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Autore: Vago    24/03/2017    3 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 Non c’era modo per Jasno di trasportare due persone in volo, così come la sua aquila non riusciva a portare sul suo dorso tutti e tre gli assassini.
Il drago di Keria, in quel momento, si sarebbe rivelato incredibilmente utile. Pensò Mea.
I duri artigli che ornavano i piedi dell’Aquila si strinsero attorno alle spalle della mezzelfa. Diverse folate di vento le scompigliarono la chioma blu, mentre i suoi piedi perdevano pian piano aderenza con il terreno, per poi lasciarselo definitivamente alle spalle.
Ogni corrente d’aria che incontravano faceva ondeggiare vertiginosamente il corpo della maga, sospeso a decine di metri dal suolo.
L’iride viola si scostò nuovamente dal terreno che sotto di lei scorreva veloce e sul quale una macchia scura correva altrettanto rapidamente, per posarsi sul paesaggio che le andava incontro e sulle vette illuminate dal sole.
Il suo corvo le sfrecciò accanto, procedendo in una linea retta quasi perfetta, corretta solo saltuariamente da un’impercettibile movimento della coda o delle ali.
Perché lei non ci riusciva?
Perché non era ancora riuscita a liberare il potere che le era stato donato?
E perché era così debole? Tutti i suoi compagni avevano continuato a combattere, nonostante fossero feriti, nonostante i loro corpi fossero appena in grado di mantenerli coscienti. Lei non riusciva a fare niente, senza la sua magia era più inutile di una pietra. Così come lo era ora, appesa come un salame in stagionatura, incapace persino di contrapporsi ai deboli venti che si imbattevano sul suo corpo martoriato.
Il braccio destro aveva smesso di formicolarle da ore, ormai. Non che questa fosse una buona notizia, visto che non avvertiva assolutamente nessuna sensazione da quell’arto stretto tra le bende sporche di sangue e terra.
L’occhio coperto dal bendaggio che le avvolgeva il capo pulsava ritmicamente, di pari passo con le pulsazioni del suo cuore.
Era inutile, così. Non sarebbe riuscita nemmeno ad attivare l’incantesimo più semplice che conosceva.
Il corvo le passò nuovamente accanto, come un oscuro dardo piumato.
Doveva ottenere quel potere. Non poteva rimanere indietro. Doveva guarire, doveva far ricaricare la sua riserva di mana e doveva sconfiggere il demone ed il suo esercito. Aveva la magia dalla sua parte, doveva avere abbastanza potere per farlo.
Una folata di vento più forte delle altre fece oscillare  violentemente il suo corpo, trascinando la mente della maga al presente.
Jasno, sopra il suo capo, si era portato in posizione quasi verticale, nel disperato tentativo di rallentare il suo volo.
Perché? Cosa aveva visto di così terribile da fargli prendere la decisione di fermarsi?
Il suo unico occhio in grado di vedere cercò di mettere a fuoco l’ambiente, sperando di trovar qualcosa, senza però notar nulla. Vedeva il paesaggio di fronte a lei sfocato, come se l’avesse guardato attraverso una lente appannata e rotta.
Tutto accadde all’improvviso.
Qualcosa di solido si frappose sulla loro strada e i due assassini non poterono far altro che cozzarci contro.
La prima cosa che Mea riuscì a sentire fu la contrazione involontaria degli artigli dell’Aquila, che si fecero strada tra la carne delle sue spalle. Solo in un secondo momento il suo corpo impattò contro quel muro invisibile.
Il braccio rotto venne pressato tra il suo petto e quella superficie ruvida, facendola urlare di dolore e tingere di sangue fresco la benda che lo fasciava.
La sua mente si offuscò per qualche secondo. Per un momento desiderò di poter perdere coscienza, solamente per poter fuggire da quella tortura infernale in cui le sembrava di essere precipitata.
Non sentiva nessun movimento, sopra di lei, come se Jasno avesse rinunciato a sbattere le sue ali. Ciò nonostante non riuscivano nemmeno a precipitare.
Qualcosa di appuntito le graffiò il collo, per poi afferrarle il colletto della sua veste strappata e trascinarla verso l’alto con ben poca cura delle sue condizioni.
Finalmente, dopo un tempo incalcolabilmente lungo, Mea si sentì issare oltre la cima di quell’ostacolo, mentre la sua fronte venne accolta da qualcosa di morbido.
Voci. Voci ronzavano attorno alle sue orecchie, ma non le riusciva a interpretare, come se stessero parlando lingue straniere.
Alla fine, anche il dolore al braccio si fece sordo e il lento e costante colare delle lacrime che inzuppavano la benda sul suo occhio divenne lontano.
Poi tutto si fece scuro.


