Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: determamfidd    22/03/2017    1 recensioni
La battaglia era finita, e Thorin Scudodiquercia si svegliò, nudo e tremante, nelle Sale dei suoi Antenati.
La novità di essere morto sparisce in fretta, e osservare i propri compagni presto lo riempie di dolore e senso di colpa. Stranamente, un debole barlume di speranza si alza nella forma del suo parente più giovane, un Nano della linea di Durin con dei capelli rosso intenso.
(Segue la storia della Guerra dell'Anello)
(Bagginshield, Gimli/Legolas) Nella quale ci vuole tempo per guarire, i membri morti della Compagnia iniziano a guardare Gimli come se fosse una soap opera, Legolas è confuso, il Khuzdul viene abusato, e Thorin è quattro piedi e dieci pollici di sensi di colpa e rabbia.
[Traduzione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gimli, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

«Dunque mi state dicendo» disse l'Elminpietra, molto lentamente «che la Nana che ha servito mio padre come sua guardia era in realtà la Regina dei Nerachiave.»

Ashkar fece spallucce e bevve un sorso di vino. «Di diritto, lo è.»

«Fu deposta» aggiunse Kara.

Orla era seduta rigidamente sotto le loro attenzioni. Il suo volto era duro e i suoi occhi luccicavano di una dozzina di emozioni, ma lei non stava facendo alcun suono. Dwalin le stava stringendo la mano.

«Parlando tecnicamente, sua madre fu assassinata, e Orla fu incastrata per il fatto» disse Ashkar, guardando accigliatu Kara «Ma i dettagli tecnici importano poco.»

Osservandoli, Balin sbuffò nella sua barba e spinse Thorin col gomito. «Tu lo sapevi?»

«Una parte» ammise Thorin «Ma non molto.»

«Dunque la Regina corrente è un'usurpatrice?» L'Elminpietra si voltò verso Orla e alzò un sopracciglio. «Orla?»

Come reazioni, la schiena di Orla si irrigidì ancora di più, e Dwalin le si fece più vicino. «Senti, è stato difficile per lei» disse, con quello che era probabilmente l'eufemismo dell'Era «Non ne ha parlato per decenni.»

«Non voglio il trono della corte Ghomali» disse lei «La mia casa è qui, ad Erebor. Non tornerò.»

«Molti gioirebbero nell'udire che sei viva» disse Ashkar dolcemente «Come noi.»

Gli occhi di Orla si chiusero, e la sua mascella si strinse mentre deglutiva. Poi annuì. «Lo so. Ma ci sono anche coloro che porterebbero grandi mali su di me e sui miei cari, e non lo tollererò.»

«Perché deporti, però?» disse Gimli, chinando la testa «Perché mettere tua sorella sul trono?»

«Bella domanda» mormorò Balin.

«Perché il Culto non poteva usare la Regina Ara né la sua prima figlia, Orla, ma trovarono la seconda più malleabile. Mia madre Arna voleva compiacere gli altri, prima di ogni cosa» disse Kara, l'amarezza che le deformava la voce «Il Culto di Sauron se ne approfittò. Ora lei è completamente sotto il loro controllo, persa nella nube delle loro parole e droghe. Onestamente non penso si ricordi il mio nome, la maggior parte del tempo.»

Le spalle di Orla si abbassarono, e le sue palpebre si strinsero. Il respiro le sfuggì in un tremito senza suono.

«Ma Sauron ora è morto» disse Gimli, e indicò Legolas e se stesso «Ńoi possiamo garantirlo. Cosa guadagnerebbero loro dalla sua adorazione?»

«Potere, che altro?» disse Thranduil, scuotendo la testa «Temo che distruggere ogni sua opera sarà un lavoro di molte Ere ancora.»

«I Nani non temono il lavoro duro» disse l'Elminpietra fermamente, un tocco dell'accento dei Colli Ferrosi nella sua voce «E questo sarà lungo, e duro. Hanno tenuto quel regno per più di cinquanta anni nel nome del loro burattino, e il loro dominio è sicuro. Però, devono sapere ormai che il Potere Oscuro è stato distrutto. Ciò li porterà alla disorganizzazione e alla disperazione.»

La testa di Orla si alzò di scatto, i suoi occhi socchiusi. «Non sarò uno strumento in nessun piano tu inventi. Non sarò una tua pedina.»

L'Elminpietra sospirò. «Non è quello che sto suggerendo. Orla, non farei mai qualcosa del genere a te! Ho ricevuto il mio trono in guerra, senza desiderarlo e troppo presto: dovrei volere lo stesso per un'amica?»

Dwalin si accigliò, e i suoi muscoli si gonfiarono in avvertimento. «Solo per esserne sicuri, diciamo. Vostra Maestà.»

«Non voglio loro sappiano che vivo» disse Orla, e si voltò per guardare Ashkar e Kara. Le sue parole erano dette con lentezza, come se stesse assemblando pensieri che erano rimasti in disordine per anni ed anni. «La mia vita è mia da mettere a repentaglio. Ma io ho dei figli. Ho una casa, e un popolo che ho scelto, e ho lottato e sanguinato con loro, e per loro. Non li abbandonerò, né li metterò in pericolo.»

«Vorrei vederli provare» ringhiò Dwalin.

«Io non vorrei» disse Ashakar duru «Potrete essere formidabili in guerra, non ne dubito, ma il Culto usa altre armi oltre all'acciaio. Predicheranno una credenza e poi ne mostreranno un'altra apertamente e prima di tutto, giureranno la loro onestà e rispetto mentre ti fanno a pezzi con le loro parole ingannevoli - e quando le parole avranno servito il loro scopo e tutti gli oppositori saranno in disgrazia e terrorizzati, ah! Allora! Allora appare l'acciaio.»

«L'idea di poterli affrontare è fuori discussione» disse l'Elminpietra cupo «Non possiamo lottare in un'altra guerra, lungo un fronte così lontano, così presto.»

«Allora cosa possiamo fare?» disse Kara, e si tormentò le mani. Il suo viso era troppo stanco per i suoi giovani anni. «Zia Orla-»

«Non è più casa mia» disse Orla, dolcemente ma con assoluta determinazione.

«Ma è casa mia!» esclamò Kara «E tu potresti salvarla!»

«No, bambina» disse lei, e si allungò per posare una mano sulla spalla di Kara, incontrando e sostenendo il suo sguardo «No, non penso di essere colei destinata a farlo.»

Il labbro di Kara tremò mentre lei fissava sua zia, e poi abbassò il capo. «Avevo sperato...» disse con voce rotta.

Thorin si morse il labbro e tirò la treccia nella sua barba, le sue emozioni divise. «Non sente una responsabilità verso il suo popolo?» borbottò «Non desidera cercare ciò che è suo di diritto?»

Balin gli lanciò un'occhiata comprensiva. «Non tutti sono te, amico mio.»

«Lo so, lo so» disse Thorin «E lei ha forgiato un suo sentiero dopo aver perso così tanto, sopportato così tanto, e capisco perché non vorrebbe rischiare la felicità che ha trovato o gli altri nella sua vita...»

«Ma non sarebbe la tua strada» Il sorriso di Balin era amaro. «Mai una scelta nella tua mente, ricordi? Non è così per lei.»

«Una persona non può sconfiggere il Culto di Sauron» stava dicendo Orla «Ho provato prima d'ora, e ho perduto tutto.»

«Se qualcuno potesse, io scommetterei su di te» disse Dwalin cocciutamente. Lei fece uno sbuffo divertito.

«Non aiuti, caro»

«Io penso che la sconfitta del Culto di Sauron non debba appartenere a uno, ma a molti» disse Ashkar. Poi rise amaramente. «Ecco, se può essere sconfitto, senza casa e senza speranze come siamo.»

«Siete i benvenuti qui» disse l'Elminpietra «Per quanto vi serva avere un rifugio. Non siete privi di amici.»

«E il resto del nostro popolo? Perché sono molti a vivere nella paura» disse Ashkar. I suoi occhi erano sospettosi mentre guardavano il Re. L'Elminpietra fece una smorfia, ma annuì.

«Aye, anche loro. Saremo stretti, senza dubbio...»

«No, non possiamo renderci un tale obiettivo» disse Orla, alzandosi rapidamente «Il Culto insinuerà che Erebor cerca un Impero - che i Longobarbi vogliono assimilare e colonizzare gli Orocarni prendendo i Nani Nerachiave come ostaggi, piuttosto che come rifugiati! Troveranno una loro scusa per una guerra, non importa cosa facciamo. E ci dipingeranno come gli aggressori. Pensavate che quegli Uomini di Dale fossero vili bugiardi? Erano bambini rispetto al Culto di Sauron.»

L'Elminpietra si passò una mano fra i capelli. «Possiamo respingerli, come abbiamo già fatto...»

«Così presto dopo l'ultima ondata?» Dwalin sembrava combattuto «Odio dirlo, ragazzo...»

«Abbiamo sconfitto i loro eserciti, no?»

«Non davvero» disse Dwalin, con molta riluttanza «Sono fuggiti quando Mordor è caduta. Se l'Anello non fosse stato distrutto, noi saremmo morti di fame ormai.»

«E guarda il prezzo della vittoria» esclamò Orla «Dale è in rovina, due popoli hanno perso i loro re - i nostri morti riempiono le tombe - c'è stato fuoco e tradimento nel cuore stesso della Montagna!»

«Non possono farlo» sussurrò Balin «Erebor è troppo debole, troppo esposta...»

«Non lascerò quei Nani a vivere in tirannia e paura, senza alcun luogo dove andare!» disse l'Elminpietra, picchiandosi una mano contro la coscia «Mio padre lo disse una volta, e io lo dirò ancora: siamo un popolo che perde le nostre case, secolo dopo secolo, e io non vedrò ciò ripetersi ancora una volta! Questi devono essere giorni di pace, di ricostruzione, liberi dall'Ombra infine! Quando diciamo “abbastanza”? Dove possono cercare rifugio, se non qui? Le nostre case sono le loro case: non sentirò discussioni, e non supporterò alcuna inazione che porterà a Nani che scappano ancora una volta nelle terre selvagge, soli e rifiutati. Dobbiamo porgere il nostro aiuto. Dobbiamo trovare un altro modo.»

«Ma dove?» disse Dwalin frustrato «Siamo esausti! E non di certo i Colli Ferrosi, sono troppo desolati per ospitare molte altre bocche, e sono troppo esposti alle vie di commercio settentrionali...»

«Montagne Blu? Non si può andare molto più lontano dall'Est di così» suggerì l'Elminpietra, ma la sua voce era dubbiosa.

«Oh, ancora meglio, chiedi loro di andare in una rovina abbandonata e cadente, a mezzo mondo di distanza» ringhiò Dwalin.

«Il Culto ci accuserebbe di schiavitù e sfruttamento, sarebbe usato per la loro propaganda» disse Orla, con un cenno della testa «Sarebbe aggiunto alla lista di giustificazioni per attaccarci: l'indignazione per quelle condizioni unirebbe molti contro di noi. Ered Luin non è fra le opzioni.»

«Aglarond» disse Legolas, improvvisamente.

La parola cadde sulla discussione come una lastra di granito, rendendo tutti silenziosi per la confusione. Gimli sussultò, e Thranduil chinò la testa, l'espressione pensierosa. I suoi occhi si fermarono su Gimli con accesa curiosità.

«Il... posto, con le caverne. A Rohan» disse.

«Aye, anche se chiamarlo “il posto con le caverne a Rohan” è una grande offesa» disse Gimli, piegandosi in avanti «Mio Re, è perfetto - la Montagne Bianche sono circondate dalle Terre degli Uomini, e possiamo chiamare i Signori dei Cavalli e Gondor in nostro aiuto se serve!»

«È più vicino a Umbar di noi» disse Orla, ma il suo volto si stava rischiarando mentre ci pensava. Sembrava che l'idea le piacesse.

«Vero, ma non c'è una via diretta per l'Est» Gimli si alzò e iniziò a camminare, gesticolando con le sue grandi mani mentre pensava ad alta voce «Siamo su una linea diretta per l'Est qua a Erebor, e solo i Colli Ferrosi sono fra noi e loro, e li potrebbero aggirare, piuttosto facilmente. Mentre le Caverne Scintillanti!»

«Vero» disse Legolas «Ci sarebbe tutta Mordor in mezzo, tanto per iniziare - le Torri dei Denti, e poi il Fiume Anduin...»

«Osgiliath e Gondor...!» disse Gimli, saltando sull'idea con entusiasmo «E se per qualche miracolo riuscissero a superare Aragorn e Faramir, dovrebbero strisciare oltre Meduseld non visti, che da quel punto di vantaggio è praticamente impossibile! Abbiamo la fortezza del Fosso di Helm da usare come una base per le fortificazioni...»

«Dopo qualche restauro, spero» disse Legolas secco.

«Zitto, Elfo fastidioso, sto pensando» Gimli ghignò a Legolas.

«Visto che succede tanto raramente, mi scuso per l'interruzione» mormorò Legolas, e Gimli sbuffò e agitò una mano.

«Mi occuperò di quel commento dopo. Ma questa è un'ottima idea. Aglarond è un luogo nuovo, una casa nuovo, e non appartiene a nessun clan. Potremmo costruirla insieme. Circondati da alleati e in una valle difendibile, potremmo facilmente offrire riparo ai rifugiati degli Orocarni che scappano dall'agonia del Culto.»

«Guarda Thranduil» disse Balin, e Thorin lanciò uno sguardo al Re Elfico. Stava guardando Gimli con intensità ora, come se stesse assorbendo ogni parola e movimento per studiarlo successivamente.

