Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: nanamiart    26/03/2017    1 recensioni
“La tua compagnia sembra in qualche modo fargli bene. Siamo convinti che se continuerà a vederti, le cose potranno migliorare. Potrebbe persino ricordare qualcosa.”
E sì, dannazione. Marco si sarebbe ricordato di lui.
[AU!JeanxMarco!Amnesia]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Losing your memory


-JeanxMarco-
 



Il ragazzo dai capelli neri si affacciò alla finestra e rimase lì, in piedi, ad osservare il panorama.

Alzò lo sguardo verso il cielo e sorrise nel notare la particolare sfumatura blu che aveva assunto quel giorno. Il sole splendeva e i raggi si riflettevano sul suo volto, come per dargli il buongiorno.

“Avanti!” disse, quando qualcuno bussò alla porta della sua camera. Si voltò senza mai smettere di sorridere, per accogliere chiunque fosse venuto a fargli visita.

“Buongiorno, signorino Bodt” lo salutò una donna di colore sulla trentina. Aveva i capelli neri legati in una treccia ed indossava un vestito bianco. Dev’essere un’infermiera, pensò Marco. “Come si sente oggi? È venuta una persona a farle visita”

Lui corrugò appena le sopracciglia quando un ragazzo molto alto si affacciò dalla porta, rivolgendogli un sorriso enorme. Non l’aveva mai visto prima, di questo era sicuro: aveva i capelli dorati rasati sulla nuca e due grandi occhi color nocciola così lucenti che se ne sarebbe sicuramente ricordato. Era magro ma muscoloso ed indossava una camicia verde militare che gli fasciava gli addominali allenati.

“Ehi!” lo salutò quel ragazzo, entrando nella stanza. L’infermiera si fece appena da parte per lasciargli spazio.

“Piacere, io sono Marco” disse il moro, porgendogli la mano in segno di saluto. Il biondo rimase un attimo attonito nel vedere quel gesto, ma subito rispose con un sorriso e la strinse di rimando.

“Io sono Jean” si presentò.

Jean è qui per tenerti compagnia. Viene spesso qui” lo informò la donna, indietreggiando per uscire dalla stanza.

Marco assunse un’espressione sorpresa, mentre faceva rimbalzare il proprio sguardo dalla donna al ragazzo biondo. “Davvero?” domandò, incredulo. “Perdonami, allora” si scusò, imbarazzato per non averlo riconosciuto.

“Non devi scusarti di nulla” lo rincuorò Jean, poggiando una mano sulla spalla dell’altro. Fu in quel momento che ricordò le parole dei medici.
 
“La tua compagnia sembra in qualche modo fargli bene.
Siamo convinti che se continuerà a vederti, le cose potranno migliorare.

Potrebbe persino ricordare qualcosa.”
 


E sì, dannazione. Marco si sarebbe ricordato di lui.
 


Quando finalmente rimasero da soli, Jean si accomodò sul letto frugando nello zaino che si portava sempre dietro quando andava a trovare l’amico.

Marco lo guardò curioso per tutto il tempo, e la sua bocca assunse la forma di una comica ‘o’ quando Jean estrasse quello che sembrava un diario.

Che cos’è quello?” domandò il moro, sedendosi anch’egli sul letto.

“È un regalo per te” replicò l’altro, porgendoglielo. Sfiorò con il pollice l’angolo della copertina di pelle dov’era stato incisa la parola Marco Bodt in caratteri dorati. “Vorrei che tu mi facessi un favore, con questo” spiegò il biondo.

Marco sorrise, ringraziandolo, e un sopracciglio si alzò con fare interrogativo a quell’ultima frase.

“Per te sarebbe un problema-” proseguì Jean “-se alla fine di ogni incontro con me tu scrivessi una pagina di diario? Puoi raccontare tutto quello che vuoi: cos’abbiamo fatto, cosa ci siamo detti, le tue sensazioni, il numero delle volte che avresti voluto strozzarmi… Qualsiasi cosa.”

Tu lo leggerai?”

Jean scosse la testa. “No” rispose, cominciando a frugare nuovamente nel proprio zaino. “Sarà soltanto tuo, io non lo leggerò. Sarà qualcosa di personale, ma per me è importante che tu scriva ogni giorno, subito dopo avermi visto. Promesso?”

Marco aspettò un paio di secondi prima di acconsentire. Quel ragazzo era assolutamente bizzarro, ma si era mostrato così gentile che non poteva negargli un favore che, alla fine, a lui non costava nulla. Rispose di sì e il suo cuore saltò un battito quando Jean lo ringraziò, stringendo la mano del moro tra le sue.

