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Autore: cin75    24/03/2017    4 recensioni
Dalla storia:
“Oddio…oddio che ho fatto…..che ti ho fatto…Mio Dio!…Mio Dio!!…perdonami…Jensen….Jensen ti prego…..perdonami, amore mio!!” fece cercando di accarezzarlo o solo sfiorarlo.
Ma Jensen si scostò con un gesto intimorito, quasi come se avesse timore che ciò che era accaduto potesse ripetersi.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Jared aspettò per ore, a volte seduto al divano, a volte appoggiato al bancone della cucina, a volte avvicinandosi solo di qualche passo alla porta della loro camera, a volte trattenendosi a forza nel bussare a quella porta.
Ma niente! Silenzio.
Ed era quasi doloroso il rumore del silenzio che c’era nella casa.

Così diversa da come quando c’era Jensen a cantare di stanza in stanza mentre metteva in ordine gli appunti per una qualche riunione per il giorno dopo. O delle sue risate ironiche mentre vedeva quegli assurdi telefilm polizieschi a cui faceva il verso. Sembrò di sentirlo mentre lo richiamava : “Ehi, Jay! E’ assurdo !!! quello sbirro ha davanti agli occhi un aereo precipitato e cosa dice ?? “Credo che sia successo qualcosa qui!!”….Dio!! ma come possono fargli dire una cosa del genere???!” e poi rideva di gusto. O Jensen che cantava per lui e poi lo baciava e gli sussurrava “Solo per  te riesco a farlo!” riferendosi alla sua innata timidezza.
Ma ora, lui aveva rovinato tutto. Aveva rovinato Jensen. E lo aveva fatto nel peggiore dei modi. Nel modo più crudele che un uomo potesse fare.
 
Quando ancora era immerso in quei pensieri, la voce di Jensen, finalmente, benchè soffusa dalla distanza,  lo raggiunse. Il compagno parlava con qualcuno. Di sicuro al telefono.
“No…non ci saranno problemi…..Sì, lo accompagno io stesso. D’accordo! Quando arriveremo firmerò i moduli necessari. La ringrazio! A dopo!”
 
Jared non poteva conoscere il senso della conversazione ma di certo poteva immaginarlo. Come poteva immaginare dove Jensen volesse portarlo.
E lui sapeva di meritarlo. Quindi , attese.
Un attimo dopo, Jensen lo raggiunse in soggiorno. Lo guardò appena e appena guardò il borsone accanto alla porta.
“Dove sono le chiavi della macchina!?” chiese solo.
Jared si smarrì un attimo. Non lo ricordava. Si guardò nervosamente attorno ma non riusciva davvero a ricordare dove le avesse posate quando era rientrato la scorsa notte.
“Io…io…non lo…ricordo. Non ricordo….dove le ho lasciate!” rispose imbarazzato. “Ieri sera io…io ero..”
“Lo so. So benissimo cosa eri ieri sera!” lo fermò con asprezza Jensen che sospirò piano e poi prese un altro mazzo di chiavi.
“Non importa. Andremo con la mia. Tanto dove stiamo andando la tua macchina non ti servirà!” e aprì la porta di casa.
Jared non rispose nulla, si limitò solo a seguirlo in silenzio fino alla macchina dove  vide Jensen sedersi, facendo fatica, al posto di guida. Non si azzardò a dire niente, ma andò a sedersi al lato passeggero.

Arrivati all’incrocio che li avrebbe portati alla centrale di polizia, Jensen non svoltò a destra ma tirò dritto, con somma sorpresa di Jared.
“Ma…dove stiamo andando? Io ..io pensavo che…” chiese guardando l’incrocio appena superato.
“Cosa, Jared?...Cosa pensavi?”, rispose mestamente Jensen. “Che ti stessi portando alla centrale di polizia?!”
“Sì. Infondo è il posto in cui merito di andare per quello che ti ho fatto!” replicò certo che quello era il posto che si meritava.
“Allora ancora non mi conosci!”
Jared sentì una fitta al cuore quando Jensen gli rispose così. Non seppe spiegarsi il perché. Ma sentirsi dire da Jensen che non lo conosceva era stato decisamente doloroso. Ma lasciò andare perché meritava anche questo.
Vide Jensen mettere la freccia e svoltare a sinistra, prendere una strada secondaria che portava alla periferia della città e poi direttamente fuori San Diego.
E poi vide la scritta: “Crossroad Rehab
 
Un centro di riabilitazione.
Jensen non voleva denunciarlo. Jensen voleva salvarlo facendolo disintossicare.
 