«Ciò suona molto bene» disse Ashkar con voce asciutta «ma come faresti a farglielo sapere, senza lasciare che il Culto se ne accorga?»

«Oh, sospetto che il Culto lo scoprirà, quasi immediatamente» Gimli gesticolò «Quello è solo un altro problema. Il primo è fare in modo che chiunque nell'Est lo sappia. E il secondo è convincerli che le nostre intenzioni sono buone.»

Ashkar parve sorpresu. «Cosa?»

Gimli sbuffò. «Ebbene, voi non volevate avere nulla a che fare con me all'inizio, eh? Un Nano del Nord, un Longobarbo. Gondor e l'Ovest non volevano dire nulla di buono per voi: significavano schiavitù, assassinio e dominio. Questo è i frutto della storia fra voi. Se io parlassi nella corte Ghomali domani e facessi la mia offerta, non passerebbe molto tempo prima che il Culto cercasse di rigirare le mie parole in quelle sporche, miserabili forme di un tempo. Ho ragione?»

«Hai ragione» disse Kara secca, prima che Ashkar potesse commentare.

«Allora dobbiamo trovare un modo di fare la nostra offerta, e poi troviamo un modo di renderla credibile» disse Gimli, e si strofinò insieme le mani «Il resto non sta a noi, ma a loro. Ah, mi serve una pipa. Pensare a un problema difficile è sempre meglio con qualcosa da fumare, come dice Sam!»

Il piccolo gruppo si divise poco dopo. Il Re stava giocherellando con una delle zanne di cinghiale sulla sua guancia mentre dibatteva con Dwalin. Kara osservava sua zia andarsene con la luce del tradimento negli occhi. Da parte sua, Orla non permise al suo contegno di cambiare mentre lasciava la stanza. Però, mise una mano dolcemente sulla spalla di sua nipote per un istante. «Burushruka igbulul e, namadul» mormorò mentre passava «Non posso essere la portatrice di tutte le tue speranze. Io ho la mia vita, e non la sacrificherò per vivere i sogni di altri. Ho troppo da perdere.»

Kara fece solo un sospiro amareggiato. Ashkar le osservò con occhi calcolatori, la bocca serrata in modo pensieroso, prima di seguire Orla fuori.

Legolas stava parlando con Gimli della saggezza del suo piano, i due discutevano tranquillamente e comodamente davanti al fuoco. La pipa di Gimli era spenta nella mano mentre la usava per gesticolare, esaltando un punto o l'altro.

«...agenti fra di loro, di certo...»

«Sciocchezze! Non comprendi la natura dell'offerta! Perché i rifugiati dovrebbero voler fare del male a coloro che mostrano loro buone intenzioni e non offrono che aiuto?»

«Alcuni Nani non si sentirebbero minacciati, avendo così tanti Nani Nerachiave nell'Ovest?»

«Siamo tutti dei Nani. Se qualcuno diventa geloso e fastidioso me ne prenderò cura io» ringhiò Gimli «Non molto tempo fa noi siamo stati scacciati dalle nostre case, scappando per il mondo con null'altro che i nostri nomi da chiamare nostri. Glielo ricorderò e basta.»

«Con la tua ascia, se necessario, presumo» aggiunse Legolas secco.

«Se servirà, aye!»

«E tu pensi di poter combattere contro il mondo intero, Mastro Nano?» disse Thranduil piano, alzando la testa. Thorin notò solo allora che il Re Elfico non se n'era andato con gli altri, ma era rimasto seduto sulla sua sedia accanto al fuoco.

Gimli lanciò un'occhiata a Thranduil, prima che le sue sopracciglia si aggrottassero. «No, non posso» ammise «Nessuno può.»

Thranduil alzò il mento, studiandolo. «Non ho incontrato molti della tua razza che lo ammettessero.»

Legolas sbuffò, come se stesse nascondendo una risata.

Gimli alzò un sopracciglio, e Legolas sorrise e basta. Allora Gimli si voltò di nuovo verso il Re Elfico ed esitò, come se stesse considerando attentamente le sue parole.

«So che questo vi sembrerà un'idea avventata» disse in tono misurato «Ma non lo è. Ve lo giuro, non metto me o il mio popolo in pericolo suggerendolo. Mostrare bontà agli altri genere bontà in cambio: l'ho visto più e più volte nei nostri viaggi, e sono stato da entrambe le parti dello scambio. Non dimenticherò mai come ero fra gli alberi di Lothlórien - stanco, il cuore pesante e circondato da sospetto e disprezzo, uno straniero e un Nano. Ma fu lì che trovai amicizia e comprensione dalla persona più strana e inaspettata.»

Thranduil non batté un ciglio. «La Dama Galadriel?»

«Nay» Gimli ghignò a Legolas «Anche se lei fu la prima.»

«Sarò per sempre leggermente geloso che lei abbia visto come eri davvero prima di me; tuo compagno di viaggio e di combattimento» disse Legolas, e prese la mano di Gimli e accarezzò il pesante anello sul suo dito.

«Sciocco ragazzo» disse Gimli, dolce e tenero «Non serve che tu lo sia.»

«Di certo finirai con l'accogliere agenti del Culto di Sauron in mezzo a una tale folla» disse Thranduil «Se Aglarond potrebbe essere solo tua e dei tuoi, perché rischiare una tale minaccia nelle vostre sale?»

«Aye, senza dubbio alcuni faranno il viaggio lungo e pericoloso solo per far nascere disordini fra noi» Gimli alzò le spalle «Ma meno, penso, di quanto voi non vi aspettiate. Perché dovrebbero lasciare una fortezza che è in loro potere per andare dove sono circondati da nemici, per creare una casa che non amano nel loro cuore? No, dubito ve ne saranno molti, e coloro che arriveranno saranno presto dissuasi; o da ciò che vedono coi loro occhi, o dai loro compagni che non vogliono più paura e tirannia nelle loro vite.»

«La storia di Ashkar e Orla diceva altro ancora» disse Legolas, i suoi occhi pensierosi «Sembra che la gente di Ghomali, in generale, desideri liberarsi del Culto. Semplicemente non riescono a guadagnare abbastanza forza per ribellarsi a loro: i loro piani falliscono, e false accuse sono lanciate ai loro capi più influenti. Dandogli più tempo, in un luogo libero di tali menzogne e spie e propaganda, i Nani Nerachiave potrebbero trovare un modo per liberarsi da quella morsa.»

«Ecco, così va meglio» disse Gimli, sorridendo «E se questo è quello che possiamo fare per aiutare, allora è tutto quello che faremo. Ma come ha detto il mio Re, non possiamo non fare nulla.»

«Io non ho tanto ottimismo» disse Thranduil. Balin sbuffò amaramente.

«Non sorprende nessuno minimamente, vecchio alto miserabile-» borbottò.

«Non fosti tu a sgridarmi per non trattenere la mia lingua davanti a questo stesso Elfo?» disse Thorin tranquillamente.

Balin grugnì e seppellì il volto nella barba, truce.

«Abbiamo lottato per il mondo, Adar» disse Legolas, e lo sguardo che lanciò a suo padre era intenso e privato «Abbiamo lottato per tutto. Non solo per l'Ovest.»

«Stavi discutendo nel mio stesso modo prima che io parlassi» disse Thranduil, le sopracciglia alzate.

«Lo facciamo» Gimli strinse la mano di Legolas «Bisticciare, lo chiamava Aragorn.»

«Lo chiamava anche con nomi meno piacevoli, se ricordi» disse Legolas «C'erano certe... insinuazioni.»

«Non davanti a tuo padre, ghivashelê!» sibilò Gimli.

«Il punto è» disse Legolas, voltandosi verso Thranduil e sorridendo un po' troppo allegramente «che sì, discutiamo, e spesso. A volte discutiamo solo per la gioia della discussione, per il modo in cui le parole possono lottare e sfidare. A volte è più serio, ma fra noi siamo più che in grado di trovare una soluzione a qualunque sia il problema.»

«I Nani amano una discussione» disse Gimli «È un po' come una competizione, in un certo senso.»

«L'ho notato» disse Thranduil, e quella era forse una scintilla di rassegnato divertimento nei suoi occhi? Thorin non riusciva a leggerlo. «E chi pensi dovrebbe guidare questo... progetto?»

Gimli si scambiò uno sguardo rapido con Legolas, prima di aprire le spalle. «Io. Lo farò io.»

«Ti tratterrebbe a Rohan per lunghi mesi» il volto di Thranduil era serio «Legolas mi dice dei suoi piani per i boschi dell'Ithilien. Voi non avreste acconsentito a essere separati per i desideri delle vostre famiglie, ma poi vi offrireste volontari di vostra iniziativa?»

«Aye» Gimli si tirò la barba - lisciata e oliata, luccicante al fuoco delle torce - e fece una smorfia «Non felicemente. Ma io non negherei mai a Legolas qualcosa che desidera. Ci ho provato una volta: non ha funzionato.»

«Nano testardo» disse Legolas, ridendo.

«Sei testardo quanto qualsiasi Nano vivo o morto, Elfo litigioso» rispose Gimli «Nay, io sono il migliore per compiere un tale sforzo, e non sono fantasie a dirmelo. Io ho l'amicizia di Rohan e Gondor, e sono un ben conosciuto erede della Linea di Durin, dunque i Nani Occidentali mi seguiranno. Inoltre, sono parente per matrimonio di Orla Lungascia, e sia Kara che Ashkar hanno mostrato di fidarsi di me.»

«Non avrai eredi»

«Pffft, ho già un erede, anche se la Montagna stessa trema al pensiero» Gimli ghignò, e fece l'occhiolino a Legolas «Il figlio di mia sorella è un ragazzo sveglio e amichevole. Penso vi siate incontrati.»

«Quello che spia dalle serrature e mangia tutta l'uva?» La bocca di Thranduil si aprì leggermente. Poi si chiuse di scatto. «Ebbene. Sarà un... interessante apprendistato.»

«Sì, è da lui. Il mio piccolo criminale, gioia dei miei occhi! Dovrò iniziare ad addestrare Gimizh, vero... ecco, se mia sorella non strillerà come un'arpia all'idea. Dubito che lo farà, però. Ormai ha abbandonato l'idea che Gimizh mai troverà qualcosa che lo tenga fermo. È curioso e intelligente, persistente come la tosse e coraggioso come un intero sacco di tassi. Non è così male.»

«Mm» Thranduil strinse la labbra, e poi si alzò «Ci hai pensato più di quanto io non avessi supposto.»

«Adar?» disse Legolas, osservando suo padre prosciugare il suo bicchiere di vino e facendo per andarsene.

«Ú, ion nín» disse Thranduil nella sua bassa, controllata voce «Trovo la tua scelta di marito più comprensibile al passare dei giorni. Tornerò a Eryn Lasgalen con la prossima luna. Vi darei il benvenuto a entrambi nel vostro tornare a sud. Vorrei udire più dei vostri piani, Lord Gimli.»

«Solo Gimli» disse Gimli, il volto stupefatto per ciò che aveva appena udito.

«No» Thranduil sorrise senza umorismo al Nano «No, quelli erano i piani e le parole di un Lord. Farò meglio a non dimenticarmene.»

E il Re fece un breve, sinuoso inchino a entrambi loro, prima di lasciare la stanza in un turbinio di manti argentati.

«Cosa nel buon nome di Mahal...?» disse Gimli, voltandosi verso Legolas in completa sorpresa «Legolas, tuo padre sembra divertirsi dell'essere completamente incomprensibile.»

«Sì, lo fa» disse Legolas, e scosse la testa in sconfitta «Quella era accettazione, meleth nín. Approva sia del tuo piano d'azione, che di te. Penso tu gli abbia fatto considerare alcune cose sotto una nuova luce.»

«Io? Balderash. Il mio Re è stato quello che ha urlato di più» Gimli silenziò le proteste con una gesto della mano «Ah, ma si è lasciato dietro la caraffa di vino! Ebbene, dato che abbiamo la stanza e un goccio per noi, kurdulê, vorresti trovare un modo migliore di passare il tempo piuttosto che parlare di politica?»

«Mio Lord Gimli, non vorrei nulla di meglio» disse Legolas, sorridendo, le sue lunghe gambe si allungarono con impazienza.

«Tempo di un'educata ritirata, temo» mormorò Thorin a Balin.

«Molto più avanti di te, ragazzo» giunse la voce fervente di Balin, la luce stellare già lo nascondeva alla vista.»


«Novità?»

Thorin alzò lo sguardo dal suo tavolo di lavoro. Bilbo era seduto davanti a lui, i gomiti poggiati sul legno levigato, e il volto curioso mentre fissava i disegni di Thorin. «Non molto. Alcune nuove idee, alcuni nuovi disegni» disse Thorin, e si raddrizzò. La sua schiena era leggermente dolorante per l'essere stato piegato per tanto a lungo, e i suoi occhi bruciavano per averli sforzati alla luce debole delle candele. «Novità da parte tua?»

«Frodo e i ragazzi sono partiti una settimana fa» sospirò Bilbo, grattandosi la testa «È silenzioso senza di loro, ma non posso dire che mi infastidisca il silenzio, alla mia età. Mi manca, però. Anche se solo guardarlo mi faceva piangere tutta l'anima...»

«Saranno al sicuro. Gandalf è con loro»

«Non è questo» Bilbo abbassò gli occhi «È... oh, è difficile da spiegare. Mostrami cosa stai facendo?»

