Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Morgana89Black    26/03/2017    3 recensioni
E se Lily Potter avesse avuto un secondo figlio, poi dato in adozione?
Dal capitolo 2:
"Ti lascio queste poche parole, nella speranza che quando le leggerai non mi odierai per essere stata codarda e non aver avuto la forza di tenerti con me. Purtroppo temo che non vivrò comunque abbastanza per vederti raggiungere i tuoi undici anni, il perché forse un giorno lo scoprirai da sola, per ora ti basti sapere che io e tuo padre siamo una strega ed un mago".
Dal capitolo 22:
“Draco... Draco... svegliati”. Le ci vollero diversi minuti per convincere il ragazzo ad aprire gli occhi ed inizialmente lui parve non notarla neanche mentre sbatteva ripetutamente le palpebre nella vana speranza di comprendere cosa fosse successo.
“Nana...”, la ragazza sorrise della sua voce impastata dal sonno. Era quasi dolce in quel momento e sicuramente molto diverso dal solito Malfoy, “è successo qualcos'altro?”. Parve svegliarsi di colpo, al sentore che doveva essere accaduto qualcosa di grave se lei lo svegliava nel pieno della notte.
Dal capitolo 25:
Prima che attraversasse l'uscio per scomparire alla sua vista, udì poche parole, ma sufficienti a gelargli il sangue nelle vene, “lei è un mangiamorte”.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sirius Black – parte II.

 

Non era mai stata ad Hogsmeade, ma aveva sentito parlare a lungo di quella costruzione abbandonata, che si diceva fosse infestata dai fantasmi.

Guardandosi intorno dovette ammettere che, di esseri quasi morti non vi era traccia alcuna, però quella stanza non faceva presagire nulla di buono. La carta da parati, che un tempo doveva essere di un tenue lilla a fiorellini, era strappata in più punti e dovevano essere stati degli artigli a rovinarla. La mobilia era spaccata e sembrava essere stata oggetto di torture inimmaginabili. Sul pavimento uno spesso strato di polvere, simile a quello posato su qualsiasi superficie, faceva presagire un lungo periodo di abbandono. Solo una striscia di legname più chiaro indicava un passaggio recente.

“Quel cane è passato da qui e ha trascinato Ron di sopra”, il sussurro di suo fratello era strozzato, dalla paura per l'amico e lei non poté far alto che annuire alle sue parole.

Si diressero in silenzio verso le scale che portavano al piano di sopra e tentando di fare meno rumore possibile cominciarono a salire i gradini impolverati, sino a raggiungere una porta infondo ad un breve corridoio. Doveva essere la stanza in cui quell'animale aveva trascinato il ragazzo.

Nei meandri del suo cervello una vocetta stava cercando di dirle che quel comportamento era piuttosto incomprensibile e che un animale non avrebbe mai trascinato la sua preda per una rampa di scale solo per condurla in un luogo più adatto in cui divorarla.

Il dolore al polso sinistro, intanto, era diventato sempre più pungente e ad un occhio veloce si rese conto che l'osso doveva essere rotto, perché la mano era divenuta violacea e si era gonfiata parecchio. Le doleva, ma faceva tutto il possibile per non pensarci e concentrarsi sulla situazione, aveva un brutto presentimento e, sicuramente, quella circostanza non faceva presagire nulla di buono.

Entrarono nella stanza con le bacchette in pugno, tutti e tre pronti ad attaccare.

“No... Harry... è una trappola”, le parole di Ron, evidentemente in preda al dolore per la gamba che, a giudicare dall'angolatura che aveva preso, doveva essere rotta, li colsero impreparati.

Il suo cervello aveva appena compreso la parola trappola e le implicazioni di questa, prima che la porta dietro di lei si chiudesse di colpo. Si era voltata appena in tempo per sentire il tonfo, quando i suoi occhi di smeraldo si erano incontrati con due iridi grigio tempesta, incastonate in un viso scavato e distrutto dalla sofferenza.

Non riusciva a smettere di guardarlo. Era a meno di mezzo metro da lei, che era stata l'ultima ad entrare, e i loro sguardi erano incastrati ed incapaci di dividersi l'uno dall'altra. Lei non riusciva a smettere di guardare in quei turbini di nuvole e lui la osservava incuriosito.

L'incanto da cui sembravano pervasi si ruppe quando suo fratello si frappose fra loro e urlò all'uomo di non avvicinarsi a lei.

