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Autore: SarcasticColdDade    22/03/2017    1 recensioni
Yuki Yoshimura è un medico, dedita alle sue routine e ad una vita tranquilla. Il suo unico scopo nella vita è sempre stato quello di aiutare gli altri, per non sentirsi mai un peso. Dentro di sé però sa di essere diversa dagli altri: non sa perché, come non sa se lo scoprirà mai. Almeno fino all'incontro con uno strano uomo.
O meglio, un demone.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Non c’era bisogno di parlare per sapere che la situazione in cui ci trovavamo era imbarazzante. Fosse stato per me, avrei di gran lunga preferito sprofondare sotto terra piuttosto che continuare a rimanere in silenzio nella stessa stanza con Sebastian, Ciel e la misteriosa sorella ritrovata Abaddon.
Che tra l’altro non faceva altro che fissarmi, quasi compiaciuta.
Per quanto fosse possibile, cercavo sempre di distogliere lo sguardo ogni volta che i nostri si incrociavano anche solo per sbaglio.
- Abaddon, smettila – la rimprovera all’improvviso Sebastian, mentre avevo preso a strofinarmi sulle braccia in preda ad un brivido di freddo.
- Di fare cosa? - le chiede lei, con aria innocente, solo per poi stringersi nelle spalle.
- Di fissare Yuki – risponde lui immediatamente – Non è neanche educato – aggiunge in fretta, restando in piedi accanto a me.
Ciel, nonostante ormai siamo nella stessa stanza da parecchio, non ha ancora proferito parola; se ne sta semplicemente alla finestra, con le mani dietro la schiena.
- Dimenticavo che tu sei un fanatico dell’educazione – lo riprende allora Abaddon, puntandolo con il dito per poi sorridere. La situazione sempre divertirla, e per di più è totalmente a suo agio.
Ma del resto non è appena stata beccata con un uomo nel letto.
Riflettendo su quel particolare, mi va accidentalmente di traverso un po’ di saliva, costringendomi a tossire fortemente nel silenzio della stanza.
Inutile dire che attiro immediatamente l’attenzione di tutti, forse anche dei morti.
- Stai bene? - mi chiede subito Sebastian, preoccupato.
- Tutto bene – rispondo in fretta, senza riuscire a smettere di tossire, tuttavia. Devo sembrare un’idiota. Perché proprio ora devo rischiare il soffocamento?
- Insomma perché siamo qui? - chiede allora Sebastian, decisamente spazientito.
Una volta che mi sono ripresa, stringo entrambe le braccia al petto, soprattutto perché la mia vestaglia non è poi molto pesante.
- Già, perché siamo qui? - chiedo a mia volta, mettendo da parte il fatto che fino al secondo prima sembravo il paziente zero di qualche epidemia mortale.
- Siamo qui perché ho preso una decisione – sono le parole di Ciel, che subito catturano la nostra attenzione.
Lo sguardo tra me e Sebastian è quasi d’obbligo, mentre poi entrambi torniamo a guardarlo con aria confusa.
Questa volta lascio che sia lui a parlare.
- Che tipo di decisione? - è la domanda di Sebastian, ma in quel momento sappiamo entrambi dove vuole andare a parare. Come probabilmente c’è solo un motivo se la sorella perduta si è ripresentata proprio in questo momento.
- Ho fatto un patto con Abaddon – risponde infatti Ciel, notizia che non mi lascia per niente di stucco – L’ho evocata io, per questo si trova qui – conclude poco dopo, prima che un lungo silenzio cali nella stanza.
Lo sguardo di Sebastian nei suoi confronti non è arrabbiato, bensì deluso. Si sente tradito, posso leggerlo nei suoi occhi.
- Perché? - gli domanda, stringendo gli occhi – Non è in grado di svolgere il suo lavoro, è troppo impulsiva! - sbotta subito dopo, puntando il dito verso la sorella.
- Oh Sebi...non sai che le persone cambiano? - mormora Abaddon, ricominciando a passeggiare per la stanza come se la situazione non la riguardasse.
- Le persone forse, tu no, Abaddon – la rimprovera ancora.
- Sebastian.. - provo a mormorare, ma so bene che ora non è in vena di ascoltare nemmeno me.
Il suo cenno di rimanere in silenzio è solamente una conferma di cui non avevo neanche bisogno.
