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Autore: roughgirl    25/03/2017    7 recensioni
1870, Inghilterra.
La giovane bella, caparbia e ribelle Jane Lewis deve lottare contro la mentalità contorta di un Ottocento pieno di pregiudizi e correnti ottuse che vedono la donna sottomessa dell'uomo ma, soprattutto, deve combattere quotidianamente contro le rigide regole di sua madre che, dopo la morte improvvisa della graziosa sorella, deve rassicurare trovando un buon partito, nonostante la sua opposizione.
Ma se ad un ricevimento incontrasse due occhi glaciali pronti a sbranarla o a salvarla? E se questi occhi appartenessero a un affascinante e arrogante ex capitano di marina, William, che si rivela un diavolo con un passato offuscato? Saranno scintelle d'odio, e poi? Amore?
Dal testo:
"Come vi permettete?! Mi state dando della brutta, della istupidita e della vigliacca!" Alzò il tono, ormai con la ragione offuscata: quegli aggettivi avrebbero fatto alterare anche una sgualdrina.
"Vedremo se mi considererete ancora vigliacca quando vi prenderò a pugni con le mie stesse mani." Continuò digrignando i denti.
Ormai la situazione stava degenerando e addio per la seconda volta alle buone maniere con quello sconosciuto.
"Oh, non osereste mai colpire William Stevens, ragazzin..." non finì la frase che si ritrovò cinque dita ben stampate e marcate sulla guancia sinistra.
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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~Ama mihi cum mererem minus, quoniam erit cum ne egerent~
{Amami quando lo merito meno, perchè sarà quando ne avrò più bisogno} CATULLO

 

Il rifugio era una piccola casetta in legno dove spesso si fermavano i cacciatori della zona per una notte o due, dotata di una sola grande stanza con una finestra, un camino, un letto non molto accogliente e nuovo, ma comunque a due piazze e adoperabile per una notte e anche un divano mezzo sfasciato ma utilizzabile.

Arrivarono al rifugio inzuppati di acqua e fortunatamente il tetto a spiovente si prolungava per un po' all'esterno, così che anche i cavalli legati fossero al coperto sotto la gronda.
William fu il primo ad entrare nella casa, completamente buia e fredda proprio come fuori.
Mentre Jane, dietro di lui, se ne stava ferma sulla soglia, William andò a guardare le condizioni del camino di fronte alla porta d'ingresso in cui c'era della legna asciutta e su cui si trovava un pacco di fiammiferi non utilizzati.
Che colpo di fortuna!

Accese presto il fuoco che fece anche luce nella stanza, per poi togliersi la giacca nera fradicia.
William s'accorse che la giovane da un bel po' non pronunciava parola, cosa alquanto strana, si girò e la trovò ferma ancora sulla soglia della porta scricchiolante.
Non le disse nulla, invece iniziò a sbottonarsi la camicia.
Jane sgranò gli occhi "Non avrai mica intenzione di spogliarti davanti a me?!"
Infondo erano pur sempre una donna e un uomo in una stanza chiusa, non poteva farlo sul serio!

La giovane già si sentiva molto in imbarazzo, ma non voleva darlo a vedere e poi, stare chiusa e isolata con l'essere più insopportabile della Terra non faceva di certo parte della lista dei suoi più grandi desideri, neppure dei più piccoli, non si sentiva affatto rassicurata a stare lì con quel tipo.

Se avesse avuto possibilità di scegliere, ne avrebbe fatto sicuramente a meno ma purtroppo il temporale non sembrava volesse dar tregua.
William si sedette sul divano, non degnandola di uno sguardo e ciò la fece infastidire non poco.

"Hai sentito ciò che ho detto?! Non vorrai mica..."
"Sta' zitta per una volta! Dovresti spogliarti anche tu, se non vuoi prenderti un malanno." Le disse in tono non poco scontroso e autoritario. Lo disse come se, se si fosse ammalata o meno, non gli avrebbe fatto nè caldo nè freddo, ed era così, ma doveva dimostrare sempre la sua grande 'intelligenza', pensò la giovane, peccato che nella sua intelligenza primitiva non esistesse la parola 'pudore'.

"Non mi spoglierò mai davanti a te, e neanche tu dovresti farlo!"
Jane però iniziava a tremare per il freddo e a sentire la temperatura corporea alzarsi.
Ma non l'avrebbe mai fatto! Spogliarsi davanti a quel maniaco, cosa ne sapeva di cosa avrebbe potuto fare? Era pur sempre un uomo, idiota ma uomo!

Un uomo che ti ha salvato da morte certa!
Le disse una vocina, ma si diede dell'esagerata.

E poi quello era l'ultimo al mondo di cui poteva fidarsi.
Si sfregò le mani cercando di riscaldarsele ma non servì a molto.

William però la ignorò ancora e si tolse la camicia rimanendo a torso nudo così Jane, indispettita e alquanto imbarazzata, si voltò da tutt'altro lato, mettendosi di fronte alla porta a braccia incrociate, facendo ghignare l'uomo che si alzò d'improvviso andando velocemente verso di lei.

Quando Jane sentì e vide la grande mano di William sbattere e appoggiarsi sulla porta, proprio al lato della sua testa, sussultò ma rimase ferma e composta, nonostante l'uomo fosse proprio dietro di lei che ora si ritrovava intrappolata tra il suo corpo e la porta.