“Non osare toccarla. Ti ucciderò prima che tu riesca ad avvicinarti a lei”, vi era rabbia e senso di protezione nella sua voce, ma Morgana non riusciva ad essergli grata. Aveva distolto quel temporale di ghiaccio da lei ed a lei mancavano quegli occhi grigi.

Solo una parte della sua mente, quella più acuta, si accorse che, in realtà, erano altri gli occhi d'argento in cui desiderava perdersi, ma decise di scacciare quel pensiero infondo alla sua testa, in un angolino remoto. Era meglio fingere di non capire, piuttosto che cadere nel baratro della consapevolezza di quanto in fondo a quel burrone di dolore fosse caduta in soli due anni.

“Solo uno morirà sta notte”, la voce aspra dell'uomo, evidentemente rimasta inutilizzata per troppo tempo, la riscosse dai suoi pensieri. Non vi era gelo in quelle parole, nonostante lui avesse tentato di mettervelo.

Suo fratello e Sirius Black stavano discutendo animatamente, quando la porta della stamberga si aprì da sola, ma nel buio non si vedeva alcun essere, né umano, né animale. L'informazione parve non scomporre minimamente gli altri componenti della stanza, ma lei l'aveva notata, così come aveva avvertito la scia di profumo, lieve, ma profondo che aveva colpito le sue narici. Si beò di quell'odore boschivo che per qualche attimo la fece sentire al sicuro. I suoi occhi andarono alla parete, non poteva vedere nulla, ma una certezza la colse: lui era là.

Intanto nella stanza gli avvenimenti erano precipitati e, nonostante la lotta serrata fra Harry e Sirius Black, lei si sentiva estranea a tutto quello. L'uomo l'aveva colpita in pieno, mandando in tilt il suo cervello. Non aveva immaginato di poter reagire in quel modo.

Negli ultimi mesi aveva coltivato un odio profondo per quel mangiamorte e si era sentita desiderosa di vendetta nei confronti di lui. L'aveva odiato. Aveva progettato mille modi diversi per ucciderlo, non prima di averlo fatto soffrire, come aveva sofferto lei e come avrebbe sofferto lei in futuro. Voleva fargli male, profondamente, voleva sentirlo implorare pietà. Voleva che chiedesse lui stesso di essere ucciso. Voleva che anelasse la morte. Non era certa di riuscire a mettere in atto i suoi piani; non per pietà, quella non la provava, non per lui che meritava il dolore che voleva infliggergli. Erano le sue capacità magiche ad essere messe in dubbio.

Era così concentrata sul suo odio verso l'uomo che non si era minimamente accorta del tumulto che la circondava. Era estranea a tutti gli avvenimenti, alle parole dette. Aveva recepito solo di sfuggita la porta aprirsi nuovamente. E solo la voce di Remus Lupin, che interveniva fra Harry e Sirius la riscosse dai suoi pensieri.

Vide come al rallentatore l'uomo porgere la mano al mangiamorte, aiutarlo ad alzarsi ed abbracciarlo. Udì come se fosse il proprio, l'urlo di Hermione. A quel punto ormai era stata riscossa dai propri pensieri ed era tornata in quella stanza. Solo la vaga sensazione di un forte mal di testa l'aveva pervasa, sino a farle tremare le gambe.

“Io mi fidavo di lei. Io non ho detto nulla”, la grifondoro si era voltata verso i due amici, “lui è un lupomannaro”.

“Da quanto lo sai?”, la voce del professore tremante, fece provare pietà a Morgana. Pietà per quell'uomo che non aveva voluto la sua colpa.

“Da quando il professor Piton ci ha chiesto un tema sulla materia”, a quelle parole la ragazzina non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, come una sciocca, sentendosi un po' stupida in quella situazione, ma senza riuscire a trattenersi.

“Morgna... ehm... ti senti bene?”, suo fratello si era avvicinato a lei, guardandola con occhi sconvolti, come se pensasse che la ragazza era di colpo divenuta matta.

Non riusciva a smettere di ridere e, scossa com'era dagli spasmi dell'eccesso di ilarità, si teneva la pancia dolente con entrambe le mani, quasi accasciandosi su se stessa. Solo dopo diversi minuti e quando ormai gli sguardi di tutti erano puntati su di lei, era riuscita a calmarsi a sufficienza da riprendere a respirare.

“Non credo che il suo intento abbia funzionato, professore”, aveva ansimato ad ogni parola, ancora incapace di esprimersi correttamente.

