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Autore: DonnieTZ    27/03/2017    5 recensioni
[Destiel] [Dystopian!AU]
In un universo in cui tutto è controllato - perfino l'arte e le relazioni - si racconta della leggendaria connessione che collega le anime gemelle quando esiste la possibilità concreta che il loro amore si realizzi. Cas, con la sua fede nel rigido sistema che governa tutto, è un pittore solitario; la voce che improvvisamente sente una sera qualsiasi, invece, è quella di Dean, un cantante che il sistema lo odia.
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Avrebbe voluto essere in grado di chinare la testa, di sottostare alle regole, ma c'era qualcosa nella sua anima che non voleva saperne. C'erano passioni e tormenti e incubi dietro le palpebre quando arrivava l'alba e lui andava a dormire. Cantare rendeva tutto così evidente da fare quasi male. Ma quella sera c'era il vago pensiero di dover ricacciare indietro la malinconia, perché non era solo a sentirla vibrare nella mente.
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Non aveva davvero idea di cosa stesse dipingendo, non riusciva a carpire un'immagine completa, ma sapeva che riguardava Dean. C'erano angoli più scuri, sfumature che si incupivano fino a diventare nere, ma il verde smeraldo brillava al centro della composizione, come una luce lontana.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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4. Sei qui
 
Una giornata diventò una settimana. La compagnia incessante dell'altro divenne quotidiana, un rituale segreto fatto di condivisione. Riuscivano a portare avanti le loro mansioni, aggrappandosi meccanicamente alla familiarità dei gesti, ma le loro menti erano altrove, intrecciate in un dialogo continuo. Potevano ritrovarsi nei momenti più monotoni della giornata e sentirsi, percepirsi, farsi compagnia in quel mondo che li aveva lasciati soli.
 
Ora posso affermare che gli hamburger mi piacciono, aveva pensato Cas uno di quei giorni, addentando il pane e la carne, adocchiando il sacchetto unto consegnato a domicilio.
Ancora non ci credo che sia il tuo primo hamburger, amico. Dove hai vissuto? era stata la risposta mentale di Dean.
Sulla torta sono indeciso, invece, aveva continuato Cas, memore dell'esperimento della sera prima e della torta di mele che Dean lo aveva costretto a comprare.
Se ti metti a parlare male della torta, io e te abbiamo un problema, lo aveva rimproverato Dean.
 
Lentamente avevano imparato a gestire la profondità della connessione, permettendo piccoli spazi d'intimità che non erano mai totali, ma che bastavano a tirare il fiato da quella simbiosi. Non potevano mai davvero andarsene, scappare e rinchiudersi nel vecchio silenzio, ma era già qualcosa riuscire ad allentare la pressione.
 
Sei a letto?aveva chiesto Dean una sera, prima di mettersi a lavoro.
Sì, Dean, era stata la risposta di Cas.
Sto per salire sul palco. Richieste particolari? Aveva domandato Dean, un piccolo sorriso dai contorni addolciti.
Mi basta sentirti cantare, aveva pensato Cas, chiudendo le palpebre.
 
Poteva diventare imbarazzante, esporsi in modo tanto estremo e totale, ma la forzata onestà che erano costretti a condividere si era risolta in un assurdo equilibrio. Dean vedeva in Cas tutto quello che non era – con il suo brutale modo di accettare tutto e tutti per ciò che erano, compreso se stesso – e, allo stesso tempo, una persona estremamente simile, fatta di fragilità affini, di solitudini simili.
 
Quindi non hai mai... sai...aveva cercato di chiedere Dean, un giorno, prima di andare a letto.
No, Dean, aveva risposto Cas.
Dobbiamo trovarti qualcuno, aveva pensato Dean, ancora.
Dean, infrangerei le regole, era stato il pensiero di Cas, visto che i rapporti occasionali non erano previsti dal sistema.
Beh, stai infrangendo le regole anche ora, gli aveva fatto notare Dean.
 
A volte scavare più a fondo era doloroso. Le loro tristezze diventavano una sola e i confini si perdevano. Non riuscivano più a capire quali sentimenti appartenessero a chi e si lasciavano cullare dalla consapevolezza che l'altro fosse lì, a reggere il mondo per entrambi, a respirare per due.
 