Dannazione! Lo sapeva!
Cosa cavolo voleva quel bruto?
Quando sentì il fiato caldo e regolare di William sull'orecchio non azzardò al minimo movimento: voleva fargli capire che lui non le provocava la benchè minima paura.
"Ti ho già detto che per le ragazzine non provo nessun interesse, e ancor meno ne provo per il loro corpo. Quindi, ragazzina, ora smettila di essere turbata e svestiti." Lo sussurrò con così tanta calma che Jane per un attimo si sentì una vera stupida.

Non aggiunse altra parola neppure lei, non solo perchè con lui voleva avere il minimo contatto possibile, ma anche perchè per una volta, seppur fossero sempre offensive, quelle parole la rassicuravano. Anche se, ovviamente, non ci pensava neppure a spogliarsi.

Si limitò ad avvicinarsi al camino, e a sciogliersi i capelli rossi dall'odiosa acconciatura, lasciandoli cadere bagnati ma comunque morbidi sulle spalle e, senza accorgersene, il suo gesto così delicato catturò l'attenzione dell'uomo.

"Anche tu la pensi come mio padre?" Chiese, quasi senza accorgersene Jane guardando bruciare il fuoco nel camino davanti a lei.

Era una domanda così stupida ma così spontanea, perchè lui era rimasto in silenzio, ma con le sue espressioni e il silenzio stesso aveva ampiamente dimostrato come la pensava.
Chi tace acconsente, no?
E poi.
E poi lei stava cercando una variante, un rifiuto a ciò che aveva detto il padre.
Lo stava cercando, ma nella persona sbagliata, e lo sapeva.
"La donna fa bella figura, è un oggetto decoritivo, ornamentale, basta che obbedisca all'uomo, che stia zitta quando lo vuole l'uomo e che parli sempre quando lo vuole l'uomo, cioè sotto le lenzuola, lussuriosa, per aumentare il vostro ego e il vostro orgoglio!
Ah, giusto, può parlare anche di frivolezze con altre donne, ma non può sapere nulla della vita politica o sociale del proprio marito. Non deve e non può studiare nè letteratura nè tantomeno commercio, perchè l'uomo la vuole stolta e stupida, non sia mai che si ribelli al volere del marito o del padre, o inizi a seguire i cosiddetti 'affari da uomini'. Non può frequentare l'università perchè poi tutti la derideranno, la allontaneranno e la considereranno una pazza, ad andare contro la propria natura.
Deve stare a casa, passare le proprie giornate a cucinare e pulire i pavimenti se è povera, cucire e pettinarsi in trenta modi diversi i capelli se è nobile, giusto?
Però deve essere sincera e fedele al proprio uomo, sì! Altrimenti viene ripugnata, condannata a morte e ghigliottinata come un animale con addosso gli sputi e gli insulti della folla eccitata, che sia ricca o povera. Mentre un uomo, poveretto, è normale che abbia bisogno di un'altra donna, per compiacere i propri bisogni, è normale che tradisca, tanto non è lui che viene considerato un adultero e non è lui a cui la reputazione, anche dopo essergli stata tolta la vita, è infangata per sempre, come per tutta la famiglia da cui proviene, no! Perchè l'uomo è il padrone, il conduttore del mondo e una donna pensante, che non mette grandi scollature ma usa il cervello, è una strega, una da allontanare, una di cui, come per tutte le altre, importerà solo il corpo e le curve, giusto? Basta che stiamo in silenzio e sforniamo bambini, per dare una discendenza e popolare il mondo!" Jane prese un grande respiro, accorgendosi che alla fine di quel discorso ormai le mancava il fiato.

"Già finito?" Chiese William con un tono del tutto impassibile e indifferente, che fece prendere completamente il volo alla calma di Jane.
"Non so neppure perchè sto parlando di tutto questo con un limitato e antiquato essere pensante come te! Anzi non pensante, perchè uno che sta in silenzio davanti a certe affermazioni, ha ben poco di funzionante e pensante." Continuò imperterrita e affranta, per la prima volta. Ci furono alcuni secondi di silenzio carico di tensione e sguardi fugaci, lotte aeree.
"Ragazzina, ora sei tu quella che giudica senza conoscere, tu non sei nella mia testa e come sempre ti sbagli."
Le improvvise parole di William la fecero girare di colpo, suscitando in lei dapprima stupore, e poi sempre più rabbia.
Come poteva Lui dire una cosa del genere?!

"Ma non farmi ridere! Anzi, non farmi piangere! Non sono io quella che ti ha baciato con la forza, che ti ha chiamato giocattolino, che ha cercato di spaventarti a morte in casa propria, non sono io che ti ho portato in un bordello, che ti ho ricattato, che ti ho dato del vigliacco solo per un piccolo incidente, e che ti guarda dall'alto verso il basso..." continuò elencando con le dita "Che ne diresti tu se fossi io a costringerti a prendere parte a tutti i miei stupidi giochetti?" Jane inspirò ed espirò profondamente, si stava liberando di un gran macigno, dopo tutto ciò che le aveva fatto passare e la sua ampia dimostrazione di come vedeva le donne, ora addirittura dopo che aveva riso in quel modo, osava dirle che la pensava come lei!

