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Autore: nikita82roma    27/03/2017    6 recensioni
È la mattina del funerale di Montgomery. Kate si sta preparando per andare al distretto dove si incontrerà con gli altri prima di andare al cimitero. Riceve, però, una telefonata che cambierà la sua vita.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Terza stagione
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Le belle notizie in quei giorni non erano finite. Kevin e Jenny erano andati a trovare Kate annunciando che presto si sarebbero sposati, avevano fissato la data per inizio settembre, non avevano molto tempo per preparare ma sarebbe stata una funzione semplice e tradizionale. 

- Sembrerò già una balena? - Chiese Kate facendo un rapido conto dei mesi, pochi, che mancavano, facendo ridere tutti.

- Non ti preoccupare Beckett, ancora no. Ma in ogni caso, saresti la balena più bella di tutte! - Le rispose Castle stringendola a se e facendola imbarazzare davanti ai suoi amici, ma non si sottrasse alle sue attenzioni. 

Non mancarono momenti nei quali tutti si trovarono un po’ impacciati nel parlare di quello che era accaduto tra loro, dove veniva difficile liquidare tutto con le loro solite battute come si sarebbero aspettati: Castle sembrava poco propenso a scherzare su quel tema, dimostrandosi, invece, molto protettivo nei confronti di Kate ed anche quando furono Lanie ed Javier ad andare a vedere come stava Kate, la situazione non fu diversa, anche se Esposito era meno in imbarazzo di Ryan e Lanie era tra le poche persone ad essere rimasta vicino a Kate anche durante il suo ricovero in ospedale, quella che aveva raccolto le sue paure ma anche la sua gioia, così Javier e Rick lasciarono le due amiche da sole a chiacchierare andando a farsi una birra in cucina. I due uomini brindarono con le bottiglie osservando le due donne conversare sorridendo.

- Falla felice, Castle. Se lo merita. - Disse Esposito sempre molto protettivo nei confronti di Kate.

- È tutto quello che voglio fare. - Rispose lo scrittore senza staccarle gli occhi di dosso.

- Non pensavo che Beckett fosse così felice di avere un bambino. Non l’ho mai sentita parlare di niente di simile - Constatò il detective.

- Nemmeno io lo pensavo. Soprattutto per come è arrivato ma… Sarà una mamma eccezionale, ne sono sicuro. - Fecero tintinnare ancora le bottiglie di birra.

- Ora però non ti commuovere eh Castle! - Lo schernì Esposito, più che altro perché voleva evitare di farlo anche lui.

 

 

- Non lo fare mai più! - Beckett spense il sorriso di Castle con quell’ordine imperioso. Aveva in mano il vassoio della colazione. Muffin alla vaniglia, tè, french tost con frutti rossi e sciroppo d’acero e succo di mela. Una rosa, rossa questa volta, accompagnava il tutto. Si era alzato ed era uscito a prendere la rosa ed i muffin, non pensava che si sarebbe svegliata proprio in quel momento, non ci aveva messo più di 10 minuti. - Non mi interessano le rose, né i dolci appena fatti.

Non l’aveva trovato lì ed aveva provato la stessa sensazione che aveva vissuto a Los Angeles. Lo aveva chiamato e non era a casa. Rick la guardava colpevole con un sorriso tirato.

- Però visto che ti ho portato la colazione puoi mangiare? Ti farebbe bene. - Le porse il vassoio che lei prese scuotendo la testa. Mangiò tutto con molto più appetito di quando pensasse, stranamente senza avere nausee come i giorni precedenti e Rick la guardava sorridendo mentre si gustava tutto quello che le aveva portato.

- Non mi guardare così. È tuo figlio che ha fame, non io.

- Certo, Beckett. È ovviamente lui, tu non mangi mai così.