Sì, è stato triste, ma poteva andare peggio. So che è quello che vuole fare, anche se non viviamo insieme e non possiamo vederci. So che Sam è felice. Vuole cambiare il mondo un processo alla volta, o qualcosa del genere, gli aveva raccontato Dean, in un momento di tranquillità in cui entrambi erano nelle loro stanze, a fissare il soffitto, sdraiati sul materasso.
Posso andare a trovarlo, per te, Dean. Fargli sapere che stai bene, aveva proposto Cas, in risposta.
Sì, e che gli dici? “Lo sento nella mia testa”? Vorrei proprio vedere la sua faccia. Nah, grazie del pensiero, va bene così, aveva concluso Dean, con amarezza.
 
Altre volte potevano ridere per lunghi minuti senza che si mostrasse all'esterno. Era uno svago tutto interiore, che risollevava lo spirito e che aveva il potere di trasformare l'intera giornata. Quando Dean rideva in quel modo, a Cas il mondo sembrava un posto migliore.
 
Davvero, Dean? Aveva chiesto Cas, dopo un lungo racconto che lo aveva lasciato pieno di una strana sensazione fra l'affetto e il divertimento.
Giuro. Questa è davvero la storia di come Charlie si è rotta il braccio. Quella ragazza ha seriamente bisogno di trovarsi altri passatempi, era stata la conferma di Dean.
Lavorare con i lettori dev'essere interessante, però, aveva pensato Cas, adocchiando il lettore incastonato nel muro dello studio.
Lavorare”, certo. Diciamo che è la copertura ideale per le sue ricerche non proprio legali, aveva risposto Dean.
Magari potrebbe metterti in contatto con tuo fratello. Permetterti di chiamarlo, era stato il pensiero istintivo di Cas.
Potrebbe, me l'ha proposto. Ha detto che potrebbe farmi chiamare perfino Benny senza che scattino i controlli. Ma non voglio mettere nessuno nei guai. Charlie dovrebbe smetterla di chiamare Ellen e Jo per comunicare con me, piuttosto, aveva tagliato corto Dean.
 
Entrambi evitavano accuratamente di pensare a cosa significasse quella connessione, a cosa volesse dire potersi percepire con tale intensità. Se erano fatti l'uno per l'altro, se la felicità era possibile solo insieme, decisero comunque di non pensarci.
Finché Cas non avvertì la stretta bruciante del dolore di Dean – una notte, dopo tutti quei giorni di spensierata connessione – e venne svegliato con la soffocante sensazione che ogni cosa fosse colpa sua, che il mondo sarebbe stato un posto migliore se lui non ci avesse mai messo piede. Si sentì tossico, pericoloso, marcio fin dentro l'anima, e capì che quelli non erano i suoi pensieri, ma quelli dell'altro.
“Dean?”
Non ora, Cas, non è il momento.
Cas venne colpito dall'immagine di Ellen che aleggiava nella mente di Dean, dalla comunicazione asciutta che gli aveva fatto, dall'informazione che gli era arrivata grazie a Charlie. Era accaduto tutto pochi attimi prima, a concerto finito, e Cas poteva quasi sentire il sapore forte dell'alcool che Dean stava bevendo.
“Mi dispiace, Dean.”
Fanculo tutto. Le regole, i permessi, il nostro posto nel mondo.
“Non è colpa tua.”
Non farlo, Cas, non dirmi che non è colpa mia, non dopo quello che gli ho fatto.
“Non gli hai fatto niente, Dean. Era...”
Non lo conoscevi, non sai neanche di cosa parli. Potermi entrare nella testa non ti rende un esperto su di lui. Su di me.
“Lo so, Dean.”
 
