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Autore: Stella Dark Star    25/03/2017    0 recensioni
Per Andrea Pazzi e Lucrezia Tornabuoni è amore a prima vista quando s’incontrano nella basilica di San Lorenzo durante il funerale di Giovanni de’ Medici. Il problema è che entrambi sono sposati e per di più le loro famiglie sono nemiche naturali. Ma questo non basterà a fermarli. Tra menzogne e segreti, l’esilio a Venezia cui lei prenderà parte e il ritorno in città della moglie e i figli di lui, sia Andrea che Lucrezia lotteranno con tutte le loro forze per cercare di tenere vivo il sentimento che li lega. Una lotta che riguarderà anche gli Albizzi, in particolar modo Ormanno il quale farà di tutto per dividerli a causa di una profonda gelosia, fino a quando un certo apprendista non entrerà nella sua vita e gli farà capire cos’è il vero amore.
Consiglio dell'autrice: leggete anche "Delfina de' Pazzi - La neve nel cuore", un'intensa e tormentata storia d'amore tra la mia Delfina e Rinaldo degli Albizzi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo tre
Sentimenti contrastanti
 
Le mancò il respiro quando si rese conto della sua presenza. Aveva solo voltato lo sguardo distrattamente e se lo era ritrovato lì, nella fila accanto, mani giunte in grembo e finto interesse per la celebrazione della messa. Era stata una sciocca a non pensarci, in fondo tutte le famiglie potenti della città presenziavano alla messa nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, quindi era ovvio che ci sarebbe stato anche lui.
Si ricompose e cercò di seguire la messa come aveva sempre fatto. Ma allora perché i suoi occhi non facevano che tradirla guardando da tutt’altra parte? Era agitata, prese a torturarsi le mani. Incapace di controllarsi, voltò di nuovo il capo verso di lui. Non era nemmeno un uomo particolarmente attraente e di certo era troppo vecchio per lei. E allora perché desiderava poter toccare i suoi capelli, posare le labbra sulle sue, sentire le sue braccia stringerla forte? Si morse le labbra sovrappensiero. Qualcuno se ne accorse.
“Lucrezia, smettila subito.” L’apostrofò Contessina, tenendo il tono di voce basso per non attirare l’attenzione.
Lucrezia si sentì smarrita, il corpo era come pietrificato.
Contessina incalzò: “Finirai col farle sanguinare.”
Allora si rese conto a cosa si riferiva e liberò le povere labbra dalla morsa in cui le aveva strette. Inevitabilmente le sentì pulsare, ma almeno, passandovi la lingua, constatò che non si era ferita a sangue. Schivò lo sguardo severo della suocera e abbassò gli occhi quando anche Piero la guardò. Avrebbe dovuto inventare una buona scusa per giustificare quel comportamento irrazionale. L’unica cosa positiva era che la paura delle conseguenze aveva placato l’agitazione iniziale. Non del tutto, però. Era come se sentisse lo sguardo di lui addosso e questo continuava a pungerla. Contò fino a tre e diede una sbirciata all’altra fila. Incontrò gli occhi di Andrea, come sospettava, ma ugualmente non riuscì a controllarsi, aveva bisogno di guardarlo e fondere lo sguardo con il suo. Le guancie le andarono in fiamme all’istante. Non si accorse che, con la coda dell’occhio, Contessina la stava ancora guardando.
Al termine della funzione, mentre era in fila per uscire come tutti, Lucrezia si slacciò il braccialetto dorato dal polso e, con discrezione, lo fece scivolare lungo la gonna. Prima di imboccare l’uscita della Cattedrale si voltò, Andrea si stava chinando per prenderlo dal pavimento. Non appena lui ebbe sollevato lo sguardo, lei gli lanciò un’occhiata significativa per indicargli di dirigersi verso la navata più in penombra.
Ora non le restava che prepararsi a recitare a regola d’arte.
“Oh, il mio bracciale! Deve essermi caduto…” Si fermò e sfoggiò un’espressione preoccupata. L’intera famiglia si voltò a guardarla.
“Vi prego, voi andare avanti. Io torno dentro a cercarlo.”
Piero si offrì gentilmente: “Vengo con te, in due lo troveremo prima.”
Lei lo fermò sollevando una mano: “No. Non preoccuparti, farò presto.” Accennò un sorriso, sperando di essere convincente, quindi si affrettò a rientrare nella Cattedrale.
Nell’attesa che anche le ultime persone uscissero, scrutò il pavimento come se stesse davvero cercando qualcosa. Un paio di minuti e fu libera di recarsi al punto indicato ad Andrea poco prima. Prese la navata di destra, passò alcune colonne e si addentrò sempre più nell’ombra. Dal punto più buio comparve lui. Teneva un braccio sollevato e tra le dita della mano aveva il sottile bracciale in oro di lei, un ninnolo delicato e sobrio che non era nemmeno di gran valore.
Andrea fece un inchino galante, ma poi rovinò tutto sfoggiando un’espressione beffarda: “Credo abbiate perduto qualcosa, Madonna.”
“Infatti.” Gli lanciò un’occhiata di superiorità e allungò la mano per riprendersi il bracciale. Nel farlo, le dita sfiorarono quelle calde di lui in un contatto che durò più del necessario.
“Cosa direbbe vostro marito se sapesse che lasciate cadere appositamente i vostri gioielli per incontrare in segreto un altro uomo?”
Quel tono accusatore non le piacque, soprattutto perché sapeva di essere nel torto. Aggrottò le sopracciglia e fece per andarsene: “Siete un uomo davvero arrogante, Messer Pazzi.”