«Non è finito» protestò Thorin, ma Bilbo stava già osservando la pagina.

«È molto carino» disse Bilbo, girando la testa da una parte e dall'altra «ma mi dispiace dire che non ne capisco nulla. Cos'è?»

Thorin sorrise e fece ruotare le carte. «Essere curioso, era al contrario. Ecco. Ora cosa pensi che sia?»

«Sono troppo vecchio per indovinelli ed enigmi ormai» si lamentò Bilbo, ma chinò la testa sui disegni ancora una volta. Poi fece un respiro profondo. «È...»

«Aye»

«È bellissimo» disse Bilbo piano «Vorrei poterlo indossare.»

«La mia ispirazione fu completamente colpa tua, dunque devo estendere a te il complimento» disse Thorin, e soffiò piano sul progetto per pulire i disegni «Anch'io vorrei potertelo vedere al dito.»

«Cosa te l'ha fatto pensare?» L'espressione di Bilbo era meravigliata mentre fissava i disegni «Perché ora?»

«Perché no?» Thorin lisciò la carta, e poi sbuffò e prese una palla di cera e strofinò forte i segni in carboncino «Un errore, aspetta un momento, lo sistemerò...»

«Thorin?»

La mano di Thorin si fermò, e poi sospirò. «Ho aiutato Gimli a fare il suo.»

Bilbo fece un suono interessato. «E?»

«E lui l'ha fatto in oro, ed io non ero- non ho-» Thorin si spinse via dai disegni, e si strofinò distrattamente la barba «Per tutto il processo, mi sono chiesto che cosa avrei fatto io, fosse stato il mio anello di fidanzamento. Le idee vennero rapide e numerose. Nessuna mi portò dolore, e nessuna mi ricordò la malattia del drago. Erano tutte centrate su di te, ed io ero così felice.»

Gli occhi di Bilbo si chiusero per un momento, e la sua gola si mosse mentre deglutiva. Poi disse: «Non so come hai fatto a farlo. Io- non lo so. Ero così infernalmente arrabbiato con te all'inizio, ma ora non riesco a sopportarlo. Sapere ciò che hai visto, sapere quanto fa male vederlo. E fa male, oh! Quanto brucia, essere così impotente, così inutile! Sai, non riesco nemmeno a guardare davvero Frodo in faccia. Incontrare i suoi occhi mi fa pensare che lui veda attraverso me, veda tutto il mio senso di colpa e vergogna.»

«Bilbo, non è stata colpa tua» disse Thorin, il più dolcemente che poteva.

«Lo so» disse Bilbo con breve cenno del capo «Lo so che non lo è.»

«Non interamente, mio più caro» disse Thorin, e toccò di nuovo i suoi disegni «Lo sai, ma non lo sai ancora. La tua testa ti dice chiaramente che tu non avresti mai potuto prevedere cose tanto orribile, e che non avresti potuto fare nulla per prevederle, non è così? Eppure il tuo cuore e la tua anima gridano che deve essere stata colpa tua, tu solo sei il colpevole di cose tanto terribili successe ai tuoi cari. Non è così?»

Bilbo lo guardò storto con occhi cerchiati di rosso.

«Vedo che ho più ragione di quanto tu non voglia ammettere» disse Thorin, asciutto «Mi dispiace, Bilbo. Io non ti biasimo. Lo capisco fin troppo bene. È esattamente questo che ho passato ottanta anni ad imparare.»

«Mentre io mi nascondevo dai pettegolezzi e dai vicini fastidiosi, intendi» disse Bilbo.

«Mentre tu sopravvivevi, ed eri felice nonostante tutto, e andavi avanti con la tua vita con la testa alta nonostante ogni sguardo di disprezzo, ogni voce offensiva, ogni insulto sussurrato» disse Thorin, e si spinse avanti. Le parole caddero dalle sue labbra con una prontezza che lo sorprese, ma il bisogno di incoraggiare e rassicurare Bilbo era troppo grande per contemplare l'idea di fermarsi. «Bilbo, non è colpa tua. Tu hai dato a Frodo una casa e un amico e una sua piccola famiglia, per onesta simpatia verso il ragazzo, e fu una cosa buona e nobile. Come potevi sapere cosa sarebbe successo? Come poteva chiunque di noi, quando nemmeno Gandalf sapeva? No, sanmelek, non puoi castigarti per essere incapace di predire il futuro. Ed io, ha» Qui Thorin alzò un poco una spalla, prima di lasciarla ricadere «Io sto imparando a sopportare i miei dubbi e vergogna - il mio conflitto fra testa e cuore, si può dire. Non riesco sempre. Ma va meglio di quanto non sia mai andato prima, e questo è in non piccola parte grazie alla tua presenza.»

«Sei decisamente troppo gentile»

«Non sono gentile abbastanza» Thorin voltò la pagina ancora, e tracciò una linea con il dito «Questo? Vuol dire resistenza. E questo - coraggio. Bilbo, tu sei molto più di tutti i piccoli nomi il tuo senso di colpa sta cercando di affibbiarti. È un bugiardo migliore dell'Anello stesso.»

«Lo so, lo so» Bilbo lasciò cadere il volto fra le sue mani, e sospirò «Ma tu hai ragione - non mi sento così. Lo so, ma non lo sento nella mia pancia e nelle mia ossa. Non riesco a farmelo uscire dalla testa: la sua povera mano ferita, e le terribili ombre sotto i suoi occhi, e il suono delle sue urla nella notte. E io troppo vecchio per aiutarlo. Vecchio Pazzo Baggins, nient'altro che un peso e un fastidio.»

«Ora queste sono sciocchezze. Tu sei la cosa più lontana da un peso, e Frodo ha Sam che si prenda cura di lui ora» disse Thorin «E Frodo sa che tu lo ami come se fosse tuo figlio. Come potrebbe non saperlo?»

«E tu?»

«Io non mi faccio illusioni questi giorni, Mastro Baggins» Thorin gli sorrise «Non supporrò mai di sapere il tuo livello di affetto, né ne dubiterò. Mai più.»

Bilbo rise. «Oh cielo, io l'ho detto, vero? Eri così terribilmente docile, mi chiedevo se fossi davvero tu.»

«Qualunque Nano intelligente sarebbe spaventato da uno Hobbit arrabbiato» disse Thorin, e desiderava tanto disperatamente poggiare la testa contro quella fronte riccioluta, avvolgere le braccia attorno a quel robusto piccolo corpo, respirare l'odore di pane e inchiostro e tè «Non hai sentito? Furono Hobbit a salvare il mondo.»

«Furono aiutati. Da un Nano in particolare» disse Bilbo, e i suoi occhi erano molto accesi e lucidi «Non ha lasciato che nemmeno la morte lo fermasse.»

«Tsk, fra te e Gimli...! Lo giuro, i miei vecchi demoni hanno poche possibilità contro di voi» disse Thorin, e se solo potesse accarezzare con le sue mani quelle guance senza barba, o stringere nel suo palmo uno più piccolo, sottile, morbido. Se solo. «Non mi servono tante lusinghe, amato.»

«Oh potrei lusingarti, se solo lo volessi, Mastro Scudodiquercia» disse Bilbo, e c'era una certa espressione affamata della sua bocca che diceva molto più delle semplici parole «Potrei invero

Thorin chinò la testa, il calore si diffuse nel suo ventre. «Ora chi è troppo gentile?»

La mano di Bilbo si mosse, come se si stesse trattenendo dal toccarlo. «Oh, sciocchezze. Di certo sai giù quanto sei bello.»

La testa di Thorin si alzò di scatto. «Cosa?»

«Con i capelli, e...» Bilbo gesticolò ampiamente «gli occhi, e la voce, e il... tutto.»

Era un po' troppo da processare. «Oh» disse stupidamente «Davvero? Voglio dire, grazie. Ma. Davvero?»

Bilbo scosse la testa e ridacchiò. «In cerca di complimenti ora. Ecco qualcosa che mai avrei pensato di vedere.»

«Se sono complimenti che ci stiamo scambiando, allora ne ho diversi che potrei condividere» disse Thorin, e il calore nel suo addome si stava allargando, per riempirgli il petto di aria calda «Potrei parlare di belle gambe nei loro corti calzoni, e si bei piedi, e di accesi, intelligenti occhi... un paio di mani abili e rapide, una testa di ricci castani su una mente affilata abbastanza da tagliare diamante...»

«Bontà mia» disse Bilbo debolmente.

«La vendetta è gioco leale, kurdulê» disse Thorin, deliziato dalla risposta. Le orecchie di Bilbo erano notevolmente rosa, e stava battendo rapidamente le ciglia, il petto si muoveva rapidamente.

«Ti avverto, scrivo poesie» disse in voce debole.

«Non vedo l'ora della tua vendetta, allora» disse Thorin, piuttosto soddisfatto «Sono sicuro che sarà molto poetica.»

Bilbo lo guardò male per un momento, fece un respiro profondo, e poi disse: «le ghiande significano vita, e immortalità, lo sapevi?»

Il suo sguardo cadde sui progetti sul suo tavolo. Il disegno aveva delle ghiande lungo la banda, e lui annuì. «Aye, lo sapevo.»

«Non sarebbe lontanamente abbastanza perché io ti mostri tutti i modi in cui ti amo» sussurrò Bilbo, così piano che era quasi privo di suono.

Il calore che stava nascendo riempì il petto di Thorin in un'ondata improvvisa e tuonante, e lui rimase in cerca d'aria. Tutto ciò che poté fare fu stringere il tavolo e fissare Bilbo. Quella era - quella era la prima volta che gli avesse detto che lo amava - come il tocco di Mahal, lasciò Thorin perso, la sua mente lontana.

«Abbastanza poetico, che dici?» disse Bilbo, soddisfatto, sorridendo e raddrizzandosi per mettersi i pollici nel panciotto. Poi la sua fronte si aggrottò e lui disse più seriamente: «Oh, dannazione, troppo, troppo - Thorin? Doyarzirikhab?»

Con le lacrime agli occhi, Thorin riuscì a gracchiare: «La tua vendetta è totale e devastante. Bilbo, ti amo, ti amo - quanto vorrei...!»

«Shhh, lo so» Bilbo gli fece un piccolo sorriso, e fece scivolare le mani sul tavolo verso di lui, i palmi verso l'alto «Lo so. E anche io. Anche io.»

«Anche tu hai sofferto» disse Thorin, e spinse avanti le mani a sua volta per posarle su quelle dello Hobbit, lasciandole solo un soffio sopra di esse «Anche tu rimasi solo. Tu seppellisti e nascondesti il tuo dolore, io soffocai sotto il mio.»

«E anche quello, lo so. Nella pancia e nelle ossa» mormorò Bilbo.

Thorin fissò le loro mani, e voleva - oh voleva -

«Thorin?»

Fíli era alla porta, e stava guardando Thorin con una certa preoccupazione. Thorin riprese controllo di sé con molto sforzo. «Unday» disse, e si spinse via dal tavolo «Cosa c'è?»

«Sono al Brandivino» disse Fíli, continuando a guardare Thorin in modo strano. Evidentemente decise di lasciare perdere, perché andò avanti. «Gandalf li ha lasciati ai limiti della Contea: apparentemente c'è un qualche antico spirito della foresta vicino con cui desidera parlare, e quindi gli Hobbit stanno andando avanti senza di lui. Ma ci sono guai, sembra. La Contea è cambiata.»

«Cambiata?» Bilbo si alzò, gli occhi enormi «Cambiata come?»

«Va avanti» disse Thorin, e la vecchia urgenza lo strinse. No, l'ombra era andata. Era andata.

Temo che distruggere ogni sua opera sarà un lavoro di molte Ere ancora aveva detto Thranduil.

Dannato lui per avere ragione, pensò Thorin, mentre Fíli ricominciava a parlare.

«C'è un posto di guardia dall'altra parte del Ponte, e un brutto, cupo cancello. Un sacco di Uomini in giro - si chiamano “Guardacontea”, ma io pensavo che i Guardacontea della Contea fossero come i nostri protettori della legge, guardie con il compito di mantenere la pace e assicurare la giustizia. Questi sembrano dei ruffiani assoldati dalle lande, e la loro gioia più grande sembra essere spaventare e sottomettere gli Hobbit.»

Il suono spaventato di Bilbo fu molto, molto forte.

«Non è tutto» disse Thorin, osservando Fíli. Suo nipote deglutì, e annuì.

«Si sono accampati in un'orrenda piccola stazione di guardia lungo il Brandivino per la notte. Tutte le locande sono chiuse ora. Sam ha incontrato un suo vecchio amico, e hanno parlato per un po'. Sembra che questi Uomini siano arrivati solo qualche mese fa, e tutto ha iniziato a cambiare da allora. Tutto il cibo ora è “raccolto” e “condiviso” - solo che non c'è molta condivisione in giro, e un sacco di raccoglimento. Non c'è erbapipa, né birra. Tutta viene mandata al Sud in carri: è così da quasi un anno. Il cugino di Frodo Lotho Sackville-Baggins sembra essere dietro tutto questo, dominando tutta la Contea da Casa Baggins: si sta comprando tutti i mulini e le fattorie, e assume tutta quella Gente Alta come guardie. L'acqua è inquinata a Sarnoguado, e apparentemente è anche peggio su a Hobbiton.»

«Cosa sta facendo Lotho?» esplose Bilbo «Lobelia è una vecchia arpia, ma nemmeno lei lascerebbe che suo figlio si comporti così! E il Sindaco? Di certo il giovane Piedebianco starà fermando tutto questo! E la gente di Buck e i Tuc?»

