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Autore: lithnim222000    25/03/2017    7 recensioni
|Interattiva - Iscrizioni aperte fino al 10/03|
La porta si richiuse, e il ritmico scandire dell'orologio si fermò di colpo. Ora il silenzio era totale.
-Che tipa carina la tua amica, Os.- una voce dietro le sue spalle lo distrasse, facendolo balzare in piedi.
-Morfeo!- i suoi occhi si posarono sulla figura snella del ragazzo, appoggiato al muro con le braccia incrociate. Quanto ad aspetto, invece, suo fratello era lo stesso di sempre: un bel ragazzo dai capelli ricci e scuri, premuti sotto un cappellino da baseball. Indossava jeans scoloriti, con più buchi che stoffa, scarpe da ginnastica che si tenevano insieme a dispetto della forza di gravità e felpa rosso brillante, con la scritta in nero “chase your dreams, go to sleep”. Be', certe cose non cambiavano mai.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Dei Minori, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa gara non s'ha da fare

Se hai diciott'anni e ti svegli a mezzogiorno con un'emicrania che la vedi, lì con il suo caschetto da muratore, a trapanarti la testa, nella maggior parte dei casi la deduzione logica è che tu abbia speso la sera prima a scolarti l'intero creato, in una discoteca con una musica così forte da costringere qualche dio degli inferi a picchiare con la scopa sul soffitto, protestando per un po' di pace.

Se hai diciott'anni e sei un semidio, invece, facile che all'alcool si sia aggiunto anche qualche mostro da affettare, mix che, se possibile, garantisce un risveglio ancora più assassino del mostro stesso.

Ma nel caso di Tobias Jason Brooks, diciottenne, semidio e attualmente in preda ad un mal di testa peggiore di quello di Zeus alla nascita di Atena, le ragioni di una sveglia in tarda mattinata erano fondamentalmente sempre riassumibili in un nome: James Logan Brooks.

-Pa'...pa'...

Tobias si rivoltò assonnato a pancia in sotto, mentre un molesto, acuto rumorino gli si insinuava nelle orecchie, nonostante il cuscino premuto in faccia fin quasi a impedirsi di respirare

-...Pappa!

Io non sono sveglio. Io sto dormendo fu la prima cosa che il ragazzo pensò, ancora per metà nel mondo dei sogni. La seconda: Forse se mi fingo morto prima o poi lascerà perdere.

Ma figurarsi, era di suo figlio Jamie che si stava parlando. Tempo mezzo secondo, e un peso improvviso sul fianco, e poi sulla schiena, lo informarono che il bambino era passato alle maniere forti. Se lo sentì gattonare lungo la spina dorsale, le manine e i piedini a premere fastidiosamente sui muscoli indolenziti dall'allenamento del giorno prima.

-Papà!- lo strillo questa volta era troppo vicino alle orecchie per poter essere ignorato. Tobias iniziò suo malgrado a riemergere dal morbido stato di tenebra e incoscienza in cui aveva fluttuato fino a quel momento. Un altro paio di acuti del piccolo despota appollaiato sulle sue scapole, ed era completamente, irreparabilmente sveglio.

Buongiorno anche a te, Jamie sospirò mentalmente, rassegnato, decidendosi finalmente ad aprire gli occhi.

-Pa'!- esultò il bambino, quando lo vide stropicciarsi la faccia con una mano. Il grugnito inarticolato che ricevette in risposta non sembrò scoraggiarlo minimamente -Pappa!- tornò a reclamare, battendogli i piccoli palmi sulla schiena nuda.

Tobias gettò un'occhiata alla sveglia elettronica di fianco al letto a due piazze, sbadigliando. Mezzogiorno meno dieci...e tanti saluti ai suoi tentativi di imprimere a James un ritmo sonno-veglia decente. Erano tornati da pochi giorni dalla visita fatta alla famiglia del ragazzo, e le cinque ore di fuso orario fra casa sua e il Campo Mezzosangue si facevano drammaticamente sentire su suo figlio: non c'era verso di farlo addormentare prima delle due di notte, con risultato che la giornata seguente iniziava più o meno all'ora di pranzo.

Annaspò alla cieca con un braccio torto all'indietro, agguantando James per il dorso del pigiama. Si ritrovò di fronte i suoi occhioni carichi di aspettativa, e assolutamente privi di qualunque segno di rimorso.

