Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: KiarettaScrittrice92    24/03/2017    6 recensioni
Dopo la conclusione della prima stagione, mi sono finalmente decisa a scrivere e pubblicare la mia prima long su questo fandom...
Avviso che ovviamente se mai la serie continuerà la mia storia non avrà più nulla a che fare con gli avvenimenti che accadranno dopo la comparsa di Volpina.
Questa storia perciò la potete considerare come un seguito alternativo che mi sono immaginata io, oppure semplicemente come una fic in più da leggere che spero vi emozionerà.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La notte

Era stanca, talmente stanca che ormai le sembrava quasi di non riuscire più a sentirsi braccia e gambe. Papillon era di fronte a lei e ancora, nonostante anche lui mostrasse stanchezza attraverso il respiro affannato e il sudore che gli imperlava il piccolo pezzo di viso scoperto, manteneva quel ghigno perfido e sicuro che sembrava prosciugarle tutte le speranze.
«Papà, smettila... Ti prego...» supplicò l'eroe nero di fianco a lei.
L'uomo però non rispose, se fino a qualche giorno prima c'era anche solo un barlume di speranza che il signor Agreste reagisse al tentativo di controllo da parte del misterioso e potente sciamano, ora sembrava non essercene più.
«Chat è inutile... Dobbiamo agire! – disse Volpina alle loro spalle che finalmente sembrava aver messo al tappeto la giovane modella akumatizzata – Abbiamo solo un'occasione.»
Lei annuì ed evoco il Lucky Charm, ma non appena l'oggetto in questione cadde fra le sue mani, successe l'irreparabile. Angelie si era rialzata e scostando brutalmente l'eroina arancione da davanti lanciò un coltello proprio nella sua direzione.
«Ladybug!» urlò l'eroe gatto, per poi lanciarsi davanti a lei.
Quando il coltello si fermò, nonostante non l'avesse ferita, sentì lo stesso il dolore: un dolore straziante e insopportabile, mentre vedeva il biondo afflosciarsi, privo di forze. Mollò subito l'oggetto fortunato, facendolo cadere a terra con un tonfo, per poi prendere tra le braccia il suo compagno.
«Chat... ti prego no... – disse con le lacrime agli occhi – Chat...»
«Andrà tutto bene Marinette... – rispose con un sussurro lui – Devi solo sconfiggere Makohon e avremo vinto...» finita quella frase i suoi occhi si spensero pian piano e con le ultime forze che gli rimasero chiuse le palpebre, riservandole fino alla fine le sue attenzioni.
«Adrieeeeeeeeen!»

 

Era sdraiato sul suo letto provvisorio, senza riuscire a dormire o riposarsi: i suoi occhi erano fissi sul soffitto, mentre il suono continuo della pioggia che batteva sui vetri delle finestre accompagnava quel suo momento d'insonnia. 
Non era agitazione quella che lo teneva sveglio, né tanto meno preoccupazione per la battaglia, no; sembrava più un senso di angoscia come se sapesse che pur vincendo, qualcosa sarebbe andato storto. Cercò di togliersi quei pensieri negativi dalla testa, ma all'improvviso, dal soppalco sentì urlare il suo nome.
Subito, scattò come una molla, senza chiedersi come né perché e si precipitò in prossimità delle scale: la vide lì, seduta sul suo letto, tremante, con il fiato grosso, madida di sudore e con le lacrime agli occhi. Non ebbe il tempo di chiederle niente che la vide sussurrare il suo nome presa dai brividi e dai singhiozzi, mentre cercava di spiegare qualcosa a mezza voce.
«Adrien... Tu... tu eri... eri... Ed io... Io mi... Non...»
La raggiunse, risalendo tutte le scale e sedendosi sul materasso, di fronte a lei.
«Non è successo niente... Sono qui... – la strinse tra le braccia e sentì che stava ancora piangendo – Sono vivo, my lady, sono qui...» concluse.
Sapeva benissimo cosa aveva sognato, lo immaginava, perché era la stessa paura folle che attanagliava anche lui.
Pian piano i singhiozzi della bruna diminuirono e lui poté stringerla di più a sé: sentiva la sua maglia fradicia di sudore che si contrapponeva alla sua.
«Marinette, così ti prenderai un'accidente. – disse staccandosi un po' – Devi cambiarti la maglietta.»
Lei annuì titubante, diventando un po' rossa, ma lui senza dire nulla si voltò dall'altro lato dandole la possibilità di spogliarsi senza imbarazzo. Nonostante la pioggia battente, sentì distintamente la ragazza sfilarsi la maglia e lui fece lo stesso.
«Ad... Adrien che...?» chiese lei con il suo solito balbettio che gli fece scappare un sorriso.
«Non puoi certo restare senza maglia.» rispose lui, per poi togliersi del tutto l'indumento e metterlo di fianco a sé, in modo che lei lo potesse prendere e indossarlo.
Calò il silenzio per qualche secondo, poi percepì la sua mano delicata sfiorargli un punto della schiena: quel punto sensibile che, ora che la pioggia estiva scendeva, gli doleva un poco, come gli doleva il ricordo di come si era procurato quella ferita.
«Non voglio che riaccada... – la sentì sussurrare e lui non seppe come risponderle, poi lei si avvicinò, abbracciandolo da dietro – Ti prego, giurami che non accadrà domani...» lo supplicò.
Percepiva distintamente le sue mani sfiorargli i pettorali e le sue braccia avvolgergli i fianchi, sentiva la sua pelle nuda combaciare perfettamente con la sua schiena. Bastò solo quel tocco per fargli percepire il sangue colorargli le guance, l'immagine di Marinette, a torso nudo, poggiata a lui gli si parò davanti, imbarazzandolo. Chiuse gli occhi cercando di calmarsi, dopodiché alzò la mano verso la sua, intrecciando le loro dita.
«Te lo prometto Marinette... – disse in un soffio – Hai la mia parola che domani, andrà tutto bene.»
Continuò a stringerle la mano, sperando che quella sua stessa promessa potesse avverarsi senza nessun problema, ma ancora sentiva la morbidezza delle sue curve sulla schiena e questo lo distraeva.
Passarono ancora qualche secondo così, poi lei si staccò, sciogliendosi dalla presa e Adrien tirò un sospiro di sollievo. Non che gli dispiacesse la sensazione, ma i suoi istinti da quindicenne, a quella situazione, si stavano facendo sentire e sapeva bene che non era assolutamente il momento. La sentì infilarsi la maglia e si sorprese a pensare e sperare che il suo dolce profumo potesse rimanere per tanto, impregnato nell'indumento.
Finalmente si voltò e poté di nuovo guardarla: era rossa in volto, probabilmente perché anche lei si era accorta di cosa aveva fatto, e guardava in basso, verso le sue gambe, coperte dal lenzuolo e dalla trapunta leggera.

