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Autore: Signorina Granger    23/03/2017    5 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Agli occhi di molti la Cimmeria Academy è solo l'ennesima scuola privata, con le sue divise perfette e i suoi brillanti e ricchi studenti. La scuola ospita i figli delle più influenti e importanti famiglie di tutto il mondo, i ragazzi più promettenti e destinati a ricoprire ruoli di spicco nella società, come i loro genitori.
Ma mai giudicare un libro dalla copertina: la Cimmeria è molto di più e nasconde dei segreti, come alcuni suoi studenti già sanno... e presto anche altri se ne renderanno conto.
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Night School '
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Capitolo 23: Giochiamo 

 

 

Domenica 31 Gennaio, 24:30 

 

 

 

Si avvicinò al letto senza fare rumore, passandosi con stanchezza una mano tra i capelli lisci ma leggermente spettinati. Era tardi ed era piuttosto stanca... Mathieu le aveva ripetuto più di una volta di andare a dormire, ma lei si era intestardita e voleva quantomeno provare a convincere Adrianus ad andare a dormire prima di farlo a sua volta. 

 

Il ragazzo era ancora lì... in effetti non l'aveva ancora visto alzarsi o anche solo fare qualche movimento. Camila si stampò un piccolo sorriso sulle labbra mentre si avvicinava al letto, allungando una mano per sfiorare con delicatezza la spalla di Adrianus:

 

"Steb... forse dovresti andare a dormire. È stata una serata molto lunga." 

 

Adrianus si voltò verso di lei solo per un attimo, rivolgendole una breve occhiata prima di scuotere leggermente il capo, tornando a guardare Francisca. 

Era stanco anche lui e si vedeva, con i capelli castani spettinati, gli occhi chiarissimi un po' arrossati e il viso segnato dalla preoccupazione che aveva precedentemente provato. 

 

"Resto qui con lei." 

 

Camila abbassò lo sguardo sulle mani del ragazzo, trovandone una che stringeva quella più piccola e pallida di Frankie. Adrianus era seduto accanto a lei da ore, e sembrava non volersi ancora muovere. 

 

"D'accordo. Ma dormi un po'..." 

 

Non si sentiva affatto in diritto di fargli cambiare idea in quel momento, così dopo aver lanciato un'ultima occhiata alla ragazza stesa sul letto Camila mosse qualche passo indietro, sentendosi quasi in dovere di lasciare l'amico solo. 

 

Forse ne aveva bisogno in quel momento... ma lei? Voleva stare sola? 

In realtà non lo sapeva con certezza. Ma Mathieu era salito in camera sua poco prima e non voleva disturbarlo... e sfortunatamente con Francisca proprio non poteva parlare. 

Non seppe neanche perché, si mosse quasi senza pensarci. Senza rendersene conto Camila Selwyn-Holt mandò al diavolo la privacy e il fatto che forse stesse dormendo, ma si trovo davanti ad una porta bianca e bussò con delicatezza, sperando che le aprisse. 

 

Tirò quasi un sospiro di sollievo quando si trovò Mathieu davanti, altrettanto spettinato è visibilmente teso e stanco:

 

"Cami... cosa c'è? Steb sta bene?" 

"Ne dubito, ma forse ora deve stare un po' da solo con lei. Io invece non ho voglia di stare sola... posso entrare?" 

 

Mathieu annuì senza neanche esitare, spostandosi leggermente per permetterle di entrare nella sua camera. Il francese non si era nemmeno tolto la divisa, limitandosi a sfilarsi scarpe e maglione. 

 

Camila sedette sul letto dell'amico, gli occhi fissi su un punto imprecisato del muro mentre Mathieu chiudeva la porta e le si avvicinava, sedendosi accanto a lei senza dire nulla per qualche istante. 

 

"A volte mi chiedo perché il destino abbia voluto mandarci via, visto tutto quello che è successo. Forse sarebbe stato meglio restare nelle nostre vecchie scuole, a conti fatti." 

 

"Si, forse hai ragione. Forse il nostro soggiorno qui non è stato facile finora. E forse nemmeno lo sarà nei prossimi mesi... Ma non è tutto negativo. Hai conosciuto me, no?"

"Strano... ma tu pensa, ero convinto che stessi per dire "ho conosciuto te"."

 

Mathieu sorrise e Camila nonostante tutto lo imitò, appoggiando il capo sulla sua spalla prima di chiudere gli occhi, lasciandosi abbracciare con sollievo dall'amico. 

Era stata una giornata molto lunga... ma almeno era finita, fortunatamente.

 

 

                                                            *

 

 

8 ore prima, Sabato 30 Gennaio 

 

 

Era entrata in camera sbuffando, non avendo proprio nessuna voglia di fare i compiti. Certo era sabato, e aveva passato la mattina a riposarsi… ma ormai erano le 16 e lei, Faye e Phoebe dovevano mettere fine al loro tanto agognato relax. 

 

Isabelle era andata in camera per prendere i libri e raggiungere le due amiche in Biblioteca… così, quando entrò nella sua camera, puntò dritto verso la scrivania per prendere la borsa. 

 

Ci mise qualche secondo a sentirlo. 

Il rumore familiare che la fece bloccare di colpo, i sensi improvvisamente in allerta. 

 

Conosceva bene quel rumore, come chiunque altro… e non le piaceva. Perché lì dentro non l'aveva mai sentito. 

 

Isabelle rimase immobile, gli occhi verdi puntati sul vetro della finestra che le stava di fronte. 

E intanto il rumore continuava, diventando più fastidioso e assordante ogni secondo che passava… letteralmente, visto che le lancette scandivano i secondi con una precisione a dir poco snervante.

 

Tic, tac, tic, tac 

 

Dov'era?   Isabelle deglutì, abbassando lentamente lo sguardo per puntarlo sul suo comodino. Ed eccolo lì: l'orologio doppio da scacchi sembrava fissarla di rimando, mentre uno dei due quadranti era attivato. L'altro era fermo… ma le lancette erano sbagliate, puntate non sulle 16 ma sulle 21, cinque ore dopo. 