- Padroncino, questa non è una buona idea – tenta lui, avvicinandosi alla sua scrivania, la stessa scrivania che era solito affiancare – Perché mai evocarla, poi? - gli chiede, posando entrambe le mani sul bordo di legno spesso.
- Perché i Norton sono una faccenda seria – risponde lui, tornando a guardarci – E mi serve più gente possibile – aggiunge.
Ma Sebastian non è convinto di quelle parole.
Sollevo lo sguardo per osservare meglio la situazione, ma sento nel profondo che questa non è una discussione che finirà bene.
- No – mormora infatti, questa volta stringendo il bordo della scrivania – Tu pensi che io non sia in grado di indagare sui Norton e allo stesso tempo prendermi cura di Yuki, non è così? - gli domanda, e quelle parole per un momento mi lasciano senza fiato.
Non avevo pensato che potesse essere tutto collegato a me, e alla mia relazione con Sebastian. Ciel era sempre stato un tipo calcolatore e cauto, quindi il suo stringere un patto con un altro demone per mandare avanti la faccenda Norton era più che plausibile.
Ma no...da quando aveva scoperto di noi, la sua assoluta fiducia nei confronti di Sebastian si era affievolita, forse fino a sparire.
- Questa è un’assurdità, Ciel! - sbotto, incapace di trattenermi. A grandi passi, mi avvicino a mia volta alla scrivania – Sebastian non ti ha mai deluso da quando sono qui, cos’è cambiato ora? - gli chiedo, incapace di capire, nonostante tutto, cosa l’abbia spinto a comportarsi così.
- Sono corso da te l’altra sera – quella risposta arriva dallo stesso Sebastian, costringendomi a voltare lo sguardo verso di lui, mentre sento ancora quello di Ciel addosso.
In un primo momento non capisco quelle sue parole, ma una volta fatti i giusti collegamenti non mi è difficile arrivare ad un’unica conclusione.
Faccio per parlare, ma dalla mia bocca non esce niente e chino il viso nello stesso momento in cui Sebastian torna a guardarmi.
- Sono corso da te, perché sapevo che eri in pericolo, invece di.. - comincia, finché Ciel non lo interrompe.
- Ha disubbidito ad un mio diretto ordine – mormora molto semplicemente – Ecco il motivo della mia decisione – aggiunge, affiancandosi ad Abaddon. Quel suo ultimo gesto mette fine alla discussione: ormai è chiaro a chi deve la sua lealtà.
- E ora come ora, non posso permettermi di avere al mio fianco qualcuno che non sa stare al suo posto – continua lui, questa volta tornando a sedersi sulla sua poltrona – O che ha troppi pensieri per la testa – aggiunge, guardando nella mia direzione - Senza offesa, signorina Yuki – conclude, pronunciando quelle parole come se dovesse farmi un favore.
- Tutta questa faccenda è semplicemente ridicola – sbotto immediatamente.
- Cosa ti ha chiesto in cambio dei suoi servizi? - domanda di getto Sebastian, contrapponendosi ancora una volta tra me e la scrivania – L’anima che non hai più? - prosegue, rivolgendo una breve occhiata ad Abaddon.
- Non ho chiesto niente in cambio – risponde lei stessa, facendo calare nella stanza un improvviso silenzio.
- Certo – risponde lui, in tono chiaramente sarcastico.
- Le persone cambiano, fratellino – gli ripete ancora una volta, e dallo sguardo nei suoi occhi deduco che è sul punto di urlare alla diretta interessata. Non so in che modo riesce a trattenersi dal farlo.
- Così sia – conclude lui, riacquistando la posizione più composta possibile – Dividerò il mio posto di lavoro con la mia adorata sorellina – aggiunge, lanciando uno sguardo truce alla ragazza.
Ciel si esprime in quel momento con un unico applauso. - Bene, speravo l’avresti presa bene! - esclama, dando per scontato che la faccenda vada davvero bene a Sebastian. Quel suo comportamento mi fa dare di matto ogni volta, e la mia pazienza purtroppo non è infinita come quella di Sebastian.
Faccio infatti ancora una volta per parlare, ma la sua mano mi blocca ancora una volta, intimandomi di rimanere in silenzio.