 

Lo vide allungare la mano verso di lei e sfiorarle la guancia, poi le scostò una ciocca di capelli, ancora un po' umida per il sudore, dalla fronte e si avvicinò a lei, posando le sue labbra sulla sua pelle, concedendole così la sensazione di quel dolce bacio sulla fronte.
«Ora dormi, principessa...» disse, per poi aiutarla a sdraiarsi di nuovo.
Le stava rimboccando le coperte, quando decise che nemmeno quella notte, anzi soprattutto quella notte, era pronta a dormire da sola.
«Resti con me?» chiese con un filo di voce, tanto che ebbe paura che, con il forte battere della pioggia, non l'avesse sentita. Invece lui, senza farselo ripetere, scostò le coperte e ci si infilò sotto, per poi accomodarsi di fianco a lei.
Appena fu sdraiato si accucciò al suo petto, nudo e sodo, poggiando la testa nell'incavo della gola, percependo lui darle un'altro bacio sui capelli e poi poggiare il mento proprio dove l'aveva sfiorata con le labbra.
Si strinse ancora di più a lui, nella speranza che la sensazione orribile di quell'incubo sparisse e non tornasse ad assillarla nemmeno nel sonno. Lui ricambiò, stringendola di più tra le braccia.
Poco dopo si addormentarono entrambi. Rassicurati dal respiro l'uno dell'altra e dal calore dei reciproci corpi, promettendosi silenziosamente che nessuno li avrebbe separati mai più.

 