 

Isabelle mollò la borsa, prendendo lentamente l'orologio tanto familiare che era appartenuto ad Alastair e che avevano usato centinaia di volte per giocare a scacchi. 

 

Cinque ore più avanti… perché? Lei non lo aveva più usato da quando Alastair era morto. Ed era passato più di un mese… e ricordava perfettamente che quando Sebastian glielo aveva portato le lancette erano puntate sul 12 in entrambi i quadranti.

 

Qualcuno lo aveva toccato, e non era stata lei. 

 

All’improvviso l'ormai familiare sensazione di angoscia la pervase, quella tremenda sensazione di essere costantemente osservata, tenuta sotto controllo. L'idea che potesse essere ovunque, anche nel suo armadio. Che potesse comparire in ogni momento. 

 

Isabelle deglutì e lasciò l'orologio sulla scrivania quasi come se scottasse, guardando l'oggetto con orrore prima di spostare lo sguardo, certa che da qualche parte ci fosse qualcos’altro.

 

Non si sbagliava… ormai sapeva come funzionava, dopotutto. Gli occhi di Isabelle finirono su un biglietto, lasciato sul comodino. In effetti era da un po’ che non ne riceveva… per un po' si era sempre fatto direttamente vivo di persona, e poi dopo averla avvelenata non si era fatto sentire per una settimana prima di ricomparire, giusto per complimentarsi con lei per aver “saggiamente deciso di non ritirarsi” e per ricordarle cosa doveva fare. Ah, e anche per avvertirla di non dire niente a nessuno di ciò che stava succedendo, specialmente a “quel ragazzo”, che aveva identificato come Jude. 

 

Isabelle prese il biglietto con le dita quasi tremanti, strabuzzando gli occhi nel leggere quelle poche parole che quasi le mozzarono il fiato per un attimo:

 

Facciamo un gioco, Isabelle? 

 

 

Lo lasciò cadere e ritrasse le mani, iniziando a tormentarsele quasi convulsamente mentre teneva gli occhi fissi su quel pezzo di carta e un mucchio di pensieri sconclusionati le affollavano la testa senza un ordine, impedendole di pensare lucidamente. 

 

Le era sempre piaciuto giocare, fin da piccola. Ma soprattutto, ad Isabelle Van Acker piaceva vincere. Lui lo sapeva. 

Ma non aveva nessuna voglia di giocare con lui… non con le SUE regole.

Aveva la sensazione che perdere non sarebbe stato affatto piacevole. 

 

 

                                                                                     *

 

 

22:00 

 

 

“Signor Stebbins, le sembra questo il modo… Che cosa è successo?” 

 

Adrianus deglutì a fatica, fermandosi nel bel mezzo dell’Infermeria. Per un attimo rimase immobile, mentre la stanza quasi girava intorno a lui, dandogli un senso di nausea che andò a sommersi con la tachicardia che l'aveva colpito da diversi minuti.  

 

 

“Non… non lo so. L'abbiamo trovata… così.”   L'ex Corvonero abbassò lentamente gli occhi sul corpo minuto ed esile che teneva tra le braccia mentre una mano gli stringeva il braccio, quasi spingendolo verso il letto più vicino. 

 

“La metta qui. Perché è così fredda?” 

 

Adrianus, quasi in stato di trance, lasciò delicatamente il corpo di Francisca sul letto prima di lasciarsi cadere su una sedia, continuando a fissarla con gli occhi grigi vacui mentre l’infermeria allungava una mano per tastare il polso della ragazza, sfoggiando una lieve smorfia preoccupata di fronte alla pelle ghiacciata e pallidissima di Francisca. 

 

“Era nel Lago.” 

 

 

                                                                                          *

 

 

16:30 

 

 

Continuava a tamburellare le dita sul tavolo, prendere un libro, sfogliarlo, rendersi conto che era inutile, chiuderlo e continuare a muovere le lunghe dita affusolate sul ripiano di legno del tavolo. In un ciclo apparentemente senza fine.

 

In realtà Jude non stava leggendo poi granché dei libri che aveva portato su quel tavolo, in Biblioteca… lì sfogliava semplicemente, alcuni per più tempo e altri meno, cercando qualcosa che sembrava non trovarsi tra quelle righe. 

 

Che cosa cercava, poi? Ad essere sinceri, non lo sapeva bene nemmeno lui.

 

Ricordava stranamente bene quel pomeriggio, quando aveva incontrato Isabelle in Biblioteca. Lui le aveva restituito il suo album e l'aveva trovata proprio lì, impegnata nella sua medesima azione… stava setacciando i libri inerenti alla Cimmeria, alla sua storia e all’edificio. Jude aveva presi gli stessi libri, chiedendosi che cosa potesse interessarle… ma ancora non l'aveva capito. 

 

E ovviamente chiederlo direttamente a lei non sarebbe servito a nulla, anche se negli ultimi tempi qualche progresso era riuscito ad ottenerlo. Ci era voluto un avvelenamento per far ammettere ad Isabelle che agiva per ordine di un parente stretto e per il bene di sua madre. 

 

Che cosa cercava? Che cosa volevano da lei? 

 

Nei suoi ricordi quel giorno non aveva visto molto… ma ricordava perfettamente un ricordo in particolare, dove l'aveva vista parlare con suo zio, l'uomo che aveva visto anche al Ballo. Lui aveva detto qualcosa a proposito di un libro… e lei gli aveva chiesto se “non era tutta una leggenda”, se quel qualcosa esisteva davvero. 

 

C'era forse un libro che in qualche modo sarebbe potuto tornare utile a qualcuno? 

 

Jude sbuffò, chiedendosi per la centesima volta che cosa stesse succedendo proprio sotto al suo naso. 

 

Spostò gli occhi dal tomo che aveva davanti per voltarsi verso una direzione ben precisa: il Reparto Proibito. Se c'era un'altra cosa che Jude ricordava di quel pomeriggio, era ciò che lui stesso aveva detto ad Isabelle: le aveva consigliato di andare lì a cercare “qualunque cosa stesse cercando”. 