-Pa': pappa.- scandì di nuovo, come se l'abbinare quei due elementi facesse parte dell'ordine naturale dello cose. La sua determinazione strappò a Tobias un sorriso dal sapore un po' agrodolce: ogni tratto di quel bambino, dal colore degli occhi a quella testardaggine che gli era caratteristica, non faceva altro che ricordargli sua madre. Harriet, figlia di Apollo, era stata esattamente così: un treno in corsa, un uragano inarrestabile che era impossibile arginare. L'aveva amata più di qualsiasi altra persona al mondo, e quando era morta l'estate prima, a causa del veleno di una manticora, si era aggrappato a James, loro figlio, come ad un'ancora, per evitare di annegare nel dolore.

-Pappa.- concesse, alzandosi dal letto. La cabina di Tyche assomigliava alla stanza che aveva a casa, cosa che gliel'aveva sempre fatta sentire familiare: era un ambiente non troppo grande, dall'aspetto moderno, adatto al suo unico occupante.

Mentre scaldava il latte per James su un fornelletto da campo -non c'era speranza che al Padiglione trovassero ancora qualcosa da mangiare- l'occhio gli cadde sul calendario appeso alla parete. Quasi si rovesciò su una mano il contenuto bollente del pentolino: era il primo di ottobre, il giorno della gara di nuoto contro Sparta! I suoi compagni del club di Atene lo avrebbero squartato se fosse arrivato in ritardo: Yueliang, il figlio di Phobos, lo aveva già minacciato di fargli rivivere uno per uno i peggiori traumi della sua infanzia se non si fosse trovato in riva al lago a mezzogiorno preciso. Peccato che fosse già mezzogiorno e uno.

Stava giusto meditando se fosse meglio barricarsi nella propria cabina o correre all'aeroporto e prendere il primo volo per Honolulu -sperando che l'ira di Yueliang non lo inseguisse fin laggiù- quando qualcuno bussò.

-Will!- aprire la porta, trovarsi davanti il capocabina di Apollo e piazzargli fra le braccia un James ancora in pigiama fu tutt'uno -Grazie agli dei! Me lo tieni fino a pranzo? E dagli la colazione, è pronta dentro. Grazie mille, davvero! Jamie, fa' il bravo con lo zio Will!

Uno scatto per agguantare il costume da bagno ed era già partito a tutta birra verso il lago. Non fece minimamente caso alla voce di Will Solace che gli gridava alle spalle.

-Tobias, aspetta! Aspetta!

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Era una mattinata splendida. I caldi raggi del sole di mezzogiorno si infrangevano sulle onde frastagliate del lago, creando giochi di luce sull'acqua, così che la superficie sembrava composta di miliardi di minuscoli frammenti di vetro in continuo movimento. Il cielo, di un azzurro intenso e abbacinante, si stagliava in netto contrasto con le cime degli alberi della foresta, fra i cui rami iniziavano a distinguersi sfumature rossastre e dorate, avvisaglia dell'autunno imminente e insieme monito a godersi le ultime belle giornate. Gli uccellini cinguettavano e i satiri suonavano fra l'erba i loro zufoli, riempiendo l'aria di una gaia musica, che sembrava il canto della natura stessa.

E, tanto per cambiare, Tobias era in ritardo.

Yueliang sbuffò forte dal naso, allungandosi per toccare con le mani le punte dei piedi nudi. I membri delle squadre di Sparta e Atene erano già tutti schierati sulla spiaggetta di ghiaia che circondava lo specchio d'acqua, in costume e pronti per dare inizio alla gara: perfino quello sventato di Noel Kallaghan era riuscito ad arrivare puntuale -il che aveva dell'incredibile- possibile che il figlio di Tyche dovesse sempre farsi desiderare in quel modo?

Oh, ma vedrai appena arriva quante gliene dico...pensò, passando a sciogliere i muscoli delle braccia con movimenti circolari. Se Atene avesse perso per colpa sua, Tobias poteva dire addio al quieto vivere per tutto ciò che fosse restato della sua esistenza, cioè non molto.

Eppure glielo aveva ricordato almeno due volte al giorno, per tutta la settimana precedente: "ehi, Toby, c'è la gara di nuoto! Non hai dimenticato la gara di nuoto, vero?" "Chi, io? Ma quando mai!"

E invece c'era riuscito lo stesso.