Oltre che bipolare era anche smisuratamente lunatico!
La scienza si sarebbe potuta divertire molto usandolo come cavia, specialmente la psichiatria, chissà quante nuove scoperte e disturbi mentali sarebbero venuti fuori!

"Soprattuto" William si meravigliò dell'ardore che c'era nei suoi occhi, lo stesso ardore che aveva già visto in una sola altra persona "soprattutto, non sono io a guardare solo quanto è sottile la tua vita e sono larghi i tuoi fianchi. " continuò "Dato che le tue parole non sono certamente finalizzate a consolare questa insignificante ragazzina, almeno non essere ipocrita! Già ne hai troppi di difetti, soldato! È dai difetti che si giudica una persona e dal tipo di difetto, e ti assicuro che, da quanto ho visto, i tuoi sono i peggiori!" Si sfogò.

Jane si pentì un attimo di ciò che aveva detto, non solo perchè non sapeva come avrebbe reagito l'uomo, ma anche perchè sapeva di non conoscerlo a fondo, tanto a fondo da pronunciarsi in quel modo, ma lo conosceva abbastanza per pensarlo, almeno credeva. Poi però si rese conto che di ciò che pensava lei, a quell'uomo tanto venerato da tutti, non doveva importare proprio nulla.

"Anch'io ho una dignità, sai! Non è che perchè tanti altri e altre se la fanno mettere sotto i piedi da un troglodita incantatore come te, io debba fare lo stesso!" Concluse stringendo i pugni, ma William rimase ancora curiosamente imperterrito.
"Io avrò anche tutti i difetti di questo mondo e avrò commesso e continuo a commettere tanti peccati come tutti gli uomini, ragazzina, ma almeno io guardo con i miei occhi, vedo i miei limiti, la mia testa non è piena di falsi e irrealizzabili ideali femministi, per cui rischio il mio posto in famiglia, credendomi paladina e eroina di qualcuno e qualcosa che non si avvererà mai!"
Il tono inflessibile e sprezzante di lui fece traballare un attimo la ragazza, perchè c'era così tanta concretezza, così tanto vero in quelle parole, così tanto di qualcuno che sta con i piedi per terra, non come lei, che aveva la testa piena di cose irrealizzabili.
Ma se anche lei si fosse piegata alla materialità, era ovvio che quelle cose sarebbero rimaste irrealizzabili.
Ma lei ci credeva. Ancora.

"Mai, che parolone, può darsi che muoia prima che ciò avvenga, ma ti assicuro che prima o poi avverrà, e spero che succeda quando tu sei ancora in vita così che quando noi donne ci prenderemo ciò che ci spetta di diritto, tu possa vedere con i tuoi occhi la tua limitatezza non i miei limiti."
William la guardò in modo talmente inespressivo, che Jane si chiese se fosse una persona così tanto fredda e cinica.

"Mi stai augurando infinita vita allora, ragazzina." Disse lui portandosi all'indietro i capelli umidi e scompigliati che gli davano un'aria ancor più attraente, ma Jane era troppo impegnata a guardarlo male per accorgersene.
"No, ti sto augurando morte certa e molto vicina."
Lui scoppiò a ridere. Una risata falsa e ingiuriosa.
"È per questo che non ho intenzione di sposarmi, non voglio tenere nessuno al guinzaglio nè voglio che qualcuno tenga al guinzaglio me." Le disse sorprendendola di nuovo, ora era tornato sul discorso di prima.
"Non è perché così puoi avere tranquillamente tutte le amanti che vuoi e goderti i piaceri della vita senza fastidi?" Lo guardò sghemba.
William rise "Anche per quello."
"Certo, tu puoi decidere della tua vita, puoi rimanere lo scapolo d'oro, non come me, che ho un destino già segnato, e che se entro qualche anno non mi sposo perderò di valore come un oggetto, diventando una zitella sola con il suo cavallo."
"Se continui così è certo che resterai zitella a vita, ragazzina." Ghignò beccandosi un'occhiataccia fulminea.
Ricordava che la madre, mrs. Loren, le aveva detto le stesse parole. In quel caso poteva dire tale madre tale figlio.

"Peccato che se non sceglierò io presto il mio sposo di alto livello, lo farà mio padre!"
Jane sbuffò di nuovo.

"Perchè ti lamenti tanto, ragazzina? Tuo padre tiene a te." Le disse con uno strano e fosco luccichio negli occhi.
"Tiene a me perchè sono la sua unica figlia e unica pedina che può rassicurare la gestione dei suoi beni diventando la schiava di qualche essere con i neuroni spenti e per poter sfornare nipoti."

Ed era proprio così che si sentiva, una pedina, quando non si sentiva una disgrazia ovviamente.
Ciò che le faceva strano era che l'avesse dichiarato così apertamente all'energumeno. Doveva essere per il nervosismo.

"Che gran considerazione che hai di tuo padre e di noi uomini!"
"Non è una considerazione, è una constatazione! Una verità ampiamente dimostrata!" Ribattè brusca alzando il tono della voce. Cosa voleva capirne lui di come reclusa e usata si sentisse lei?
"Quanti problemi che ti fai, ragazzina." Le disse William prendendo da una tasca dei pantaloni un sigaro e un accendino, per poi accenderselo sedendosi svaccato sul divano.
"Potresti diminuire i miei problemi iniziando col finire di chiamarmi ragazzina, e spegnendo quel dannato aggeggio." Disse lei sbuffando alterata e indicando il sigaro.

