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Autore: nikita82roma    28/03/2017    5 recensioni
Rick ha detto a Kate che non sarebbe stato a guardarla mentre buttava via la sua vita. È tornato a casa dopo la consegna del diploma di Alexis quando sente bussare alla porta del loft. Ma non è Kate, è Esposito che lo avvisa che Beckett è in ospedale gravemente ferita. Si parte da "Always" ma il percorso poi è completamente diverso.
FF nata da un'idea cristalskies e con il suo contributo.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rick Castle, William Bracken | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Kate era andata a parlare con Burke quella sera stessa. Gli aveva chiesto un appuntamento, con la massima urgenza e lui le aveva detto di raggiungerlo dopo il normale orario di visita.

Fu una chiacchierata informale, nella quale il dottore più che altro si informò dei suoi ultimi mesi e di come la situazione si era evoluta. Burke sapeva benissimo che Kate non sarebbe stata tranquilla e serena fino a quando quel caso non sarebbe stato chiuso, perché non era solo una questione di lavoro, ma ormai una questione privata che la toccava da più punti, andando a colpire direttamente i suoi affetti più importanti. Gli aveva parlato anche di Castle, non nascondendogli nulla della loro relazione, di come era finita e di come si fosse sentita persa senza di lui, della decisione di tornare per darsi un’altra possibilità e di tutti i fatti più recenti, fino a quella stessa mattina quando l’aveva lasciata. Definitivamente.

Lui si limitò ad ascoltare, come faceva sempre.

- Ha fatto bene a provarci Kate. Se dentro di se sentiva che c’era una possibilità che la vostra storia non era realmente finita, ha fatto bene a parlargli. Sarebbe stato peggio rimanere con il rimpianto di non averci provato.

Burke la vide stringere i pugni ed abbassare lo sguardo, la vedeva era a disagio adesso.

- Cosa altro c’è Kate?

- Lanie, una mia cara amica, dice che secondo lei Castle è ancora innamorato di me e che dovrei aprire gli occhi.

- E Lei cosa pensa, invece?

- Mi ha lasciato, dicendomi che andava dalla sua compagna perché io gli avevo fatto troppo male. Però non lo so, ogni volta che ci sfioriamo, io… nei suoi occhi vedo che c’è dell’altro.

- Ci spera ancora Kate? Dentro di lei, nel profondo, ha ancora una speranza? - Le chiese Burke accavallando le gambe in attesa della risposta alla domanda che credeva più difficile, ma che invece arrivò senza dover aspettare troppo, perché Beckett rispose di getto.

- Sì. Sempre.

Il dottore le sorrise e la salutò. Non avevano altro da dirsi, ma le comunicò che per lui era tutto ok, sarebbe potuta tornare a lavoro non appena il distretto lo riteneva opportuno, non c’era nessun vincolo negativo da parte sua.

 

Erano passati un paio di giorni che aveva usato per riprendere pieno possesso della sua vita e della sua casa, facendo anche quelle cose banali per gli esseri umani ma necessarie per vivere, tipo fare la spesa. Era andata a trovare suo padre ed avevano cenato insieme, parlando non più del solito nonostante l’assenza prolungata dicendosi il minimo indispensabile, capendosi molto di più. Era uscita di nuovo a pranzo con Lanie ed avevano organizzato una serata sole donne con Jenny, perché Kate voleva essere aggiornata di tutti i particolari. Era un maschio, lo avevano saputo da poco e ancora non lo sapeva nemmeno Lanie. Avevano brindato, tutte rigorosamente con analcolici, alla bella notizia e si erano perse per ore in chiacchiere entusiaste sulla gravidanza di Jenny e riso quando lei raccontava tutte le fobie di Kevin futuro papà. Una serata bella. Una serata normale. Una serata nella quale il pensiero di Castle non l’aveva ossessionata, almeno fino a quando non era tornata a casa sola e lo vedeva dormire sul divano, ma lui ovviamente non c’era. Fisicamente. Per tutto il resto era lì. La sua ingombrante presenza era sul divano, sul pavimento, nella cucina, vicino alla finestra. Dentro di lei, soprattutto.

