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Autore: Beverly Marshall    25/03/2017    1 recensioni
“[...] Streak, Swordsgirl e Lady Ice erano La Dannata Trinità, i tre criminali più ricercati d’America. Ovviamente finché non vennero scelti per far parte della Task Force X. E da Amanda Waller non si scappa.”
Una fanfiction senza troppe pretese, per ora solo “in prova”, spero vi piaccia!
Nel primo capitolo la Suicide Squad non è presente perché dovevo introdurre i miei OC (è una sorta di prologo-presentazione, ecco), ma ovviamente a partire dal secondo – se deciderò di continuare – ci saranno tutti i nostri cattivi ragazzi!
Genere: Azione, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stephan aveva preso una botta in testa, la sabbia aveva attutito il colpo ma non aveva impedito che il ragazzo rimanesse leggermente stordito.
Katana era riuscita ad atterrare in piedi, rischiando per un attimo di perdere l’equilibrio per poi riuscire a bilanciarsi per pura fortuna.
Erano finiti in un’isola, o almeno sembrava esserlo, la sabbia era bianca e dopo qualche metro di spiaggia si ergeva quella che doveva essere una fitta foresta tropicale. Il luogo era deserto, e stranamente non c’era nessun rumore, il vento non soffiava e gli animali che probabilmente popolavano la foresta non emettevano alcun suono.
I due si stavano ancora riprendendo a causa della velocità degli eventi, quando sentirono un tonfo non molto lontano da loro. Tutto ciò che vide Stephan fu un’altra breccia aperta, «Non di nuovo!» piagnucolò il ragazzo, mentre Katana faceva qualche passo avanti verso i due appena arrivati.
Lucille aveva alzato il busto tenendosi con le braccia, la faccia e i capelli sporchi della sabbia candida, «Fantastico.» commentò con tutto il sarcasmo che possedeva, mentre cercava di pulirsi alla meglio con le mani.
Boomer era caduto poco più avanti, di schiena, di fatto quando saltò in piedi si inarcò per sentire le vertebre schioccare in un rumore fastidioso, facendo sì che Lady Ice gli rivolgesse un’occhiata gelida.
«Dove accidenti siamo ora?» chiese la bionda, sbuffando, mentre accettava l’aiuto del migliore amico per alzarsi, «Bella domanda, penso che piacerebbe a tutti saperlo.» disse invece Stephan.
Tatsu stava guardando lontano, ignorando gli altri, per poi allontanarsi a passo svelto verso un oggetto non del tutto identificato, lasciato sulla sabbia vicino ad una palma. «Un orsacchiotto?» chiese Lucy, Katana stringeva appunto in mano un vecchio e rovinato pupazzo di peluche blu a forma di orsacchiotto: aveva un orecchio spezzato, diverse toppe e punti in cui il pelo sintetico si era staccato.
Stephan lo riconobbe, «Quello è mio… era mio. Come ci è finito qui?» chiese, prendendolo dalle mani della samurai. Quella non era una domanda a cui si poteva davvero dare risposta, anche perché non ci sarebbe stato modo.