Benny era morto. I minuti passavano e Dean continuava a non essere certo di aver capito bene. Non poteva essere, non così, non in quel modo. Ellen aveva cercato di dirglielo senza dare un tono alla notizia, senza nessuna compassione, proprio nell'unico modo in cui Dean avrebbe voluto sentirselo dire. Ma il dolore c'era lo stesso ed era soffocante. Gli risaliva dallo stomaco alla testa, appesantendogli il cuore.
Era colpa sua, Dean lo sapeva.
Sua e dello stupido modo in cui l'aveva guardato e, peggio, in cui l'aveva voluto. Come se fosse possibile, come se non fosse pericoloso. E Benny non ce l'aveva fatta più a resistere in quel mondo, a farsi andare bene un futuro grigio fatto di un compagno qualsiasi scelto da qualcuno che sapeva solo leggere dati su uno schermo. Dean conosceva quella sensazione perché l'aveva anche lui: l'arrendevolezza dello sconfitto, la quiete di chi non poteva più andare avanti. La sentiva ogni giorno, da quando lo avevano isolato, da quando gli avevano ricordato che scopare era sbagliato, che farsi piacere qualcuno doveva essere regolamentato e approvato con un fottuto timbro da un burocrate qualsiasi.
Dean era una maledizione nella vita degli altri.
Lo sarebbe stato anche per Cas, anche per quell'uomo buono che del mondo voleva vedere solo la parte migliore, nonostante dentro gli bruciassero i dubbi, lo divorassero le domande. Lo avrebbe trascinato a fondo e odiava quella possibilità.
Dean?
“No.”
Dean.
“Voglio restare solo, Cas.”
Pensò intensamente quelle parole, anche se altre si formarono spontaneamente nella sua mente: “ho bisogno di te”.
Un'altra verità difficile da accettare, ma Dean si sentiva troppo stanco per opporsi, troppo arreso per lottare.
«Sono qui.»
La voce di Cas, ancora e ancora, come un'ancora nella tempesta della sua anima.Dean impiegò lunghi istanti a rendersi conto di non aver sentito quelle parole con la mente. Ci volle la mano di Cas sulla sua spalla per farlo voltare. Il contatto bruciò attraverso la stoffa, arrivando fino alla pelle. Il palmo di Cas era caldo, saldo, sembrava in grado di strapparlo al dolore. Dean spostò lo sguardo dalla mano, al braccio, all'uomo che gli stava vicino. Era affannato e scompigliato, con i vestiti buttati addosso in fretta. Specchiò lo sguardo negli occhi blu di quello sconosciuto così familiare, per poi vagare a studiare i confini del suo viso, del suo corpo, della sua presenza. Una parte della sua mente aveva sempre percepito qualche immagine, ma averlo lì, reale, tangibile, era diverso.
Era intenso.
Cas non spostò lo sguardo, restando ancorato a Dean come se il baricentro dell'universo fosse appena cambiato.
«Sei qui?» domandò più che ripetere.
«Ho molti permessi arretrati per il mio tempo libero, Dean» spiegò Cas, con tono tranquillo, come se fosse la spiegazione più ovvia del mondo.
«Non... non dovresti essere qui, Cas. Non è una buona idea» disse Dean, anche se la sua mente andò in un'altra direzione.
“Nessuno ti vorrebbe qui più di me, ma non è una buona idea.”
Continuarono a guardarsi, consapevoli di tutto. Dell'inevitabilità di quel momento, di tutti i discorsi che avevano evitato, del modo in cui il dolore li avvicinasse più di qualsiasi altra cosa.
«Non voglio più essere guidato dalle regole, Dean. Voglio la libertà di scegliere. Credo che valga la pena lottare per questa libertà» dichiarò Cas, serio.
Dean sbuffò una piccola risata incredula, ma spostò comunque lo sgabello al suo fianco per invitarlo a sedersi.
«Come sapevi dove trovarmi?»
“E poi come sei arrivato? Ti sei messo a correre fino a qui?”
«Ormai conosco questo posto alla perfezione, grazie a te.»
Avevi bisogno di me, Dean.


 
Ok, questo capitolo inizia un po' a frammenti sconclusionati (?), ma spero vi piaccia e spero si capisca. Questo week end mi ha un po' distrutta, quindi non credo di essere riuscita a rivedere il capitolo per bene. Spero non sia un disastro, nel caso mi scuso!
A presto e GRAZIE  a chi continua a lasciarmi recensioni. Mi fate sempre felice e mi motivate ad andare avanti! <3
Alla prossima!!
   
 
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