 

Forse non era una cattiva idea. Forse, in fin dei conti, doveva farlo anche lui. 

 

 

                                                                                             *

 

 

22:15 

 

 

“Che cosa è successo? Non si capisce più niente… va tutto bene?” 

 

Phoebe sollevò lo sguardo dalla tazza fumante che teneva in mano, incontrando lo sguardo di sua sorella. La ragazza si limitò ad annuire con un lieve cenno del capo, seduta su una panca e con una coperta sulle spalle:

 

“Io sto benissimo. Ma… Francisca è dentro, non so come stia.” 

 

Phoebe vide distintamente la sorellastra impallidire prima di quasi correre dentro l’Infermeria, lasciandola nuovamente sola sul pianerottolo. 

La ragazza sospirò e bevve un sorso di camomilla, continuando a chiedersi come fosse successo mentre sentiva dei passi echeggiare leggermente nell’area circolare dal soffitto a cupola.

 

Phoebe, ormai piuttosto asciutta anche grazie ad un incantesimo, sollevò nuovamente lo sguardo e sorrise leggermente nel vedere Isabelle andarle incontro. 

 

“Ciao. Cominciavo a chiedermi che fine avessi fatto.”

“Mi dispiace. Ho sentito che è successo qualcosa… stai bene?” 

 

“Io si, benissimo. Ma non so se possiamo dire lo stesso di Francisca.” Phoebe si strinse leggermente nelle spalle mentre Isabelle si fermava davanti a lei, continuando a tenere le braccia strette al petto. In effetti guardandola bene Phoebe intuì che l'amica era nervosa, preoccupata per qualcosa… sembrava che non sentisse neanche le sue parole, ma allo stesso tempo colse sincero dispiacere negli occhi verdi dell'amica. 

 

“L'hai trovata… nel Lago?” 

“Si. Alla fine è una fortuna che io sia un’ottima nuotatrice, non trovi?” 

 

Phoebe sfoggiò un sorriso tirato mentre l'amica sospirava, sedendosi accanto a lei e abbracciandola.

 

“Sono felice che tu stia bene. Quando ho sentito che una ragazza era stata trovata nel Lago ho pensato potessi essere tu.” 

“Sciocchezze amica mia, io non potrei mai annegare o simili, lo sai.” 

 

“Mai dire mai, sfortunatamente… povero Adrianus invece, come sta?” 

“Leggermente sotto shock, temo. Quando l'ho trascinata fuori dall'acqua l’ha presa in braccio senza dire niente e l'ha portata qui... gran bel modo per iniziare, non c'è che dire.” 

 

Phoebe sorrise amaramente, pensando all'incontro di quella sera, finito in anticipo e in modo decisamente inusuale… erano andati fuori a correre come sempre, anche se sia Isabelle, Jude e Francisca erano risultati assenti. Ma passando accanto al Lago, lei si era accorta di qualcosa di strano, in acqua. C'era solo da sperare che avesse tirato fuori Francisca dall'acqua gelata abbastanza in fretta… 

 

“Isabelle… all’incontro mancavate tu e Francisca, ma anche Verrater. E non vorrei sembrare paranoica, ma il fatto che fosse assente anche lui mi sa vagamente di strano… per caso oggi è successo qualcosa di cui ancora non sono a conoscenza?” 

 

Phoebe inarcò un sopracciglio, scoccando un’occhiata inquisitoria in direzione dell'amica. Isabelle esitò per un attimo ma poi annuì, sospirando leggermente: in fin dei conti era la sua migliore amica. Ed era davvero stanca di tenersi sempre tutto dentro. 

 

 

                                                                                          *

 

 

17:00 

 

 

“Fino a due settimane fa ero curioso riguardo alla Night School e tutto il resto… non fraintendermi, sono felice di esserci entrato, ma è più pesante di quanto pensassi.” 

 

“Se ti riferisci al fatto che mercoledì ti sei quasi appisolato mentre aspettavi il tuo turno per duellare…” 

 

Adrianus sfoggiò un piccolo sorriso, ricordando con sommo divertimento l'incontro di qualche giorno prima. Mathieu invece piegò le labbra in una smorfia prima di scuotere leggermente il capo, come a non volerci più pensare:

 

“Lasciamo perdere. Insomma, ci alziamo presto tutte le mattine, immagino che ci vorrà qualche tempo per abituarsi a passare un sacco di ore in piena notte a correre, duellare, tirare calci a destra e a sinistra… Chissà cosa faremo stasera.” 

 

Adrianus si strinse nelle spalle prima di lasciare i libri su un tavolo e sedercisi davanti, ricordando quando gli era stato comunicato di essere entrato nel gruppo. Era strano pensare che fossero passati solo pochi giorni… a lui erano sembrare intere settimane.

 

Da una parte ne era rimasto piuttosto perplesso, ma anche felice, quasi sollevato: finalmente Francisca non avrebbe dovuto nascondergli nulla. 

 

Naturalmente nessuno li aveva costretti, ma entrambi i ragazzi e anche Camila avevano accettato. Mathieu aveva quasi riso nel leggere quel biglietto: se solo Etienne avesse saputo… a volte il destino è così tristemente ironico. E forse se non era proprio riuscito a non rifiutare era anche per il suo defunto amico. 

 

Tutti e tre però avevano pensato la stessa cosa: forse entrando a far parte nella Night School avrebbero capito di più di quello che stava succedendo alla Cimmeria… ben presto però si erano resi conto di una cosa, ossia che anche i loro compagni che già facevano parte del gruppo non avevano le idee molto chiare. 

 

Eccetto qualcuno, certo. 

 
 

*

 

 
 

17:30

 

 

Le lancette continuavano a muoversi e lei era seduta sul letto, le gambe strette tra le braccia mentre teneva gli occhi fissi su quell’orologio. Non l'aveva mai odiato come in quel momento… e forse se non fosse appartenuto ad Alastair l'avrebbe già fatto a pezzi con un incantesimo, o lanciato fuori dalla finestra. 