Il giorno dopo, la coppia si svegliò con le prime luci del mattino di una bella giornata di sole, che filtravano dalla finestrella che dava sulla terrazza. Il primo ad aprire gli occhi fu Adrien che, vedendo la ragazza ancora ancorata al sé, le diede un leggero bacio sulla guancia.
La vide mugugnare qualcosa, staccarsi da lui, stropicciarsi gli occhi infastidita e poi mettersi in piedi, stiracchiandosi. Lui invece rimase sdraiato, il gomito poggiato sul cuscino, mentre con la mano sosteneva la testa: una delle tipiche posture che i fotografi gli facevano assumere quando faceva un servizio. Continuò ad osservarla, divertito, finché lei nuovamente lucida non si accorse che c'era anche lui. Nel vederlo lì, nel suo letto, sdraiato a quel modo e ancora a petto nudo, arrossì vistosamente e la luce mattutina mostrava perfettamente le sue guance imporporate, facendolo sorridere ancora di più.
«Ad... Adrien tu... Tu...» cercò di dire senza però nessun risultato.
«Come mai così imbarazzata, my lady? – chiese lui, assumendo uno dei suoi migliori sguardi maliziosi – Eppure stanotte mi hai abbracciato, completamente nuda...» disse non riuscendo a resistere all'istinto di stuzzicarla.
«Adrien!» urlò lei, arrossendo ancora più vistosamente e stringendosi le braccia al petto, come se fosse nuda anche in quel momento.
A quel rimprovero fece una risatina divertita, dopodiché assunse di nuovo l'espressione più dolce che riusciva a fare e si tirò su, mettendosi anche lui seduto.
«Buongiorno principessa.» disse per poi sfiorargli le labbra con le sue.
«Buon... Boungiarno... Buongiorno...»
Appena ricevette la sua risposta balbettata, si allontanò e scese le scale, sempre con quell'aria tranquilla. Sentiva lo sguardo di Marinette seguire ogni suo movimento e arrivato al fondo della rampa, senza voltarsi, ripartì alla carica.
«Smettila di guardarmi il sedere, my lady, non è carino.» la punzecchiò di nuovo.
«Cosa?! No... Io...»
Lui scoppiò a ridere e dopo aver sentito un brontolio irritato da parte sua, gli arrivò un cuscino sulla nuca. Sì voltò prendendolo al volo, senza mai perdere quella sua aria divertita, poi glielo lanciò a sua volta e chiese di poter andare per primo a lavarsi.
«Sì... Va bene.» confermò lei.
«A meno che tu non voglia fare la doccia con me...» sorrise poggiandosi al muro con aria maliziosa.
«Adrien, la vuoi smettere?! Per favore!» protestò lei, coprendosi con il cuscino ricevuto poco prima.
Si sorprese che non avesse fatto nemmeno un'errore di pronuncia, ma senza controbattere ancora, si voltò e uscì dalla camera, non prima però, di aver dato il buongiorno ai due piccoli kwami che si erano alzati da poco e si trovavano ancora sul piccolo cuscino che si trovava nel cassetto aperto della scrivania.

 

Appena furono entrambi vestiti e presentabili, si diressero al piano di sotto per fare colazione.
«Buongiorno Sabine!» disse entusiasta il ragazzo di fianco a lei, rispondendo al saluto di sua madre. Subito dopo anche lei, arrivata al fondo delle scale, la salutò dandole un bacio sulla guancia.
«Ha chiamato il preside, – disse Sabine porgendo a entrambi i ragazzi, che si erano seduti al tavolo, un bicchiere di latte – dice che oggi a causa della sfida degli eroi di Parigi contro Papillon le scuole sono chiuse, per sicurezza.»
A quella frase calò il silenzio, mentre un brivido le percorse la schiena: aveva quasi dimenticato che quel pomeriggio avrebbero avuto la resa dei conti contro Papillon, no peggio, contro Makohon. Nonostante il giorno prima avessero escogitato un piano perfetto al centro massaggi di Fu e si fossero fatti spiegare tutto il possibile da Monique Agreste, questo non la rassicurava per niente. Il futuro dei suoi compagni, dei kwami, dei Miraculous, del padre di Adrien e dell'intera popolazione di Parigi era sulle sue spalle e si sentiva crollare sotto tutta quella responsabilità.
Lo sguardo di Marinette si posò su quello smeraldino di fronte a lei: nessuna goccia di paura o di ansia storpiava quel suo volto perfetto. La guardava con un sorriso e degli occhi rassicuranti, come a volerle dire, di nuovo, che sarebbe andato tutto bene, che lui le sarebbe rimasto accanto fino alla fine, che si fidava ciecamente di lei e delle sue capacità.
La magia in quel momento si sciolse, quando suo padre entrò dalla porta d'ingresso con il grembiule infarinato e un piattino in mano.
«Oh Tom, grazie al cielo... Pensavo ti fossi dimenticato di me!» lo osannò il biondo, seguendo con lo sguardo il contenuto del piatto che pian piano si avvicinava a lui.
«Come potrei dimenticarmi del mio estimatore migliore?» rispose l'omone divertito, poggiando poi il piattino davanti a loro.
Adrien afferrò il croissant deciso e gli diede un generoso morso, a quel gesto vorace la ragazza scoppiò in una leggera risata.
«A volte penso che ami più la cucina di mio padre, che me.» disse ancora divertita prendendo il suo cornetto dal piatto.
«My lady, tu cucini meravigliosamente: la tua torta di mele dell'altro giorno era fenomenale!» si complimentò lui dando un'altro morso e finendo di sorseggiare il latte.
«Beh io torno a lavoro. – disse l'uomo rivolgendosi a entrambi – Poi, visto che non dovete andare a scuola, potreste venire a darmi una mano coi clienti.»
«Volentieri Tom... Ma non questo pomeriggio, questa fanciulla ed io abbiamo un impegno.» rispose sorridente il ragazzo.
«Bene, allora vi aspetto sotto.»

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: KiarettaScrittrice92