“Il mio intento?”, Remus Lupin la stava osservando sconcertato, chiedendosi di cosa lo stesse accusando precisamente. Forse anche lei era concorde con la giovane grifondoro, nel ritenere che egli avesse avuto intenzione di aiutare un vecchio amico.

“Oh.. no..”, Morgana si stava ancora asciugando gli occhi, mentre si era voltata ad osservare la parete vicino alla porta, “ non parlavo con lei, professor Lupin, ma col professor Piton”, il silenzio era calato all'interno del piccolo ambiente, “non la facevo così ingenuo da pensare che qualcuno dei suoi studenti avrebbe capito la condizione del professor Lupin, solo grazie allo svolgimento di un compito assegnato. Anche perché, ad esser onesti, ai più intelligenti non servivano di certo delle ricerche per comprendere la verità”.

“Ehm... Morgana...”, suo fratello sembrava sinceramente preoccupato e le si era avvicinato intimorito, “sei sicura di sentirti bene? Con chi stai...ehm... parlando?”.

“Con me, Potter!”, la voce del professore di pozioni fece sobbalzare tutti i presenti e l'uomo, mentre pronunciava quelle poche parole, aveva fatto scivolare il mantello dell'invisibilità del ragazzo, ai propri piedi.

L'atmosfera, satura d'aspettativa, sembrava essersi cristallizzata. Nessuno aveva mosso un muscolo mentre lui si rivelava. Non aveva intenzione di farlo in quel momento, ma non era un vigliacco e non avrebbe finto di non esser lì, tanto più che, a quel punto non avrebbe avuto senso. L'effetto sorpresa a cui aveva puntato era, evidentemente, sfumato.

“Come hai fatto, Morgana?”, i suoi occhi d'onice s'impossessarono di quelli di smeraldo della ragazza, che lo guardavano pieni di un sentimento che non riusciva a decifrare.

“Ti ho sentito, Severus”, quando lui si era mostrato, lei si era sentita riempire da un dolce calore. Ora era al sicuro. E non le importava del marchio nero sul suo braccio, non le importava di chiamarlo per nome davanti ad altri, cosa che sino a quel momento non aveva mai fatto, non le importava degli ultimi mesi passati ad evitarlo. Non le importava della possibilità che lui avesse aiutato Sirius Black ad entrare nel castello. Non le importava più nulla, perché per la prima volta da quando era uscita dal suo ufficio furiosa, finalmente, era tornata a respirare. E si era resa conto di esserci riuscita solo nel momento in cui aveva percepito il suo odore di muschio solleticarle le narici, non appena lui era entrato nella stamberga.

Onice e smeraldo si fusero insieme per pochi secondi, prima che Sirius Black rompesse quella dolce bolla incantata che l'aveva avvolta per pochi attimi. Come una furia, si era precipitato tra di loro ed il suo pugno, inesorabile, si era abbattuto contro lo zigomo del professore, che venne sbalzato con violenza contro il muro della piccola stanza polverosa. Il rumore dell'osso dell'uomo, che s'incrinava sotto la violenza di quel gesto sembrò assordante nel silenzio che ancora pervadeva le mura isolate della costruzione.

“Ma non ti fai schifo da solo?”, il ringhio uscito dalle labbra dell'uomo, fece gelare il sangue di tutti i presenti, “non ti vergogni? Sapevo che sei viscido, oscuro, malvagio. Sapevo che sei senza scrupoli, meschino... ma questo? E Silente che ti permette d'insegnare in questa scuola”. Le parole dell'uomo, appena udibili fra le sue labbra contratte, sembravano sputare veleno ad ogni sillaba.

“Di che cosa mi stai accusando, precisamente, Black?”, se la voce di Sirius sembrava fredda, quella di Piton era ghiaccio allo stato puro. Il disgusto fra i due era palpabile. “Io sarò anche oscuro, malvagio, meschino e senza scrupoli... ma per lo meno, io non mi sono mai tacciato di essere migliore di quel che sono. Io non ho mai finto di essere buono... non ho mai indossato l'armatura del cavaliere errante. Io sarò anche tutto ciò che hai detto, ma almeno di una cosa sono certo: io non ho mai indossato maschere!”, ed era vero, almeno sino a quando non aveva donato la sua vita ad Albus Silente. Lui non aveva mai finto di essere migliore di quel che era. “Quindi, te lo ripeterò una volta sola, Black. Di che cosa mi stai accusando, precisamente?”.