Mi devi un servigio.
Che diamine vuol dire mi devi un servigio!?
Vi sto già servendo cosa volete di più? Ho un maledettissimo contratto con voi che mi obbliga a obbedire a ogni vostro maledettissimo, orrido e malato ordine, e tu osi ancora dirmi che ti devo un servigio perché sto cercando di salvare lo scalpo a te e a quegli altri ratti sotto cui agisco?
Mi fate schifo.
Avete avuto solo fortuna.
Avete avuto solo fortuna che sia stato io quello lasciato in libertà. Fosse stata lei al mio posto, dopo il secondo mese di questa vita vi sareste ritrovati le vostre città rase al suolo da fiamme inestinguibili e la vostra progenie maledetta per sempre.
Ringraziate solo che questa musa che controllate sia stata creata con un indole così remissiva.

Respira, Viandante. Calmati e rifletti.
Sei vivo, riesci a muoverti e sei sufficientemente lucido.

Ho recuperato tutto. Il direttore della setta è stato così magnanimo da aprirmi le porte dell’armeria. Pensate quanta bontà d’animo.
Due spade, dodici coltelli da lancio, arco e frecce, incantesimi preparati, fogli nuovi e inchiostro. Per fortuna non ha fatto domande sul perché non abbia preso della vetreria e una cerbottana.
Le porte della Trama mi si stanno schiudendo poco a poco, per fortuna. Almeno so che non è un problema permanente, per quanto la mia degenza possa essere lunga tornerò in carreggiata.
Per ora posso leggere solamente le persone che mi trovo davanti, o, per lo meno, quelle con il Fato meno intricato. È comunque un buon passo avanti dall’essere all’oscuro di tutto.
In questo momento, però, vorrei sapere com’è la situazione nella zona calda.
I mocciosi saranno ancora vivi? Il demone sarà già arrivato ai piedi dei Muraglia? Troppe variabili mi sfuggono.
Sarà un lungo viaggio quello che mi si prospetta davanti.