Fece scorrere lo sguardo sulla riva ciottolosa del laghetto: la squadra di Sparta era già schierata. In prima linea, come al solito, c'era quello scricciolo di Sophie Peyton Welch, la figlia di Iride, che naturalmente stava già saltellando sul posto. Quella ragazzina sembrava avere un paio di molle al posto dei piedi: su e giù, su e giù, non riusciva mai a stare ferma un attimo, il che, oltre ad essere seccante, faceva sempre venire a Yue un leggero mal di mare e un urgente bisogno di andare in bagno. Tutti i semidei, lui compreso, avevano i propri problemi con l'iperattività, ma Sophie...Sophie era l'iperattività, fatta persona e compressa in un soldo di cacio con l'apparecchio da denti. Il ragazzo non sapeva molto di lei, ma da quando era arrivata al campo, l'estate prima, si era subito fatta notare: oltre ad iscriversi all'stante al club di Sparta e partecipare alle competizioni con una grinta che non era stata minimamente sminuita dal fatto che tutti gli altri la superassero in età, si era guadagnata sin dalla prima settimana il nomignolo di "Scricciolo l'Ammazzamostri". A soli dodici anni, infatti, aveva già affrontato più bestie della maggior parte dei semidei veterani. Sembrava che si trovasse sempre nei guai: anche ora, per esempio, era al Campo a causa di un incidente con tre karpoi impazziti, che aveva costretto Chirone a intervenire personalmente nella sua scuola per modificare la Foschia e farle ottenere l'esenzione dalle lezioni per un'intera settimana. Roba che non era riuscita nemmeno a Percy Jackson, il che era tutto dire.

Anche Cameron Keller, il figlio di Eris, era un ricettacolo naturale per ogni genere di calamità, naturale e non, ma per ragioni diverse: lui i guai se li cercava proprio. Era un tipo abbastanza belloccio, dai capelli castani e un modo di muoversi disinvolto e affascinante, ma con quel suo perenne atteggiamento di sfida e la faccia da schiaffi che si ritrovava, pareva avesse appiccicato in fronte un cartello con su scritto "Punchball". Yue gli aveva rivolto la parola sì e no due volte, ed aveva sempre finito per allontanarsi con le mani che gli prudevano e la faccia paonazza per la rabbia. Dopodiché aveva accuratamente cercato di evitare un terzo incontro, perché non era sicuro di avere abbastanza autocontrollo per relazionarsi con un tipo del genere. Solo questo bastava a dare un'idea di quanto insopportabile Keller sapesse rendersi: l'autocontrollo di Yueliang Kongju era una leggenda al Campo Mezzosangue.

Cameron sembrò accorgersi del suo sguardo malevolo fisso sulla propria schiena, perché alzò di colpo gli occhi dal coltello a serramanico con cui stava giocherellando e incrociò il suo sguardo, sogghignando. Yue iniziava davvero a chiedersi se la sua perpetua espressione sarcastica non fosse frutto di una deformazione facciale. Che avesse avuto un incidente da piccolo?

Prima che il ragazzo potesse apostrofarlo con un commento pungente, spostò la propria attenzione sul terzo membro degli spartani, ovvero Yumiko Hamada, figlia di Aglaia. La ragazza fissava il vuoto con aria torva, e la bocca corrucciata e le sopracciglia aggrottate avrebbero messo in soggezione chiunque non avesse saputo che quella era la sua espressione tipica. Non era una musona, Yumiko, però tendeva a rimanersene sulle sue, e quel cipiglio serio che il suo volto sapeva assumere non incentivava le persone a disturbarla. Yueliang l'aveva osservata parecchio, ed era quasi sicuro che si trattasse di una tecnica studiata: alla ragazza non piacevano i seccatori. Era un tipo deciso, concentrato sui propri obiettivi, e per questo l'avversario che lui temeva di più, fra gli spartani.

Ultimi del gruppo erano Amelie Montrené e Vieri Kovačevićk. I due erano già entrati in acqua ed erano impegnatissimi a spingersi l'un l'altro la testa sotto la superficie, tentando di annegarsi a vicenda. Certo, per quanto fosse possibile affogare la progenie di una nereide, quale era Vieri: da figlio di Galene aveva un'affinità naturale con l'acqua e, da coinquilino di Percy Jackson nella cabina di Poseidone, un discreto allenamento come nuotatore.