Thorin non poteva ripetere tutto quello. «Perché gli Hobbit non stanno lo stanno fermando?» domandò.

«Perché il minuto in cui parlano, li gettano in un cella» disse Fíli, facendo una smorfia «Il vecchio Sindaco è stato il primo, ha detto l'amico di Sam. È stato tenuto prigioniero nei suoi uffici per mesi, e chiunque segua il suo esempio si può unire a lui. Le chiamano le “Cellechiuse”.»

«Nella Contea!» disse Bilbo, sputacchiando per la rabbia «Disgustoso! Ignobile! Inaccettabile!»

«Calmati, âzyungelê» disse Thorin, senza distogliere lo sguardo da Fíli. Il giovane Nano batté le palpebre, ma poi capì che cosa stava succedendo e si rilassò. «Dimmi altro, se puoi?»

«Suppongo tu non sia solo, allora» disse Fíli, alzando un sopracciglio.

Thorin inclinò la testa.

«Spiega la tua espressione quando sono entrato, suppongo» Fíli si passò una mano fra i capelli, spettinandosi le trecce «Devo ammettere, la Contea è l'ultimo luogo dove mi sarei aspettato di incontrare tanta bruttezza. C'è un pugno di ferro ovunque uno guardi. Ci sono un sacco di leggi, e sono attaccate su ogni porta e muro, e secondo tutti diventano sempre più lunghe ogni giorno che passa. Gli Hobbit hanno troppa paura per parlare di ciò che succede, e ci sono persino alcuni che ne sono felici. Sai il tipo.»

«Orridi piccolo pomposi egocentrici, innamorati di se stessi» ringhiò Bilbo «Persino nella Contea ci sono alcuni a cui piace mettere il naso negli affari degli altri, spiando e pavoneggiandosi e minacciando, triste a dirlo.»

«Chiunque può diventare così, Bilbo, persino gli Hobbit» disse Thorin tristemente «Grazie, Fíli. I viaggiatori stanno bene?»

«Tristi e arrabbiati, ma sani nel corpo» Le spalle di Fíli si abbassarono «Alcuni Hobbit e Uomini sono diventati informatori della gente di Sharkey - Sharkey, quello è il nome del nuovo Capo, così Nori ha sentito. Avranno raccolto abbastanza dei Ruffiani per domattina da andare ad arrestare Frodo e i suoi amici.»

Bilbo sibilò in completa furia.

«Sam si prenderebbe cura di ogni singolo di loro» disse Thorin, accigliato.

«Sam è furioso, aye. Ma Merry e Pipino lo sono ancora di più» Fíli improvvisamente rise, asciutto e amaro «Tutta quell'acqua degli Ent! Quelle vili canaglie non sanno cosa fare con degli Hobbit tanto stranamente alti, forti, vestiti in armatura e con spade affilate nelle loro mani!»

«Bravi ragazzi!» Bilbo si rilassò un poco, anche se la espressione truce rimase.

«Tutto il Decumano Sud sembra voglia solo un fiammifero per prendere fuoco, se devo dire la verità» gli disse Fíli «Merry e Pipino stanno facendo un buon lavoro nel trasformarsi in fiammiferi. Stanno già parlando di armare i Tuc e i Brandybuck. Non sapevo nemmeno che gli Hobbit avessero delle armi. Beh, a parte te, Bilbo» Allungò il collo, cercando di trovare lo Hobbit spettrale.

«È dall'altra parte» disse Thorin «Bilbo? Vuoi condividere?»

«Sì, sì... Ecco. Non siamo guerrieri, di regola» disse Bilbo «Non combattiamo una battaglia dai Prati Verdi, nel 1147 nel calendario della Contea. Ma abbiamo molti archi e frecce, e tutto sommato una buona mira. E ogni contadino gira armato fino ai denti, naturalmente.»

Fíli lo guardò confuso quando Thorin glielo disse. «Contadini?»

«Non sei un fabbro, e dunque non hai mai riparato una zappa, una falce o un falcetto» disse Thorin «I contadini usano un genere di armi che farebbe vergognare la tua bella collezione, namadul

Fíli ci pensò per un momento, e poi iniziò a ghignare. «Non si renderanno conto di ciò che li ha colpiti!»

«Se riescono a far ribellare la Contea» disse Bilbo «Odio il pensiero del bel Lungacque pieno di sporco e veleno. E da Casa Baggins! Mio padre sarebbe impazzito.»

«Pace, Bilbo. Faremo ciò che possiamo, per quanto poco possa essere» Thorin guardò lo Hobbit tremante di rabbia, e lasciò che la sua bocca si incurvasse in ciò che sperava fosse un sorriso rassicurante «A volte tutto quello che possiamo fare è metterci in mezzo, ma potrebbe essere abbastanza.»

«Speriamo» disse Bilbo cupo.


«Fuori dai piedi! Fuori dai - è successo? Sta bene?» disse Bombur, sgomitando per far spostare Ori in un'insolita dimostrazione di maleducata fretta. I suoi occhi erano enormi e cerchiati, e si stava torturando le mani.

«Non ancora» gli disse Bifur, e Bombur si alzò la pesante treccia per masticarla in ansiosa preoccupazione.

«Calmati, Bomburuh» gli disse Genna, ma dal modo in cui lei stava giocherellando con il suo grembiule, le sarebbe probabilmente servito il suo stesso consiglio «Si prenderà il suo tempo, come hanno fatto i tuoi.»

«Non Bomfrís» disse Bombur, scuotendo la testa «Lei è stata rapida come un battito di ciglia: impaziente di vedere il mondo, era.»

«Shh, calmati» disse Bomfur, e tolse la treccia dai denti di suo figlio «Siamo tutti qui ad aspettare. Dunque aspettiamo.»

«Non c'è molto che possiamo fare per aiutarli, in ogni caso» aggiunse Bifur.

«Io sono ottimo nell'aiutare persone sotto sforzo, ricordatelo» disse Bombur, soffiando a suo cugino. Bifur alzò le mani in segno di resa, e Ori gliene prese una e la strinse fra le sue.

«Pazienza» disse Genna «E non ti masticare i capelli, gnocchetto.»

«La mia bambina» gemette Bombur, e poi si gettò per terra e si strinse le ginocchia fino a farsi sbiancare le nocche «Non lo sopporto. Odio vederli che soffrono...»

«Buona cosa che tu non sia lì ad aiutarla allora» mormorò Ori sottovoce, prima che una serie di invettive particolarmente feroci giungessero da sotto la porta chiusa «Aaaaaahia.»

«L'Elminpietra è lì dentro, no? Farà meglio ad esserci» disse Bombur, ansimando.

«Il mio ragazzo sa cos'è importante» giunse la voce tesa di Dáin dall'altro lato della sala. Era seduto accanto a sua moglie, sembrando esattamente come se fosse ancora vivo e con lei, se non per il debole alone di luce stellare attorno alla sua forma. «È con lei da quando è iniziato, facendola camminare finché lei non riusciva più a farlo.»

«Bene» disse Bombur, e i due quasi nonni si scambiarono uno sguardo pieno di preoccupazione.

«La tua ragazza è una dura» disse Dáin, basso e ruvido «Starà bene.»

«Hai visto quanto grossa era diventata, però» disse Bombur, e distrattamente si portò di nuovo la treccia ai denti. Genna gliela schiaffò via. «Alrís non era mai stata tanto grossa, nemmeno con Barur, e lui era una bambino veramente grande. Ci ha messo due giorni. Due giorni.»

«Gimrís sa cosa sta facendo» disse Bifur «Ha fatto nascere centinaia di bambini. Sa ogni modo in cui le cose possono andare storte, e sa cosa fare. È la migliore che ci sia.»

«Ti sei perso un po' di fuochi d'artificio» disse Ori «Il Re ha fatto camminare e camminare Bomfrís, incoraggiandola tutto il tempo, sai. Poi lei alla fine è esplosa - ha urlato che non avrebbe fatto un altro maledetto passo, che lui si poteva prendere le sue belle paroline dolce e mettersele-»

Dáin ridacchiò, anche se era teso e rigido. «Maledizione, mi piace lei. Bombur, mi piace lei.»

Non c'era solo Thira nella stanza; altri del mondo vivente erano con lei. Barís, Barur e Alrís erano lì, e Dís era seduta in una poltrona accanto al fuoco con una coperta in braccio. Stava osservando le fiamme con un'espressione lontana negli occhi rugosi.

I suoni nell'altra sala divennero più intensi, e Ori spinse il viso contro il petto di Bifur. Tutti rimasero in silenzio, cercando sia di ascoltare e di chiudersi le orecchie al tempo stesso.

Poi la voce di Gimrís si levò sopra i singhiozzi tremanti, deboli di Bomfrís, seguita da un urlo di sorpresa e gioia dell'Elminpietra.

Bombur e Dáin si alzarono all'unisono. «Cosa» dissero insieme, ma furono zittiti da un debole, acuto vagito.

«Mi targê, è qui» disse Thira, e il suo mento tremò «Oh, grazie a Mahal, è qui senza problemi.»

«Non erano gli unici preoccupati, sembra» disse Bomfur, facendo un cenno verso Thira.

«Non ero preoccupato» disse Bombur rapidamente. Ori represse una risatina.

La porta di aprì, e l'Elminpietra ne uscì con passi lenti e cauti, le mani avvolte attorno a un piccolo fagottino. «Io...» disse, e il suo volto era così profondamente gioioso che fece salire le lacrime a vari paia di occhi «Vi presento la nostra creatura.»

«Oh» disse Thira, piano e con meraviglia «I capelli.»

«Capelli rossi» ansimò Bombur, e scoppiò in lacrime «Capelli rossi!»

«Certo che sono capelli rossi, cosa sono io, una qualche bellezza bionda?» disse Dáin in tono piuttosto strozzato.

«Bomfrís?» chiese Alrís.

«Sta bene, mi ha quasi rotto una mano e le orecchie» disse l'Elminpietra, sorridendo come il sole.

«Ebbene? Come lo chiamiamo?» disse Barís, dondolandosi impazientemente da un piede all'altro «E posso tenerlo in braccio?»

L'Elminpietra andò molto lentamente verso Dís, e si inginocchiò davanti a lei con il suo piccolo, prezioso carico. Dolcemente mise il neonato in braccio a Dís, e guardò l'anziana Lady con occhi luccicanti. «Il nome di lei» disse, e Dáin inspirò improvvisamente «è Dís figlia di Bomfrís. Mia erede, e futura Regina di Erebor.»

Dís lo guardò senza parole, e poi guardò la sua omonima. Il suo volto si deformò mentre cercava di controllare le sue emozioni. Le ci vollero vari respiri profondi perché potesse parlare.

Poi alzò una mano rovinata e toccò la morbida pelle della guancia della neonata. «È bellissima, Thorin. È davvero bellissima.»

«Oh. Per la riga del culo sudata di Durin, sto per svenire» disse Dáin debolmente.

«Linguaggio» esclamò Genna, asciugandosi gli occhi con l'orlo del grembiule.

«È così perfetta, guardatela, guardate il dono del nostro Creatore a loro» singhiozzò Bombur «Dísith, piccola bellissima Dísith! Ah, ha una voglia color rubino sulla guancia, guarda! Dáin, guarda!»

«Aye, la vedo, e a forma di corvo. Farà felice la tua ragazza» Dáin trascinò Bombur in un enorme abbraccio «La nostra nipotina Dísith!»

In quel momento un debole gemito venne dalla porta aperta, e la testa di Dís si alzò. «Bomfrís» disse.

«Oh per la barba di Durin» disse l'Elminpietra, impallidendo drammaticamente sotto le basette, e si alzò e mezzo corse, mezzo barcollò di nuovo nella sala.

Dietro di lui, la stanza era divisa fra terrore e gioia, ronzante in modo febbrile. Dís strinse la bambina fra le braccia, il respiro le si mozzò fra i denti. Thira andò da lei e le strinse la spalla. «Starà bene» sussurrò Thira «Starà bene.»

«Dovrei andare dentro, le serve sua madre» si agitò Alrís, tirandosi le trecce.

«Ci ha chiesto di aspettare» disse Barís, gli occhi serrati e il labbro morso a sangue «Ci ha chiesto di aspettare qui.»

«Ha imprecato in ogni modo nel dirci di non entrare» aggiunse Barur, tremando.

«Hai un pasto pronto per lei, vero?» Alrís si allungò e strinse la mano di suo figlio. Lui ricambiò la stretta.

«Il suo preferito» promise.

Il volto di Barís si alzò, gli occhi ancora chiusi. «Tutti i corvi sono in silenzio» sussurrò. La sua bellissima voce era piena di paura.

«Tuäc non aspetterà» disse Thira «Quell'uccello si preoccupa di Bomfrís come fosse un suo pulcino.»

«Lasciatemela vedere» disse Barur improvvisamente, e si chinò per strofinare i suoi enormi baffi sul viso della neonata. Dísith sembrava starsi facendo un pisolino, la pancia piena del suo primo latte. I suoi pallidi occhi azzurri era socchiusi, e la voglia sulla sua guancia di colore molto acceso. «Ciao, cuginetta. Non venire a nasconderti nella mia cucina, tesoro, sei abbastanza piccola da starci in una pentola!»

«Barur, davvero» sbuffò Alrís, ma anche lei si chinò sulla piccola e un'espressione dolce le attraversò il viso «Che piccola gemma che sei, come tua mamma. Guarda che occhi! Pensate rimarranno blu quando crescerà?»