Guardò Jensen , stranito. Stupito.
Sentì la colpa divorargli  l’anima e davvero non riuscì a spiegarsi dove aveva trovato la forza per non abbracciarlo e gridargli disperatamente che gli dispiaceva per quello che gli aveva fatto. Che lo amava. Lo amava disperatamente e si sentiva un mostro per quello che gli aveva fatto. Che avrebbe prefirito farsi torturare all'Inferno per l'eternità invece di fare del male a lui.
Ma sapeva che Jensen, almeno per il momento, non voleva che lui lo toccasse. Che solo lo sfiorasse. Forse che solo lo guardasse come stava facendo e allora smise anche di guardarlo.

Scesero dalla macchina e nel frattempo che Jensen fece il giro dell’auto per affiancarsi a Jared, un medico con un infermiere li raggiunsero.
“Jensen?!” chiese il medico.
“Sono io.” si fece avanti il biondo. “Ci siamo sentiti per telefono circa mezz’ora fa. Lui è Jared!” fece indicando il giovane, imbarazzato e  confuso alle sue spalle.
“Salve, Jared!” si presentò l’altro porgendogli la mano. “Io sono il dott. Collins. Ma qui tutti mi chiamano Misha. È come se fossimo una grande famiglia, quindi se ti va anche tu sarai solo…Jared!”
“Sì…sì.” balbettò. “D’accordo.”
“Perfetto. Lui è Rich e almeno per i primi tempi sarà una sorta di tuo angelo custode.” fece indicando l’infermiere che si fece avanti e che, gentilmente, prese la valigia dalle mani del nuovo ospite.
Poi il medico si rivolse di nuovo a Jensen. “Ok! Ora, dovresti andare via Jensen!”
“Ma i documenti…i moduli..le carte che devo firmare?” chiese anche se sembrava più che altro non fosse pronto a lasciare Jared. Nonostante tutto.
Misha gli si avvicinò intuendo la titubanza del ragazzo. Così cercò di aiutarlo a fare la cosa giusta per il suo bene e per quello di Jared. “Ti arriverà tutto per posta, tranquillo. Ti avviseremo noi quando potrai telefonargli o quando sarà il caso che tu venga a trovarlo. Ma credimi, per adesso, Jared deve solo concentrarsi su di lui. Niente pensieri, niente visite. Niente…te!”

Erano anni che erano “loro”. E ora quel dottore diceva “Niente..te!” e sembrava dirlo ad entrambi. Era la cosa giusta. Lo sapeva sia Jared che Jensen, ma metterlo in pratica era assurdamente difficile. Nonostante il dolore.

I due , per un attimo , si lanciarono uno sguardo furtivo. Quasi disperato. Da quando stavano insieme non si erano mai separati. E farlo adesso, in quel modo, per quel motivo, era la cosa più assurda che potesse accadere loro.
Ma dovevano farlo. Per il bene di Jared. Per il suo. Per ciò che li legava.
Il maggiore annuì mestamente e fece per allontanarsi dal compagno che , in silenzio, accettò quella separazione.

Ma Jensen non resistette. Ciò che aveva dentro e che voleva dire, era troppo forte e troppo importante perchè Jared non lo sapesse. A dispetto dell’assurdità che era successa.
Si voltò di scatto e raggiunse con un paio di falcate il giovane compagno.
“Ritorna da me!!” disse mettendogli le mani intorno al viso e immediatamente vide gli occhi di Jared farsi infinitamente dolci, tristi e inondati di lacrime. “Ritorna ad essere il mio Jared. Quello di cui mi sono innamorato. Quello che mi abbracciava ogni notte con la scusa che se non lo avesse fatto non avrebbe chiuso occhio. Torna ad essere l’uomo che mi ha amato come nessun altro ha mai fatto.” parve quasi supplicarlo.
“Jensen…io…io …quello che ti ho fatto…Dio!! Non riesco nemmeno a crederci che io abbia potuto…”
“Non eri tu. E io odio quello schifo che ti ha fatto diventare un uomo che ho odiato ferocemente e che ancora odio.”confessò con rabbia.
“Anche io… anche io lo odio!”
“Allora mandalo a farsi fottere, Jay.  Seppelliscilo nel posto più remoto e sperduto di questa terra e lasciacelo marcire. Guarisci e ritorna da me. Ti prego!” gli disse con tutta la convinzione e la forza che riuscì a trovare in quel momento.
Jared non riuscì a dire niente tranne che un emozionato “Te lo giuro! Tornerò da te!” e poi lo aveva abbracciato.
Aveva abbracciato Jensen con tutte le sue forze, quasi come se volesse imprimersi sul suo corpo il calore di quello dell’altro e centellinarlo  per tutto il tempo che sarebbero stato distanti.
 