- Possiamo andare? - domanda alla fine, rivolgendo una breve occhiata ad entrambi.
- Potete andare – ci congeda Ciel, anche se io vengo letteralmente portata via a forza. Solo quando la porta dello studio si chiude smetto di lottare e di lamentarmi a gran voce, mentre Sebastian in tutto ciò rimane in silenzio.
Non oso immaginare la sua delusione nei confronti di Ciel in questo momento.

***

Il giorno successivo all’improvvisa decisione di Ciel, avevo aperto l’ambulatorio come sempre, ma il pensiero di quello che era successo aveva continuato a tormentarmi.
Avevo provato a parlare con Sebastian, ma lui aveva abilmente evitato il discorso fino all’ultimo, solo per poi sparire dalla mia camera come se niente fosse. Avevo provato ad aspettare che tornasse, ma verso le 3 di notte avevo dovuto lasciar perdere, stremata dal sonno.
Oggi si erano presentate meno persone del solito all’ambulatorio, per questo avevo avuto molto più tempo per pensare.
Ritenevo la scelta di Ciel semplicemente ridicola, dal momento che Sebastian gli era stato sempre fedele. L’errore di una volta non giustificava di certo quella sua scelta così improvvisa...senza contare il fatto che era stata proprio Abaddon ad intervenire per salvarmi.
- Mi ha messo alla prova – mi volto di scatto non appena odo la voce di Sebastian, che in quello stesso momento sta facendo la sua entrata nella stanza.
Come ogni volta che sono sovrappensiero, non l’ho assolutamente sentito arrivare.
- Cosa hai detto? - domando infatti, scuotendo appena il capo, come per riacquistare un minimo di lucidità in tutta quella situazione.
- Ciel – risponde solo – Mi ha messo alla prova, al ballo dei Norton – aggiunge, continuando a rimanere sul vago.
Notando il mio silenzio, continua senza che io dica niente.
- Ha invocato l’aiuto di Abaddon prima del ballo – comincia a spiegare, sedendosi su una delle sedie libere dell’ambulatorio – Sapeva che lei si trovava lì, e che ci avrebbe pensato lei a salvarti, se ce ne fosse stato bisogno – aggiunge, e non appena odo quelle parole la rabbia dentro di me rimonta all’improvviso.
- Te lo ha detto lui? - chiedo immediatamente, bloccando per un momento il suo racconto.
Il modo in cui sta esponendo i fatti è anche troppo calmo, sembra quasi rassegnato: non mi era ancora capitato di vederlo in uno stato del genere.
Annuendo, risponde a quella mia semplice domanda, sospirando. - Preferiva farlo in privato.. - comincia, ma la mia alzata di occhi lo costringe ancora una volta a fermarsi.
- Aveva paura che gli tirassi qualcosa dietro? - domando, incrociando entrambe le braccia al petto.
- L’avresti fatto? - mi chiede, guardandomi con gli occhi stretti per un momento.
- Probabile – ammetto, visto che in fondo è la verità. Non ero mai andata matta per il modo in cui si comportava Ciel, ma questa volta aveva davvero superato il limite. Soprattutto perché mi sentivo responsabile per quello che in quel momento stava passando Sebastian.
- Quindi… - mormoro, incapace di trovare per un momento le parole giuste - ..era tutto un piano diabolicamente studiato per vedere la tua reazione? - gli domando, anche se non credo neanche io a quelle parole. Chi è tanto subdolo da fare qualcosa del genere?
- Esattamente – risponde, con un successivo sospiro.
Ciel Phantomhive, ecco chi.
- Ma in fondo ha semplicemente confermato la sua teoria - aggiunge Sebastian, appoggiandosi allo schienale della sedia in quella che sembra una posizione decisamente comoda.
- Che vuoi dire? - gli chiedo, sedendomi al contempo sulla piccola scrivania dell'ambulatorio. Mi meraviglio anzi che regga il mio peso.
- Che avrei disubbidito a quell'ordine in qualunque scenario - risponde - Quindi aveva ragione lui - aggiunge, con un tono eccessivamente calmo - L'essere stato punito è stata solamente la conseguenza - conclude, tornando in piedi.