La mezzelfa aprì lentamente gli occhi.
Il braccio destro era intorpidito, le dita di quella mano nemmeno le percepiva.
Il sole l’abbagliò per diversi secondi, mentre il suo occhio lottava per riconoscere le figure che vedeva sopra di sé.
Quattro volti, due dei quali decisamente non erano umani.
- Stai bene? – chiese qualcuno.
Una voce, femminile. Doveva essere Keria.
Cosa ci faceva lei lì? Quando li aveva raggiunti?
Ed Hile? Era arrivato con lei?
Mea provò ad alzarsi, ma un improvviso capogiro la travolse. Solo un paio di braccia magre le impedì di ritornare sdraiata.
- Non ti sforzare troppo. – continuò l’arciere.
- Come ci avete raggiunti? – la maga avvertì appena la sua stessa voce, tanto flebile era. Sentiva la lingua secca e le labbra pesanti, come se non avessero voglia di muoversi per lasciarla parlare.
- Hile ci ha guidati fin qui. Fossimo arrivati tardi chissà cosa vi sarebbe potuto accadere… - Keria accompagnò delicatamente la schiena della mezzelfa finché non raggiunse la posizione eretta.
- Cosa… - borbottò Mea, cercando di mettere a fuoco il terreno che doveva esserci oltre la frangia blu che le ricadeva sull’occhio.
- L’esercito del demone è pochi chilometri davanti a noi. – le rispose il Lupo, con una voce resa più roca dalla forma che aveva assunto. – Li ho visti, sono centinaia di combattenti, tutti in marcia verso i Muraglia, e voi stavate per volarci sopra. –
La maga rimase in silenzio, seduta a terra con il capo chino.
- Dobbiamo solo aggirarli. – la voce era di Nirghe, ne era sicura, e non era modificata dalla sua trasformazione – Ora che abbiamo con noi il drago di Keria non sarà un problema. –
- Nirghe, - di nuovo la roca voce di Hile alla sua sinistra – anche se riuscissimo a superare i Monti Muraglia senza farci scoprire, cosa pensi che potremmo fare? Se ho inteso bene le ombre che vedo, il demone non impiegherà più di tre giorni a raggiungere i territori occidentali. Sono troppi per chiunque, poteri o non poteri. Come pensi potremmo fermarli? –
Se solo avesse potuto, Mea avrebbe piegato ancor di più la fronte verso il terreno.
Si era lasciata prendere dalla foga con cui i suoi compagni l’avevano trascinata in quella fuga, che aveva perso di vista il loro obbiettivo.
Non era una gara a chi, per primo, avrebbe raggiunto i Muraglia. Il loro compito era stato sempre, fin dall’inizio di quel viaggio, quello di fermare il demone. Ed avevano fallito, fino ad allora.
- Hai detto che il demone ha ancora tre giorni di viaggio, davanti a sé? – Di nuovo la voce di Nirghe alla sua destra.
- Credo… - Hile non era per niente sicuro di quell’informazione.
- Fermiamoci, per oggi. – ribatté il Gatto.
- Cosa? – La voce acuta di Keria trapanò il timpano sinistro della mezzelfa, facendole accapponare la pelle.
- Nirghe, ti sei bevuto completamente il cervello? – disse ancora il Lupo, sconcertato della serietà con cui l’aveva detto.
- Per niente. Ascoltatemi, non servirebbe a nulla, adesso, ripartire. Tanto non sappiamo dove andare. Per di più Mea sta sempre peggio e, a meno che non riesca ad accedere al suo potere in questo esatto momento, sono sicuro che non potrebbe sopportare altre sei ore di viaggio senza far peggiorare ulteriormente le sue condizioni. Fermiamoci adesso, riposiamo questo pomeriggio e questa notte, domani ripartiremo quantomeno meno stanchi e raggiungeremo quelle maledette montagne laggiù. Va bene? –
Di nuovo cadde il silenzio sul gruppo.
- Servono provviste e acqua. – disse dopo un paio di interminabili minuti Hile, alzandosi. – Credo di poter cacciare qualche coniglio, anche da solo. Ho visto un braccio minore del Serat, qui vicino, non so però dove potremmo metterla quell’acqua. Servirà poi anche della legna per il fuoco… –
Passi rapidi e leggeri si allontanarono dalla maga.
- Mea, tu riposati un poco. Al resto ci pensiamo noi. – le disse Keria con voce calma, mentre le sue braccia le accompagnarono la schiena fino a quando non toccò il terreno.
Il Corvo resistette cosciente per pochi secondi, poi, quando le sue palpebre divennero troppo pesanti per rimanere aperte e i suoi sensi troppo offuscati per fornirle informazioni utili sul mondo intorno a lei, si lasciò cadere nel morbido abbraccio del sonno.