Dís guardò Thira. «Suppongo potrebbero. Sono tipici di famiglia, dopotutto.»

Thira sorrise, con un po' di tristezza, ma onestamente. «Aye. Sarebbe felice di vederli, so che...»

Bomfrís urlò.

«Mahal abbi pietà» sussurrò Dís.

«Che diavolo...?» giunse la voce stupefatta dell'Elminpietra, seguita da un acuto strilletto di Gimrís.

«Che succede ora, dannazione - non lo reggo più!» gemette Dáin «Se non fossi già morto, mi si sarebbe fermato il cuore per la tensione ormai!»

Thira fu la prima alla porta. «Thorin!» urlò, ansiosa.

«Io - va tutto bene, sta bene» rispose lui, una nuova e incredibile gioia nella sua voce.

«NON VA TUTTO BENE - MALEDIZIONE - NON STO BENE - DANNAZIONE, È UNO STRAMALEDETTO BUGIARDO!» giunse l'urlo furioso di Bomfrís.

«Sta bene» disse Alrís, rilassandosi di colpo e sorridendo sollevata.

«Ma voi non ci crederete» disse Gimrís, e la sua testa apparve dallo spiraglio della porta «Ce ne sono due.»

«Due!?» disse ogni voce in uno perfetto, confuso coro.

«Ma - non ci sono mai stai Nani gemelli prima» disse Ori «Mai. Proprio mai.»

«Di cui noi sappiamo, quantomeno» disse Dáin, fissando il punto in cui la testa di Gimrís era scomparsa di nuovo, chiudendosi la porta dietro «Non è negli annali.»

La bocca di Bombur era spalancata, la sua treccia gli cadde dai denti con un plop.

«Due» disse Dís, debole, e guardò la piccola neonata fra le sue braccia «Due.»

«Non ci credo, non...» Dáin scosse la testa spettinata, e una grossa lacrima di felicità scese lungo la sua guancia «Non ci credo per nulla. Che benedizione!»

«Non penso Bomfrís sarebbe d'accordo con te, in questo momento» disse Genna secca.

Non passò molto prima che giungesse un nuovo pianto, acuto e stridulo, riempiendo la stanza. «Sarà meglio che non ce ne siano tre, o me ne vado» disse Bifur «Mahdel, a tutti a due» disse a Dáin e Bombur, che avevano le braccia uno attorno alle spalle dell'altro, sdraiati sul pavimento.

«Due!» urlò Dáin, ubriaco per la gioia «Ah, berrò fino a non sentirmi le gambe stanotte! Aspetta, aspetta un attimo, quella era buona - Bombur - non sentirmi le gambe, l'hai capita?»

Bombur ululò di risate, asciugandosi la faccia con la manica.

«Coppia di idioti» sospirò Bomfur, sorridendo a scuotendo la testa.

Passò un po' prima che Gimrís aprisse di nuovo la porta, senza il grembiule e coi capelli legati indietro. Il sudore le copriva la fronte. «Ebbene, è stato indubbiamente interessante» disse, col suo solito umorismo secco «Tutti stanno bene qui?»

«Penso Dísith potrebbe volere sua madre a qualche punto, ma stiamo bene» disse Dís.

«Penso sia molto comoda dove sta ora, veramente» mormorò Thira «Non ha pianto una volta, Gimrís.»

«Aye, è una dura, lei» disse Gimrís, e toccò con un dito la voglia a forma di corvo sulla sua guancetta morbida. La bocca di Dísith si aprì per un momento, prima che lei facesse un piccolo sospiro e si addormentasse più profondamente. «Bene, perché le servirà. Suo fratello è... ecco. È un po' una sorpresa.»

«Direi» disse Barís, ridendo «Gemelli! Solo nostra sorella avrebbe potuto fare una cosa del genere!»

«Lei sta bene, vero?» chiese Alrís, le mani strette insieme.

«Sta bene. Dà da mangiare all'altro» disse Gimrís, e raddrizzò le spalle. C'era uno strano pallore sul suo volto. «Gli sto... dando un po' di tempo con lui. Riporterò indietro Dísith ora, così può stare col suo gemello.»

«Hanno deciso che nome dargli?» chiese Dís, alzando dolcemente la bambina.

«Non serve» disse Gimrís con uno sbuffo.

Dáin fece un suono che sembrava un maiale con la tosse. «No» disse, ansimando. La sua mano si alzò di scatto e strinse il braccio di Bombur in una presa di ferro. «No!»

Dís e Thira parvero capire cosa stava dicendo Gimrís; i loro volti si riempirono di meraviglia, gli occhi tondi e increduli. Eppure Alrís era ancora preoccupata per sua figlia e non parve capire così in fretta. Le sue mani si poggiarono sulle sue ampie anche, la voce acuta e dura per la lunga, ansiosa attesa. «Non può dargli un nome? Ma hai detto che stava bene! Lasciami passare, giovane Nana, voglio vederla ora!»

Gimrís scosse la testa. «È stata assolutamente chiara come cristallo sul fatto che non volesse che la sua famiglia la vedesse in quello stato, Alrís. Credimi, Bomfrís sta bene. Entrambi i bambini sono nati senza complicazioni. Lei è sana e forte, e sarà di nuovo in piedi domani. E non è che non possa dargli un nome, non esattamente. No, è che ha un nome predestinato, sembra.»

Alrís aprì la bocca per litigare, ma poi comprese in un secondo, e lei dovette farsi tenere su da Barís e Barur. «Vuoi dire - ma, ma noi siamo Vastifasci!» gracchiò «Non siamo Longobarbi!»

«Sembra non importi per nulla» Gimrís si prese Dísith in braccio con un movimento pratico, cullandola distrattamente, prima di alzare la testa e dire piano, con riverenza: «i suoi occhi brillano come ithildin alla luce delle lampade, Zia Dís. Come ithildin sotto la luce della luna.»

Durin.

Il THUD! di Dáin e Bombur che svenivano entrambi doveva essere stato udito chiaramente anche nel mondo vivente.

Di fu un assoluto silenzio mentre Gimrís tornava nella stanza per riportare la futura Regina alla sua famiglia. Era qualcosa di troppo grande. Era troppo da comprendere.

Dís iniziò a ridere, gracchiante e fuori esercizio. «Ve lo immaginate» disse a Thira e Alrís, e allungò le mani verso entrambe «Ve lo immaginate quanto sarebbero orgogliosi?»

«Oh, Creatore, sarebbe insopportabile» ansimò Thira.

«Correrebbe in giro per le strade, cantando a pieni polmoni» aggiunse Alrís, ridendo.

«Regina Dís, e Durin il Senza Morte» disse Bifur, e barcollò un poco. Era - era mastodontico. La forma del futuro era lì, ed era davvero grandiosa. «M'immu Durin!»

Ori borbottò: «Ebbene, suppongo ciò voglia dire che Dáin II dovrà fare attenzione a chi userà nelle sue imprecazioni d'ora in poi.»


«Dunque questa è Cranarana» disse Nori, guardando il piccolo villaggio «Il nome gli si addice, suppongo. Piena di rospi gonfiati.»

«Sii gentile, Nori» mormorò Fíli.

«Io sono l'immagine della generosità di spirito, grazie molte» Nori tirò su col naso «Ma guarda, la strada è sbarrata! Ho viaggiato molto per la Contea, e mai aveva visto una strada sbarrata prima.»

«Giorni nervosi» disse Fíli.

«Altri Guardacontea» aggiunse Kíli, guardandoli storto.

«Ma niente Uomini: solo Hobbit» disse Fíli, studiando il gruppo dietro la barriera. Aveva un grosso cartello con le parole “STRADA CHIUSA” dipinte sopra; probabilmente la pittura era ancora umida. «Hobbit con dei bastoni.»

«E penne nei cappelli» disse Nori, sembrandone piuttosto divertito.

«Un sacco di penne - le penne sembrano di moda» disse Kíli, facendo un cenno verso uno Hobbit con due lunghe penne nel cappello. Lo Hobbit stava cercando di sembrare molto importante e serio, ma più che altro sembrava molto spaventato.

«Che significa tutto ciò?» disse Frodo, fermando il suo pony. Il suo tono era strozzato, come se anche lui stesse trattenendo le risa.

«Ecco che cos'è, signor Baggins» disse lo Hobbit con le due penne. Sembrava il capo del gruppo. «Siete arrestato per Violazione dei Cancelli, Distruzione di Regole, Assalto ai Guardiani dei Cancelli, Pernottamento negli Edifici della Contea senza Permesso, e Corruzione di Guardie con Cibo.»

«C'è altro?» disse Frodo.

«Questo può bastare, per il momento» disse il capo dei Guardacontea.

«Io potrei aggiungere altro, se vuoi» disse Sam «Insulti al vostro Capo, Desiderio di Prendere a Pugni il suo Viso Pustoloso, e Certezza che voi Guardacontea avete l'Aria di un Sacco di Idioti.»

«Sam Gamgee, Nano Onorario» sospirò Fíli, sorridendo mentre Kíli ridacchiava.

«Basta così, Messere» disse lo Hobbit con le due penne, cercando di suonare severo. Non stava funzionando molto. «Per ordine del Capo, dovete seguirci in silenzio. Vi porteremo a Lungacque e vi affideremo alle guardie del Capo; e quando egli si occuperà del vostro caso, potrete dire la vostra. Ma se non volete restare nelle Cellechiuse più del necessario, vi consiglio di piantarla con le chiacchiere.»

Ci fu una pausa.

Poi per la delusione dei Guardacontea, i quattro viaggiatori scoppiarono in ululati di risa. «Non essere assurdo!» ansimò Merry.

«Tutti sembrerebbero assurdi con un cappello così» disse Pipino, ancora ridacchiando.

«Basta con questo. Vado dove mi pare, e quando più mi garba. Si dà il caso che io sia diretto a Casa Baggins per affari, ma se insisti ad andarci anche tu, è affar tuo» disse Frodo fermamente.

«Benissimo, signor Baggins» disse quello con due penne, aprendo la barriera «Ma non dimenticate che siete in arresto.»

«Non lo dimenticherò» disse Frodo «mai. Ma forse ti perdonerò. Ora, venite - se riuscite a starci dietro!»

Fu una processione piuttosto comica quella che lasciò il villaggio. Circa una dozzina dei Guardacontea furono assegnati all'incarico di scortare i “prigionieri”, ma Merry li fece marciare avanti, mentre lui e i suoi amici cavalcavano dietro, ridendo e parlando. La gente venne a fissare a bocca aperta la processione che passava per la Contea: i Guardacontea che marciavano a passi pesanti, cercando di sembrare seri e importanti, e i quattro avventurieri che cantavano e chiacchieravano a loro agio.

Frodo era più silenzioso degli altri tre, e osservava il paesaggio e i suoi mutamenti con sguardo triste e pensieroso.

Avvicinandosi a Lungacque, i Guardacontea infine si arresero. Ansimanti e con le facce rosse, si piegarono appoggiandosi alle loro ginocchia col sudore che gocciolava dalle loro fronti.

«Venite con calma!» disse Merry «Noi andiamo avanti!»

«State infrangendo le norme, ecco cosa» disse lo Hobbit con due penne sconsolato «E io non posso risponderne!»

«Romperemo molte altre cose, e non ti chiederemo di risponderne» disse Pipino, facendo un saluto insolente «Buona fortuna a voi!»

Continuarono lungo strada a un buon trotto, ma le conversazione presto terminarono mentre i danni aumentavano e aumentavano. Il fumo avvelenava l'aria, e c'erano meno alberi ovunque loro guardassero. Infine arrivarono in cima all'altura, e lì si fermarono in completa disperazione. Bill sbuffò, scuotendo la testa contro le redini.

«È... tutto scomparso» disse Merry, debole.

«Proprio come vidi nello Specchio della Dama» sussurrò Sam.

I buchi Hobbit erano spariti, ed anche molte case. Piccoli giardini erano stati sradicati e calpestati, i loro accesi colori perduti. C'era una fila di nuove brutte case di mattone dove un tempo era stato un viale alberato. L'acqua del Lago scintillava dell'arcobaleno scuro di sostanze oleose.

Su quella scena terribile dominava il Colle, e Casa Baggins. C'era un brutto camino di mattoni costruito dove un tempo vi era la vecchia quercia, e vomitava fumo nell'aria.

Sam era inconsolabile. «Padron Frodo!»

«Lo vedo, Sam» rispose Frodo, duro e rassegnato.

«Io vado avanti, padron Frodo!» urlò «Hanno distrutto la vecchia strada, guardate! Voglio vedere cosa sta succedendo. Voglio trovare il mio Gaffiere.»

«Aspetta un attimo» disse Pipino, facendo un cenno verso un gruppo di Uomini che si stavano rilassando e fumando vicino alla vecchia taverna del Drago Verde - chiusa ora, sembrava, tranne che a quei ruffiani. «Ci sono brutte notizie.»

«Dove credete di andare?» disse il più grosso in un tono rumoroso e molto maleducato «La strada non continua per voi. E dove sono quei furbi dei Guardacontea?»

«Stanno venendo con calma» disse Merry «Forse un po' indolenziti. Abbiamo promesso loro di aspettarli qui.»

«Maledizione, che vi avevo detto?» disse il ruffiano ai suoi amici «Ho ripetuto più volte a Sharkey che non ci si poteva fidare di quei piccoli idioti. Avrebbero potuto mandare alcuni dei nostri.»

«Ancora Sharkey» borbottò Nori «Io lo scuoierei

«Non ci sarebbe stata molta differenza» disse Merry in tono piatto «Non siamo abituati ai predoni di questo paese, non importa le dimensioni.»