- E perché sembra che a te vada bene? - sbotto all'improvviso, seguendolo con lo sguardo mentre passeggia per la stanza - Perché devi pagare tu per qualcosa che io ho scatenato? - gli domando subito dopo, mentre i sensi di colpa tornano a galla ancora una volta.
Per qualche secondo fisso solamente la sua schiena, mentre a prima vista sembra starsi sistemando la giaccia.
- Perché se potessi tornare indietro, correrei comunque a salvarti – risponde, mentre sono ancora dietro di lui con entrambe le mani strette al petto. Non sapendo come rispondere a quelle parole, sono felice di guardarlo voltarsi nuovamente nella mia direzione, mentre accenna quello che posso definire a tutti gli effetti un sorriso.
- Non sorridere – lo rimbecco – Sei inquietante quando provi ad essere umano – aggiungo, mentre lo guardo avvicinarsi nella mia direzione.
Nel fare un passo indietro torno di nuovo a toccare la scrivania su cui fino ad un momento prima ero seduta. Senza rispondere a quelle mie parole, si china semplicemente verso di me fino a baciarmi.
Nonostante continui a non essere d’accordo con la decisione di Ciel, né tanto meno con quel suo improvviso comportamento, ricambio quel bacio, posando entrambe le mani sui suoi fianchi.
- Sappi che odio Ciel per questo – mormoro, non appena si allontana dal mio viso.
Mi guarda per un momento, prima di sospirare appena. - Lavoro ancora per lui – mi ricorda – Solo che ora è a mia sorella che si rivolge per le faccende più importanti – aggiunge, stringendosi nelle spalle con fare indifferente. Mi domando come faccia.
- E questo ti va bene? - gli chiedo.
Nuovamente, annuisce. - C’è un lato positivo in tutta questa faccenda, non ci hai ancora pensato? - mi chiede.
Aggrotto immediatamente le sopracciglia, non riuscendo a capire quelle sue parole. - Che vuoi dire? - domando allora, guardandolo a lungo per cercare di carpire qualche informazione in più dal suo silenzio, senza riuscirci.
- Ora sono più libero – risponde solo – Se Ciel vuole fidarsi di mia sorella per la faccenda dei Norton, così sia...non mi ha di certo vietato di indagare per conto mio – aggiunge, continuando a guardarmi negli occhi. Con quelle parole, mi sconvolge definitivamente.
- Che ne hai fatto di Sebastian? - domando di getto – Dov’è il maggiordomo guastafeste che conosco? - continuo, riuscendo addirittura a farlo ridere.
- In pensione, a quanto pare – risponde, allontanandosi da me quanto basta per permettermi di scendere dalla scrivania, così che possa sgranchirmi le gambe.
- Tu, proprio tu, che mi hai ripreso più volte quanto volevo indagare per conto mio, ora sei pronto a farlo alle spalle dello stesso Ciel? - gli chiedo, semplicemente perché quelle parole mi suonano troppo strane. Soprattutto pronunciate da lui.
- Sapevo che avresti reagito così – ammette allora.
- Beh, come altro avrei potuto reagire? - gli domando retorica, seguendolo con lo sguardo finché finalmente non si ferma di nuovo.
Visto il suo successivo silenzio, decido di essere di nuovo io a parlare. - Cosa hai intenzione di fare? - gli chiedo, entusiasta di quel suo nuovo ed intrigante comportamento.
Sistemandosi ancora una volta la giacca, pronto probabilmente per tornare nella Residenza, mi rivolge questa volta uno sguardo serio. - Andremo di nuovo in quell’orfanotrofio – mi mette al corrente, accennando al rifugio per orfani del signor Norton – Domani – decide poi lì sul momento.
- Ma avevi detto di non aver riscontrato niente di strano – gli ricordo – Perché tornarci? - domando.
- Perché qualcosa mi è sfuggito la prima volta – ammette – E sono sicuro che qualunque cosa sia, tu la noterai – aggiunge, voltandomi poi le spalle per lasciarmi di nuovo solo nell’ambulatorio.

***

Nel pomeriggio la gente aveva cominciato a presentarsi di nuovo nell’ambulatorio, dandomi modo di lavorare, ma allo stesso tempo di pensare alla recente offerta di Sebastian.
Proprio lui, che più di una volta mi aveva proibito di fare ricerche per conto mio, ora era pronto a muoversi proprio in quella direzione. Probabilmente il recente comportamento di Ciel gli aveva dato semplicemente la spinta che gli mancava.