Lo fulminò con un solo sguardo e Rick smise si parlare, senza però riuscire a togliersi quel sorriso sbruffone dalla faccia. Adorava vederla così, in realtà adorava vederla in ogni modo. Adorava lei qualsiasi cosa facesse e più passavano i giorni, più l’adorava.

- Devo andare a controllare le ultime correzioni del libro. Penso che farò tardi stasera, perché non dici a Lanie se ti viene a fare compagnia quando finisce a lavoro? - Le chiese quando finì di mangiare.

- Non ho bisogno della balia Castle, posso stare qualche ora da sola. - Rispose lei seccata, ancora turbata per quella sua “fuga” non prevista.

- Lo so che non hai bisogno della balia, però se hai bisogno di qualcosa ti può aiutare e per farti compagnia. Queste riunioni di solito vanno sempre per le lunghe e vorrei veramente finire tutto oggi, così non avrò altri impegni in futuro. - Spiegò cercando di fargli capire le sue ragioni.

- Non sono sola Castle, c’è lui… - Disse accarezzandosi il ventre.  - … Staremo bene da soli, abbiamo tante cose da raccontarci.

Rick le sorrise, la baciò e portò via i resti della colazione. Kate poi lo guardò prepararsi, vestirsi accuratamente per andare alla Black Pawn.

- Per cena ordiniamo una pizza, ti va? - Gli chiese già pensando di gustarsi una mega pizza.

- Mi dispiace Kate, ma penso che mangerò qualcosa là. Te l’ho detto farò tardi. - Si scusò desolato Rick.

- Con Gina? - Chiese lei irrigidendosi.

- Sì, anche con Gina ma… 

- Fai come vuoi Castle. - Rispose seccata. Non riusciva a separare l’idea di Gina da quell’orribile sensazione provata nel vederla arrivare al distretto e andarsene sottobraccio con lui, a come si era sentita una stupida, un’illusa a sperare che Castle fosse veramente diverso, che fosse interessato a lei, che quello non era soltanto un invito fatto ad una delle tante donne da portare lì. Invece era stata rimpiazzata nel giro di poco tempo, dalla bionda, bellissima, prosperosa ex moglie che era tornata alla carica.

- Gina è solo la mia editor Kate, non è niente di più. - Ci tenne a precisare.

- Certo, come lo era prima che andaste negli Hamptons, solo la tua editor ex moglie, ex fiamma, ex amante. - Non riusciva a vedere Gina in modo diverso da lei con le sue mani addosso a lui che lo teneva stretto e lo portava via da lei.

- Esatto. È un ex. - Puntualizzò

- Con la quale andrai a cena. E poi Castle? Ci scapperà anche il dopo cena? - Disse tirando fuori molto più veleno di quanto pensasse di avere.

- Ma che dici Beckett? - Le chiese perplesso e colto si sorpresa dal suo atteggiamento.

- Niente, Castle. Devi andare? Vai. Non vorrei che Gina ti aspettasse troppo. - Si voltò girandosi nel letto per non vederlo, in piedi, vicino a lei.

Rick si sedette sul bordo e la abbracciò, prendendole la mano.

- Come te lo devo far capire che io amo solo te? Cosa vuoi che mi interessi di Gina o di chiunque altra? - La obbligò a voltarsi a guardarlo. Vide che aveva gli occhi lucidi. - Non devi essere gelosa di nessuna. Nessuna è te.

Le accarezzò il volto e poi la baciò dolcemente mentre lei rimaneva immobile.

- Vai Castle, farai tardi. - Gli disse ancora esortandolo ad andare.

- Non vado da nessuna parte. Non ti lascio sola così. Il libro può aspettare.

- Non voglio intralciare il tuo lavoro. 

- Tu vieni prima di ogni cosa. - Cercò di rassicurarla.

- Ti aspettano Rick. Vai.

Rick si alzò controvoglia dopo averle dato un altro bacio.