William rise, ignorandola e facendola imbestialire.
"Questo dannato aggeggio si chiama sigaro, ragazzina, e mi hai dato un motivo in più per continuare a fumarlo. Sai, mi fa sempre molto piacere darti fastidio."
Jane prese un gran respiro, cercando di calmarsi e non strappare con le sue stesse mani il dannato e odiosissimo ghigno sul volto dell' uomo con un sonoro schiaffo, anche due.

William avvicinò il sigaro, posto tra indice e medio con una certa eleganza, alle labbra rosee e carnose.
La giovane rimase incantata da quei movimenti tanto stupidi ma che in mano a quell'uomo sembravano così affascinanti e raffinati, ma ci pensò una risatina beffarda a far sì che si desse della sciocca.
Ma che aveva la sua testa di sbagliato?

"Vedi? È anche per questo che non ci può essere parità, ci vedi voi donne, delicate e sofisticate come siete, a fumare tabacco?"
Allora fumare non rientrava di certo nei compiti e negli svaghi di una nobildonna.

A quel punto Jane fece una cosa che non avrebbe mai pensato di fare: si alzò di colpo, si avvicinò all'uomo e afferrò il sigaro strappandoglielo di mano e, appoggiandolo tra l'indice e il medio, come vedeva spesso fare dal padre quelle poche volte che lo vedeva, se lo portò alle labbra.

Il terribile odore di tabacco le invase subito le narici.
Che schifo! Se c'era una puzza che odiava e non tollerava era proprio quella, ancor più quando provò a inspirare, volendo dar prova che le donne potevano fare esattamente le stesse cose degli uomini senza problemi, tossì di colpo e allontanò dalle labbra il sigaro, facendo una naturale smorfia di disgusto.
William scoppiò a ridere.

"Ora che mi dici ragazzina, ti è piaciuto?" Disse l'uomo con tono sarcastico, come se già lo sapesse.
Jane lo guardò nauseata.
"Non esagero se dico che quella è la peggior macchinazione inventata per distruggere le interna umane! Oltre ad avere un terribile sapore e odore, mi fa venire la nausea." Disse mettendosi una mano sulla pancia massaggiandola.
"Ma non mi dire!" Ridacchiò l' uomo.
"Non so veramente come voi facciate a fumarne decine al giorno, la vostra bocca sarà intossicata a vita!" Chiarì Jane, con chiaro riferimento a tutti i fumatori. "Ma è rilassante, ma tu cosa puoi capirne? Ora però ridammelo! È l'ultimo!" Ordinò William allungando la mano, ma la giovane, che non era mai andata d'accordo con gli ordini, mise subito in atto la sua risposta.
"No!" Asserì subito portandoselo dietro alla schiena e facendo scattare lui in piedi.

Dannazione! Ora che ce l'aveva davanti poteva benissimo vedere le spalle nude che, come si era sempre immaginata, erano davvero larghe e possenti, i muscoli delle braccia e la pancia piatta poi erano sicuramente il risultato di tutti quegli anni passati in marina e di duro allenamento, ed ora in piedi uno di fronte all'altro, Jane sentiva davvero di non avere possibilità, anche per la gigantesca differenza d'altezza di quindici centimentri, lui avrebbe potuto divorarla.

E poi c'era un ultimo dettaglio che sembravano già starla a divorare: quegli occhi gelidi e assottigliati già le riferivano cosa sarebbe successo da lì a poco, anche solo perchè aveva osato sfidarlo per infastidirlo.

Ma sotto c'era molto di più: Jane voleva far vedere a lui, ma soprattutto a se stessa, che non bastava la forza a vincere su una donna, e poi già solo il fatto che gli avesse preso il sigaro, sfidandolo così apertamente era una vittoria.
Ma avrebbe potuto giocare d'agilità.

Quando lui infatti fece un passo avanti verso di lei, Jane ne fece uno indietro per mantenere le dovute distanze.
Anche se, in cuor suo, sapeva che a quel corpo tanto perfetto ed istruito per quelle situazioni, se non di gran lunga peggiori, non sarebbe sfuggita a lungo, specialmente se fuori ancora pioveva tanto, non sarebbe potuta scappare.

"Sai bene che non ti conviene." Le disse lui sfoderando uno di quei suoi sorrisetti presuntuosi e snervanti, tipici di chi sapeva di avere la situazione in mano.
E Jane si sarebbe divertita molto a togliergliela di mano, la situazione.
"Perchè? Non mi fai nessunissima paura!"
Ed era così, anche se il leggero tremore delle braccia dietro la schiena poteva smascherarla. Era solo il freddo, si diceva.