Di comune accordo decisero di addentrarsi nella foresta, e l’intera situazione si fece – se possibile – anche più strana.
Katana, che stava in testa al gruppo, arrestò la sua camminata, facendo fermare all’improvviso anche gli altri, che, cercando di capire cosa avesse bloccato la giapponese, videro una teca di vetro: all’interno si trovava un boomerang giocattolo giallo, era graffiato in più punti e una G fatta con un pennarello nero spiccava su un lato.
Capitan Boomerang, riconoscendo l’oggetto, si avvicinò e notò la targhetta attaccata sulla teca, diceva “George “Digger” Harkness, Australia, boomerang, 7 anni.
Digger corrugò la fronte, il nome corrispondeva, il luogo di nascita corrispondeva e anche l’età in cui aveva ricevuto come regalo il giocattolo non sbagliava. «Non so se preoccuparmi più per questa teca in mezzo al nulla o per quello che c’è scritto sulla targhetta…» mormorò, probabilmente più a se stesso che agli altri tre. «Era tuo?» domandò Lady Ice «Sì… credevo di averlo perso, è con questo che ho imparato.» il criminale sfiorò il vetro, fissando l’oggetto come incantato.
«Ci conviene proseguire, dobbiamo capire come andarcene.» consigliò Katana, invitando il resto del gruppo a seguirla mentre avanzava con finta sicurezza lungo il sentiero.
Pochi metri dopo incontrarono una seconda teca, anche questa di vetro e con una targhetta che indicava il nome, il luogo di nascita e l’età del proprietario, più il nome dell’oggetto, che questa volta era un *kendama di legno, la pallina era di un rosso sbiadito, in diversi punti la vernice era scrostata, lasciando intravedere il legno chiaro.
Tatsu Yamashiro, Giappone, kendama, 9 anni.
La samurai fissò il giocattolo. Mentre Lucy e Boomer decisero di farsi da parte, notando l’espressione improvvisamente non più seria ma vagamente triste di Tatsu, Stephan non si fece problemi ad affiancarla, «Utilizzare il kendama è un ottimo esercizio di concentrazione, ne avevo uno anche io, da piccolo… simile a questo, ma ho smesso di usarlo qualche ora dopo averlo comprato, non avevo pazienza per imparare.»
«Era un regalo di mia madre, le piaceva guardarmi giocare perché diceva che seppur sbagliassi trovavo sempre la forza di riprovare. Mi ha aiutato molto quando ho iniziato a imparare le arti marziali aver fatto esercizio con quello.»
Katana non si apriva con nessuno. Non si fidava di nessuno di loro. Stephan aveva semplicemente ascoltato, e aveva annuito subito dopo, accennando un sorriso verso la donna, che aveva fatto lo stesso di rimando.

 
Nel frattempo Lady Ice e Capitan Boomerang avevano deciso di allontanarsi, trovando una biforcazione nel sentiero che li aveva spinti sempre più vicini al cuore della foresta, dopo aver scelto il sentiero a sinistra. «Guarda un po’, un’altra teca.» attirò l’attenzione su di sé Lucille, indicando appunto la teca contenente un giocattolo che stava a pochi metri da loro.
I due aumentarono il passo, pronti a leggere l’etichetta.
Lucille Anderson, Arizona, bambola di pezza, 5 anni.
La bambola di pezza contenuta nella teca era chiaramente vecchia, ma non del tutto malandata, i capelli biondi erano ancora stretti in due trecce legate da nastri azzurri, la pelle bianca e gli occhi blu di vetro scintillavano sotto la luce del sole che filtrava tra i rami degli alberi. Il vestitino azzurro non era del tutto rotto, ma nel bordo pareva essere stato mangiucchiato dai topi.
«Non può essere mia…» constatò Lucy, Digger alzò un sopracciglio, «C’è il tuo nome sopra, perché non dovrebbe essere tua?»
«L’orfanotrofio dove sono cresciuta era a Los Angeles, quindi in California, e qua c’è scritto Arizona… perché i miei genitori avrebbero dovuto portarmi lì?»
«Tutto il resto è giusto?»
«Sì, e riconosco la bambola, il punto è che fino ad ora non sapevo di essere nata in Arizona, ho sempre dato per scontato di essere nata in California… insomma, chi farebbe tanta strada per dei bambini che nemmeno vuole?!»
«I tuoi genitori a quanto pare.» rispose l’uomo. «Grazie per la delicatezza.» disse retorica, superando la teca con fare infastidito, «Era per sdrammatizzare, su!»
«Sdrammatizza con i tuoi amici, non con me.» concluse secca, ed era abbastanza chiaro che non volesse una risposta.

