente afferrata per il polso e fatta cadere all’indietro con una brusca tirata; non si fermò, non si arrese: provò a rimettersi in piedi un’altra volta e ricevette un violento colpo alla schiena, che le fece emettere un grido di dolore. Si voltò e fissò negli occhi quello che stava per essere il suo assassino.
-Mettila giù...- provò a dirgli, cercando di calmarlo -... ti prego!- sbottò disperata.
Bonjiro alzò l’arma, facendola ricadere sulla spalla della giovane in modo ancora più forte e violento; Honoka incassò il colpo, poi indietreggiò portandosi una mano sulla spalla colpita. Iniziò a piangere, stringendo i denti tra loro.
-Hara...-
Un rumore sordo e un tonfo furono gli unici suoni che si udirono, prima che la stanza sprofondasse nel silenzio più assoluto.
Bonjiro fissò la ragazza a terra: il capo era voltato di lato, gli occhi erano chiusi e le labbra schiuse tra loro, il busto lievemente voltato di lato, le ginocchia lievemente sollevate da terra e le braccia sul pavimento. Pavimento sporco di un filo di sangue dove poggiava il capo, con una ferita sul lato sinistro. Sorrise compiaciuto, si avvicinò alla bestiola ancora a terra e la tastò su ogni parte del corpo con una mano: il cane respirava e sembrava non avere niente di rotto. Doveva, quindi, solo pulire il pavimento, l’arma e uscire con la ragazza e entrambi gli zaini senza sembrare sospetto, per poi tentare di cancellare i video delle telecamere: poteva farlo, doveva solo sbrigarsi a fare ogni cosa, aveva un tempo limitato.
-Sai, Honoka,- parlò, pur sapendo che la ragazza, ormai svenuta, non poteva sentirlo -stavi iniziando a starmi simpatica, ma è così che deve andare.-
 
-Coraggio ammirevole, il tuo.- sussurrò la voce maschile; sembrava parecchio furiosa, e il ragazzino poteva anche capire il perché.
Katsumi se ne stava davanti alla porta, senza sapere cosa dire o fare: aveva osato non farsi vivo per cinque giorni, aveva anche osato ignorarlo e cambiare gli orari di ogni sua attività per non incontrarlo nei bagni o in mensa. Era normale che fosse arrabbiato, anche lui lo sarebbe stato se fosse stato il carnefice. Poteva almeno dire di averci provato, a ribellarsi, anche se non ci era riuscito.
-O sei venuto perché hai visto che è successo a tua sorella?- domandò ancora la voce, con tono provocatorio e orgoglioso.
Il ragazzino non rispose, si limitò ad abbassare lo sguardo per non guardarlo negli occhi: l’avrebbe pagata anche Idate, avrebbe fatto una fine peggiore dei suoi genitori, se lo era promesso. Eppure si sentiva un codardo.
Sentì la mano di Idate poggiarsi sulla sua spalla, però continuò a non guardarlo in viso; anzi, chiuse gli occhi.
-Stavi iniziando a starmi davvero simpatico, peccato che debba finire così.-

Angolo Autrice: 
Sono sbucata prima con una storia su Bendy e ora con questo capitolo -perdonatemi, so che fa schifo, ma se non scrivevo questo non potevo far capire che tipo di persona è Honoka xD Tra parentesi sono le 21.00, quindi scommetto ci saranno errori ovunque... eh, vabbé. menomale che esistono le recensioni!
Bonjiro collega spesso ciò che gli succede con qualcosa che ha già vissuto, quindi si regola di conseguenza per come reagire; tranquilli, quei flashbacks verranno spiegati più avanti! Poi abbiamo visto che lui e Honoka farebbero seriamente di tutto per Ayano... anche se il fratello della sfortunella è davvero malato. Eheh, a proposito: Honoka ha lasciato degli indizi in camera sua, poiché sapeva che probabilmente sarebbe morta! Non dimenticateli ;3 non saranno inutili.
Spero che anche questo piccolo obbrobrio vi sia piaciuto. Un abbraccio, vostra Kira :*

 
   
 
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