Castle però non era nell’appartamento di Kate, non era nemmeno al loft e nemmeno a New York. Era partito da qualche giorno con Vanessa che doveva tornare a Los Angeles per riprendere il lavoro e lui aveva pensato che allontanarsi da lì e mettere più chilometri possibili tra lui e Kate fosse la cosa migliore. Migliore per far continuare la sua vita sullo stesso binario ormai già conosciuto, senza ulteriori deragliamenti. Aveva scelto Vanessa, l’unica scelta possibile per non soffrire ancora, per non farsi annientare. Per essere felici ci sarebbe stato tempo.

 

Tornare al distretto, per Kate, voleva dire tanto, fino a qualche tempo prima avrebbe detto tutto. Era emozionata, non poteva negarlo. Era passato tanto tempo da quando era stata una poliziotta per l’ultima volta, il giorno che aveva portato la sua vita a cambiare per sempre. Il giorno che aveva preso coscienza di quello che era e di quello che voleva.

Si vestì con molta cura quella mattina. A New York faceva molto freddo ed aprendo l’armadio scelse di indossare di nuovo quegli stivali con il tacco alto che non metteva da tempo. I pantaloni neri fasciavano le sue lunghe gambe ed il maglione dello stesso colore a collo alto era caldo e confortevole. Tirò fuori quel cappotto con le rifiniture in pelle e prese una grande sciarpa per coprirsi meglio. Guidò tra il traffico impaziente di arrivare e di ricominciare.

Le tremarono le mani quando la Gates le riconsegnò distintivo e pistola. Li strinse tra le mani, accarezzando il metallo freddo. Erano solo dei simboli, certo, però in quel momento volevano dire molto di più, voleva dire riappropriarsi di una parte di se stessa, quella che per anni l’aveva caratterizzata più di ogni altra, Detective Kate Beckett, questo era. Detective, prima di tutto. In quei mesi non senza difficoltà, invece, aveva imparato ad essere Kate, con tutte le sue sfaccettature, aveva imparato a guardarsi dentro e a perdersi negli abissi della sua anima, a conoscere ed accettare le sue paure e le sue debolezze, a non aver paura di mostrarle. Aveva ritrovato anche la Kate spensierata e ragazzina che aveva abbandonato tanti anni prima, ma quei giorni preferiva non ricordarli, per non prestare il fianco ad altro dolore con il ricordo di Castle e di come la faceva sentire.

Agganciò il distintivo ai pantaloni e mise la pistola nella fondina: uscì da lì andando direttamente alla sua scrivania come se nulla fosse, come se tutto fosse come sempre e lei fosse stata via solo qualche giorno e non così tanti mesi.

Si sedette sul bordo della scrivania osservando la lavagna debitamente compilata da Ryan ed Esposito. Una giovane ragazza uccisa e tutti gli indizi portavano al suo fidanzato. Erano andati a prenderlo, le aveva detto un’agente che era passato vedendola attenta a leggere la loro ricostruzione: un caso tutto sommato semplice, ma di quelli che considerava molto fastidiosi, dove una donna era vittima solo in quanto tale.

Dalla stanza adiacente alla sala interrogatori assistette all’interrogatorio condotto dai suoi due amici.

- Dici che confesserà? - Price le si era avvicinato porgendole un caffè che però rifiutò

- Probabile. Non mi sembra un osso duro. È uno di quelli che sanno fare i duri solo quando sono in posizione di vantaggio, poi si piangono addosso. - Sorrise Kate amaramente mentre Nick beveva il caffè che aveva preparato per lei.

Aveva avuto ragione, il ragazzo era crollato rapidamente. Aveva provato a negare per un po’, poi si era sciolto incalzato da un ruvido Javier.

 

- Wow Javi hai imparato a far crollare un sospettato nella sala interrogatori! - Lo prese in giro Kate appena uscirono.

- Ehy guarda chi si rivede! Kate Beckett è tornata tra noi! Visita di cortesia oppure… 

Kate scostò la giacca mostrando il distintivo con un ampio sorriso.

- Oh beh, congratulazione Beckett! Di nuovo in pista! - Kevin la abbracciò e subito dopo di lui Javier fece lo stesso.

- Novità? - Chiese ai due con un tono che non lasciava molto spazio a per avere dei dubbi su cosa si riferisse.