 
Stephan aveva notato immediatamente che gli altri due li avevano lasciati, certo non era stata una scelta saggia, si trovavano in un luogo che non conoscevano, prima o poi avrebbe fatto buio e non era il caso di stare separati. «Cerchiamoli, non saranno andati tanto lontano» disse Katana, imboccando il sentiero che aveva visto prendere dai due. Streak la seguì senza dire una parola, arrivando fino alla biforcazione, «Destra o sinistra?» chiese il ragazzo, Tatsu non scrollò le spalle anche se probabilmente avrebbe voluto, come potevano sapere quale percorso fosse quello che avevano scelto Lady Ice e Boomer?
«Ragioniamo. Lucy è mancina, quindi è più probabile che abbia scelto la sinistra, non sappiamo però se Boomer l’abbia seguita o abbia protestato… nel dubbio si va a sinistra.»
«Credi che Digger l’abbia assecondata?»
Stephan rise, iniziando ad avviarsi, «È molto difficile contestare quello che dice Lucy, se avrai modo lo scoprirai.» la rassicurò, camminando a passo svelto, trasformandosi nel mentre per annusare il terreno. Tornò alla sua forma umana e sorrise con aria vittoriosa, «Sono passati di qui!»
«Non potevi farlo da subito?»
«Nah, fare il sapientone è più divertente.» affermò ridacchiando, facendo alzare gli occhi al cielo alla giapponese.
Stephan, durante il tragitto, assunse di nuovo il suo aspetto animale per annusare e capire dove fossero i due. L’odore di Lucille era inconfondibile per lui, così come lo era quello di Sarah, e non gli servivano molti sforzi per identificarlo. Superarono la teca di Lady Ice, non si fermarono perché Stephan non lo fece, sentendo immediatamente che sì, Boomer e la ragazza erano stati lì per un po’, ma anche che si erano allontanati già da una mezz’ora circa.

Katana trovava strano camminare fianco a fianco con una volpe, non un animale qualunque, ma una volpe che capiva, che – se solo lei avesse posto qualche domanda – avrebbe risposto, anche solo facendo un cenno con la testa.
La ricerca non durò molto a lungo, Tatsu arrestò la propria camminata quando vide Stephan fare lo stesso: l’animale si era fermato di botto e aveva drizzato le orecchie, facendo scorrere lo sguardo vermiglio attorno a sé, mosse la coda e un rumore di passi attutiti dalla terra umida diventò sempre più chiaro alle orecchie di Katana che, voltandosi, vide la ragazza bionda correre verso di loro. «Stephan! Stephan!» gridava, aspettandosi che il migliore amico tornasse alla forma umana per sentire cosa aveva da dire. «Abbiamo trovato la tua teca…» iniziò quando fu abbastanza vicina, con il fiatone, «Ma è… insomma, è vuota… credo che chiunque le abbia messe qui voglia che tu ritrovi il tuo orsacchiotto.» spiegò, in direzione della volpe.
«Quindi dobbiamo tornare indietro…» mormorò Digger, Lucy scrollò le spalle con fare disinteressato, «Dal momento che nessuno ricorda che abbiamo fatto di quell’orsacchiotto prima di andarcene direi proprio di sì.» rispose.
Katana si avvicinò silenziosamente a Streak, cercando di non farsi notare dai due criminali dietro di loro, che nonostante sembrassero molto più interessati alla loro conversazione sugli stereotipi delle persone australiane e statunitensi che a quanto avesse da dire, avrebbero potuto sentire e la cosa non era nel suo interesse.
«Non potresti semplicemente trasformarti e fiutarlo?» domandò in un sussurro, Streak scosse la testa mora, evitando di distogliere lo sguardo dal sentiero, «No, non ricordo l’odore, sarebbe un dispendio di energie inutile. Tra l’altro questo posto è strano, di solito gli odori delle piante mi confondono quando cerco di fiutare una persona, ma prima, quando mi sono trasformato, non li ho nemmeno sentiti.» confessò. Era chiaro che Katana non avesse nessuna risposta utile per la sua perplessità, ma Stephan si era trovato a pensare che non gli dispiaceva una persona che lo ascoltava in silenzio, a differenza di Lucille e Sarah, che la maggior parte delle volte volevano dire la loro.
Avevano smesso di parlare, e per un attimo Stephan aveva pensato di avere le allucinazioni, perché aveva intravisto la figura di quella che doveva essere una bambina aggirarsi tra gli alberi. Aveva scosso la testa, pensando che fosse il caldo a farlo confondere, ma quando l’aveva vista di nuovo e aveva sentito un’adorabile vocina sussurrare il suo nome si era spaventato.
«Stephan!» si sentì chiamare ancora una volta, si voltò e vide una bimba dagli occhi scuri e i capelli corvini. Accanto a lei un’altra bambina identica.
Due gemelle, le sue sorelline, che quando lui era scappato avevano poco più di dieci anni. «Caroline?» chiese avvicinandosi, gli altri tre parevano non aver fatto caso a lui, proseguendo come se non avessero visto nulla.
La bambina sorrise e annuì, porgendogli l’orsacchiotto blu, Stephan si avvicinò per prenderlo ma Caroline se lo tirò dietro la schiena, «Prima devi promettere.» disse l’altra: Gwendolyn.
«Promettere? Cosa devo promettere?» chiese confuso, «Devi promettere che tornerai per noi, Stephan.»
«Lo… lo prometto, tornerò per voi, appena uscirò da quella prigione verrò a cercarvi, troverò un modo, lo giuro.»
Le due bambine lo abbracciarono, ma appena entrarono in contatto con il suo corpo si dissolsero nell’aria, come se non fossero mai state lì, a terra, esattamente in corrispondenza di dove si trovava Caroline, c’era il suo orsacchiotto.