 

Ma era suo. Non l'avrebbe mai rotto… non avrebbe potuto, nonostante fosse piuttosto impulsiva non sarebbe mai arrivata a tanto, anche se in quel momento sentiva un mucchio di pressione su di sé. 

Isabelle si morse il labbro, continuando a chiedersi che cosa sarebbe successo di lì a poche ore se non avesse “vinto” la partita: le lancette del secondo quadrante erano puntate su un orario… e di certo non era un caso. Aveva tempo fino alle 21, evidentemente… poi sarebbe successo qualcosa. 

 

Presumibilmente, a qualcuno. 

 

Ma ancora una volta, Isabelle non sapeva cosa fare, non aveva idea di come muoversi. Doveva chiedere consiglio, aiuto a qualcuno? L'ultima volta in cui aveva cercato di cavarsela da sola era stata quasi uccisa. 

D’altro canto però non voleva mettere nessuno nei guai… e da quando Alastair era morto temeva che potesse uccidere anche Phoebe. Difficilmente avrebbe retto, in quel caso. 

 

“Tu cosa faresti?” 

 

Il suo sussurro ruppe il silenzio, ma disgraziatamente non ottenne alcuna risposta: che cosa avrebbe fatto Al? Lo conosceva così bene che probabilmente lo sapeva da sé. 

 

Ripensò a tutte le cose che non gli aveva detto, a tutte le cose che il suo amico non aveva e non avrebbe mai saputo. Giocava a quel gioco ormai da un sacco di tempo, e cominciava ad essere davvero stanca.

 

Quasi senza pensarci Isabelle si alzò, sapendo che se non avesse “vinto” sarebbe morto qualcun altro, entro la fine della giornata. Forse proprio lei. 

 

Ci pensava da più di un'ora, ma ancora non sapeva cosa fare… a parte scegliere, forse per la prima volta, di farsi aiutare di sua spontanea volontà. 

 

 

*

 

 

“A cosa stai pensando? Si vede che hai la testa da un'altra parte.” 

 

Francisca esitò, ma poi decise di rispondere alla domanda che Camila le aveva appena fatto, entrambe comodamente sistemate sul suo letto, una appoggiata alla testiera e l'altra ai piedi del materasso. 

 

“A mio padre. Tu ci pensi mai?”

“Si, a volte. Ora forse non tanto, ma prima sì, quando praticamente non avevo idea di chi fosse.” 

 

Camila si strinse nelle spalle, alzando gli occhi dagli appunti di Storia della Magia per puntarli sull’amica, chiedendosi perché Frankie stesse pensando a suo padre: era piuttosto sicura che la ragazza non l'avesse mai nominato da quando la conosceva.

 

“Sai… forse infondo un po’ ti invidio. Insomma, forse non avete un rapporto, magari non lo avrete mai per davvero. Ma almeno lo conosci, sai chi è, e nonostante tutto lui ti ha riconosciuta.” 

“Immagino che fosse il minimo che dovesse fare, visto che era sposato…” 

 

Le parole di Camila trasudavano una nota di amarezza che fece sorridere leggermente Francisca, prima che la ragazza parlasse di nuovo:

 

“Di sicuro ha sbagliato. Ma almeno, come ho detto, ti ha riconosciuta. Io non ho mai conosciuto mio padre Cami, non so neanche di preciso chi sia… ho sempre pensato che infondo noi due siamo piuttosto simili. Forse tu mi capisci… capisci come ci si sente.” 

 

Francisca si strinse leggermente nelle spalle, abbassando gli occhi sui suoi appunti senza davvero vederli. Non ne aveva mai parlato davvero con nessuno, perché non aveva mai conosciuto nessuno che potesse capirla. Ma forse Camila sapeva come ci si sentiva. 

 

“Come se ti mancasse un pezzo, qualcosa di fondamentale. Lo so… so chi è mio padre, ma per anni non l'ho conosciuto, e tutt’ora forse non posso dire di conoscerlo. So come ti senti Frankie… Ma se può valere, sono sicura che ci hanno rimesso loro, entrambi. Non noi.” 

 

“Lo dice sempre anche mia madre… e immagino anche la tua. Ma a volte mi chiedo se crederci o meno.” 

 

 

*

 

 

Si bloccò, improvvisamente non convinta al 100% di quello che stava per fare. 

Era davvero una buona idea? 

 

Deglutì, tenendo gli occhi fissi sul ragazzo che le dava le spalle, seduto a qualche metro di distanza. 

Non le era mai piaciuto chiedere aiuto, in generale… specialmente in casi come quello. Ma forse era la cosa migliore, e sapeva che non avrebbe retto un'altra morte sulla coscienza. 

 

Così prese un bel respiro e gli si avvicinò, chiedendosi cosa gli avrebbe detto. Forse avrebbe dovuto prepararsi una specie di discorso, ma non ne aveva proprio il tempo…

 

“Jude.” 

 

Si fermò accanto al ragazzo, che si voltò per guardarla con gli occhi carichi di sorpresa. O meglio l'occhio, visto che l'altro era come sempre praticamente nascosto dai capelli neri del ragazzo. 

 

“Ciao Van Acker… a cosa devo il piacere?”   Jude sollevò un sopracciglio, ma la voglia di fare ironia gli passò non appena colse l’espressione tesa, nervosa e preoccupata della ragazza. Isabelle esitò, continuando a torturarsi le mani e distogliendo gli occhi verdi dal suo viso prima di parlare a mezza voce: 

 

“Io… Devi aiutarmi, Jude.” 

“Strano che sia tu a chiedermelo. Ma di qualunque cosa si tratti, lo sai che avrà un prezzo, vero?” 