Anche Amelie però sapeva il fatto suo. Oltre ad essere una figlia di Ecate piuttosto potente, era una persona solare e piena di risorse, di quelle con le batterie sempre cariche. A vederla era facile scambiarla per un membro della cabina undici: aveva lo stesso sguardo furbo dei figli di Ermes, gli stessi tratti un po' efebici, da elfo, e una zazzera di capelli biondi sempre arruffati, che, insieme alla silouette longilinea e ossuta, le conferivano un po' l'aspetto di un canarino. D'altra parte era nota a tutti la sua amicizia di lunga data con Connor Stoll e con Africa. Fino all'estate prima i tre avevano formato un mix esplosivo, al punto da venire soprannominati "il Triangolo delle Bermuda": se ci finivi in mezzo, eri fregato.

All'inizio di quell'anno, però, l'armonia fra di loro si era un po' spezzata: Africa era precipitata in un periodo di malumore a causa della rottura con quel figlio di Ipno -Odisseo Seawind, se Yue non ricordava male, e lui non ricordava mai male-, Connor si era dato una calmata con la partenza del fratello Travis per il college, e la stessa Amelie si era fidanzata con Vieri, allontanandosi un po' dagli altri. La storia fra lei e il figlio di Galene era stata complicata, principalmente per il timore di Vieri nell'intraprendere una relazione fissa, ma alla fine era stata Amelie a prenderlo per il colletto e baciarlo, e lui...be' l'aveva lasciata fare. Yue non riusciva a pensare a due persone più adatte l'una all'altra di loro: erano entrambi iperattivi cronici, drasticamente privi di peli sulla lingua e testoni come muli, ma con un animo dolce, in fondo.

Africa, l'ultima componenete della squadra di Sparta e capitano indiscusso, mancava, ma li aveva già avvertiti quella mattina che avrebbe potuto non arrivare in tempo. A quanto pareva Chirone aveva indetto un'assemblea straordinaria fra i veterani del campo. Il motivo era sconosciuto, ma la ragazza era sembrata meno vivace del solito mentre lo comunicava loro, e non erano molte le cose che riuscivano a spegnere il suo buonumore. Yue aveva il presentimento che c'entrasse di nuovo quel Seawind, ma non aveva chiesto: Africa era piuttosto sensibile all'argomento, per quanto si rifiutasse di ammetterlo, e lui non aveva poi tutta questa confidenza con lei, per potersi permettere domande del genere.

Senza contare che aveva già i suoi problemi di cui occuparsi. Spostò lo sguardo sulla propria squadra e sospirò, così profondamente da spostarsi una ciocca di capelli dagli occhi: gli ateniesi erano drasticamente pochi. Dei cinque membri della squadra, solo lui, Noel e Taras erano in costume e pronti per la gara. Per quanto riguardava le altre due ragazze, Lullaby e Madison, la prima non si vedeva, mentre la seconda se ne stava sdraiata sotto un albero con le gambe incrociate, giocherellando con un ciondolo che portava al collo, in un atteggiamento di menefreghismo assoluto. Yueliang l'aveva già redarguita cinque o sei volte, ma con Madison non serviva a niente: era già tanto che la figlia di Stige fosse venuta a far presenza, con le tendenze misantrope che si ritrovava. Yue si chiedeva spesso perché facesse parte del club di Atene, visto che Madison sembrava preferire enormemente la tranquillità e il silenzio della solitudine a qualunque genere di interazione sociale, ma la risposta era, come al solito, sempre la stessa: Africa e la sua capacità di coinvolgere chiunque. La figlia di Poros non poteva assolutamente lasciare che l'unica figlia di Stige del Campo snobbasse i suoi club, e non c'era nessuno in grado di sfuggirle. Madison non aveva avuto scelta: dopo tre mesi di pressing serrato da parte della ragazza, aveva dovuto arrendersi, anche se le sue apparizioni nel gruppo di Atene rimanevano soltanto sporadiche.

-Perché Lullaby non c'è?- domandò, spostando lo sguardo su Noel e Taras.

-È per il costume.- rispose istantaneamente Taras, il figlio di Chione, alzando gli occhi dal bastoncino che si stava rigirando fra le dita. Quando Yue inarcò un sopracciglio, arrossì -Insomma, il fatto che voi indossiate il costume. Cioè noi, volevo dire noi. Non voi nello specifico, non c'è niente che non va con i vostri costumi. Anche se il tuo è parecchio stretto, Yue.- sobbalzò, come rendendosi conto di cosa aveva appena detto, e le sue orecchie divennero rosso fuoco fra i riccioli biondi -M-ma...quello che intendevo è...i costumi...in generale...a Lullaby non piacciono.