- No… Però… seguiteci. - Esposito e Ryan si incamminarono per il corridoio fino ad arrivare ad una porta in fondo al distretto. Digitò un codice sulla tastiera posta vicino all’entrata e la serratura si sbloccò. I quattro entrarono e Price aveva rivolto alcune occhiate interrogatorie a Kate a chiederle cosa fosse e dove stessero andando, ma lei, scuotendo la testa ed alzando le spalle gli fece capire che non ne sapeva nulla.

Uno schermo illuminato in fondo alla stanza era l’unica cosa che riuscirono a vedere fino a quando Ryan non accese la luce, chiudendo subito la porta alle loro spalle.

- Allora? - Chiese Kate non capendo perché erano lì fino a quando Javier non accese un computer e lo schermo si riempì di immagini.

- Vedi Kate… dopo gli ultimi fatti e l’ultimo agguato prima che voi andaste via, beh… Noi ci siamo consultati con la Gates e con Bratton. Sono stati loro a darci questo spazio e la possibilità di continuare ad indagare usando tutti i mezzi che la polizia può metterci a disposizione. 

Beckett fece scorrere le immagini sullo schermo vedendo delle scansioni delle pagine semibruciate dei documenti di Smith e si allarmò.

- Chi altro sa di questo? - Chiese indicando lo schermo con tono autoritario

- Noi, la Gates e Bratton. Nessun altro. Non abbiamo fatto analizzare le pagine alle scientifica per evitare che le informazioni arrivassero a chi non devono. Ci stiamo lavorando solo noi, abbiamo solo fatto esaminare un pezzo di carte per vedere se potevamo sapere qualcosa o se c’erano tracce di DNA. Ma nulla a parte quelle nostre e di Castle. - Spiegò Ryan

- Siamo ad un punto morto Kate. Ogni pista che abbiamo percorso ha portato ad un nulla di fatto, compresa l’ultima. Ogni volta che ci muoviamo, dall’altra parte tagliano il ponte che ci porta a loro.

Kate si sedette sulla sedia. Era tutto molto, troppo frustrante.

- Ci sono stati altri episodi? - Chiese Kate

- Che episodi? - Javier e Kevin si guardarono senza capire

- Pericoli. Per Castle o la sua famiglia.

- Uhm… no, che noi sappiamo no - rispose l’ispanico

- Che vuol dire che voi sapete? Se è successo qualcosa gli uomini di scorta ve l’avranno detto, no? - Beckett cominciava già a perdere la pazienza.

- Castle e la sua famiglia non hanno più la scorta da tempo - disse Ryan come se le stesse dicendo una cosa ovvia.

- Cosa? - Esclamò Kate alzandosi in piedi con le mani piantate su una delle scrivanie.

- Qualche giorno dopo che tu te ne sei andata, una settimana forse - ricordò Kevin - Castle è venuto dicendo che non voleva più la scorta né per sé né per Martha o Alexis. La Gates ha provato a farlo ragionare ed anche il suo amico Bratton, ma lui ha detto che se tu non c’eri lui non era più in pericolo. Non hanno potuto fare altro che accontentarli.

- Beh, Martha era la meno contenta, quei due giovani agenti li apprezzava molto! - La battuta di Javier fu decisamente fuori tempo e si attirò un’occhiata truce da parte degli altri tre.

- Non ha senso. Rick non avrebbe mai esposto Martha ma soprattutto Alexis a dei pericoli solo per una sua sensazione che non l’avrebbero più cercato.

- Cosa vuoi dire Kate? - Chiese Esposito tornato serio.

- Che lui doveva avere la certezza che non sarebbe accaduto nulla a sua madre e a sua figlia. Come avete fatto a trascurare questa cosa? Possibile che non ci avete pensato? Rick non metterebbe mai a rischio Alexis! Mai! - Li riprese Kate mentre i due detective abbassarono lo sguardo colti nel segno della loro mancanza.

- Come poteva averla? - Chiese Nick intromettendosi nel discorso.

- Castle ha scoperto qualcosa. Qualcosa che gli ha fatto ricollegare i pezzi. Già mi aveva accennato di aver scoperto qualcosa riguardante la Future Foward in biblioteca, ma non ne abbiamo mai parlato fino in fondo. Se Caslte decide di rinunciare alla scorta è perché lui sa di essere al sicuro. - Ragionò Beckett ad alta voce.