Avrebbe mandato a fine la sua piccola vendetta.
"Non ho mai incontrato donna più intraprendente e stupida di te." Ammise l'uomo continuando ad avvicinarsi e lei ad indietreggiare.
"Ma guarda, io invece non ho mai incontrato uomo più ottuso e troglodita di te." Ancora si sfidavano con gli occhi.
"È così che mi ringrazi per essere venuto fin qui, ragazzina? Facendo la bimba dispettosa?"
"Io non faccio la bimba dispettosa!" Controbattè lei, con una sicurezza e una perseveranza quasi disarmanti.
"Ah no?" Un altro passo.
"No." Soffiò lei stringendo ancora il sigaro nella mano.
"E allora perchè non vuoi ridarmi il mio sigaro, bimba dispettosa?" Chiese stavolta in tono più austero e freddo.
Jane si lasciò sfuggire una risatina, poi corrugò la fronte e alzò un sopracciglio atona.
"Non hai proprio pensato che voglio metterti l'orgoglio sotto i piedi?" Lo disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Nel vedere l'espressione di William mutare in qualcosa di davvero minaccioso, Jane fu dapprima compiaciuta e soddisfatta di avergli rimandato indietro quelle parole arroganti e insopportabili che le aveva detto lui il giorno prima, poi un po' meno.

William infatti scattò in avanti come un felino con la sua preda e Jane, aspettandosi proprio quella mossa corse dietro il divano dove almeno c'era qualcosa a separarla da lui, per quello che il vestito bagnato permetteva.
"Stupida ragazzina! Tu proprio non lo sai cosa sia la disciplina!"
Lo disse in modo così stizzito e severo che Jane per un momento credette davvero di aver fatto una stupidaggine. Per un momento.
"Ah, tu invece lo sai cos'è! È questione di disciplina oppure, dall'alto della tua sciocca e distorta mentalità, ti stai innervosendo perchè anche se donna, ti ho fregato e sto vincendo, soldato?"

E quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, infatti Jane si ritrovò improvvisamente a sbattere contro il muro dietro di lei, così violentemente che sentì davvero qualcosa nella sua schiena rompersi per lo scontro.
"Chi è che mi ha fregato e sta vincendo?" Jane si sentiva talmente frastornata che rimase in silenzio infuriata.
"Ti ho presa, ora ridammi ciò che mi appartiene!" A Jane parve quasi di vedergli il fumo uscirgli dalle orecchie "Subito!" Tuonò.
La giovane affilò gli occhi scuri, sembrava una vera e propria tigre in procinto di attaccare.
Ormai cos'aveva da perdere?

"Cosa, questa?" E cacciò il sigaro dalla mano sventolandoglielo davanti al viso.
Quando William però allungò la mano per riprenderselo, Jane gli rivolse un sorrisetto fiero e compiaciuto sottraendo la mano.

Buttò il sigaro a terra, alzò la gonna del vestito, afferrandone i lembi e lo calpestò ben bene, quanto bastava per spegnerlo e disintegrarlo.
Alzò appena gli occhi, impavida e fiera del suo gesto, per vedere gli occhi glaciali di William sciogliersi in fuoco ardente, che le grandi mani dell'uomo la presero per le spalle buttandola ora sul divano.

Jane ora sì che era infuriata, quasi quanto lui: ma per cosa l'aveva presa? Una bambola da sbattere a destra e a sinistra?
"Sempre molto delicato!" Borbottò rendendosi appena conto della situazione in cui si trovava.

Sotto di lui, sul maledettissimo scomodo divano, distanziavano solo pochi centimetri. Ma la distanza di sicurezza non era ancora calpestata. Per fortuna non gravava con il suo peso su di lei, che altrimenti, invece che per il bustino, sarebbe morta d'asfissiamento sotterrata da un muro umano.
Un muro umano arrabbiato e senza controllo.

Provò subito a sgattaiolare via, cercando di infilarsi sotto le sue braccia, ma ovviamente fu strattonata di nuovo, e stavolta per sicurezza si ritrovava con un ginocchio del troglodita tra le gambe. E così ora non poteva neppure utilizzare le gambe, vincolate anche dal suo vestito.

"Basta giocare, ragazzina." Ringhiò tra i denti e, nonostante sentisse un brivido freddo scenderle per la schiena, Jane non si scompose, anzi continuò a guardarlo in modo provocatorio.
"Sei davvero così frivolo da pensare che ciò che ho fatto fosse per divertimento o per darti fastidio?" Era una domanda retorica, ovviamente "Sai, non per tutti tutto è un gioco, come per te!" Lo accusò.
"Ah no? Eppure mi pare che stai facendo di tutto per mettere a dura prova i miei nervi!" Le si rivolse a tono duro.
"Ahahaha" la giovane formulò una falsa risata, una di quelle detestabili, una di quelle che William amava fare e odiava ricevere.
"Io metterei alla prova i tuoi nervi?! Questa mi è nuova! Io e te non abbiamo alcun rapporto, eppure è dalla prima malettissima volta che ti ho incrociato che fai di tutto per umiliarmi e provocarmi."

L'espressione di William mutò radicalmente, non appena la giovane finì di parlare e l'espressione che gli si formò in volto, tra malefica e sadica, fece tremare la giovane internamente.