 

Isabelle sospirò prima di puntare di nuovo gli occhi su di lui, guardandolo come s volergli dire che non aveva tempo per quei discorsi. E allora fu lui a doversi sforzare per non distogliere lo sguardo, faticando a reggere a lungo il contatto visivo con lei:

 

“Dico davvero. È importante. Non te lo chiederei altrimenti, lo sai anche tu.” 

 

Era vero, lo sapeva. L'ultima volta in cui Isabelle aveva richiesto il suo aiuto stava per morire con lo stomaco a pezzi, dopotutto.

Senza rifletterci Jude si ritrovò ad annuire, parlando con un tono improvvisamente serissimo e attento:

 

“Ok. Dimmi che succede.” 

 

 

                                                                                       *

 

 

22:00 

 

 

Aveva sentito che durante l'incontro della Night School una ragazza era stata trovata nel Lago da Phoebe Selwyn. Lui non si era presentato, quindi non aveva idea di chi fosse stato assente come lui, non aveva idea di chi potesse trattarsi. 

 

Ma ovviamente un'idea ce l'aveva, ecco perché stava praticamente correndo sulle scale per raggiungere il suo Dormitorio, rischiando di travolgere non poche studentesse ma senza fermarsi a scusarsi con nessuna di loro. 

 

Quando si fermò davanti ad una porta che non era la sua, Jude si chiese se non stesse prendendo un granchio. Non sapeva di preciso perché dopo essere stato in camera di Isabelle fosse corso lì… non l'aveva trovata nella sua camera, e il primo posto dove aveva pensato di cercarla era la camera di Alastair Shafiq. 

 

Esitò, ma poi prese la maniglia e l'abbassò, pregando mentalmente di trovarla lì dentro. 

Ad una prima occhiata la stanza sembrava vuota, con la scrivania sgombra e il letto ormai privo di coperte… vista così dava una sensazione quasi di desolazione, in effetti. Jude però fece qualche passo avanti lo stesso, entrando nella camera. 

 

 

“È viva?” 

 

Si voltò nel sentire quella voce nervosa e flebile, e vedendo Isabelle seduta sul pavimento, rannicchiata accanto all’armadio ormai vuoto, provò un moto di sollievo. 

 

"Non ne ho idea, ho solo sentito che Phoebe ha trovato una ragazza nel Lago… pensavo potessi essere tu. Tu sai di chi si tratta?” 

 

Isabelle non disse nulla, limitandosi a scuotere il capo mentre Jude le si avvicinava leggermente, porgendole la mano:

 

“Beh… andiamo a scoprirlo, allora.” 

 

Isabelle non la prese subito, limitandosi per qualche istante a ricambiare il suo sguardo prima di parlare, osservandolo con aria dubbiosa:

 

“Perché fai tutto questo? Perché mi aiuti?” 

“Non saprei… immagino di voler sapere cosa sta succedendo, e l'unico modo per riuscirci è farti da balia e assicurarmi che tu non tiri le cuoia troppo presto.” 

 

Jude sfoggiò un piccolo sorriso e Isabelle annuì leggermente, prendendo la mano del ragazzo per alzarsi. Il “termine” era scaduto alle 21… e quando si era data per vinta, dicendosi che non sarebbe riuscita a vincere quella partita, si era chiusa dentro quella camera ad attendere chissà cosa.  Forse anche la sua stessa morte.

 

Sperava solo che non fosse morto nessun altro. 

 

 

                                                                                     *

 

22:25

 

“Dico davvero, Bibi… non so perché Jude non sia venuto all’incontro. L’ultima volta che l’ho visto è stato subito prima di cena. E poco fa, certo, prima di venire qui.”

“D’accordo. E tu invece? Perché non sei venuta?”

 

Isabelle esitò, spostando momentaneamente lo sguardo su una finestra prima di rispondere all’amica, che la stava osservando in silenzio e con estrema attenzione.

 

“Avevo qualcosa su cui… riflettere. Sai Phoebe… visto quello che è successo a Francisca, forse è il caso che io ti spieghi un po’ di cose. Se non altro sapresti che cosa sta succedendo se dovessi morire anche io.”

 

Phoebe si accigliò e fece per dire all’amica che non avrebbe dovuto nemmeno pensare ad una simile eventualità. Ma il sorriso cupo di Isabelle le fece morire le parole in gola, limitandosi ad accettare la mano che l’amica le porgeva prima di iniziare ad ascoltarla e a parlare con lei, finalmente.

 

                                                                                    *

 

“Perché non ci dicono niente? Voglio vedere Phoebe, maledizione! E qualcuno sa dove si è cacciata Belle? Non la vedo da ore ormai!”

 

Faye Cassel sbuffò quasi con rabbia, continuando a camminare nervosamente avanti e indietro per la stanza dove lei e gli altri membri della Night School si erano riuniti, in attesa. Fatta eccezione per Adrianus che era in Infermeria con Camila e Phoebe, ancora ferma nell’anticamera circolare in attesa che Jefferson o Oldman la raggiungessero per chiederle come fossero andate le cose.

 

“Faye, rilassati.”

“No che non mi rilasso! Qui diventa tutto più assurdo ogni giorno che passa, di questo passo al Diploma ci sarà una sparatoria!”

 

Sebastian roteò gli occhi, evitando di replicare ulteriormente: conosceva sua cugina e aveva la sensazione che in quel momento a Faye non andasse di essere contradetta, nemmeno un po’.

 

“Sono sicuro che Phoebe sta bene, probabilmente le stanno solo facendo qualche domanda. Quanto a Belle… immagino che sia qui in giro, da qualche parte.”

 

Il ragazzo si strinse leggermente nelle spalle, abbassando contemporaneamente lo sguardo mentre pronunciava quel nome. Faye smise di camminare per un attimo e gli lanciò un’occhiata scettica, pensando a quanto poco il cugino avesse nominato o anche solo parlato con Isabelle dal giorno del suo compleanno. Non aveva voluto dirle che cosa fosse successo, ma almeno da quel giorno lo vedeva stare meglio, e forse l’importante era quello.

 

“Rilassati Cassel, le tue amiche stanno bene. Isabelle è con Selwyn.”