- A cosa stai pensando? - Le chiese ancora Nick

- Castle sa chi c’è dietro. E da bravo giocatore di poker ha bluffato. Ha fatto lui l’accordo che prima aveva Smith. - Disse Kate fissando la lavagna. - È mai venuto al distretto? Altre volte dico, oltre quella che ha rinunciato alla scorta.

- Solo una volta - Rispose Esposito - Ma prima. Era il giorno stesso in cui sei andata via.

- Già! - Continuò Ryan - Voleva sapere dove eri, è stato molto insistente! Ha anche discusso con la Gates.

- Tutto torna… Lui voleva dirmi quello che aveva scoperto e non trovandomi ha fatto di testa sua, come sempre. - Disse Kate amaramente scuotendo la testa.

- Come fai ad esserne certa Kate? - Chiese Ryan

- È Castle. Lo conosco. - Guardò con attenzione ognuno dei tre uomini. Nessuno osò contraddirla.

 

Se Kate avesse seguito il suo istinto sarebbe uscita dal distretto ed andata immediatamente al loft da Castle. Quello che fece, però, fu far prevalere la ragione e approfondire di più quello che era stato fatto durante i suoi mesi d’assenza. Controllò tutto il dossier su David Flynn e sulla banda uccisa nel covo. Per lei era tutto nuovo quindi era più facile, se ci fosse stato qualcosa che era sfuggito agli altri, che lei potesse trovarlo. Ma non fu così, non fu fortunata come nella teoria su Castle. Non c’era niente di più di quanto non scritto in quei rapporti. In quel suo primo giorno di lavoro rimase tutto il tempo in quella stanza, ad esaminare quei fascicoli. 

 

- Come va? - Nick era entrato nella stanza aveva preso una sedia e si era seduto vicino a lei.

- Così… Non c’è nulla qui - Fece sbattere i fascicoli sul tavolo spostandoli davanti a lui. Nick non li guardo, anzi li spostò più lontano.

- Intendevo te. Come stai?

- Come mi vedi. C’è poco da dire.

- Che effetto ti fa, pensare che Castle conosce la verità da tutto questo tempo? - Le chiese ammucchiando i fogli che lei aveva sparso sulla scrivania.

- Strano. Come tutte le cose che riguardano lui. Vorrei capire perché se sa la verità non l’ha detta a Ryan, Esposito o la Gates. O al suo amico Bratton! Anche senza prove gli avrebbero creduto.

- Ti può rispondere solo lui 

- Già… Sempre che voglia farlo… - Sospirò

- Secondo te perché l’altra sera non ti ha detto nulla? È una cosa importante per te.

- Dovevamo chiarire altro. Cose più importanti.

Non ci credeva di averlo detto veramente. Ancora meno di averlo pensato e di crederci. Eppure era così. Loro per lei in quel momento erano più importanti di tutto. Anche di trovare chi le aveva rovinato la vita e continuava a farlo da quasi quindici anni.

- Credevo che trovare l’assassino di tua madre fosse la cosa più importante. - Nick non si era lasciato sfuggire quel particolare

- Sì, lo credeva anche io prima di Castle.

- Com’è andata?

- È andato via. Da Vanessa. - Ammise Kate amaramente.

- Mi dispiace.

- Già, anche a me.

 

 

Contava i passi che la dividevano tra l’ascensore e la porta del loft. Fu investita dai ricordi che inevitabilmente la portarono a pochi giorni prima, quando era lì, con tutt’altro intento, altre speranze. Il cuore, però, batteva allo stesso modo e la voglia di rivederlo era sempre la stessa. Non era importante perché, lei già si immaginava di trovarsi davanti ai suoi occhi azzurri e sentì tutta la sicurezza e la decisione con cui era arrivata lì scivolare via. Si impose di darsi un contegno, di focalizzarsi sul perché era lì, doveva chiedergli delle spiegazioni, doveva avere delle risposte. La verità, però, era che avrebbe sfruttato qualsiasi scusa per vederlo, per avere l’occasione di parlarci, per stare insieme con lui nella stessa stanza e cercare di capire cosa nascondesse veramente dietro quello che le aveva detto di lui e Vanessa. 

Vanessa. 