"Sai che adesso dovresti essere a casa tua a cucire lenzuola, invece che qui a darmi del cattivo?"
La mascella di Jane cadde letteralmente a terra, la giovane rimase davvero allibita per quelle parole: era un'altra delle sue provocazioni o semplicemente aveva gravi disturbi psicologici?
Fatto sta che l'offesa presto si trasformò in improvvisa audacia e azzardo.
Corrugò la fronte e disse ciò che nessuna donna del suo tempo, o almeno quelle che conosceva lei, non avrebbe detto nemmeno sotto tortura per la troppa ipocrisia e il troppo 'imbarazzo'.
"Tu invece non dovresti essere tra le lenzuola di qualche donna che si accontenta di qualche uomo di basso livello, invece che fare il pallone gonfiato con me?!"
Jane vide William, preso in contropiede, sorpreso e divertito, e lei stessa si meravigliò di quelle parole, ma non desiderava affatto sprofondare per la vergogna, anzi ne fu soddisfatta, con quelle parole gli aveva detto esplicitamente ciò che pensava di lui e di quelli come lui.
E poi perchè si sarebbe dovuta vergognare?
Perchè per le regole della società una del suo 'livello' (che poi non capiva cosa volesse dire del suo 'livello', dal momento che a lei quello pereva il livello degli ottusi), non avrebbe dovuto azzardare su un simile argomento?
La sorpresa di William ritornò presto però alla sua solita ghignante espressione.
"Ma infatti ci sono adesso, con la differenza che al posto di qualche donna c'è un'ingenua ragazzina."
Jane collegò presto quelle parole al sorriso malizioso che mostrava la dentatura bianca e perfetta del troglodita a ciò che aveva detto prima e il braccio partì da sè, come anche furono pronti i riflessi dell'uomo, che le bloccò il sottile polso a mezz'aria, ma subito partì l'altra mano che per un pelo William fermò con l'altra sua mano.
Le strinse un po' troppo i polsi guardandola a metà tra compiaciuto e irato.
Jane, nonostante ora avesse entrambi i polsi bloccati sulla testa da una sola grande e vigorosa mano dell'uomo e le gambe completamente paralizzate, non osò sottrarsi neppure un attimo da quel contatto visivo, a testa alta, fiera e testarda, offrendo bene a quelle bellissime e irritanti iridi azzurre tutto il suo disprezzo, la sua rabbia e la sua cocciutadiggine, ancor più perchè ora lei lo sapeva, sapeva bene quanto lui si stesse divertendo, non ci voleva molto a passare dall'infuriato al divertito e compiaciuto, quando usava la sua forza contro di lei e la prendeva in giro.
E lui lo sapeva, sapeva quanto lei odiasse essere sopraffatta, essere fermata, essere domata, anche se desiderava farlo in altro modo.

"Ti rendi conto in che situazione ti trovi ora?" Chiese lui con voce estremamente bassa e roca, che Jane odiò se stessa quando sentì un orribile formicolio, di nuovo, scenderle lungo la schiena, doveva essere perchè il vestito era ancora umido, certo.
"Ti diverti? Perchè io no! Per niente!" Alzò la voce terribilmente arrabbiata per essere stata tanto stupida da cadere nella tana del lupo.
Vide un ghigno cattivo formarsi sul volto di lui, e non ne capì il motivo finchè sentì improvvisamente qualcosa tra le gambe, il ginocchio di William, scivolare sempre più giù, fino ad arrivare a premere pericolosamente e volutamente contro il suo interno coscia, così tanto che non aveva ormai neppure più un millimetro per muovere le gambe.
"A dire il vero mi sto annoiando, anzi sei proprio tu ad annoiarmi." E a quel punto Jane chiuse gli occhi incapace di vedere la soddisfazione negli occhi di quel bastardo che la stava di nuovo oltraggiando.
E poi.
E poi un fiato caldo sul collo e il pizzicante e forte odore di tabacco, menta, acqua di colonia e di qualcos'altro le fece sgranare gli occhi improvvisamente.

La bocca di William era a un centimetro dal suo orecchio, e si maledì ancora quando sentì un'inspiegabile, ed elettrizzante, e repellente, ed emozionante, e disgustosa carica di brividi attraversarle il corpo.
"Che ne dite di divertirci un po', milady?"
Okay, no, il bianco, che ora stava diventando viola sul viso di Jane per motivi non ancora noti, non era immaginario anche perchè il significato di quel 'divertirci' era molto ambiguo e la giovane era sicura che quello che intendeva lui, per quel termine, non era certo ciò che significava per lei.

"Lasciami andare immediatamente! Brutto maniaco pervertito e mascalzone!" Farfugliò cercando di restare calma, ma ormai era così evidente, anche per se stessa che non lo voleva ammettere, che in quel momento un pizzico di timore si era impossessato di lei, anzi un castello di paura e agitazione era quello, altro che timore.

Era agitata, cavolo se era agitata e per la prima volta il pensiero che quell'uomo potesse farle del male le balanò in mente e, anche se non voleva darlo a vedere, il continuo mordicchiarsi il labbro inferiore lo rendeva evidente.
Sentì la stretta sui polsi accentuarsi e per poco non le sfuggì un gemito di dolore, ma si trattenne. Era troppo orgogliosa.

Brutale. Ecco com'era la forza di quell'uomo, ecco com'era quell'uomo.