 

Jude sbucò dal nulla accanto alla ragazza, p0arlando con un tono piuttosto piatto mentre teneva le mani infilate nelle tasche dei pantaloni blu prima di andare ad occupare una sedia. Sebastian e Faye gli rivolsero un’occhiata in tralice, osservandolo con cipiglio scettico:

 

“Anche tu non c’eri, all’incontro…”

“No, e anche se so che vi sono terribilmente mancato credo che non siano affari vostri.”

 

Jude sfoggiò un sorrisetto che fece roteare gli occhi ad entrambi i cugini, prima che Faye sbuffasse e riprendesse a misurare la stanza a grandi passi, marciando avanti e indietro davanti ai compagni.

 

“Tu sai perché Isabelle non è venuta?”

“Forse. Ma non sono affari tuoi, quindi non te lo dirò.”

“Se è per questo Verräter, non sono neanche affari tuoi!”

“Vero… ma io mi impiccio da sempre, è la prassi. A me è concesso.”

 

Jude sorrise angelicamente di nuovo, facendo sbuffare Sebastian: in effetti con quella faccia istigava parecchio al prenderlo a sberle, ma Bas decise di puntare nuovamente lo sguardo sul pavimento e di non pensarci.

Jude invece continuava ad essere forse il più rilassato della stanza, forse solo soddisfatto e gongolante di essere l’unico tra i presenti a sapere cosa stesse succedendo davvero.

 

Sì, era piuttosto gratificante…

Non era andato all’incontro, ma non aveva immaginati che sarebbe andata in quel modo… aveva sospettato che nemmeno Isabelle ci sarebbe stata, certo, ma si chiedeva perché avevano preso di mira Francisca, quella volta.

Si appuntò mentalmente di chiederlo ad Isabelle, forse la centesima domanda che aveva da farle… prima o poi avrebbe dovuto scriversele tutte quante.

 

Perché lui non era andato all’incontro? Isabelle non aveva insistito per saperlo, con sua somma sorpresa… ma forse era troppo preoccupata per quello che stava succedendo per pensarci.

In effetti dopo cena era sgattaiolato di nuovo in Biblioteca, questa volta per farsi un giretto nel Reparto Proibito… ma non aveva trovato niente. In realtà, non sapeva nemmeno di preciso cosa cercare… forse la cosa migliore era aspettare che Isabelle ci andasse e pedinarla.

 

Sì, era una buona idea. Anche se probabilmente lei non l’avrebbe pensata allo stesso modo.

 

                                                                                  *

 

Si alzò con un po’ di fatica, sentendo le gambe fatte come di zucchero filato. Sbattè le palpebre un paio di volte per abituarsi alla luce mentre muoveva qualche passo in avanti, cercando di capire dove fosse.

 

L’ultimo ricordo che aveva… in effetti era tutto molto confuso nella sua testa, che le girava leggermente: ricordava di aver parlato con Camila nella sua camera, ricordava che quella sera ci sarebbe stato un incontro… ma ci era effettivamente andata? Non ricordava nulla a riguardo.

 

“Vorrei dire che è bello vederti, ma mentirei in questa situazione.”

 

Si voltò, e per un attimo il respiro le si mozzò. Era un sogno, doveva esserlo per forza. Eppure, era tutto così reale… così familiare.

 

Alexandrine le sorrise e senza riuscire a trattenersi Francisca ricambiò, avvicinandolesi quasi di corsa per abbracciarla:

 

“Mi sei mancata…”

“Anche tu. Che cosa ci fai qui, tesoro?”

 

Alexa la prese sottobraccio e iniziò a camminare, trascinandola con sé. Francisca provò a guardarsi intorno, ma tutto era ancora avvolto in una surreale luce biancastra e non riusciva a capire di preciso dove si trovasse.

 

“Io… non lo so. Che cosa è successo?”

“Sfortunatamente, sei rimasta coinvolta anche tu… sai, speravo non succedesse. Guarda.”

 

Alexa improvvisamente si fermò e Francisca, seguendo il suo sguardo, si ritrovò a guardare uno scenario familiare: il Lago della Cimmeria. Quella strana luce bianca sparì e tutto tornò alla normalità… Frankie fece per chiedere all’amica spiegazioni, ma si bloccò nel vedere una figura familiare avvicinarsi all’acqua: era buio, ma distinse comunque Phoebe.

 

Era vestita di nero, con i pantaloni termici e la felpa con il cappuccio scura… conosceva quei vestiti.

“Siamo nel pieno dell’incontro, vero?”

 

La sua voce risuonò bassissima e Alexandrine si limitò ad annuire, continuando a seguire la scena con gli occhi chiari.

 

 

Francisca la imitò e non disse altro, ritrovandosi a guardare con orrore Phoebe che si fermava, che si accorgeva di qualcosa che non andava, qualcosa che affiorava dall’acqua scura e fredda.

 

La vide quasi correre dentro l’acqua mentre anche altri suoi compagni raggiungevano la riva, e con una stretta al cuore Francisca riconobbe anche Adrianus.

 

“Vieni.” 

 

Alexandrine le strinse leggermente il braccio e la scena cambiò, trasportandole in Infermeria. Era sempre piuttosto buio, ma una candela era accesa accanto all’unico letto occupato… da lei, in effetti.

Francisca deglutì, avvicinandosi silenziosamente al ragazzo seduto accanto al letto, che le stringeva una mano e la guardava con gli occhi grigi stanchi e imploranti.

 

Era strano guardare se stessa così pallida, stesa in quel letto.

 

“Alexa. Sono…”

“Morta? Dimmelo tu.”   Francisca si voltò verso l’amica, che le sorrise dolcemente prima di metterle una mano sulla spalla:

 

“Ricordi cosa ti ho detto una volta, tesoro? E’ ancora davvero troppo presto per fermarsi. Tienilo a mente, per me, per te… e per lui.”

Francisca si voltò di nuovo verso Adrianus e gli si avvicinò ulteriormente, mentre alle sue spalle Alexandrine spariva.