Il figlio di Phobos non si spiaccicò una mano sulla faccia soltanto perché temeva che un gesto così esplicito di esasperazione avrebbe finito per mandare completamente in tilt quel povero ragazzo. Taras era un tipo a posto, davvero, ma non era bravo con i rapporti sociali. Per niente. Il suo celebre sangue freddo, che gli permetteva di centrare con millimetrica precisione qualsiasi bersaglio ad una distanza minima di cento metri, evaporava come per magia non appena si ritrovava ad aprire bocca. Nelle sue giornate migliori i suoi commenti fuori luogo erano riusciti a mettere a disagio addirittura Chirone, e Yue avrebbe potuto giurare di aver visto perfino il signor D arrossire, quando Taras si era lasciato scappare una certa osservazione sull'accoppiamento dei delfini.

-Intendi che la imbarazza stare in mezzo a persone in costume?- intervenne gentilmente Noel. Taras esitò per una frazione di secondo, prima di annuire vigorosamente.

-Sì.- sputò fuori, per poi chiudere la bocca e porre termine alla propria penosa performance, tornando a concentrarsi sul suo pezzo di legno.

Yue tirò un sospiro di sollievo. Per fortuna c'era Kallaghan, in situazioni come quelle. Il figlio di Areté sapeva sempre dire la cosa giusta per rimettere tutto a posto. Gli indirizzò in silenzio uno sguardo grato, ricevendo in cambio un sorriso a trentadue denti.

Poteva dire senza mezzi termini che Noel fosse il suo migliore amico, il che era strano, visto che quanto a carattere erano sostanzialmente agli antipodi. Noel Kallaghan era quel tipo di persona che esce in pigiama alle cinque del mattino per inseguire una farfalla, e nel tentativo di acchiapparla inciampa nei propri piedi e va a sbattere contro un tronco. Lui, in particolare, all'albero in questione gli chiedeva pure scusa, prima di rendersi conto della sua natura inanimata. Yueliang, soprannominato Terror per l'estremo puntiglio che lo caratterizzava, non avrebbe mai immaginato di poter legare con un tipo del genere, visto che generalmente la sua disposizione d'animo verso la gente con la testa fra le nuvole era la stessa che si ha verso le zanzare ad agosto.

Però il figlio di Areté non era solo uno sventato. Era una persona buona, leale, e forte, oltre quell'apparenza da ragazzino ingenuo. Fortissima. Uno dei proverbi preferiti di Yue era sempre stato il detto "mi spezzo ma non mi piego". Lo diceva con fierezza, consapevole della propria forza: non era uno facile da spezzare, lui. Noel invece era l'esatto contrario: per abbatterlo non ci voleva davvero niente. Una parola crudele, uno sguardo cattivo. Ma tenerlo a terra...non ci sarebbe riuscita nemmeno un'incudine attaccata alla schiena. Lui semplicemente si rialzava, sempre con quel suo sorriso. Avrebbe sorriso anche a chi gli avesse puntato una pistola addosso, di questo Yue era sicuro, e per qualche motivo la cosa lo affascinava.

-Ehi...Yue?- uno schioccare improvviso di dita davanti alla propria faccia lo riportò bruscamente alla realtà. Si ritrovò davanti gli occhi divertiti di Noel, appostati sopra i suoi zigomi lentigginosi.

-Mi stavi fissando.- spiegò semplicemente il ragazzo -Finalmente sono io a svegliare te, e non il contrario!

-Che ore sono?- si limitò a chiedere lui, evitando il discorso. Gettò un'occhiata all'orologio da polso: mezzogiorno e dieci. Oh sì, avrebbe decisamente fatto a pezzi Tobias.

-Mad, forse dovresti mettere tu il costume e gareggiare al posto di Toby.- azzardò Noel.

Madison si limitò ad alzare gli occhi dal proprio ciondolo, fissandolo in silenzio. Con i capelli corvini, il giubbotto nero chiuso sopra la maglia del campo e la gonna morbida di pizzo, sempre nera, stonava in mezzo al prato come avrebbe fatto un grosso ragno. L'unica cosa che staccava dalla monocromia dei capelli e dell'abbigliamento era il volto, il cui funereo pallore aumentava però l'impressione di trovarsi di fronte ad un cadavere tornato in vita. D'altra parte, dalla figlia di uno dei fiumi infernali, non c'era da aspettarsi niente di diverso.