Non aveva calcolato nemmeno per un istante che potesse esserci lei lì, che non fosse solo, che magari le avrebbe aperto la porta e l’avrebbe invitata ad entrare da buona padrona di casa, che si sarebbero trovati lui, lei e l’altra e che l’altra era lei. Se lo ripeteva ogni volta che ci pensava. Era lei l’intrusa tra loro.

Con questo nuovo pensiero, che si sommava a tutti gli altri e contribuiva solo ad agitarla ancora di più, bussò a quella porta torturandosi una ciocca troppo corta di capelli ed aspettando a testa bassa che aprisse la porta. Lui o lei.

- Katherine, tesoro! Oh ma come è bello vederti!

Era lei, ma lei aveva un paio di occhi azzurri uguali a quelli di Rick, era Martha che la stava abbracciando sulla soglia di casa. La trascinò dentro senza nemmeno darle il tempo di rendersi conto che era già nel bel mezzo del loft di Castle.

- Ciao Martha. È bello anche per me. Rick non c’è?

- No mia cara. È fuori… Vuoi un caffè? - L’attrice stava già andando verso la cucina pronta a preparare una grande tazza di caffè a Kate

- No, grazie…

- Katherine, da quando in qua rifiuti un caffè? - Chiese sorridendo la donna dai capelli rossi portandosi la mano al petto con quel suo solito fare melodrammatico.

- Da un po’… - Sospirò lei imbarazzata.

- Un tè? O qualcosa di più forte? - Disse indicando una bottiglia di liquore. Kate voleva andarsene, ma non voleva essere scortese con Martha.

- Un tè andrà benissimo, grazie.

Rimase in piedi guardandosi intorno. Respirò ancora il profumo di quella casa che sapeva di Castle. La osservò come mai aveva fatto fino a quel momento, cercando una sfumatura di lui in ogni oggetto, osservando le foto di quando Alexis era più piccola e loro erano insieme. Aveva anche dormito anni prima in quella casa, ma non l’aveva mai vista così fino a quel giorno. Non la stava solo guardando, stava con il suo occhio da detective, cercando Castle, la sua presenza.

- Katherine? Cosa fai lì in piedi? Accomodati! - Martha con la sua voce squillante l’aveva ridestata dalla sua attenta osservazione. Si mise seduta al bancone della cucina osservando la madre di Rick preparare due tazze di tè. La fece sorridere la cosa, raramente l’aveva vista bere del tè, ma in effetti anche lei avrebbe potuto dire la stessa cosa.

- Castle tornerà presto? - Aveva detto quella frase con estrema urgenza, e si affrettò a correggersi - Nel senso, mi conviene aspettarlo o ripasso più tardi? 

Le sembrò di aver peggiorato le cose.

- Ecco… Richard non è a New York, è a Los Angeles, da…

- Vanessa. - Completò la frase Kate per Martha togliendola dall’imbarazzo in cui era anche lei. - Certo. Capisco…

- Katherine, cosa è successo? - Le chiese con voce accorata Martha

- Devo chiedergli una cosa molto importante. Tu sai perché Castle non ha voluto più la scorta per lui e per voi?

- Oh.. Beh… io no… cioè, lui ha detto che non c’era più pericolo, che tu te ne eri andata ed ora la situazione era sotto controllo. Era molto tranquillo nel dirlo, non ho chiesto altro.

- Capisco…

- Ma non mi riferivo a questo, mia cara. Cosa è successo tra te e Richard? - Martha stringeva la tazza mentre le parlava e Kate faceva lo stesso. Non sapeva cosa Rick avesse detto a sua madre quanto di quella finta verità sapesse.

- È complicato Martha.

- Cosa non lo è nella vita? Soprattutto quando riguarda l’amore.

Kate alzò gli occhi per guardarla e l’attrice sorrise del suo sguardo con quel misto di stupore ed imbarazzo.

- Andiamo Katherine! Richard potrà aver creduto alle tue parole perché da buon uomo innamorato difetta dell’uso della ragione, ma qualunque cosa tu gli abbia detto, io so che non è così. Io ti ho visto, ragazza mia. Ho visto le tue lacrime e la tua disperazione ed ho visto anche il tuo volto quando hai abbracciato, e non solo, di nuovo Richard. Sai di cosa parlo, vero?