 

“Mi dispiace, davvero. Mi dispiace vederti così.”   Francisca sedette sul letto, parlando con un filo di voce nonostante lui non l’avrebbe potuta sentire in nessun caso, anche se avesse urlato.

Allungò una mano e la mise su quella di Adrianus, stretta nella… beh, sempre nella sua.

 

Sorrise: era davvero strano… lui non poteva nemmeno sentirla, né vederla.

 

“Forse volere un anno normale era chiedere troppo.”

 

Continuò a parlare a bassa voce, mentre improvvisamente gli occhi verdi le si riempivano di lacrime.

Ripensò ad Alexa, a come si era sentita subito dopo la sua morte, al vuoto che anche dopo tutte quelle settimane continuava a provare, senza mai esprimerlo ad alta voce.

Ripensò alla morte di Etienne, a come avesse reagito Mathieu.

Ripensò a Jackson e ad Alastair e a come anche lui, anche Steb, fosse stato male ma continuando comunque a preoccuparsi tanto per lei.

Pensò anche a Sebastian e ad Isabelle, a come anche loro dovessero soffrire.

 

Era così stanca di vedere tutti stare male.

Non voleva che Adrianus soffrisse, neanche un po’.

 

Spostò la mano da quella del ragazzo per posarla sul suo viso, anche se lui non poteva rendersene conto.

 

“Non so cosa succederà. Non so se… se questo vuol dire che sono morta. Ma comunque andrà Adrianus Stebbins… So per certo che ti amo.”

 

Sorrise debolmente e si sporse per abbracciarlo, anche sapendo che non la poteva sentire.

Quasi sobbalzò quando lo sentì parlare, ma allo stesso tempo fu davvero felice di poter sentire la sua voce: se non altro poteva sentirla un’ultima volta, se non si sarebbe mai svegliata.

 

“Te lo chiedo per favore… Non andartene anche tu.”

 

Lo sentì sospirare, parlare con una nota implorante che la fece sorridere, nonostante tutto:

 

“Razza di sciocco che non sei altro… se fossi io a decidere, non andrei da nessuna parte. Ma sai come va’, no? Succede e basta, fuori dal nostro raggio di azione.”

 

                                                                                  *

 

23:00

 

Non erano ancora sicurissimi delle condizioni di Francisca, e alla fine aveva deciso di andare a dormire… a provarci, almeno. Aveva parlato con Phoebe, le aveva finalmente raccontato cosa stava succedendo… o almeno, quasi tutta la storia.

Entrò nella sua camera e immediatamente gli occhi si posarono sulla finestra aperta.

 

In un gesto ormai automatico si avvicinò e la chiuse, parlando con una nota quasi sprezzante nella voce:

 

“Il tuo amore per il dramma è spaventoso. Annegarla nel lago, sul serio?”

“Più che “dramma” io lo definirei… pittoresco.”

 

Sbuffò, voltandosi e guardandolo con esasperazione, seduto comodamente sul suo letto e impegnato a sfogliare il suo album da disegno.

 

“Jackson lasciato sotto il riflesso delle finestre con quella frase impressa sulla pelle, Etienne e Alexandrine trovati insieme con tanto di biglietto con falsa confessione… Francisca quasi annegata nel Lago gelato e…”

 

Alastair appeso a testa in giù nel padiglione, con la gola mozzata.

 

Non lo disse ad alta voce, non ne ebbe la forza… ma di certo lui intuì, tanto che le rivolse un sorrisetto:

 

“Si, beh, ad ognuno il suo… stile. Carini comunque, i tuoi disegni. Mi ripeti il suo nome?”

 

“Ridammelo.”

 

Gli prese l’album dalle mani, guardandolo sorridere con quel modo quasi divertito che la istigava a prenderlo a sberle: il quaderno era aperto su un disegno che aveva fatto solo qualche giorno prima, durante una noiosissima lezione di Storia.

 

“Vediamo se me lo ricordo da me… Jude, vero? Nome difficile da dimenticare.”

“Chi ti ha detto come si chiama? Io non sono stata di sicuro.”

 

“Ti prego, Isabelle… ancora non hai capito che scopro tutto quello che voglio?”

Le sorrise mentre si alzava, allungando una mano per sfiorarle una guancia. Lei non disse niente, evitando di ricambiare il suo sguardo mentre lui riprendeva a parlare, questa volta con un tono più duro:

 

“Digli di continuare a farsi gli affari suoi, tesoro.”

“Credimi, ci provo. Ma è molto testardo.”

“Beh, avete qualcosa in comune allora. Sai che non mi piace quando mi si presenta un ostacolo davanti… Quando succede, faccio in modo di farlo sparire. Decidi tu Belle, tocca a te adesso.”

 

Isabelle Non replicò e rimase perfettamente immobile mentre lui si spostava, allontanandosi da lei per uscire dalla stanza. E quando fu di nuovo sola si lasciò cadere sul letto, lieta che quella giornata fosse finita… ma i suoi occhi caddero sul disegno che ritraeva Jude di profilo, portandola a sbuffare e a lanciare l’album dall’altra parte della stanza.

 

Stupido, stupido Jude Verräter.

 

                                                                                     *

 

A differenza dell’ultima volta, quando aprì gli occhi non si trovò in uno stato confusionale… no, sapeva dov’era, anche se ancora non sapeva cosa fosse successo di preciso.

 

Fissò il soffitto dell’Infermeria per qualche secondo con un sorriso stampato sul volto prima di sentire qualcosa, una specie di peso all’altezza dello stomaco. Letteralmente, in effetti.

Francisca si sollevò leggermente, facendo leva sui gomiti e finendo col sollevare le sopracciglia con leggera sorpresa prima di sorridere, allungando una mano per sfiorare i capelli castani del ragazzo che dormiva profondamente, il capo abbandonato sul suo ventre.

 

“Non immaginavo di essere tanto comoda. Bell’addormentato?”