Fu uno scrosciare d’acqua lento e costante a svegliarla, al quale si sovrapponeva, di tanto in tanto un’imprecazione imprigionata tra le labbra strette.
Mea si alzò lentamente.
Il braccio destro non tentava nemmeno di dare segni di vita, inerme ed inerte, stretto dalla fasciatura intrisa del suo stesso sangue.
Il terreno sotto di lei era cambiato, così come il sole era riuscito a superare il culmine della sua corsa e aveva cominciato la sua lenta discesa verso il Continente.
Cos’era successo, mentre era addormentata?
Percepiva il suo compagno volare da qualche parte sopra la sua testa.
Davanti a lei Hile lanciò con rabbia un paio di pezzi di legno a terra, imprecando per l’ennesima volta. Il suo compagno, intanto, sonnecchiava placido al suo fianco, con la grossa testa grigia appoggiata alle zampe anteriori.
Solo allora il Lupo parve notare che la maga si fosse svegliata.
- Oh, ben tornata tra noi. Spero di non averti svegliata io. –
- Dove siamo? –
- Visto che non potevamo portarci l’acqua dietro, siamo andati noi da lei. –
- E gli altri? –
- Nirghe e Jasno stanno pulendo la nostra cena. Keria è andata a lavarsi poco fa. –
Solo allora Mea notò la piramide di rametti e trucioli alle spalle del Lupo.
- Hai bisogno di una mano, con quelli? – chiese la maga alzandosi incerta in piedi.
- No, posso farcela anche da solo. Tu cerca di riposarti. –
L’assassino raccolse da terra i due pezzi di legno che aveva gettato poco prima, posizionandoli uno sull’altro e cercando di produrre brace a sufficienza per accendere quel falò.
I minuti passavano e ancora dalle mani di Hile non si levava nemmeno un filo di fumo.
Il Corvo si accovacciò, appoggiando l’indice della mano sinistra sul morbido terreno e tracciando un paio di fluide linee che, intrecciandosi,  andavano a chiudere un cerchio. CI appoggiò quindi il palmo sopra, facendo attenzione a non rovinare il suo lavoro.
Una calda scintilla guizzò alla base della legna, là dove riposava l’esca in attesa di essere accesa. Quel poco calore fu sufficiente a far nascere un timido fuocherello che, pian piano, mangiati i fini filamenti dell’esca, prese a lambire i trucioli che erano stati sistemati sopra di questa.
- Mea, cosa hai fatto, maledizione? – disse iracondo il Lupo, voltandosi verso di lei, ma la sua espressione cambiò immediatamente quando vide la fronte sudata della maga e il bendaggio nuovamente irrorato da sangue fresco. – Dannazione, non dovevi farlo. Guarda come ti sei ridotta… -
- Non è niente… Ho solo sbagliato un pochino a dosare le mie energie. – gli ripose la mezzelfa con la voce rotta dal respiro affannato.
Il sole impiegò ancora un’ora a raggiungere le vette dei Monti Muraglia ma, non appena fu sopra di loro, lunghe ombre cominciarono a correre lungo tutta la Piana Infinita, coprendo con la loro oscurità tutto ciò che fino a poco prima si era crogiolato sotto i caldi raggi pomeridiani e facendo perdere di vista al Lupo le ombre che gli indicavano la posizione dell’esercito del demone.
Su quel fuoco ormai scoppiettante si cuocevano lentamente le quattro prede che Hile era riuscito a catturare, mentre i cinque assassini rimanevano seduti in cerchio intorno a questo, ognuno perso nei suoi pensieri.
La bianca luce lunare cominciava ad illuminare il lontano e piatto orizzonte, dalla parte opposta, intanto, gli ultimi caldi raggi di sole scomparivano dietro le vette più basse.
Non appena gli ultimi avanzi scomparvero e le ossa furono sotterrate per non attirare animali selvatici, Mea si alzò, dirigendosi lentamente in direzione del rumore sommesso del fiume.
Aveva bisogno di rinfrescarsi e rimanere un attimo da sola per pensare.
Raggiunta la sassosa sponda di quel ramo del Serat, la maga si abbassò, intingendo la mano sinistra in quelle fredde acque e portando le poche gocce che erano rimaste sul suo palmo al viso, cercando di ripulirlo dallo sporco che doveva averlo ricoperto.
Il suo compagno la raggiunse poco dopo, atterrando su di un ramo marcescente trasportato dalla corrente per chissà quanto tempo, per poi essere abbandonato tra quelle rocce.
La mezzelfa cercò di portarsi altra acqua alle guance, fallendo miseramente nel tentativo e perdendo per qualche istante l’equilibrio.
Grosse lacrime cristalline cominciarono a colarle dall’occhio destro, mentre la benda che ancora le copriva il sinistro tumefatto si inzuppava di quelle che da lì cercavano di raggiungere il terreno.
Non riusciva nemmeno a pulirsi il volto da sola, come avrebbe potuto essere di qualche utilità ai suoi compagni?
Guardò in direzione del suo compagno, quasi interamente confuso con le ombre della notte.
- Perché non mi presti il tuo potere? – gli chiese, come aspettandosi una risposta da quell’animale divino.
- Perché non mi presti il tuo potere! – ripeté a voce più alta, in preda al pianto.
Un paio di mani sulle sue spalle la fecero sussultare.