“Allora” sbottò improvvisamente il biondo, tirando fuori dal suo zaino una custodia. “Guardiamo un film?”


***


Jean non rideva così tanto da mesi. Se ne stava sul letto, a reggersi la pancia che aveva cominciato a fargli male per le risate. Con un braccio si coprì gli occhi, colmi di lacrime, e con l’altro tentò di colpire Marco che lo prendeva in giro nel vederlo in quello stato.

“Ricordami di non vedere mai più un film con te!” esclamò Marco, alzandosi dal letto per spalancare le ante della finestra.

Cominciava a fare caldo e data la posizione del sole proprio sopra la sua testa il moro constatò che doveva essere quasi ora di pranzo.

Si domandò se Jean sarebbe rimasto con loro a mangiare, ma non ci fu bisogno di chiederglielo perché il ragazzo stava già recuperando le sue cose per metterle nello zaino, in procinto di andarsene.

Marco recuperò il diario che l’amico gli aveva regalato un paio di ore prima, si sedette alla scrivania e cominciò a scrivere.

Jean rimase qualche secondo a fissare la figura dell’amico, che ora gli dava le spalle. Sul retro del collo erano ancora presenti alcuni lividi, e sapeva che, nonostante fosse coperta dalla maglietta, una lunga cicatrice era incisa sulla sua spalla destra.
 
Ma com’è potuto succedere a te?
 
Ricordava perfettamente quel giorno di pochi mesi prima. Era un sabato mattina; si era alzato da poco e vagava per la cucina, indeciso sul da farsi: poteva permettersi di saltare la scuola anche quel giorno?

Optando per un “sì” deciso, stava per tornare nel proprio letto quando sentì il suo cellulare squillare.

Erano le 06:54, e allora non aveva idea del fatto che da quel giorno in poi non l'avrebbe più dimenticato.

Lesse sul display il nome “Bertholdt” e scorse con il dito verso destra sul tasto verde per accettare la chiamata.

« Pront- » provò a rispondere, ma la sua voce fu immediatamente sovrastata. « Berth- parla piano! Non capisco! Cosa? Ma che stai dicendo? Marc-»

Dopo quel giorno, Jean non dimenticò mai come il cellulare gli cadde dalle mani quando seppe dell’incidente del suo migliore amico.

Restò in ospedale per giorni, irremovibile: finché Marco non si fosse svegliato, lui non se ne sarebbe andato di lì nemmeno per un secondo.

Avevano provato tutti a convincerlo, persino Eren. Gli dicevano che doveva tornare a casa, doveva riposarsi, farsi una doccia, ma niente riuscì a portare Jean via da lì.

La sua gioia fu immensa quando gli dissero che finalmente Marco aveva ripreso conoscenza, ma quell’emozione colma di speranza era scemata nell’istante in cui lui gli domandò “Chi sei?”.

E dopo mesi, dopo essere stato con lui ogni singolo giorno dal momento dell’incidente, si era rivelato tutto inutile.

Marco quel giorno si era di nuovo presentato a lui.

Marco non l’aveva riconosciuto.
 

Perché?
 

Jean si ridestò dai suoi pensieri solo quando Marco fece trascinare rumorosamente la sedia all’indietro per alzarsi.

Strappò un foglio dal quaderno, quello su cui aveva appena finito di scrivere, lo piegò e lo consegnò a Jean, pregandolo di aprirlo solo una volta uscito da quella stanza.

“Te l’ho detto, se vuoi non lo leggo, quel diario è tuo…” provò a ribattere il biondo, ma Marco scosse la testa.

“Questo puoi… devi leggerlo. Da domani, se vuoi, ti spezzerò le gambe se proverai a sbirciare anche una sola parola di quello che scriverò sul diario. Ma per favore, per oggi fai come ti ho detto.”

Jean ridacchiò, prese il biglietto e lo infilò nella tasca dei jeans. Afferrò lo zaino e, dando una pacca sulla spalla sana di Marco, lo salutò.

La porta si chiuse alle sue spalle e, non appena fu sicuro di non essere visto, in pochi secondi aprì il foglio che l’amico gli aveva dato.
Lo zaino cadde a terra con un tonfo sordo. Il respirò si fermò e la gola divenne secca.
 


"Te lo prometto: domani mi ricorderò di te, Jean."
 
 
 
   
 
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