Se ormai quell’arrogante ragazzino aveva perso totalmente la fiducia in lui, tanto valeva comportarsi di conseguenza. Era proprio questo lato di Sebastian che ora mi intrigava più che mai.
Dopo cena, ne avrei approfittato subito per un bel bagno, per poi mettermi direttamente a dormire: volevo riposare il più possibile prima della nostra incursione al misterioso orfanotrofio. Che tra l’altro volevo vedere a tutti i costi anche la prima volta che Ciel lo spedì lì.
Mentre sistemavo le carte sparse sulla mia scrivania, uno spostamento d’aria improvviso mi avvisa della presenza di qualcuno.
E so che questo qualcuno non è Sebastian.
- Abaddon – mormoro, senza pensarci due volte. Quando mi volto, lei è ovviamente nella stanza, in piedi accanto alla porta ormai aperta.
- Yuki – mormora a sua volta, avanzando questa volta nella mia direzione.
- Che cosa vuoi? - domando subito, senza smettere di sistemare le carte alle quali mi ero dedicata fino a quel momento.
- E’ questo il modo di rivolgersi a chi ha salvato la vita? - è tutto quello che mormoro allora, guardandomi dall’alto in basso.
- Ti ho già ringraziato per quello – le ricordo, riferendomi alla sera del ballo dei Norton – E qualcosa mi dice che non posso fidarmi molto di te – aggiungo, mettendo in chiaro le cose. Se prima la cosa non era chiara, le parole di Sebastian mi avevano decisamente schiarito le idee.
Per non parlare del fatto che aveva accettato il suo nuovo incarico presso la Residenza senza battere ciglio.
- Qualcosa.. - mormora nuovamente – O qualcuno? - aggiunge, subito dopo.
- Non penso che abbia importanza – rispondo – Il che mi riporta alla precedente domanda: che cosa vuoi? - le domando ancora una volta, afferrando la mia giacca per infilarmela. Fuori fa freddo, anche se ormai è quasi Marzo.
- Voglio..solo fare due chiacchiere – risponde, con una stretta di spalle – Non ho cattive intenzione – aggiunge.
Con un sospiro, sistemo la pila di documenti su una parte della scrivania, tornando così a guardarla. - D’accordo – rispondo – Parla pure – aggiungo.
- E’ stato più semplice di quello che pensassi – ammette allora, apparentemente divertita dalla situazione – Comunque… - aggiunge subito dopo, passeggiando per qualche secondo nella stanza prima di fermarsi nuovamente. Tale e quale a suo fratello, del resto.
Quando all’improvviso torna a guardarmi, ho un brivido lungo la schiena per un momento, che decido ovviamente di ignorare. Il suo silenzio è quasi assordante.
- Mio fratello non è assolutamente come lo ricordavo – ammette alla fine – E’ diverso – aggiunge poco dopo.
- E ne parli con me..perché? - le chiedo, stringendomi appena nelle spalle.
- Perché immagino che tu abbia qualcosa a che fare con questo cambiamento – risponde, facendo un passo nella mia direzione.
Il mio primo istinto è quello di allontanarmi, ma per qualche motivo riesco a rimanere al mio posto senza fare un fiato. - E la cosa ti infastidisce? - domando, quasi in un sussurro. La mia voce mi ha abbandonato all’improvviso.
Il fatto che anche lei sia in grado di incutere la giusta dose di paura con un semplice sguardo la rende ancora più uguale al fratello. Che per giunta non ho idea di dove sia.
- Mi incuriosisce, più che altro – mi corregge, tornando a parlare con un tono di voce normale – Non si era mai aperto con nessuno in vita sua – aggiunge, non nascondendo il suo stupore.
- Se può farti sentire meglio, ci siamo conosciuti perché voleva uccidermi – le confido, anche perché non penso che Sebastian l’abbia messa al corrente di quel piccolo particolare. Il modo in cui mi guarda conferma quel mio pensiero – Lo svantaggio di mangiare anime per colazione – aggiungo, senza distogliere lo sguardo dal suo.
Nonostante la stia tenendo letteralmente d’occhio, il modo in cui improvvisamente si para davanti al mio viso è tutto tranne che normale: non l’ho vista neanche muoversi, è semplicemente comparsa, costringendomi a fare letteralmente un balzo all’indietro per allontanarmi.