Noel resse quello sguardo inquietante solo per una manciata di secondi, prima di ritirarsi con la coda fra le gambe.

-Era solo un'idea, eh.- bofonchiò avvilito.

-Ehi, ateniesi!- Yumiko si avvicinò a grandi passi. La sua pazienza doveva essersi esaurita, dedusse Yueliang. Non che potesse darle torto: fosse stato al posto suo, l'avrebbe persa molto prima. Tuttavia si voltò a fronteggiarla, frapponendosi fra lei e la propria squadra, perché, sebbene il ritardo di Tobias e l'assenza di Lullaby non fossero colpa sua, rimaneva pur sempre il capitano di Atene e per amor di lealtà non poteva lasciare che tutta la colpa venisse scaricata sui propri compagni.

Yumiko si arrestò a pochi passi da lui, incrociando le braccia.

-Abbiamo aspettato abbastanza, ora si inizia.- annunciò coincisa, andando dritta al punto. Lanciò alla loro misera squadra un'occhiata un po' dubbiosa, poi aggiunse -A meno che non preferiate dare forfait.

Yue storse il naso, ingoiando la rispostaccia che avrebbe voluto darle. Yumiko non voleva essere scortese, era troppo corretta per farlo, semplicemente le mancava il tatto per evitare di rimarcare quanto la squadra di Atene fosse mal messa. Per un istante indugiò lui stesso sull'idea di lasciar perdere e concedere agli altri una vittoria per abbandono: a parte Noel, che aveva fatto nuoto per parecchio tempo prima di trasferirsi al campo, né lui né Taras erano tutto questo granché, in acqua.

Per fortuna, a risolvere i suoi dubbi, anticipata da un fragoroso schianto di legno che si spezza, arrivò una frana.

 

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Quando l'inconfondibile ed assordante rumore di un grosso ramo che cede ruppe il tranquillo sciabordio delle onde del lago, la prima reazione di Madison fu l'irritazione. Non era già abbastanza dover presiedere alle gare di quella banda di idioti? Dovevano toglierle anche il suo amato silenzio? Poi avvistò Tobias, che rotolava giù dal pendio erboso sovrastante la spiaggia puntando dritto verso di lei, e non ebbe più molto tempo per pensare.

Si gettò di lato, atterrando poco elegantemente sullo stomaco, proprio mentre Noel Kallaghan si frapponeva fra lei e palla-da-bowling-Tobias. Il risultato fu che entrambi i ragazzi finirono a terra al suo fianco, in un bizzarro groviglio di gambe e braccia.

-Strike.- fu il commento di Yueliang, prima che i suoi occhi virassero su Madison...su un punto particolare del corpo di Madison. Non appena si rese conto di dove il figlio di Phobos stesse guardando, lei avvampò e aprì bocca per rimetterlo al suo posto, ma il ragazzo cinese la prevenne.

-Ti si è alzata la gonna.- annunciò con calma serafica -Perché hai dei pantaloni, sotto?

Ah, era questo allora. Forse non era un pervertito, dopo tutto.

-Perché mi piacciono i vestiti lunghi e sono una semidea.- replicò, rialzandosi e pulendosi le mani -Le due cose possono stare insieme solo se metto in mezzo un paio di leggins.

Nel frattempo, anche il resto della squadra di Sparta li aveva raggiunti. Vieri, Amelie e Yumiko stavano già separando Tobias e Noel, mentre Cameron si era fermato qualche passo indietro. Non appena incrociò gli occhi della ragazza, sogghignò.

-Bel culo.- fu il suo commento. Madison serrò le labbra e gli mostrò il dito medio, per poi ignorare la sua reazione e andare a vedere se Tobias fosse intero.

Sembrava di sì. Come al solito, la sua immensa fortuna da figlio di Tyche aveva fatto sì che, nella caduta, evitasse tutti i sassi aguzzi che affioravano dal terreno, e l'impatto con Noel gli aveva anche impedito di terminare il suo volo sulla ghiaia della spiaggetta, arrestandolo sull'erba morbida al confine del prato.