 

Cercò di non ridere, ignorando le gambe e le braccia indolenzite e concentrandosi solo su Adrianus, che spalancò gli occhi nel sentire la sua voce e sollevò la testa di scattio guardandola con aria spaesata per un attimo prima di sorridere:

 

“Frankie! Stai bene?”

“Credo di sì… Quanto ho dormito?”

“Un’eternità, credo che siano le sei ormai… Ma hai bevuto molta acqua, non eravamo sicuri che ti saresti svegliata.”

 

Adrianus le sorrise, guardandola con gioia e sollievo. Francisca fece per tirarsi a sedere ma invece di rimettersi dritto a sua volta Adrianus si sporse verso di lei, travolgendola in un abbraccio prima di baciarle i capelli spettinati e sospirare leggermente:

 

“Non immagini quanto sono felice di vederti… E’ la seconda volta quest’anno che mi fai quasi morire di paura, Francisca Lothbrock.”

“Magari in realtà è tutto un piano premeditato per ricevere attenzioni, chi può dirlo. Sei stato qui tutta la notte?”

“Sono seduto qui dalle 10 Frankie, ormai il mio splendido fondoschiena avrà assunto la forma della sedia!”

 

Nonostante tutto Francisca scoppiò fragorosamente a ridere, facendogli mettere prima il broncio e poi sorridere, guardandola con gli occhi grigi pieni di affetto e di sollievo.

Era davvero bello sentirla ridere di nuovo, per qualche minuto sembrò che non fosse cambiato nulla.

 

                                                                                *

 

“PER TUTTE LE MESCHES, ANDIAMO!”

 

“Camila aspetta, ma dove corri? Ho fame, non posso correre a quest’ora…”  Mathieu gemette leggermente mentre correva dietro a Camila, che aveva miracolosamente messo il turbo mentre correva verso L’Infermeria, ansiosa di abbracciare Francisca dopo aver sentito che si era finalmente svegliata.

 

L’americana non sembrò ascoltarle si fiondò verso la porta, aprendola per andare ad abbracciare l’amica che per fortuna stava bene… ma finì col bloccarsi sulla soglia, sorridendo teneramente nel trovare Adrianus mezzo steso accanto a lei, tenendola abbracciata.

 

“Meno male, ti sei fermata…”

“SHH! Zitto, andiamo fuori, lasciamoli da soli altri cinque minuti…”

“COSA? Mi hai fatto correre fin qui, alle sei e mezza e di Domenica… per niente?”

 

Mathieu fece per esprimere tutto il suo profondo sdegno ma Camila lo trascinò fuori dalla stanza, proponendogli di andare a saccheggiare la Sala da Pranzo e assicurandosi così il silenzio dell’amico.

 

Incredibile ma vero, per una volta tutto era andato per il meglio.

 

                                                                                     *

 

“Ho sentito che Francisca sta bene… sarai sollevata, immagino.”

 

Stava bevendo una tazza di thè in tutta tranquillità quando la sua bevanda preferita quasi le andò di traverso, appurando che no, una tazza di thè in tranquillità per lei ormai era un tabù.

 

Riconobbe la voce e disgraziatamente anche il profumo dolce che l’accompagnava, ma si voltò comunque mentre Jude prendeva posto accanto a lei, osservandola con il suo solito modo penetrante.

 

“In effetti sì. Piuttosto… mi dici perché non eri all’incontro, ieri sera?”

“Quest’anno finiamo sempre per ritrovarci l’uno sulla strada dell’altro Isabelle, ma sono ben lontano da dirti cosa faccio.”

 

Jude le sorrise con aria divertita, allungando una mano per prenderle il mento con due dita anche se Isabelle si scostò, lanciandogli un’occhiata torva:

 

“Non farmi rimpiangere di essere venuta a chiedere aiuto a te, ieri sera.”

“In effetti lo fai spesso di recente. Forse non sono io quello che si sta rammollendo, infondo… Insomma, Francisca è viva. Forse non siamo riusciti a risolvere il gioco al 100%, ma tutto è andato bene, stranamente.”

 

“Troppo stranamente… Non so se Frankie ha avuto solo fortuna o se lui aveva già previsto tutto. Non ho risposto alla domanda entro il limite di tempo e di conseguenza qualcuno ha rischiato la vita… di nuovo. Le persone intorno a me continuano a cadere come birilli.”

 

Il tono di Isabelle era piuttosto tetro ma Jude si accigliò, guardandola e parlando come se stesse dicendo qualcosa di ovvio:

 

“Beh… ci vuole ben altro per far fuori me. Credimi, ho affrontato di peggio. Temo che dovrai sopportare la mia presenza fino alla fine dell’anno Isabelle… E prima o poi saprò anche che cosa stai cercando. Oltre a capire perché diamine mi stai lontana. Van Acker, cosa stai facendo?”

 

Jude sbuffò, parlando con la voce colma di irritazione mentre guardava Isabelle allontanarsi progressivamente da lui con la sedia prima di sorridergli con aria colpevole:

 

“Emh… Devo andare! Ho un mucchio di cose da fare.”

“E’ domenica.”

“Beh, il tizio del piano di sopra si sarà anche riposato, ma io non ho tempo! Ciao Jude, avvisami quando avrai capito cosa cerco, cosa faccio, cosa penso eccetera.”

 

Come sempre Isabelle se la diede elegantemente a gambe, sospirando quasi di sollievo quando non sentì più quel profumo e lasciandolo ad osservarla con aria accigliata.

Cosa cercava, cosa faceva, cosa pensava… in effetti gli sarebbe piaciuto sapere anche cosa provava, ma forse non era il caso che lei lo sapesse.

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Angolo Autrice:

Buonasera! Si lo so, il capitolo è abbastanza lungo... ma spero che vi sia piaciuto visto che è stato un parto scriverlo, al momento ho il cervello in pappa dopo tre ore di scrittura continua. Quindi mi limito a salutarvi per evitare di dire cretinate, buona serata e a presto!

Signorina Granger
   
 
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