Lui l’afferrò per una mano, costringendola così a voltarsi.
“Dunque sapete.”
“Sì, mi è stato detto chi siete. Un uomo senza scrupoli, nemico della mia famiglia.” Disse lei con tono severo.
Andrea ridacchiò per quella descrizione. Quando arricciava le labbra per sorridere il suo volto ispirava simpatia e fiducia e a lei piaceva ancora di più. Accidenti.
“Non posso biasimare la vostra famiglia per avervi messa in guardia contro di me. In fondo è la verità, noi siamo nemici naturali. Non dovreste parlare con me.” La stuzzicò lui.
Lucrezia rispose per le rime, sentendosi canzonata: “Nessuno può dirmi cosa fare, Messere. Decido io della mia vita. E so fare le mie scelte.”
Andrea sollevò un sopracciglio: “Avete scelto voi di sposare quel bambino piagnucolone di Piero?”
Si prese uno schiaffo in piena faccia per aver osato tanto. Lei lo stava guardando con occhi di fuoco e la mano con cui lo aveva colpito era ancora sollevata e tremante.
“Voi non mi conoscete. Non sapete niente di me. Non sapete cos’ho nel cuore.” E detto questo  liberò l’altra mano da quella di lui e se ne andò, furente di rabbia, lasciandolo lì solo nell’ombra.
Andrea si portò una mano alla guancia colpita che cominciava già a bruciare e sorrise tra sé: “Davvero un bel caratterino!”
*
Erano trascorsi due giorni e lei era ancora tutta un fuoco ripensando a quell’incontro. Aveva sperato che il ricamo le occupasse la mente, che l’aiutasse a ritrovare la calma, e invece continuava ad impugnare l’ago come fosse stato un’arma e ad infilzare la stoffa senza pietà, pensando a lui. Dopo che era stata avvertita aveva fatto di testa sua ed ora poteva biasimare solo se stessa.
Fu in quello stato che la trovò Piero, di ritorno dalla sua prima riunione con la Signoria.
“Lucrezia, va…?”
“Non chiedermi se va tutto bene.” Lo interruppe lei scortese, per poi sospirare e usare un tono più mite: “Scusami. Quali nuove dalla Signoria?”
Piero si appoggiò di spalle allo stipite della porta: “Le famiglie nobili sosterranno la guerra contro il duca di Milano e il Generale Sforza. Domani partiranno con l’esercito.”
Lucrezia si fermò all’improvviso, la mano che teneva l’ago rimase sospesa. Sollevò lo sguardo sul marito: “Domani?”
“Sì. Prima intervengono, meglio è, secondo loro. Non capiscono che così facendo distruggeranno il commercio e manderanno alla fame il popolo di Firenze.”
A lei non importavano i motivi politici. C’era ben altro che voleva sapere: “E… Si conoscono i nomi di chi partirà? Voglio dire, delle famiglie nobili.”
Piero alzò lo sguardo al soffitto per pensarci qualche istante, ma poi scosse il capo e le rispose: “So per certo che partiranno gli Albizzi, padre e figlio. Degli altri non saprei dire.”
“Ah…” Fu tutto ciò che riuscì a dire Lucrezia. Si accorse di avere ancora la mano sospesa, quindi l’abbassò e ripose l’ago. Ormai ogni residuo di voglia di ricamare era scomparso. Gli Albizzi… Andrea era loro alleato e questo non era un bene. Certo lui era un Banchiere, ma lei non poteva sapere se fosse stato addestrato anche alle armi. E se l’indomani fosse partito con loro? Per quanto tempo sarebbe stato via? Quando avrebbe potuto rivederlo? Scosse il capo, si sentiva davvero sciocca. Fino a un attimo prima immaginava d’infilzarlo con l’ago e adesso si preoccupava per lui.
Dallo stipite della porta, Piero la osservava incuriosito, avrebbe voluto porle delle domande ma temeva che lei si sarebbe arrabbiata. La conosceva da quando erano bambini, era consapevole di essere la parte debole della coppia e non si sentiva pronto a fare un passo virile proprio in quel momento. Quando lei si alzò e gli venne incontro con quegli occhi tristi, fu tentato di allungare una mano verso il suo viso per accarezzarla, ma non lo fece.
“Vado a fare una passeggiata.” Disse Lucrezia, con un tono che non ammetteva obiezioni.
“Vuoi che io ti accompagni?”
Lei scosse il capo: “No. Vorrei stare un po’ sola, se non ti dispiace.”
Senza attendere che lui esprimesse il suo parere, lo lasciò per andare a prendere il mantello nella camera da letto lì vicino. Quando la vide uscirne, Piero la seguì fino all’ingresso del palazzo, solo per vedere se lo avrebbe degnato di un saluto prima di andare. E la sua speranza venne infranta.
Contessina, passando, lo vide lì fermo di fronte alla porta chiusa. Gli si avvicinò: “Piero?”
Lui si voltò: “Sì, madre?”
“Cosa stai facendo?”
Suo figlio fece spallucce, aveva un’aria afflitta: “Niente. Lucrezia è uscita.” E superò la madre per andare altrove.
Lei si voltò rapidamente e lo richiamò: “Dov’è andata?”
Lui rispose dandole di spalle: “E chi lo sa.”
Contessina strinse le labbra per l’impazienza. Non sapeva cosa stesse accadendo a quella ragazza, ma di certo doveva smetterla al più presto.
  
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