“Che cosa c'è fra te e la mia figlioccia?”, se non fosse stato per il suo tono astioso, sarebbe scoppiato a ridergli in faccia. Come poteva anche solo pensare una cosa del genere. Stavano parlando di una bambina. È vero che nel mondo magico, spesso, la differenza d'età non era un problema, ma fra persone maggiorenni, non in una circostanza come quella.

“Come ti permetti? E poi... da quando lei sarebbe la tua figlioccia?”, i suoi occhi lanciavano saette, tant'erano infuriati.

“Sirius... che dici?”, Remus era intervenuto, con l'intento di calmare gli animi, ma anche lui sembrava essere sconvolto dall'affermazione dell'amico. Persino i ragazzi avevano gli occhi sgranati. L'unica che non pareva aver capito le allusioni dell'uomo era la principale causa di quella discussione.

“L'ha chiamata per nome, Remus. Per nome”, sembrava così infastidito dalla questione, che quasi tremava dal disgusto, “e poi... diciamoci la verità. Non sarebbe la prima volta che le sue attenzioni si rivolgono a persone che non è degno neanche di guardare”. Il solito tono di scherno era comparso nella sua voce, che, questa volta, era proprio intenzionata a ferire.

I tre adulti sapevano a cosa si fosse riferito e Remus era pronto ad intervenire prima che il professore uccidesse l'amico in un raptus di follia, che, ad onor del vero, sarebbe stato giustificato.

Quello che nessuno di loro aveva previsto era che a schiantare Sirius non sarebbe stato Severus Piton, ma Morgana Belmont. La potenza dell'incantesimo travolse tutti quanti. Furono costretti a fare un balzo indietro, mentre l'uomo veniva letteralmente catapultato dall'altra parte della stanza.

La ragazzina tremava con la bacchetta in mano. La scena aveva qualcosa di surreale. I suoi occhi da verdi erano diventati neri, come la pece. I suoi capelli erano elettrizzati, tant'era la rabbia che la pervadeva.

Persino Ron, che per tutto il tempo aveva lottato per tenere il suo topo tranquillo nella sua tasca, in quel momento aveva gli occhi puntati sulla scena. E crosta, che dentro al suo cappotto si era divincolato sino a quel momento, ora era immobile e guardingo. Quasi temesse quel potere che si era sprigionato di colpo nel piccolo ambiente.

“Sei pazzo, Black. Come osi anche solo immaginare una cosa del genere. Non so a cosa tu sia abituato”, la sua voce era corrosiva e tutti erano incantati ad osservarla, senza la capacità di reagire alle sue parole o ai suoi gesti, “ma questo va oltre ogni mia immaginazione. So che nella tua famiglia di scrupoli ve ne sono veramente pochi”, a quelle parole l'uomo aveva fissato i suoi occhi in quelli di lei, “e che la pazzia imperversa come fosse normalità. Ma come hai anche solo potuto immaginare che tra me e Severus vi sia qualcosa di anche solo lontanamente sconveniente?”. A ogni parola si era avvicinata sempre di più a lui, con la bacchetta puntata contro il suo petto.

La sua domanda non richiedeva certo una risposta. Non le interessavano i pensieri di quel pazzo. Gli occhi di Piton non si erano scollati neanche per un secondo da lei e l'uomo aveva estratto, senza una parola, la bacchetta, pronto ad intervenire ove fosse necessario. Tutti nella stanza si erano accorti di quel gesto, tranne la ragazzina, troppo intenta a puntare la sua preda.

La bacchetta di acacia di Morgana, ormai sfiorava il petto dell'uomo, che in tutto quel lasso tempo, non aveva mosso un solo muscolo. Continuava a guardare la ragazza, incapace di articolare anche una semplice parola. Gli occhi di lei lo stavano perforando. Sembravano scrutarlo e sondarlo, come se cercasse di leggergli l'anima, di giudicarlo, di comprenderlo e, alla fine condannarlo.

“Signorina Belmont, abbassi la bacchetta e si allontani”, l'intervento di Piton lo sorprese.

“Perché dovrei, professore”, su quella parola aveva calcato con ironia, “teme che faccia del male al suo amichetto?”, un movimento alle spalle della ragazza distrasse Black, i cui occhi si posarono sull'uomo che era stato suo nemico per tanti anni durante la scuola.