- Verrò appena finita la riunione, con le pizze. Di là ti ho lasciato pronto il pranzo, lo devi solo riscaldare. - Le ricordò mentre stava uscendo. Beckett annuì solamente, le dava fastidio che lui pensasse che non era più nemmeno in grado di riuscire a scaldarsi il pranzo da sola. Amava che si prendesse cura di lei, amava che le stesse vicino ma non amava che non la considerasse più capace di fare nulla o che avesse sempre bisogno di qualcuno intorno. Stava ogni giorno meglio, da un paio erano anche sparite le nausee e si sentiva più in forza, non si stancava più come i primi giorni appena uscita dall’ospedale.

Appena uscito di casa, Rick chiamò prima Jim e poi Lanie, avvisando entrambi che sarebbe stato fuori tutto il giorno e che Kate sarebbe stata sola. Nonostante le sue rassicurazioni, Castle non voleva che lei passasse troppo tempo a casa senza nessuno che le facesse compagnia o si assicurasse che non avesse bisogno di qualsiasi cosa e non perché era incinta, ma semplicemente perché era ancora convalescente ed era certo che lei non avesse la piena percezione di quello che aveva subito.

 

- Papà, cosa ci fai qui? - Chiese Kate quando aprì la porta e trovò Jim.

- Nulla, volevo solo vedere come stavi, se avevi bisogno di qualcosa. - Le disse l’uomo dopo averla salutata con un bacio.

- Sapevi che ero sola? Ti ha avvisato Castle? - Chiese alterandosi.

- Sì, ma mi fa piacere passare del tempo con te. Come ti senti?

- Bene, papà. E non ho bisogno che te o Castle o chiunque altro mi faccia da baby sitter.

Lo fece entrare e Jim vide che ancora doveva mangiare.

- Vuoi che ti aiuti? - Le chiese cortese

- No, faccio da sola, grazie. Vuoi mangiare anche tu? Castle ha preparato per quattro, almeno. - Disse controllando la grande quantità di polpette e purè. L’uomo annuì e Kate preparò due piatti sotto lo sguardo attento del padre che sperava veramente stesse bene e non si sforzasse di farlo solo per dimostrare che non aveva bisogno d’aiuto.

Riuscì a rilassarsi, parlando con suo padre e lo vide veramente felice per lei.

- Sai, Richard è un brav’uomo. Si preoccupa molto per te. - Le disse per giustificare il perché fosse lì.

- Lo so papà. Ma lo sai come sono… Non è sempre facile accettare di non avere autonomia per fare nulla. Non mi piace essere sotto una campana di vetro, mi sento soffocare. E Castle questo vorrebbe. - Sospirò sentendosi quasi prigioniera delle sue attenzioni.

- Sotto una campana di vetro ci si mettono solo le cose più preziose, quelle che si ha paura di perdere. Abbiamo avuto tutti molta paura di perderti Katie. Richard soprattutto ed io l’ho visto, da prima di sapere che il bambino era il suo. Aveva paura di perdere te. - Le disse prendendole le mani.

- Lo so, papà. 

- Non voglio farmi gli affari tuoi, Katie, ma tu lo ami? Non fare l’errore di stare con una persona solo perché stai per avere un bambino con lui, Castle starà vicino a vostro figlio in ogni caso e…

- Lo amo papà. Lo amo molto. - Lo interruppe e Jim sorrise.

- Sai tua mamma sarebbe stata felicissima. Tante volte fantasticava di quando sarebbe diventata nonna. - Disse l’uomo faticando per non commuoversi.

- Mamma? Mamma pensava a quando avrebbe avuto un nipote? - Chiese Kate stupita non immaginando quel lato di sua madre.

- Oh sì. Le sarebbe piaciuto molto. - Le assicurò Jim.

- Mi manca molto papà. Avrei tante cose da chiederle, vorrei tanto poter parlare con lei di tutto questo, vorrei il suo aiuto, i suoi consigli. Sarebbe tutto più facile.