 
Something I Need To Say
SINTS, quando gli autori giocano sporco.
 
Ehi a tutti!
Prima di passare al capitolo e alle curiosità sui personaggi: sapevate che Alessandro Bertolazzi e Giorgio Gregorini (entrambi rigorosamente italiani) hanno vinto l’Oscar come migliori truccatori e parrucchieri per Suicide Squad?
Ebbene sì, i make-up e le acconciature di Suicide Squad (vorrei stringere ad entrambi la mano solo per come hanno trasformato Jared Leto) sono stati realizzati da due artisti italiani! #ItaliansProud (torna il mio bisogno patologico degli hashtag su EFP).
*kendama: giocattolo tipico giapponese. Questo qui è il link della pagina Wikipedia che parla di questo giocattolo, io l’ho sempre chiamato palla-spada ma ho scoperto che, effettivamente, non era quello il suo vero nome, dunque nel link potrete trovare tutto quello che c’è da sapere sul kendama, sempre se può interessarvi.
Come potete vedere questo capitolo è incentrato sull’Isola dei Giocattoli Rotti, la verità è che non pensavo che occupasse addirittura tre pagine di Word, le altre prove si troveranno nel prossimo capitolo. Spero di non aver deluso nessuno, in ogni caso chiedo venia!
 
Angolo Curiosità
Nomi
Stephan
Il nome completo di Stephan è Stephan James Doyle.
Stephan è una variante del nome Stephen, in onore di Stephen King, uno dei miei scrittori preferiti in assoluto.
Mentre Doyle è un omaggio a Arthur Conan Doyle, autore dei libri di Sherlock Holmes, una sorta di riferimento all’astuzia del personaggio.
Sarah
Il vero nome di Sarah era Zarya Roksana Sakharov, l’ha cambiato dopo essere scappata dalla sua famiglia per non farsi rintracciare. La scelta del cognome White è stata un collegamento al suo cognome originale, infatti Sakharov deriva da una parola russa che significa “zucchero”.
Lucille
Quando Lucille è stata lasciata all’orfanotrofio con i suoi fratelli era l’unica a non avere un pezzo di carta con il proprio nome sopra, così la signora Jenkins – la direttrice dell’orfanotrofio – ha deciso di chiamarla Lucille, un nome che significa “luce”, perché quando lei e i fratelli sono stati lasciati lì erano le prime luci dell’alba.
Ho scelto il cognome Anderson dopo averlo letto nel libro “Il Miglio Verde”, di Stephen King.
 
Sheila
Sirena si chiama Sheila perché alla sua creatrice, pensando ad un nome esotico, affascinante e che richiamasse l’oceano, è venuto in mente questo nome.
Mentre Roth viene da Raven dei Teen Titans, il cui vero nome è Rachel Roth.
 
Giulia
Il nome di Jolly è omonimo con quello della sua creatrice, ovvero Giulia.
La scelta del nome del suo alter ego non è stata tanto semplice, tanto è vero che prima di raggiungere l’ultimo e definitivo risultato (Jolly, appunto), tra i nomi possibili si trovavano Pink Lady e Lady Joker.

Akito
Il personaggio di Akito ha visto tra le possibilità per il proprio nome Sousuke e Inuyasha, grazie ai due manga letti dalla sua autrice, che però, alla fine, ha deciso di optare appunto per Akito, ispirandosi al manga Kodomo no Omocha.

 
Queste erano le curiosità sui nomi degli OC.
Mi scuso per l’immenso ritardo e prometto di cercare di aggiornare più velocemente. Grazie per essere arrivati fino a qui! E soprattutto un grazie speciale a Dawn_Scott402 che mi ha tenuto compagnia in questi giorni con i suoi messaggi e che mi ha spronata a pubblicare! Baci,
 
Beverly.
   
 
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