A causa di un riflesso incondizionato il serpeverde aveva sfiorato l'avambraccio sinistro, con la mano destra, in cui ancora stringeva la bacchetta. Per un attimo parve quasi a disagio, come se temesse di essere messo a nudo. Non era uno sciocco. Aveva compreso perfettamente le parole di Morgana. Lui solo in quella stanza le aveva capite sino infondo. Evidentemente la ragazzina credeva che Black fosse un mangiamorte come lui e che fossero, in qualche modo, d'accordo.

“Sono mesi che ti studio. So ogni cosa si possa scoprire sulla tua famiglia di piccoli arroganti purosangue. Conosco a memoria il tuo albero genealogico. Certo... non ho ancora compreso come potessi essere amico dei miei genitori, visto che apparentemente non avete nulla in comune. Ma, infondo, non è così difficile credere che tu li abbia ingannati sin dall'inizio. Voi Black sembrate addestrati a mentire sin dalla nascita”.

“Non ho mai ingannato i tuoi genitori...”.

“Sta zitto”, il suo tono era astioso e, per un secondo, persino lui aveva dimenticato si trattasse solo di una ragazzina.

“Come puoi dire di non averli ingannati? Sono morti per causa tua”, l'intervento di Harry parve distrarre per un secondo la corvonero, che comunque non aveva spostato di un millimetro il suo sguardo da quello dell'uomo.

“E' vero. Sono morti per causa mia”, a quel punto gli occhi di Sirius si erano puntati in quelli del gridondoro ed in essi vi era così tanto dolore che per un attimo il ragazzo parve perdere la sua sicurezza, “ma non li ho traditi. James era il mio migliore amico. Sarei morto piuttosto che tradirlo”.
“Non mentire. Tu li hai uccisi”, la voce di Harry tremava impercettibilmente.

“Non lo nego. Ma non è andata come credete. Se potessi spiegarvi tutto...”.

“Non mi interessano le tue giustificazioni. Non mi interessa se sei stato costretto, se saresti morto o se non hai potuto evitarlo. Sarebbero solo scuse inutili”.

“Non è così Morgana. Io non sono stato costretto a far nulla, perché non sono...”.

“Ti ho detto di stare zitto”, lei non voleva sentirlo. Non voleva ascoltare nessuna delle sue parole. In quel momento lo odiava. Non solo era la causa della morte dei suoi genitori, ma aveva anche osato metterla in ridicolo con insinuazioni meschine.

“Cosa vuol dire che non sei stato costretto a far nulla?”.

“Ti interessa davvero? Veramente vuoi sentire le sue scuse, Harry?”.

“Voglio capire...”. Solo in quel momento gli occhi della ragazza si erano spostati sul fratello. Rimasero ad osservarsi intensamente per una manciata di secondi, prima che la ragazza cadesse verso terra, e probabilmente si sarebbe scontrata col pavimento, se Severus Piton non avesse avuto i riflessi sufficientemente pronti da accoglierla fra le sue braccia.

“Morgana...”, l'urlo di Harry fece riscuotere tutti. Black si era alzato in piedi in quel momento, Lupin si era avvicinato alla ragazza e così Hermione. Ron si era sporto dal letto per vederla meglio.

“Sta bene, Potter. È solo svenuta”, mentre parlava l'uomo aveva adagiato la ragazza sul pavimento e si era impossessato della sua bacchetta.

“Sei stato tu, Mocciosus?”, i ragazzi ci misero qualche secondo per comprendere che le parole di Sirius Black erano rivolte al loro professore di pozioni.

“Si sveglierà fra dodici ore. Starà benissimo, come se nulla fosse accaduto”.

“Severus... ti... sembra necessario?”.

“Anche se potessi tornare indietro, Lupin, e non posso... sì. Era necessario. Lo avrebbe ucciso”, il suo tono non ammetteva repliche e le sue parole lasciarono tutti bloccati, come pezzi di marmo.

“Non lo avrebbe fatto... non è vero”, il balbettio di Harry probabilmente avrebbe commosso un altro uomo, ma lui non si lasciava impietosire.

“E non lo avrebbe fatto perché ti vuole bene ed è dolce e tenera?”, l'ironia della sua voce, forse fuori luogo, parve indignare il ragazzo, che ora lo fissava furioso.

“Lei non lo avrebbe fatto. Non è...”.

“Cosa non è? Crudele? Senza cuore?”, lo stava schernendo, trattandolo come un ragazzino.

“Mia sorella non avrebbe mai ucciso un uomo. A sangue freddo poi...”.

“Lei parla il serpentese...”.

“Anche io, Hermione... allora?”.