Ed ora che cosa dovrei fare?
Già, bell’idea dirigerti verso i Muraglia, Viandante, complimenti, se solo non fosse che questi monti si estendono per qualche migliaio di chilometri da nord a sud e per almeno un centinaio da est a ovest.
Ovvio, come puoi non trovare qualcuno, qui.
Fermati e ragiona.
Ponendo che il Fato è più forte di Follia e che quei mocciosi siano davvero destinati a sconfiggere, se non uccidere, quel demone squilibrato, loro sono riusciti a scappare. Vorrei sapere come, ma sarà un problema che mi porrò quando potrò tornare a scandagliare la Trama del Reale in lungo e in largo.
Dove potrebbero essersi diretti? Sanno che il Palazzo della Mezzanotte è vuoto, ma la Terra degli Eroi è anche il percorso più veloce per raggiungere le maggiori città.
Avessi una moneta a venti facce ora la tirerei.
Farò che seguire il mio istinto, sperando che anche quello non si sia rotto assieme ai miei poteri.



Angolo dell'autore:
Bene, ho solo dodici ore di ritardo. Poteva andare molto peggio.
Comunque, passiamo al vero Angolo dell'autore, accantonando la sua versione disperata.
- 6
Bene, io non so bene di cosa parlarvi, adesso. Sto lottando con i miei blocchi, con il poco tempo e con il mio desiderio di non far finire mai questa storia, e questi pensieri mi distraggono da quello che effettivamente dovrei chiedere a voi, miei giudici, giurie e carnefici.
Facciamo una follia. Proverò a fare il fanboy, ruolo che non mi sono mai visto bene addosso.
Coppie o, in lingua forse a voi più consona (ma a me lontanissima) ship tra personaggi.
Mi sono costretto a piazzare degli apostrofi rosa, perchè queste storie sono il mio campo di prova. Cerco di spaziare in lungo e in largo per testare tecniche narrative, per migliorarmi e per imparare cose nuove, il romanticismo, ahimè, esiste e devo essere minimamente in grado di gestirlo. La mia domanda della settimana è quindi questa:
All'inizio di questo viaggio (perchè di un viaggio si tratta), quali coppie vi eravate immaginati? Io, ovviamente, creando i personaggi avevo già immanginato i possibili sviluppi, ma vorrei sapere da voi se avreste voluto vedere qualcosa di diverso da quel che è successo, finora, per lo meno.
Oh, giusto. Ho un'altra domanda per voi, ancora più importante. Visto che mi sto preparando per la grande era della revisione, preferite un formato come quello che utilizzo ora con l'allineamento a sinistra, oppure trovate più ordinato e leggibile il giustificato?
Ringrazio OldKey, LaRagazzaImperfetta, EragonForever e (new entry, ma non troppo, vista la data della prima recensione che mi ha lasciato) Laly of the Moonlight. Inoltre, come al solito, ringrazio tutti voi che mi leggete.
Io concluderei qui, a questo punto.
Ci vediamo la settimana prossima.
Vago 

   
 
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