Il dott. Collins , poco distante da loro, li osservava e in cuor suo sapeva che se Jared aveva bisogno di quelle parole anche Jensen aveva bisogno di dirle.
Jensen , durante la loro telefonata,  anche se sommariamente, gli aveva detto che Jared aveva avuto un “violento scatto d’ira”, ma Misha, dall’imbarazzo e l’indecisione che aveva sentito nella sua voce, aveva intuito che cosa fosse realmente successo. Quel “Lui mi ha…” lasciato in sospeso era stato più che eloquente su ciò che era accaduto.
In modo diverso ma entrambi i ragazzi avevano bisogno di guarire e quello sembrava essere già il primo passo.
 

La riabilitazione di Jared iniziò così e andò avanti per settimane , mesi. I primi tempi furono i più duri perché furono quelli caratterizzati dall’astinenza dai farmaci. Il giovane passava da momenti di calma e lucidità a momenti in cui tutto sembrava dargli fastidio. Il suono dei passi degli altri ospiti, la voce di Misha, perfino l’odore della mensa. E poi ci fu il periodo della consapevolezza e della presa di coscienza. Quella più dura e palese. L’uso di droga, il cambio di personalità, Jensen.
 
“Ho fatto del male , un male orribile , alla persona che più amo al mondo. L’ho fatto soffrire in un modo che non meritava e l’ho fatto perché non ero lucido, perché quello schifo che prendevo mi rendeva un’altra persona. Una persona capace di essere violento, rabbioso, freddo. Una persona che è ben lontana da quella che sono io. Una persona che non voglio più essere. Io voglio tornare ad essere quello che ero, voglio tornare ad amare Jensen, voglio che lui possa amarmi come mi amava senza avere paura che io possa fargli di nuovo del male e so che l’unico modo per avere quello che voglio è guarire e questo posto me ne sta dando la possibilità!”
“Jared , sei consapevole allora di ciò che hai fatto?!”
“Pienamente, completamente e  me ne assumo ogni responsabilità. Ero convinto che Jensen , la mattina che mi ha portato qui, mi stesse portando alla stazione di polizia e invece non era così e quel suo gesto, quel suo non voler arrendersi con me, non voler rinunciare a noi e a quello che ci lega, me lo ha fatto amare ancora di più. Lo amo ancora di più.”
“Cosa faresti se alla fine di questo percorso, Jensen non fosse lì fuori ad aspettarti?!”
“Ne morirei. Ma lo accetterei perché non oso immaginare quale persona possa perdonare o solo accettare ciò che io ho fatto a Jensen. Ma le confesso che ho anche  paura.”
“Perché?!”
“Perché so che lui ci sarà e sarà pronto a perdonarmi.”
“E perché questo ti fa paura?”
“Perché sono io che non riesco a perdonarmi. A capacitarmi di come ho fatto ad arrivare al punto in cui sono arrivato!”
“Non pensi che già ammettere la propria colpa, aver capito la colpa che si è commesso e assumersene la responsabilità non sia un primo passo verso il perdono?!”
“Sei sposato Misha?”
“Sì.”
“Se un giorno tua moglie si trovasse a soffrire nel modo in cui io ho fatto soffrire Jensen, per causa tua, riusciresti a perdonarti senza sentirti come io mi sento?”
“No, mai. Ma se accadesse una cosa del genere e mia moglie avesse la forza e l’amore che Jensen mostra di avere, come tu dici, io proverei ad usare parte di quella forza per ricostruire quel mondo che ho distrutto con le mie mani. Perché quella forza e quell’amore lo meriterebbero!”
 

Così,  lentamente e con pazienza e tante tante parole ed emozioni e sì, anche lacrime, Jared sembrò riprendersi la sua vita, al punto che un giorno fu chiamato nell’ufficio del dott. Collins per alcune comunicazioni.
“Misha, mi hai fatto chiamare?!” fece affacciandosi discretamente all’uscio della porta dell’ufficio del medico.
“Sì, Jared! Vieni, accomodati!” rispose cordiale e sempre sorridente.
Jared doveva ammette che Misha era stato un vero miracolo. Non lo aveva mai abbandonato , nemmeno quando l’astinenza e le sue conseguenze lo facevano imprecare contro tutto e tutti. Misha era stato sempre lì, al suo fianco. Sempre capace di portargli un sorriso, un gesto pacato e rasserenante.
“Hai qualche incontro adesso?” chiese il medico.
“Uhm!!! Tra un’ora ho la seduta con il gruppo del dott. Morgan!” riferì Jared guardando l’ora.
“Perfetto! Allora hai tutto il tempo che ti serve!” asserì con l’aria compiaciuta.
“Il tempo per fare …cosa?”
“Per chiamare Jensen!” lo spiazzò il medico.
   
 
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