«Predoni, eh?» disse l'uomo «Faresti bene a cambiare tono, insetto. Voi piccoletti state diventando troppo sfrontati. Non affidatevi troppo al buon cuore del Capo. Sharkey è arrivato, e il Capo farà quello che dice Sharkey.»

«E cioè?» disse Frodo calmo.

«Questo paese ha bisogno di essere svegliato e messo a posto» disse il ruffiano «e Sharkey lo farà, e userà la maniera forte, se lo costringete. Avete bisogno di un Capo più grande. E ne avrete uno prima della fine dell'anno se vi saranno altri incidenti. Allora imparerete un paio di cose, piccoli topi.»

«Davvero? Sono contento di conoscere dei vostri piani» disse Frodo, e anche scambiando parole con un bandito e uno sciocco, brillava di dignità e stanca saggezza «Intendo fare una visita al signor Lotho, e sarà anch'egli interessato a conoscerli.»

Il ruffiano rise. «Lotho! Li conosce benissimo. Non ti preoccupare. Farà ciò che dice Sharkey. Perché se un Capo ci dà delle grane, noi lo cambiamo. Capito? E se dei piccoletti cercano di entrare dove non è permesso, sappiamo come impedir loro di nuocere. Capito?»

«È morto» disse Nori improvvisamente.

«Cosa?» disse Kíli, confuso.

«Hanno ucciso Lotho» disse Nori, e tirò fuori un coltello dalla punta uncinata dalla sua giacca e se lo passò sulle dita «Mi pare abbastanza chiaro. Non lo stanno tenendo come ostaggio, è morto come un sasso, e stanno usando ciò che rimane di lui per rendere le cose peggiore. E in suo nome, per di più. È particolarmente cattivo.»

«Non devi suonarne tanto ammirato» borbottò Kíli.

«Oh, non lo sono. Quello è uno sporco inganno, quello, e disgustoso e disonorevole fino in fondo. Ma è molto intelligente, devo dire» Nori fece una smorfia e alzò il coltello come se volesse molto provare il suo filo sul capo dei ruffiani «Lo rende anche peggiore, in un certo senso.»

«Ci sono inganni onorevoli?» chiese Kíli ad alta voce, ma Fíli lo fece stare zitto con uno sguardo quando Frodo iniziò a rispondere.

«Sì, capisco» disse Frodo, lentamente «Capisco innanzitutto che siete rimasti un po' a corto di notizie, qui. Sono accadute molte cosa da quando lasciaste il Sud. La Torre Oscura è caduta, e vi è un Re a Gondor. Isengard è stata distrutta. Sono i messaggeri del Re che percorrono ora il Verdecammino, e non più i teppisti di Isengard.»

L'uomo lo fissò e sorrise. «Belle parole davvero!» lo derise «Fai lo spavaldo, eh, piccolo sputasentenze? E invece, guarda un po', noi continueremo a vivere in questo piccolo paese grasso dove voi avete poltrito a sufficienza. E-» schioccò le dita davanti alla faccia di Frodo «-Messaggeri del Re! Questo è per loro! Quando ne vedrò uno, forse ci farò caso.»

Fíli era pieno di rabbia. Questa... questa feccia osava schioccare le dita di fronte al Portatore dell'Anello e insultarlo? «Lurido essere, discendente di Orchi!» ringhiò «Dannazione, vorrei tu potessi usare quel coltello, Nori!»

«Sia tu che io, capo» disse Nori, ghignando crudelmente e osservando la gola dell'uomo «Si è sentito molto ignorato, in questi ultimi decenni...»

Pipino evidentemente aveva avuto la stessa idea, perché getto via il mantello ed estrasse la spada. L'argento e il nero della livrea di Gondor brillarono al sole mentre lui sibilava: «Io sono un messaggero del Re. Stai parlando al caro amico del Re, una delle persone più famose di tutte le terre dell'Ovest. Sei un furfante e uno sciocco. In ginocchio per terra e chiedi perdono, o t'infilzerò con questa spada, terrore dei Troll!»

Frodo non si mosse, mentre i suoni delle spade di Merry e Sam che venivano sfoderate risuonavano nell'aria pomeridiana.

I ruffiani indietreggiarono. Non sembrava sapessero cosa fare con Hobbit che indossavano armatura lucide e portavano spade affilate e parlavano senza paura o ritrarsi.

«Andatevene!» disse Merry «Se importunate di nuovo questo villaggio lo rimpiangerete amaramente!»

Gli Uomini indietreggiarono, e poi fuggirono quando gli Hobbit si avventarono su di loro, e scapparono correndo lungo la Via di Hobbiton e presto non si videro più. Il suono dei loro corni risuonò poco dopo.

«Non sarà tanto facile impaurirli una seconda volta» disse Pipino, osservandoli «Avete sentito? Stanno richiamando altri dei loro compagni per aiutarli, e saranno molto più spavaldi quando saranno più numerosi. Dovremmo cercarci un rifugio per la notte. Dopo tutto siamo soltanto in quattro, anche se siamo armati.»

«Io ho un'idea» disse Sam «Andiamo dal vecchio Tom Cotton in fondo al Viale Sud! È stato sempre un tipo robusto. Ed ha una quantità di figli che sono stati sempre miei amici.»

«No!» disse Merry, rinfoderando la spada e lanciando al vecchio, rovinato Drago Verde uno sguardo triste, prima di girarsi verso i suoi amici «Non serve “cercarsi un rifugio”. È proprio ciò che la gente ha fatto sinora, e ciò che questi furfanti vogliono. Ci assalirebbero tutti insieme, ci metterebbero con le spalle al muro, e poi ci costringerebbero ad uscire, o ci brucerebbero vivi. No, dobbiamo fare immediatamente qualcosa.»

«Fare cosa?» disse Pipino.

«Sollevare la Contea!» disse Merry «Subito! Svegliare tutta la nostra gente! Vogliono un fiammifero, e prenderanno fuoco. Gli Uomini del Capo lo sanno, e cercheranno di metterci a tacere al più presto. Abbiamo pochissimo tempo.»

«Sì!» urlò Kíli.

Merry stava parlando in fretta, creando piani veloce quanto poteva dandogli voce. «Sam, tu puoi fare una corsa da Cotton, se vuoi. È la persona più importante da queste parti, e la più robusta. Pip, tu devi sgattaiolare oltre le guardia attorno a Tucboro: riporta qui i Tuc! Sveglierò io la gente di Buck. Suonerò il corno di Rohan, e sentiranno della musica nuova per le loro orecchie.»

«Io andrò con Sam, mi assicurerò che la gente di Hobbiton si raccolga» disse Fíli, quasi inciampando sulle sue parole «Nori, sta con Frodo, sei il migliore nello sgattaiolare in giro. Kee, sei il più veloce, sta con Pipino! Correte da Thorin o da me se qualcosa va male. I Tuc dovranno essere qui per domattina!»

«Certo, capo» disse Nori, e lo salutò col coltello. Kíli già stava correndo dietro la sagoma di Pipino sul suo pony.

Fíli raddrizzò le spalle e benedì la sua naturale resistenza Nanica nel notare Sam un po' più avanti lungo la strada attraverso il villaggio. Poté raggiungerlo facilmente, nonostante Sam stesse andando al trotto. Continuava a fermarsi per esclamare di un qualche terribile vandalismo, e a un certo punto quasi scoppiò a piangere.

«Non avrebbero dovuto abbattere l'Albero della Festa» disse, asciugandosi gli occhi «Padron Bilbo ha fatto il suo discorso d'addio sotto quell'albero! Vergogna a tutti loro!»

In quale momento, udirono un tremendo richiamo di un corno che risuonava nel cielo. Sopra le colline e i campi risuonò, certo lontano fino al Brandivino, se non oltre. Il pony di Sam si impennò e nitrì.

«Avanti, ragazzo! Avanti!» urlò «Torneremo presto!»

Poi sentirono Merry cambiare nota, e salì un nuovo grido, stridente e coraggioso, facendo tremare l'aria.

Sveglia! Sveglia! Fuoco, Nemici, Paura! Sveglia! Fuoco, Nemici! Sveglia!

«Il Richiamo della Terra di Buck!» ansimò Sam, e spinse Bill al galoppo. Fíli gemette e corse più veloce. «Ebbene, questo li farà uscire dai loro buchi, se nient'altro potrà farlo!»

Continuò lungo la via, e poi vi era un mormorare e uno sbarrare di porte quando passava. Gli Hobbit fecero capolino con le teste in meraviglia udendo il suono del corno, e per gli strani abiti che Sam indossava.

«Chi è là?» giunse una voce nel buio, ed era un robusto vecchio Hobbit con un paio di veri basettoni (Kíli sarebbe diventato verde come smeraldi per giorni). Stava stringendo in mano un'ascia. «Sparisci, non vogliamo i tuoi modi da ladruncolo qui!»

«Non è uno di quei ruffiani, Papà!» urlò un'altra voce «È uno Hobbit, date le dimensioni, ma vestito in modo strano.»

Alla seconda voce, Sam deglutì molto forte. Poi scese dalla schiena di Bill, e fece un passo avanti con le mani alzate e vuote davanti a lui. «Sono Sam, Sam Gamgee. Sono tornato.»

il vecchio Hobbit si fece avanti, e osservò Sam nell'aria scura del crepuscolo. «Ebbene!» esclamò «La voce è quella, e il tuo viso non è peggiorato, Sam. Ma se ti avessi incontrato per la strada non ti avrei riconosciuto, con tutte queste bardature. A quanto pare sei stato all'estero. Temevamo fossi morto.»

«No di certo!» disse Sam «E neanche padron Frodo. È qui con i suoi amici. Ed è questo il motivo del baccano. Stanno sollevando la Contea. Vogliamo far fuori tutti questi banditi, compreso il loro Capo. Stiamo incominciando adesso, signor Cotton, e apprezzeremmo il vostro aiuto a proposito.»

«Finalmente!» urlò Cotton «Da un anno ormai le mani mi prudevano, ma la gente non voleva aiutarmi. Lungacque si ribella!»

«Ma la signora Cotton e Rosie?» disse Sam.

«Perché non glielo chiedi tu stesso, Sam» disse il contadino, ghignando. Poi corse verso il centro del villaggio il più rapidamente che le sue gambe potevano portarlo, urlando: «sveglia Lungacque! Su, Hobbiton! Fuori dal letto voi lumaconi, abbiamo una Contea da salvare!»

La seconda Hobbit rimase in piedi ai cancelli della fattoria, e abbassò lo sguardo timidamente.

«Io penso tu stia bene, Sam» disse.

«Come stai, Rose?» disse lui, il cuore nella sua voce. Strisciò uno dei grossi, pelosi piedi.

«Abbastanza bene» disse lei, e alzò il mento. Aveva una grande cascata di capelli ricci, e belle, ruvide mani marroni. «Mi sto prendendo cura dei prigionieri alle Cellechiuse. Qualcuno deve dargli da mangiare.»

«Tu, che passi davanti a tutti quei ruffiani da sola per dar da mangiare ai prigionieri!» disse Sam, orripilato.

«Non iniziare, Sam Gamgee» disse lei in tono severo «Ne ho già sentite abbastanza da Papà. A vederti dubito che tu sia stato molto più al sicuro.»

«Molto meno al sicuro» sospirò Sam «Ma Padron Frodo ed io ne siamo usciti tutti interi... per la maggior parte.»

Fíli sbuffò.

«Lui sta bene?» volle sapere Rosie, e Sam alzò una spalla prima di farla ricadere pesantemente.

«Vedrai, se tutto va bene. I prigionieri...»

«Si stanno perdendo d'animo» disse Rosie, e fece un sospiro «Il sindaco, povero vecchio, Will Piedebianco, lui è stato il primo. Non vede il cielo da mesi e mesi. Hanno preso persino la Vecchia Lobelia, e alla sua età! Lei se ne girava come al solito con il suo ombrello, ma loro hanno comunque preso quella vecchietta fragile e l'hanno messa in una cella. Freddie Bolgheri non è più Grassotto Bolgheri ormai, povera anima. Io porto quello che posso con il cibo e il bucato: i ruffiani non fanno molta attenzione a noi Gente Piccola... ma non è abbastanza e si vede sulla loro pelle.»

«Ragazza coraggiosa» disse Fíli. Lui tremò all'idea di entrare in una fortezza nemica più e più volte, con l'intento di commettere piccoli, necessari atti di ribellione.

«Ma tu stai davvero bene allora» stava dicendo Rosie, giocherellando con l'ascia da legna che aveva in mano «Sia tu che il signor Frodo? Hai visto cose oscure con quegli occhi, Sam.»

«Coraggiosa e sveglia» si corresse Fíli.

«Quello è un fatto, e ce n'è stata abbastanza ormai. Non mi aspettavo di trovarne altra sul mio tappetino d'ingresso, se capisci cosa intendo. Speravo di essermela lasciata dietro. E mi sono preso cura di Padron Frodo per tutto questo tempo, lo giuro»

«Sei un bravo Hobbit, Sam Gamgee» disse Rosie, un piccolo sorriso sulle sue labbra «Vorrei che tu avessi avuto un miglior bentornato.»

«Sarà migliore, vedrai» insistette Sam «Merry e Pipino li conceranno per le feste!»

«Bene» Rosie abbassò di nuovo lo sguardo «Ebbene, uno di noi deve proteggere Mamma, dunque io rimarrò qui. Vai ora! Ma prenditi cura di te, e torna subito indietro appena hai sistemato quei ruffiani!»