Lo guardò malissimo, nel modo peggiore che potè, capace di fargli capire con il solo sguardo tutto l'odio e il rancore che provava per lui, che chiaramente non lo toccavano minimamente, anzi, sembrava quasi felice di suscitarle quei sentimenti da ciò che si poteva capire dal sorrisetto soddisfatto stampato in volto.
Dio! Fra un po' i suoi poveri polsi sarebbero stati frantumati e fatti a pezzettini.
Ma era pazzo?!
Non ce la fece più.
"Lasciami! Mi fai male!" Urlò non lasciando trapelare la sua paura, ma niente, quello stringeva ancora di più.
"Vuoi impaurirmi? Dovresti impegnarti di più!" lo provocò per poi mordersi volutamente l'interno della guancia.
La sua lingua non sapeva proprio quando smetterla. In che guaio si era cacciata!

Le mani incatenate da quelle di lui, le gambe inchiodate dal ginocchio di lui e gli occhi impiantati in quelli di lui.
Che razza di situazione era quella?

Appena pronunciate quelle parole negli occhi cielo di William qualcosa cambiò, e lo notò anche la giovane che non sappe perchè quasi non riuscì a sostenere il suo sguardo. Un insieme di malizia, accusa, sfida, forza, vigore, arroganza e odio.
Sì, ci lesse anche odio in quegli occhi.
Bene, perchè il sentimento era più che contraccambiato!
"Non provocarmi, non sei nella posizione di poterlo fare!"
E fu allora che Jane la sentì. La paura.
Quella paura da cui aveva sempre cercato di stare alla larga, quella paura che ti fa sentire debole e fragile.
Vide le labbra di William incurvarai in un ghigno malefico e si chiese se davvero lui sarebbe stato capace di fare una cosa del genere.
La risposta era chiara. William strinse talmente forte che Jane sentì, o meglio non sentì più il sangue circolare lì, perse di sensibilità.
Sadico.
Malvagio.
Cinico.
Non poteva farlo sul serio, si stava divertendo a vedere come lei stringeva i denti per il dolore e per non iniziare a piagnucolare davanti a lui.

E lei non lo fece, non pianse, anche se ne aveva una gran voglia. Dare una siddisfazione del genere a quel pazzo! No, lo guardò come se volesse riflettere nei suoi occhi tutto il male che stava facendo.
Eppure poteva andarle peggio.
"Cos'è? Non parli più?"
Jane digrignò i denti, che in quel momento avrebbe volentieri usato per sbranarlo.
Mai nessuno, NESSUNO si era permesso di fare una cosa del genere, neppure suo padre!
Si sentiva offesa, offesa e arrabbiata.
Umiliata per la seconda volta dallo stesso uomo.

"Ma non mi dire! La ragazzina in silenzio, questa sì che mi è nuova!" E sorrise, ancora divertito mentre Jane chiuse gli occhi iniziando a sentire gli occhi punzecchiarle, dopo tanto tempo.
Ti avevo promesso che non avrei pianto più, Margaret, e ora guarda per cosa devono bagnarsi i miei occhi.
Ma quelle non sarebbero state lacrime di dolore, solo di rabbia e non se ne lasciò scappare neppure una.
Resistere.

William non voleva proprio saperne di finire il supplizio di quelle esili ossa con le sue grandi mani, voleva vedere fino a quando avrebbero resistito prima di fare crack?
Ma poi ci fu qualcosa, qualcosa che vide anche lui passare negli occhi nella giovane, per la prima volta da quando l'aveva incontrata. Teneva ancora lo sguardo alto e fiero ma qualcosa era cambiato, i suoi grandi occhi nocciola non brillavano più.
Era stanca.
Stanca di suo padre, di sua madre, di se stessa.
Stanca di doversi difendere e non poterlo fare.
Stanca di dover combattere.
Stanca di reprimere se stessa.
Stanca di vedere i suoi sogni e la sua volontà oppressi.
Stanca di essere offesa, umiliata in quel modo.
Stanca di quel mondo.
Stanca di vedere quell'uomo divertito.
Stanca.

"Fa' ciò che vuoi. Sono stufa di dover combattere. Se rompendomi i polsi e soffocandomi troverai una ragione in più per rendere felice la tua inutile e breve vita, continua."
Jane vide che le sue parole per una volta avevano fatto effetto, il viso di William era tramutato nella confusione più totale, glielo si leggeva negli occhi che era sorpreso. Di cosa poi? Che lei si fosse arresa? Non era ciò che voleva?

"Avanti, continua!" Lo incitò alzando la voce e sollevando, per quello che poteva, la testa, tantè che lui sgranò gli occhi per l'incredulità, ma poi qualcosa scattò.
Lui si mosse velocemente verso di lei, su di lei, avvicinandosi a lei, avvicinandosi troppo rischiosamente a lei.
Jane percepì la pelle scoperta delle braccia e delle gambe, completamente paralizzate, bruciare al contatto con la pelle morbida di William.
Cosa vuole?
E non ci mise molto a scoprire cosa voleva.
Dio! Non vorrà soffocarmi schiacciandomi?
Ormai il possente fisico statuario di lui la sovrastava totalmente.

Stupida! Stupida!
Era stata lei a provocarlo, e adesso lui voleva fargliela pagare, ovviamente.
Jane provò a scrutare in quegli occhi azzurri bellissimi, cercando di scoprirvi qualcosa ma niente.
Fermi.
Fissi.
Glaciali.