“Non è la stessa cosa”, persino Ron, dal suo letto, era intervenuto per attaccare la ragazza, che, purtroppo non aveva modo di difendersi.

“Lei non lo avrebbe fatto. Non la conoscete. La state giudicando tutti senza darle modo di esprimere il suo punto di vista”.

“Te lo ricordi, vero, che stiamo parlando della stessa ragazza che ti ha accusato di aver ucciso un mostro omicida, alla fine dello scorso anno...”.

“Lei non ha neanche tentato di ucciderlo, Ron!”.

“Lo avrebbe fatto”, la voce del professore di pozioni non era mutata di tono, ma era comunque così definitiva che Harry non poté far altro che indietreggiare spaesato, “una persona farebbe qualsiasi cosa per vendetta. Persino perdere se stesso...”.

“Lei è mia sorella...”, si sentì uno stupido a ripeterlo. Era un ingenuo, forse, a credere che sua sorella non si sarebbe mai macchiata di un crimine così grave come l'omicidio.

Lui per primo aveva pensato di uccidere Black. Non poteva di certo negarlo, ma infondo era consapevole che non lo avrebbe mai fatto. Non sarebbe riuscito a causare la morte di un uomo, per quanto spregevole fosse. E non poteva credere che Morgana lo avrebbe fatto. Quell'uomo mentiva. Lei non lo avrebbe ucciso. Era arrabbiata e ferita, era oltraggiata persino, ma non sarebbe mai arrivata a tanto.

“In ogni caso, credo che toccherà a me farlo”, si era avvicinato all'altro, con passo fermo e determinato. “Dì pure addio alla vita Black, perché sta certo che non desidero altro da talmente tanto tempo che neanche riuscirei a quantificarlo ormai”, i suoi occhi si spostarono sul professore di difesa contro le arti oscure, “avrei dovuto immaginare che l'avresti aiutato tu ad entrare nel castello. D'altronde avevo avvisato il preside che non fosse saggio tenere un essere come te a contatto con degli studenti”.

“Non l'ho aiutato ad entrare. E se lo lasciassi spiegare capiresti che lui non è l'uomo che credi che sia”, sospirò profondamente prima di continuare, “in realtà credo l'abbia già dimostrato”.

“Non sprecare fiato a difenderlo. Non ho alcuna intenzione di ascoltare i tuoi vaneggiamenti, Lupin”.

“Non ho ucciso Lily e James. Non sono stato io...”, non lo stava neanche ascoltando. Pregustava solamente la sua vendetta, agognata e bramata per anni.

“Non sprecare i tuoi ultimi attimi di vita inutilmente. Non sai quante volte ho sognato di essere io a trovarti. Potrei ucciderti. Lo farei...”.

“Dagli modo di spiegare, Severus... ascoltalo. Io ho visto la verità. Non è stato...”.

“Stupeficium...”, l'urlo dell'uomo era stato improvviso, così come il suo movimento. Aveva colto l'altro impreparato, ed impedendo qualsiasi reazione. Remus era stato sbalzato contro il muro ed era caduto a terra inerme.

“Dicevo...”, come se nulla fosse accaduto si era voltato nuovamente verso l'altro, con uno sguardo quasi folle in viso, “potrei ucciderti... sarebbe il coronamento ideale della mia vita e mi verrebbe così semplice farlo sembrare un incidente o, persino, un atto di eroismo. Ma perché togliere tutto il piacere ai dissennatori? Ci tengono così tanto a vederti...”. Ormai nei suoi occhi non vi era neanche più un briciolo d'umanità.

Harry lo aveva osservato per tutto il suo discorso. Era persino arrivato a chiedersi se avesse addormentato la sorella perché davvero desideroso di impedirle di commettere un grave errore, o solo per riservarsi il piacere di compiere egli stesso quell'atto.

Senza riflettere si era trovato a portare a termine un gesto che non aveva né previsto, né immaginato di poter effettuare. La sua voce risuonò chiara nella stanza, ma non fu la sola. Tre fasci di luce si sprigionarono da tre bacchette ed andarono a colpire il professore dritto in petto.



 

***




E' stato un capitolo sofferto: sia perché non volevo stravolgere troppo la storia originale, sia perché qui viene fuori un lato particolare del carattere di Morgana, che sino ad ora si è solo intravisto.
Spero che vi piaccia e che non odierete troppo la mia piccolina. Non è cattiva, infondo...
Fatemi sapere  cosa ne pensate.
A presto!

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Morgana89Black