Jim e Kate rimasero in silenzio pensando entrambi a Johanna, ognuno con i suo dolore ed i suoi ricordi. Kate si portò una mano al ventre accarezzandolo in un gesto che stava diventando sempre più usuale, pensando a quel bambino che non avrebbe mai conosciuto sua madre e a sua madre che non avrebbe mai visto suo figlio.

 

 

La riunione alla Black Pawn procedeva, dopo un pranzo leggero, con un Castle piuttosto distratto che si era già preso diversi richiami da Gina perché non era attento alle loro proposte e modifiche. Ancora non aveva detto a nessuno di loro della sua relazione con Beckett, né del fatto che lei fosse incinta. Anche Paula era presente e stava definendo con Gina quello che sarebbe stato il calendario della promozione del libro negli USA e all’estero.

- Allora Rick, il libro uscirà a fine settembre. Siamo già d’accordo per una promozione nelle principali librerie qui a New York per la settimana del lancio. Cinque pomeriggi di incontri con i fan. Poi comincerà il tour promozionale, abbiamo già preso contatti a Boston, Washington, Atlanta, Philadelphia, Chicago… - Disse l’agente leggendo l’elenco delle città - … Ehy Castle, mi stai ascoltando?

- Sì, sì certo. Philadelphia, Chicago, poi? - Chiese come se stesse effettivamente ascoltando.

- Poi prima di Natale Denver, Salt Lake City e la West Cost: Las Vegas, San Francisco, Los Angeles San Diego.

- Sono troppe. Non posso. - Protestò Castle

- Rick, ma cosa dici? Abbiamo anche già accordi con Detroit, Toronto e Montreal per gennaio e poi pensavamo ad andare in Europa per il lancio della saga di Nikki Heat! - Lo riprese Gina.

- No, non se ne fa nulla. Dammi il calendario, lo devo rivedere con calma e ti dirò quali fare e quali no. - Prese il foglio e lo rilesse velocemente prima di piegarlo e metterlo via.

- Rick, si può sapere cosa succede? Avrai abbastanza spunti per i tuoi libri, non credo che devi sempre stare dietro a quella detective, no? - Chiese Gina indispettita.

- Io e Kate stiamo insieme e aspettiamo un bambino che dovrebbe nascere a fine anno. Di certo non starò fuori città prima e dopo la sua nascita. Quindi potete scordarvi le tappe prima di Natale e quelle a gennaio. E di sicuro non andrò settimane in Europa.

- Ma Rick, cosa stai dicendo? Sei serio? Non mi hai mai detto nulla! - Gli chiese Paula che sembrava cadere dalle nuvole.

- Non sono discorsi che riguardano la mia agente, Paula.

- Ok, ok… Facciamo una pausa. Devo riprendermi - Disse Gina guardando Castle con un misto di irritazione e compassione, come se gli fosse capitata una disgrazia.

Rick uscì approfittando per chiamare Kate. Voleva dirle che aveva detto di loro e del bambino anche a Gina e Paula, rassicurarla che nessuna avrebbe avuto secondi fini con lei. Fece squillare il suo cellulare a lungo, ma nessuna risposta. Aspettò qualche minuto camminando nervosamente per il corridoio della casa editrice e poi chiamò di nuovo. Ancora nulla. 

Chiamò Jim che lo rassicurò che aveva visto Kate a pranzo ed era rimasto con lei un po’ e stava bene. Riprovò a chiamare Kate ma non le rispondeva ancora. Lanie era ancora a lavoro ma gli assicurò che sarebbe andata da lei appena fosse uscita, doveva finire delle analisi su un corpo. Rick, però, non era tranquillo, perché Kate continuava a non risponderle.

- Io devo andare - Disse rientrando nella sala riunioni mentre tutti i presenti lo guardarono sorpresi. - Kate non mi risponde e devo andare a vedere come sta.

Non diede tempo a nessuno di dirgli nulla, era già fuori.