Sam esitò, e poi sorrise a sua volta, stringendola la manina ruvida. «Lo farò» promise.


Portarono i carri sulle pianure, dove i fiori selvatici dondolavano la testa e le api ronzavano sopra macchie di trifoglio. Almeno trecento Nani erano raccolti insieme: minatori e divinatori di caverne, soprattutto. C'erano altri con abilità più specialistiche fra loro: fabbri e cuochi e coloro che parlavano con la pietra e altri.

Gimli guardò l'enorme, torreggiante picco con i suoi versanti boschivi, e il suo cappello di ghiaccio che arrossiva di rosa dorato nel mattino primaverile.

«C'è il mio nome là in cima, lo sai» disse, e fece un pesante sospiro.

Legolas fece scivolare la mano in quella di Gimli, e la strinse. «Lo so» disse dolcemente.

Gimli lanciò un altro lungo sguardo a Erebor, e poi si sistemò lo zaino. «Suppongo tu voglia farmi salire di nuovo su quella dannata bestia» disse, ruvido.

«Questa farsa è vecchia e noiosa, e non prende in giro assolutamente nessuno, mir nín» disse Legolas, mentre Arod mordicchiava affezionatamente la spalla di Gimli.

«Prendetevi cura di voi, tutti e due» ordinò Mizim, e spinse via Arod e sistemò la spessa giacca di Gimli sul suo petto, lisciandogliela con una piccola carezza «Tornate a visitarci presto!»

«Appena potremo» promise Legolas.

«Che non sarà per nulla presto» sospirò Glóin, stringendolo in un grande abbraccio, prima di lisciarsi i capelli e premere la fronte contro quella di Gimli e tenendola lì «Entrambi i miei figli, mi lasciano in un colpo solo? È stato abbastanza difficile quando uno era via.»

«Pa, gli serve un guaritore, e Bofur è uno dei minatori migliori che abbiamo» disse Gimrís, sporgendosi dal suo carro e allungandosi verso di lui «E qualcuno deve tenere in riga quel mulo, no?»

«Pensavo fosse il mio lavoro quello» disse Legolas piano.

«Ha, ha, siete entrambi esilaranti» borbottò Gimli «Perché ho voluto che voi due andaste d'accordo?»

Gimizh saltellò sul suo sedile, scalciando e guardandosi attorno con occhi enormi. «Allora, quando iniziamo la Missione?» disse, tirando la manica di Bofur.

«Fra poco, ragazzo» disse Bofur, con uno sguardo al cielo attraverso i suoi occhiali spessi «Aspettiamo solo che tutti si siano sistemati. Non siamo tutti efficienti come te, inùdoy.»

Non molto lontano, Thranduil tossì con educato scetticismo.

Mentre Glóin e Mizim salutavano Gimrís, Bofur e Gimizh, la rifugiata Nerachiave Kara si avvicinò ai due membri della Compagnia. Il resto della sua gente, poco meno di venti, sarebbero andati ad Aglarond con quelli di Gimli.

«Allora, questo è un addio, per qualche tempo» disse Kara. Si stava appoggiando sull'ascia da guerra dalla lunga impugnatura di Orla: un regalo, da sua zia. «Vi farò sapere quando sarà sicuro.»

Gimli le strinse l'avambraccio e picchiò insieme le loro fronti. «Aye, e spero che voi siate al sicuro» disse, piano «Ma sei in buona compagnia: mi fido di Jeri figliu di Beri, è unu vecchiu amicu e lu migliore della guardia del Re dopo Dwalin. Non ti deluderà.»

Kara lanciò uno sguardo a Jeri, che stava dicendo addio alle sue madri. «Non capisco ancora perché unu Longobarbu di Erebor e un Elfo di Boscoatro vogliano venire agli Orocarni con me.»

«Perché certe cose sono durate troppo a lungo, e il male in questo mondo è una di quelle» Laindawar sapeva muoversi silenzioso come un gatto, anche in armatura, e fece un cenno distratto a Gimli prima di parlare a Kara. «È un problema per te, Principessa?»

Lei lo fulminò. «No, ma è un problema che tu mi chiami “Principessa”. Quello è- quello era il titolo di mia zia.»

«Ed ora è il tuo» disse Gimli, alzando un sopracciglio.

L'espressione di lei divenne solo più truce, ma lei non protestò.

«Non so dire quanto potrò essere utile, ma non posso rimanere senza fare nulla» disse Laindawar, e guardò verso Est «Ho visto la mia casa essere ripulita dalla feccia di Sauron. Perché non dovrei desiderarlo anche per altri?»

«Farete fatica a tenerlo sotto copertura» mormorò Legolas a Kara, che sbuffò forte «Inizierà a pugnalare i membri del Culto dal primo giorno.»

«Mm» Lei guardò Laindawar, prima di fare un cenno a Jeri che si stava avvicinando. «Ebbene, andiamo» disse loro «È una lunga strada fino a Ghomal.»

Jeri diede di gomito a Laindawar, che alzò gli occhi al cielo. «Pronto per andare a cambiare il mondo di nuovo, Altezza?»

«Avevi ragione» disse Laindawar nel suo modo brusco e superiore «Tu sei davvero persistente.»

Se ne andò, e Jeri ghignò.

«Dannazione, sarà divertente viaggiare con lui. Gimli, mahzurulmi astû sigin'aimu nusus. Buon viaggio»

«Anche a te» rispose Gimli, e si abbracciarono prima che Jeri li salutasse e corresse dietro Laindawar.

«I miei compagni di viaggio» sospirò Kara.

«Andrà tutto bene, bambina» disse Ashkar, e si abbracciarono per un momento silenzioso. Ashkar sussurrò all'orecchio di Kara, e lei annuì una volta. Poi lei baciò la fronte di id, prima di guardarlu in faccia con occhi lucidi.

«Mi mancheranno tutti i tuoi consigli e le tue lamentele» disse.

«E a me mancheranno tutte le scenate e sciocchezze impulsive» rise id «Vai, ora! Ti aspettò ad Aglarond.»

«Muoviamoci, ANDIAMO!» urlò Gimizh, che vibrava di eccitazione. Il suo strillare spaventò il pony, che saltò e fece alcuni passi avanti.

«Gimizh ha fatto la decisione, suppongo» sospirò Gimli «Meglio metterci a muovere prima che il sole sia troppo alto.»

«Devi addestrarlo ad essere tuo erede» sussurrò Legolas, e Gimli gli pizzicò il gomito.

Thranduil cavalcò avanti sul suo cervo. Le sue corna facevano grandi ombre sull'erba. «Verrò con voi, fino alle mie sale» disse «Possiamo mostrarvi sentieri sicuri attraverso Boscoverde. Dirò a Galion di prepararvi delle provviste» Esitò, e poi aggiunse dolcemente: «in dei barili, magari.»

Gimli lanciò al Re Elfico un'occhiata truce. Thranduil non tradì alcuna emozione, e il suo sguardo era freddo.

Poi Gimli scoppiò in una sonora risata. «Oh, sono certo che stavate morendo dalla voglia di dire qualcosa del genere!» esclamò.

Sia Glóin che Bofur avevano la faccia di qualcuno che ha appena morso un'arancia solo per scoprire che era in realtà un limone dipinto di arancio.

Laerophen disse, piuttosto perplesso: «non siete... arrabbiati?»

Glóin strinse le labbra. «No» disse, sbuffando un po' nella barba «Furono gli Elfi a permetterci di scappare in quei barili, dopotutto.»

«Non abbiamo mai lasciato che Galion se ne dimenticasse» disse Laerophen.

«Andiamo, andiamo, vieni qui!» urlò Gimizh, e diede delle pacche al sedile di fianco a lui. Gimrís, stringendo le redini, sbuffò infastidita, ma fece spazio così che l'Elfo potesse salire.

Bofur incitò la sua capra spelacchiata, e la lunga lenta fila iniziò a muoversi dietro il carro di Gimrís.

«Prendetevi cura di voi!» urlò Mizim ansiosa, mentre Legolas tirava Gimli su sulla sella di Arod «Mangiate bene! Non scordatevi di scrivere!»

«Lui ha fatto già abbastanza danni con le lettere!» urlò Gimrís di rimando «Scriverò io

«Gimrís, perché stai venendo?» gemette Gimli, e lasciò ricadere la testa contro la schiena di Legolas.

«Allegro, testa di troll, sei un vero Lord ora» gli disse Gimrís, schioccò le redini. Il carro iniziò a muoversi lungo la pianura verso Dale, e poi più a sud.

«Montagne Bianche, arriviamo» borbottò Gimli. Lanciò un ultimo sguardo a Erebor, alta e magnifica nella luce del primo mattino. C'era una piccola figura coi capelli in piedi che si agitava follemente sui bastioni.

In risposta, Gimizh si alzò e agitò entrambe le braccia follemente, quasi volando giù. «Piccolo Thorin, non osare dimenticarmi! Sono ancora il tuo migliore amico!» ululò.

Piccolo Thorin agitò solo di più le braccia. «NON METTERTI NEI GUAI, GIMIZH!» ruggì con tutta la sua giovane voce «NON SARÒ LÌ PER TIRARTENE FUORI!»

Gimizh continuò a salutare verso la Montagna finché la piccola figura non sparì alla loro vista. E anche allora, continuò a girarsi per guardare dietro di loro.


Fu un piccolo strattone sotto il suo cuore che svegliò Thorin. Le sue palpebre si aprirono, e lui osservò accigliato il soffitto.

«Perché nel nome benedetto di Mahal sono sveglio a quest'ora dannata» borbottò all'aria. Poi lo strattone venne di nuovo.

Non la birra, di certo? Aveva bevuto una birra o due con Dáin e Bombur per celebrare le grandiose nuove che loro erano i nonni di Durin il Senza Morte. La settima venuta! Thorin stava ancora cercando di razionalizzarlo. Le cose si erano fatte movimentate... ma Thorin era certo di non aver bevuto così tanto. Non rispetto a Bombur, almeno, che si era addormentato nel mezzo della Sala Lunga, le gambe e le braccia aperte a stella marina sul pavimento, un sorriso ubriaco ancora sul volto.

Premendosi una mano appena sotto la cassa toracica, Thorin si sedette. Cercò con l'altra mano l'olio della lampada e l'acciarino sul suo comodino. Le sue dita fecero cadere per terra l'acciarino, e lui imprecò con le labbra impastate per il sonno.

La sensazione tornò ancora una volta, e Thorin gemette irritato. Era un dolore insistente, come se avesse mangiato del cibo un po' troppo piccante. Non si era ammalato, di certo? Ma nessuno si ammalava nelle Sale. Cosa stava succedendo?

Poi capì.

Ci vollero secondi per mettersi una tunica da giorno e infilare i piedi negli stivali - senza calze, e senza legarsi. Si stava ancora infilando un braccio nella maglia di morbida lana quando corse fuori dalla sua stanza e verso le silenziose, echeggianti Sale notturne. I suoi piedi si muovevano scomodamente dentro le sue scarpe, ma non vi fece attenzione mentre correva il più rapidamente possibile, il suono dei suoi passi che gli rimbalzava addosso.

Arrivò leggermente senza fiato, il battito del suo cuore forte e rumoroso nelle sue orecchie. Víli era già lì, come Frerin e Frís. Una mantello era stato poggiato sulle ginocchia di Frís.

Non parlarono. Non ne avevano davvero bisogno. La linea delle enormi, ornate, severe porte grige davanti a loro rubava ogni parola che avessero mai potuto condividere.

Vi fu un altro strattone sotto lo sterno di Thorin, più forte e insistente di prima, spingendolo verso una delle porte. Lui vi si avvicinò cautamente, il respiro ancora che gli fischiava fra i denti, e poggiò una mano sulla pietra fredda. Non accadde nulla.

«Non si apriranno finché lei non sarà pronta perché si aprano» disse Frerin, silenziosamente. Era strisciato sotto il braccio di Thorin, allontanandolo dalla porta del sepolcro. «Vieni. Gli altri arriveranno presto.»

Uno alla volta arrivarono e presero il loro posto. Frís sedeva fra Thorin e Frerin e stringeva forte le loro mani, una in ognuna delle sue, e fissava la porta come se potesse obbligarla ad aprirsi solo con la forza di volontà. Thráin camminava avanti e indietro, impaziente e tremante, Crema che gli passava fra le caviglie. I suoi piedi erano scalzi: non si era nemmeno fermato a mettersi gli stivali.

Dáin fissava il nulla, la sua camicia da notte slacciata e i capelli un disastro, la mano poggiata sulla testa di un vecchio cinghiale che sbuffava e grugniva vicino al suo piede di ferro. Hrera stava sbadigliando, la testa appoggiata alla spalla di Thrór.

Víli era davanti alle alte e silenziose porte, la fronte premuta contro la fredda roccia grigia. Fíli e Kíli lo affiancavano, supportandolo e facendosi supportare: la fronte di Kíli era premuta contro la spalla di suo padre, e Fíli aveva una manica di Kíli stretta in mano.

«Avevate ragione» disse Thorin infine nel lungo, immobile silenzio «Non c'è voluto molto.»

Thráin si fermò per un passo, e annuì. Poi ricominciò a camminare.

La notte andò avanti. Nessun suono venne dal sepolcro. Cosa le avrebbe detto il loro Creatore? Era sveglia ora, il suo nuovo corpo cieco e tremante, i suoi piedi fermi sulla pietra fredda?