- Già, la faccenda della tua anima – è la prima cosa che dice, lasciando scivolare lo sguardo sul mio medaglione, che ogni giorno porto con me. - O meglio, dell’anima che non hai – aggiunge, questa volta allungando le dita verso la superficie metallica della mia collana.
D’istinto, mi tiro indietro: non voglio che la tocchi, anche se non so bene il perché. - E’ solo un medaglione – sbotto senza pensarci, risultando se possibile ancora meno convincente.
- Con dentro la parte di te che ti renderebbe divertente – sottolinea – Mi domando come abbia fatto Sebastian – aggiunge, riflettendoci per qualche secondo.
- Lunga storia – rispondo – Era di questo che volevi parlarmi? - le chiedo dopo qualche secondo, ansiosa di tornare alla Residenza.
- Non proprio – ammette, tornando finalmente a me. Ha definitivamente lasciato stare il mio medaglione, la cui superficie ha anche iniziato a scaldarsi, in realtà.
“Stai buona lì dentro tu”, penso immediatamente tra me e me, senza ottenere per fortuna nessuna risposta. I tempi in cui quella voce fastidiosa mi riempiva il cervello erano passati, già da qualche tempo ormai.
- E allora di cosa? - domando, stufa di quel suo continuo silenzio.
- Volevo solo mettere in chiaro che.. - comincia, facendo una pausa. Sembra che stia per ammettere qualcosa contro la sua volontà. - ..è stato Ciel ad invocarmi, non pensavo lo stesse facendo per fare un torto a Sebastian – aggiunge, lasciandomi senza parole.
Si sta..scusando? Il suo comportamento fino a quel momento era stato ostile, schivo...e ora si stava scusando?
- Non sarei mai venuta altrimenti – aggiunge – Ma non si può rifiutare la chiamata quando arriva: il nostro è un centralino a senso unico – ammette subito dopo.
- Perché mi stai dicendo questo? - le chiedo, confusa da quel suo improvviso comportamento. Immagino sia un’altra caratteristica di famiglia.
- Perché so che mio fratello mi odia in questo momento – risponde.
- Non hai fatto molto per non farti odiare da lui – le ricordo.
- Non posso neanche disubbidire a Ciel – mi ricorda a sua volta – Mi ha ordinato di avere il rapporto più minimo con lui, per evitare che anche io venga coinvolta troppo – ammette, e per qualche motivo so che è sincera.
- Ciel ha superato ogni limite – ammetto poco dopo, scuotendo il capo. Non posso credere che sia arrivato a comportarsi in maniera simile, ma il suo lato calcolatore a quanto pare ha avuto la meglio su di lui.
- Non è di certo uno stupido – concorda Abaddon – Nella sua testa pensa di avere ragione – aggiunge.
- Immagino che sia così – mormoro alla fine – Vuoi che riferisca qualcosa a Sebastian, da parte tua? - le chiedo solo dopo qualche secondo, anche se l’idea di mettermi in mezzo tra loro due non mi entusiasma poi molto.
- No – risponde alla fine – No, riuscirò a parlare io stessa con lui – aggiunge.
- Immagino sia la cosa migliore – ammetto, annuendo subito dopo.
Dopo quelle mie parole, la guardo chinare appena il capo nella mia direzione, restando in silenzio per qualche secondo. - Perdona il mio disturbo – sussurra poi all’improvviso, prendendomi alla sprovvista.
- Nessuno disturbo – rispondo dopo qualche secondo, facendo poi per uscire dall’ambulatorio. Lei mi segue, e una volta fuori recupero le mie chiavi dalla tasca della giacca, chiudendo la porta con le solite due mandate.
Quando comincio ad allontanarmi, noto che lei non sta facendo lo stesso. - Sappi che non mi fido ancora di te – decido di ammette in quello stesso momento – Non dopo quello che Sebastian mi ha raccontato – aggiungo.
- Non me ne stupisco – la sua risposta mi arriva lontana, quasi come un eco – Ma proverò ad entrambi che non sono più la persona di una volta – aggiunge, mentre quello strano eco aumenta.
Quando mi volto per controllare, lei è già sparita.

  
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