 

 

Era andata in bagno. Dava colpa a tutto quello che aveva mangiato per quei dolori che sentiva. Aveva esagerato, in effetti, tra la abbondante colazione che Castle le aveva portato e il pranzo dove aveva mangiato molto, finito con quella coppa di gelato al cioccolato sotto lo sguardo sorridente di Jim. Le aveva fatto piacere passare del tempo con lui, anche se all’inizio era molto arrabbiata.

Quando però vide delle macchie rosse sugli slip fu assalita dal panico che diventò vero terrore nel vedere altro sangue. Cominciò a girarle la testa e non sapeva se era per quello o per la paura che la stava paralizzando, insieme ai dolori che diventavano sempre più forti. Provò ad alzarsi e dal bagno andare in camera per prendere il cellulare e chiamare aiuto, ma non ci arrivò mai. Appena uscita dal bagno non riuscì a reggersi in piedi e cadde lì, a terra.

 

- Kate! Kate dove sei? Kate! - Castle era entrato urlando. Continuava a chiamarla e sentiva il suo telefono squillare. Entrò in camera e la vide lì, a terra senza conoscenza e una scia di sangue che andava dal bagno e si accumulava lì intorno al suo corpo. Rimase paralizzato solo per un istante, poi si buttò su di lei.

- Kate! Ehy ti prego apri gli occhi Kate… 

Il suo primo pensiero fu che qualcuno era arrivato a lei per finire l’opera cominciata al cimitero, ma si accorse ben presto che Beckett non era ferita e quel sangue era altro.

Prese la prima coperta che trovò e la avvolse al suo corpo freddo troppo freddo.

- Ehy amore… ti prego svegliati… Kate... Kate ti prego guardami.... - Le accarezzava il viso e le spostava i capelli. 

- Castle… il bambino… ti prego Castle… aiutami… il nostro bambino… 

Si era svegliata ma sembrava in uno stato di semi incoscienza. Rick non sapeva cosa fare, ma non poteva perdere altro tempo. La raccolse tra le sue braccia e uscì da lì il più velocemente possibile. La adagiò nel sedile della sua auto, sentendola lamentarsi e senza riuscire a fermare l’emorragia. Ogni suo lamento per lui era un dolore fisico e guidò con gli occhi pieni di lacrime e terrore fino all’ospedale, fregandosene dei limiti e delle strade dove non poteva passare.

 

Entrò urlando fino a quando non arrivarono degli infermieri che portarono via Kate con una barella. Lui li seguiva correndo fino a quando non arrivò davanti ad una porta e lo obbligarono a rimanere fuori. Alzò gli occhi e guardò il cartello che indicava che quello era il reparto di ginecologia e maternità. Si appoggiò al muro e gli sembrò di essere stato senza respirare da quando aveva visto Kate fino a quel momento. Chiuse gli occhi stringendoli più che poteva. Pregò tutte le divinità che poteva conoscere perché Kate stesse bene, perché il loro bambino ce la facesse, anche quella volta, provando a mettere a tacere quella sua parte razionale che gli diceva tutt’altro.

Non a loro. Non a Kate. Non era giusto.

Aprì gli occhi e si guardò intorno. C’erano futuri padri agitati, futuri nonni che fremevano per l’attesa. E poi c’era lui, che piangeva e pregava.

- Signor Castle? - Un giovane medico uscì da quella porta e gli andò incontro. - La sua ragazza ha avuto una forte emorragia. Siamo riusciti a fermarla.

- Il bambino? - Chiese Rick in una domanda alla quale erano appese le sue ultime speranze.

- Mi dispiace… Verrà da lei un infermiera più tardi, quando potrà vedere la sua compagna.

Rick annuì solamente, mentre l’uomo tornò dentro. Si appoggiò di nuovo al muro, ma non era molto sicuro che sarebbe riuscito a rimanere in piedi.

   
 
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