Le Sale davano una sensazione grigia e vuota: i Morti dormivano mentre lei rinasceva.

Il suo interno senso del tempo iniziò a perdere la stretta sul presente. A un certo punto, Dáin si strofinò gli occhi e disse, ruvido: «Pensate che io- voglio dire, quando sono morto, è stato-»

Le prese quasi tutto lo spirito, tutto ciò che le importasse del mondo ormai, giunse il pensiero condiviso di tutti, anche se nessuno fu tanto crudele da dirlo ad alta voce. Grazie al Creatore Gimli è riuscito a tornare a casa in tempo.

«Non è stata colpa tua» rispose Frís «Non avresti potuto saperlo» Crema miagolò piano, e il maiale sbuffò; e così finì la conversazione. Il tempo tornò al suo silenzioso strisciare.

Thorin lasciò vagare la mente, aspettando. Lei sarebbe stata di nuovo giovane, come lo era Óin, i capelli folti e scuri e il volto liscio? O sarebbe stata com'era lui - quando erano morti, nel pieno della sua età, capelli che iniziavano a ingrigirsi?

Kíli spostò il suo peso e fece un suono frustrato. Fíli si strofinò gli occhi.

«Venite» si sentì dire Thorin nell'infinito silenzio. Fíli lo guardò, e poi fece un cenno a Kíli. I suoi nipoti andarono da lui senza parole, muovendosi come i fantasmi che erano. Il volto allegro di Kíli era così teso che pareva essere antico, e Fíli sembrava aver perso ogni colore - persino i suoi capelli lo facevano sembrare slavato: pittura oro che gocciolava dal vetro.

Kíli si seppellì immediatamente fra le braccia di Thorin, e Fíli si lasciò cadere accanto alle sue gambe e gli mise la testa su un ginocchio. Thorin accarezzò i loro capelli spettinati dal sonno, prima di alzare la testa e annuire verso Víli.

Lo scalpellino sorrise loro distrattamente, e fece un cenno a sua volta. «Solo una piccola porta» fu tutto ciò che disse «Una cosa così piccola.»

«In qualsiasi momento ormai» disse Thráin, e ricadde su una panca e si strofinò entrambe le mani sul volto, su e giù. Il rumore di mani callose contro la sua barba fu molto forte.

«È sempre così?» chiese Thorin alla ferma aria fredda.

«Aye» disse Frerin «Anche se a volte ci si mette di meno. Tu sei stato molto veloce, mi ricordo: volevi uscire, suppongo.»

Volevo tornare indietro, pensò Thorin.

«Ma ricorda - abbiamo visto Dáin... eh, andare? E abbiamo comunque avuto tempo di uscire dal Gimlîn-zâram e arrivare fino a qui alle grandi porte. Abbiamo dovuto persino aspettare. Lui non è stato rapido quanto te» Frerin gli sorrise debolmente.

«Ehi. Aveva un paio di cose da togliermi dal petto» protestò Dáin. In quel momento un enorme, rimbombante crack giunse dalla porta, e Víli si fece indietro rapidamente per permettere che si aprisse.

«È pronta, è-» disse, senza fiato e esaltato, e l'istante in cui furono aperte corse in un lampo, svanendo nell'oscurità oltre.

Fíli e Kíli erano un soffio dietro di lui, seguiti dagli altri. Thorin rimase indietro per un momento.

Frerin gli lanciò uno sguardo, le labbra strette. «Andiamo, nadad.»

Facendo un respiro profondo, Thorin si lanciò nella fredda, pesante aria del sepolcro. I ricordi del suo risveglio lo assaltarono in un istante: la furia impotente per l'ingiustizia di tutto, lo schiacciante dolore, l'umidiccia corsa del freddo sulla sua nuova pelle. Batté le palpebre forte. Frerin gli tirò il bracciò, e lui seguì senza protestare.

«È la prima volta che sei chiamato dentro» sussurrò «A tutti serve un momento, non ti preoccupare.»

«La mia morte è stata la prima chiamata per te?» mormorò lui di rimando.

«No. Quella di nostro padre» Le dita di Frerin si strinsero sul suo braccio, prima di rilassarsi «Eccola!»

La sensazione della presenza del loro Creatore era ancora attorno a loro, l'odore della pietra colpita da un fulmine e il gemito sotterraneo della roccia profonda. Thorin smise di farci caso quando notò la sagoma di un Nano nell'oscurità, fra le braccia di Víli.

«Io-» stava dicendo lei, e la sua voce non era più ghiaia e vetri rotti. Era di nuovo mithril, luminosa e chiara e forte. «Oh, mi sei mancato- Non potevo vederti, ogni giorno, ogni mattino - Víli, tu - e non sapevo, non fino a quel giorno, e Gimli...»

«Sono qui» singhiozzò lui, e premette baci sui suoi occhi senza vista «Sono qui, sono sempre stato qui, e ora anche tu sei qui, mia amata d'acciaio, ragazza mia, âzyungelê, - Dís - Dís - oh, mia Dís!»

«Non posso vederti, devo vederti, è passato così tanto» gemette lei. Le sue dita, nuove e tremanti, si alzarono a toccare la barba dalle molte trecce di Víli, i suoi baffi, il suo naso.

«Mamma» riuscì a dire Kíli, e Dís fece un suono, terribile a udirsi, quando i suoi figli le corsero fra le braccia e la strinsero. Le parole la abbandonarono per un momento e lei li strinse solamente a sé: suo marito preso troppo giovane, i suoi figli presi troppo giovani, il suo spirito invecchiato in solitudine e amarezza.

Infine la si poté sentir dire, piano e disperata: «Ci ho provato, oh bambini miei, quanto ho provato per voi. Ho provato così tanto.»

«L'hai fatto» disse Frís, facendosi avanti con il mantello e passandolo attorno alle spalle di Dís «Lo sappiamo. Sono così orgogliosa di te, tesoro.»

Il volto di Dís si deformò. «'amad.»

«Qui» disse Frís, sorridendo dolcemente. La sua mano accarezzò piano la guancia di Dís e la girò verso di sé. «Sono qui. I tuoi occhi inizieranno a funzionare presto, figlia mia, e quando lo faranno, potrai vedere quanto sono orgogliosa di te.»

«Così orgogliosi» aggiunse Hrera, le labbra tremanti attorno al suo sorriso «Tutti noi.»

«Nessuno più di me» aggiunse Thráin in voce strozzata «Oh, piccola pulcina notturna, mia bellissima bambina, guardati! I tuoi capelli-»

Dís si lanciò verso sua madre, le mani aperte che cercavano. «'adad? 'adad! 'adad, avevo perduto la speranza, l'avevo perduta, ho smesso di pensare a te, a tutto - mi dispiace tanto, così tanto» ansimò lei.

«No, bambina, non c'era nessuna speranza rimasta» disse Thráin, basso e dolce, e avvolse sua moglie e sua figlia nelle sue braccia e le strinse «Non è stata colpa tua. E hai continuato nonostante non vi fosse speranza. Forte come mithril e resistente sei. Nessuna corona sulla tua testa, ma una regina nonostante ciò.»

«E una Regina Dís verrà dopotutto» disse Thrór «Ha fatto bene, a dare a sua figlia il nome di una signora e eroina del suo popolo.»

Dís strinse i suoi genitori con dita d'acciaio, la schiena che tremava di singhiozzi a malapena repressi.

«Va tutto bene» disse Hrera dolcemente, e accarezzò i capelli di Dís, che erano nuovamente neri come ali di corvo «Va tutto bene. Lasciati andare.»

«Nonna» singhiozzò Dís «Oh Creatore, ero solo una bambina quando...»

«E io non potrei essere più orgogliosa di te» la tranquillizzò Hrera «Questa è una vera Nana, ho detto più e più volte. Non è così, Thrór?»

«L'ha detto» disse Thrór «Ha detto che era una benedizione che almeno una dei suoi nipoti avesse ereditato il suo buonsenso Vastifascio.»

«Sei pronta per il resto di noi, tesoro?» chiese Frís dolcemente. Dís annuì, le mani ancora strette come tenaglie.

«Ciao, passerotta» disse Thrór, e premette piano la sua fronte contro quella di lei «È passato molto tempo dai giorni in cui tenevo riunioni, e tu ti arrampicavi sulle mie ginocchia, non è così?»

Lei non riuscì a rispondere. Le sue dita lasciarono gli abiti da notte di Frís, e lei toccò il volto e la barba di Thrór con frenetica eccitazione. «Piano, passerotta. Sono qui ora, e nessuna parte di me è perduta all'oro o al dolore adesso. Ma vieni ora! Ci sono altri che aspettano.»

Frerin lanciò uno sguardo a Thorin, ma Thorin scosse la testa, muto e pieno di senso di colpa. Frerin sbuffò, ma scosse la testa e si fece avanti lo stesso. «Ciao, namad

La testa di Dís si alzò di scatto, i suoi occhi enormi e cerchiati. «Frerin» sussurrò «Io - la tua voce - mi ero dimenticata

«Penso di essere offeso, sorellina. Come se tu potessi mai dimenticarti la mia bellissima voce» la prese in giro Frerin «Soprattutto quando dice sempre cose tanto sagge.»

«Dove sei, nadad» chiese Dís, le sue guance rigate di lacrime luccicarono quando lei girò la testa da una parte e dall'altra. Thráin la sostenne quando barcollò in avanti.

«Eccomi, non mi schiacciare!» disse Frerin, e le gettò attorno le braccia. Lei sobbalzò all'abbraccio improvviso, ma subito lo strinse fra le sue braccia a sua volta. «Non riesco a credere che io abbia dovuto dire a Gimli il mio nome oscuro perché tu ci credessi! Sei sospettosa e scettica come sempre.»

«Se tu avessi vissuto il genere di promesse e speranze infrante che ho dovuto sopportare io, mio dolce solare fratello, anche tu saresti scettico di cose che sembrano troppo belle per essere vere» rispose lei.

Thorin si fece indietro alle sue parole.

Al suo fianco, Dáin lo osservò per un momento. Poi alzò la gamba e gli tirò un solido calcio nel posteriore. «Vai là, stupido imbecille nobile» grugnì.

Il sussultò di Dís fu forte. «Dáin?»

«Aye, sono qui, cugi. Scusa per quella cosa del uh... esserti morto in braccio. Ma prima che tu ti vendichi, hai un altro fratello che sta rimanendo qui fermo come un nuvolone nervoso. Gli sto solo dando un piccolo incentivo»

«Mi hai tirato un calcio, bastardo!» gli ringhiò contro Thorin. Quel piede di ferro era duro!

«Aye, e lo farò di nuovo se non vai là» disse Dáin, ghignando allegramente «Non pensare che non lo farò!»

«Thorin» disse Dís, e la sua bellissima voce di mithril tremò «Thorin?»

«Namadith» disse Thorin, la gola chiusa attorno a quella parola «Dís. Mi dispiace così, così-»

«Oh, sta ZITTO» esclamò lei, forte e dura. La sua voce echeggiò per la camera con improvviso vigore, e lei si spinse via da Frerin e Thráin e barcollò verso di lui. «Sta zitto, sta sempre zitto, e ora stringimi perché mi sei mancato! Mi è mancato mio fratello, tu assoluto bastardo, tu inarrestabile - incosciente - auto-flagellante - idiota! Vieni qui, ORA!»

Thorin deglutì a fatica, e rapidamente si fece avanti per prenderla prima che lei inciampasse nel suo mantello con i suoi goffi nuovi piedi.

Víli stava ridendo fra le lacrime. «Beh, certe cose non cambiano mai» disse, le braccia strette attorno alle spalle di Fíli. Frís stava sorridendo, i suoi occhi umidi.

«Stupido idiota orgoglioso, hai lo stesso odore di sempre» sussurrò Dís contro il suo petto «L'ho detto a Gimli allora, e lo dirò a te ora. Ti perdono, ti ho perdonato decenni fa. Dimentichi che anch'io c'ero, tutti quegli anni in cui abbiamo lottato per vivere, e sapevo cosa hai dovuto affrontare. Tu avevi ancora speranza, Thorin, e io no. Non posso odiarti per quello.»

Thorin baciò la fronte di sua sorella, e lasciò che le lacrime scorressero nei suoi scuri, scuri capelli.

«Anche tu mi sei mancata» sussurrò lui.

TBC...

Note

Parte del dialogo preso dal Ritorno del Re.

Durin il Senza Morte - i Nani credevano che il più anziano dei sette Nani originali, Durin, sarebbe stato reincarnato sette volte come Re. Finora vi sono stati sei Re chiamati Durin. L'albero genealogico della Linea di Durin di Tolkien mostra che la settima incarnazione discese da Thorin III Elminpietra, figlio di Dáin II Piediferro

Curiosità: il nome “Durin” viene dalla Völuspá, così come molti altri nome di Nani di Tolkien. Durin significa “Sonnolento”

L'adorazione di Sauron controllò Rhûn e l'Est per tutta la Terza Era. L'autrice non crede che i Nani degli Orocarni avrebbero soppiantato l'adorazione di Mahal con quella di Sauron. È stata quindi speculata un'alternativa alla classica narrativa de “gli Esterling malvagi”, per includere una ribellione nascosta

Chissà se ci sono stati mai altri gemelli Nani. Ma da una razza con basso tasso di nascite e lunghe vite, dovrebbero essere rarissimi. Se qualcuno però mai avesse gemelli, sarebbe decisamente stata una discendente di Bombur e Alris

Tutte le fanart e i lavori ispirati a Sansûkh possono essere trovati sul blog dedicato.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: determamfidd