-Il ramo a cui mi ero appoggiato per scendere si è schiantato.- si giustificò con aria imbarazzata -Uh...grazie Noel.- aggiunse. Il figlio di Areté, nonostante fosse piegato in due per aver ricevuto un calcio allo stomaco, riuscì in qualche modo a fargli il pollice alto.

-Sei irrecuperabile.- sentenziò Madison, incrociando le braccia, e riuscì quasi a sorridere mentre lo diceva. Con Tobias le succedeva spesso. Quel ragazzo era uno strano mix di gentilezza, lealtà e senso dell'umorismo, sia volontario che, come in quel caso, accidentale. Forse era per lui che, anche se Africa non la stressava più, la ragazza continuava a frequentare il gruppo di Atene. Per lui e per quel piccolo ranocchio di suo figlio James, che era l'unico bambino al mondo ad esserle mai piaciuto. La prima volta che l'aveva vista, il piccolo le aveva scaricato sulle gambe una manciata di fiorellini. Okay, molti di essi avevano ancora le radici attaccate e le avevano sporcato il vestito di terra, ma l'idea generale c'era. E poi Toby, per sdebitarsi, aveva chiesto a Tracy della cabina di Afrodite un abito nuovo per lei.

-Scusate il ritardo.- stavolta lo sguardo di Tobias era rivolto verso Yueliang, che sbuffò, ma non fece commenti -Comunque, ce l'ho fatta. Mi pareva di aver sentito la parola "forfait", ma mi sbaglio, vero?

-Suppongo di sì, a questo punto.- Yumiko si fece scappare un sorriso -Facciamo che dimenticheremo il tuo ennesimo ritardo se sarai in acqua entro...

-No.- la voce di Africa echeggiò chiara e netta, stroncandole la frase. Gli sguardi costernati di tutti si fissarono sulla ragazza, che era comparsa al limitare della foresta, nello stesso punto da cui era rotolato giù il figlio di Tyche.

-Che significa no?- si intromise Vieri -Atene non può gareggiare senza di lui.

-Non ci sarà nessuna gara.- Africa fece qualche passo avanti. Aveva i lineamenti contratti in un cipiglio serio -Vengo adesso dall'assemblea.

-Com'è andata?- si informò Yueliang, aggrottando la fronte. Madison dedusse dalla sua espressione che ancora gli bruciava il fatto di non essere stato convocato: d'altra parte, da quando il numero delle cabine era aumentato, con l'inserimento di quelle per gli dei minori, Chirone aveva deciso di aprire le riunioni solo ai veterani storici del Campo. Yue, nonostante vivesse lì già da quasi cinque anni, non veniva chiamato quasi mai.

-È andata.- sospirò la figlia di Poros, in risposta -Non so ancora quanto posso dirvi, Chirone ha chiesto di mantenere il silenzio stampa in merito. Ma sono venuta a prendere Amelie.

La ragazza sobbalzò e fece un passo avanti, sorpresa.

-Me? Perché?

-Ci serve il tuo aiuto per un'evocazione.- spiegò concisa Africa -Avevamo mandato Will Solace a cercarti, ma non si trova più.

Madison vide che Tobias si grattava la nuca con aria colpevole, ma decise di non fare domande.

-Quindi la sfida è annullata?- gemette Sophie, con la testa piegata di lato per lo sconforto. Cameron si limitò ad alzare le spalle.

-Tanto avremmo vinto noi. Abbiamo Vieri, ragazzi, non c'è gara.

-See, come no.- replicò subito Tobias, guardandolo di traverso -Fai poco lo sbruffone, che tu sai a malapena nuotare.

-Ha parlato la sirenetta!

In un attimo la discussione aveva già coinvolto tutte e due le squadre. Africa fece spallucce e si limitò ad andarsene, tallonata da Amelie. Madison le guardò allontanarsi, e sentì nello stomaco una stretta poco rassicurante. Solo il giorno prima, la figlia di Poros aveva solennemente dichiarato che solo la caduta dell'Olimpo avrebbe potuto impedire che la loro sfida avesse luogo...il fatto che ora l'avesse disdetta, perfino per lei, non era affatto una prospettiva incoraggiante.

Angolo Autrice:
Ciao, sono io. Ok, 'sto capitolo non è un gran che, ma è già stato un parto così. Perdonatemi la prolissità, ma dovevo presentare i personaggi (e non sono nemmeno tutti!!). Ci vediamo alla prossima!
   
 
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