Non li aveva mai visti così da vicino, quegli occhi. Si era già accorta che avevano qualcosa di strano, di illegibile, di nascosto, ma non riusciva a capire cosa e, forse, non voleva neanche capirlo.
Era come se dicessero niente e allo stesso tempo tutto.
Erano solo due occhi, due magnifici e singolari occhi azzurri, solo due occhi, due mondi.

Infondo gli occhi raccontano ciò che abbiamo vissuto e ciò che siamo.

E lei era sempre stata brava a leggere negli occhi delle persone, molto più veri delle parole, ma quelli non riusciva proprio a capirli. Erano gli occhi di chi aveva vissuto tutto, senza aver ancora iniziato a vivere.

All'improvviso sentì crescere la curiosità di scoprire cosa ci fosse dietro quegli occhi.
Il crepitio del fuoco la fece destare dai pensieri.
Cavolo se stava impazzendo!
L'uomo da lì a poco l'avrebbe sicuramente oppressa.
Uccisa no, certamente, ma se la sarebbe vista brutta.

E invece no.
Pareva che anche lui si fosse soffermato un po' troppo a fissare negli occhi nocciola di lei.
E ormai passavano attimi, secondi, minuti e regnava solo il silenzio. Un profondo silenzio.

Gli occhi di William si spostarono sulle sue labbra per qualche attimo per poi tornare ai suoi occhi, poi di nuovo alle sue labbra.
La giovane arrossì sentendosi terribilmente e fastidiosamente a disagio, quando lo sguardo di lui scese sul suo busto.
William guardò attentamente il collo pallido e sottile di lei per poi scendere sulla clavicola ben sporgente per via della magrezza della giovane finchè si ritrovò a fissare quelli su cui però già aveva indugiato ben più di una volta: i seni morbidi, ritti e sodi seppur ancora in via di sviluppo, erano stretti e soffocati dal bustino che sembrava chiaramente darle fastidio da come, anche in sala, cercava di allargarlo e spostarlo di continuo.
Per una volta l'avrebbe felicemente e piacevolmente aiutata a liberare ciò che sembrava chiedere di essere liberato.

Scosse la testa.
Non doveva fare quei pensieri, non su di lei, non su quella ragazzina che stava facendo di tutto per fargli perdere il controllo, seppur indirettamente.
E lui, il controllo, non poteva perderlo.
È con il controllo di se stessi che si riesce anche a controllare gli altri.
Ma lei, così maledettamente e irritantemente ribelle, metteva a dura prova quello che era riuscito ad ottenere con tanto impegno. Il suo autocontrollo.

"Cosa dovrei farne ora di te? Hai distrutto il mio sigaro, io dovrei fare lo stesso con i tuoi polsi!" Lo disse, con quella sua voce bassa e roca e sprezzante, che sembrava stesse parlando più con se stesso che con lei.

Jane boccheggiò, voleva parlare, sputargli in faccia tutte le maledizioni che le sarebbero passate per la mente fino a non avere più fiato, e invece non riuscì a emettere un suono. Richiuse la bocca, girò la testa a destra, poggiando con la guancia direttamente sul divano, per non dover più sostenere quella situazione e rimproverò se stessa.
Perchè ora si stava comportando così?! Lui non le faceva nessunissimo effetto! Nessunissimo! Giusto?

Poi sentì i polsi liberi, il divano scricchiolare per il sollevamento di William.
"Avvicinati al camino, stai tremando."
La giovane si guardò le mani.
Cavolo! Era vero! Stava tremando come una foglia scossa dal vento.
Si massaggiò i polsi, su cui vide dei segni rossi, ma in quel momento non le importava, si era quasi abituata al dolore, e al posto della rabbia c'era solo stanchezza.
Non si preoccupò neppure di pensare cosa avrebbe potuto pensare sua madre o chiunque altro avrebbe visto quei segni.
Si alzò anche lei, in silenzio.
Si mise a sedere.
Fuori aveva smesso di piovere. Da quando?

Guardò i muscoli dell'ampia e scolpita schiena di William, che le volgeva le spalle, contrarsi mentre s'infilava la camicia e quei capelli corvini scompigliati che gli davano un'aria al contempo seducente e selvaggia.

Non riuscì a capire per un attimo se volesse tirarglieli talmente forte da fargli male o accarezzarli e sentire la loro morbidezza.
Scosse subito la testa, si diede uno schiaffo mentale, si ricompose e si insultò per aver anche solo pensato una cosa del genere.
Stramaledetto inconscio!

Respirò, rendendosi conto solo allora di aver trattenuto il respiro e di avere inspiegabilmente caldo nonostante stesse tremando per il freddo.

Writer's corner
Ciaoo! Mi dispiace davvero d'aver fatto tanto ritardo, spero di essermi fatta perdonare, anche perchè questo capitolo l'ho cambiato per tre volte e ho messo di tutto. Jane si arrabbia con lui perchè ovviamente con qualcuno si deve sfogare, William lo capisce e la lascia fare finchè lo sorprende in negativo di nuovo, schiacciandogli il sigaro. Il resto è chimica, finalmente un po' di contatto! Ringrazio sempre tutte le persone che hanno aggiunto la storia alle preferite, seguite e ricordate, grazie davvero a chi ha recensito lo scorso capitolo!
Aspetto dei vostri pareri e alla prossima! ;)

   
 
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