- Certo, Martha…

- Io non so cosa vi siate detti, cosa è successo per allontanarvi così. Però Katherine, tu ami Richard e lui ti ama. 

- Lui sta con Vanessa. Noi… ci siamo già visti, ne abbiamo parlato.

- Vanessa è una cara ragazza, è stata una fortuna che Richard l’abbia incontrata, smettendo di fare quella vita da ragazzo stupido. Sarebbe la donna perfetta per lui, se non ci fossi tu. Conosco mio figlio, anche se lui pensa di no e so che non dovrei mettermi in mezzo in queste cose, ma io voglio solo che sia felice e con te lo era. Lascia da parte la paura, non far decidere lei per te e per lui. 

Kate la guardò come se l’avesse letta dentro, chiedendosi se era forse un dono di famiglia quello. Poi abbassò la testa, concentrandosi sul suo tè. Non riusciva a dire nulla a quella donna. Non poteva mentirle e non voleva più farlo a se stessa.

- Non è tua la colpa di quello che è successo e non è giusto che sia tu a pagarne le conseguenze. Ma se le paghi tu, le fai pagare anche a Richard. È stato molto male quando lo hai lasciato. Molto…

- Mi dispiace Martha. Io vorrei solo che Rick sia felice e al sicuro. Tutto quello che ho fatto è stato solo pensando a questo.

- Sei una ragazza sveglia ed un bravo detective, ma per le questioni di cuore non hai molto intuito! - La prese in giro Martha prendendo la sua mano. Anche Kate sorrise, era la seconda volta in pochi giorni che le dicevano la stessa cosa. Avrebbe finito per crederci.

- Non voglio mettermi in mezzo alla sua vita adesso. Mi ha detto che con Vanessa sta bene e se è così, sono felice per lui, veramente Martha, anche voglio solo che lui sia felice. 

- Lo so. E so che le tue intenzioni erano buone, anche se poi si sono rivelate sbagliate per entrambi. Non mi sembri molto felice nemmeno tu, non ho ancora visto il tuo bel sorriso luminoso!

Kate si sforzò di sorridere, ma dallo sguardo della mamma di Castle capì che il suo tentativo era fallito miseramente.

- Amo mio figlio e voglio molto bene anche a te, lo sai.

- Lo so e non capisco come tu possa farlo, visto che ho finito per mettervi sempre nei guai. - Sospirò Kate scuotendo la testa e guardando la donna con affetto.

- Vedi mia cara, negli affetti e nell’amore, non c’è sempre una spiegazione logica, evita di cercarla, perché perderesti solo del tempo. Accetta quello che provi senza cercarne il motivo, senza chiederti se sia giusto o sbagliato. È così, non puoi farci niente. Ma soprattutto accetta quello che gli altri provano per te e non stare a farti troppe domande. Succede e basta. Non sempre ci si sceglie per un motivo logico, anzi, nel vero amore quasi mai. Ci si incontra per volere del destino e sarebbe meglio assecondarlo, per non soffrire senza ragione. Hai ragione tu, Vanessa sarebbe la scelta migliore per Rick, non lo farebbe soffrire, Vanessa sarebbe la scelta logica, ma il destino gli ha fatto incontrare te e nulla di tutto quello che è logico lo potrà mai fare veramente felice. Pensaci Kate.

- Ci penserò Martha. - Disse Kate bevendo un ultimo sorso di tè. In quel momento voleva solo andarsene il più velocemente possibile da lì, un’altra parola della donna ed avrebbe preso il primo aereo per Los Angeles per andarlo a cercare. - Tu però intanto puoi dirgli quando torna che devo parlargli urgentemente?

- Ma certo cara, stai tranquilla glielo dirò.

La donna stava accompagnando Kate alla porta quando questa improvvisamente si aprì, facendo entrare altri due occhi azzurri: Alexis la fissava perplessa e sicuramente meno felice di vederla di sua nonna.

- Detective Beckett, cosa ci fai qui? - Chiese la ragazza con un tono che non voleva certo nascondere il suo disappunto.

- Katherine cercava tuo padre. - Intervenne Martha

- Oh, certo non mi stupisce. Glielo hai detto che è con la sua fidanzata a Los Angeles? Sai detective, ormai passa molto tempo sull’altra costa con lei.

- Sì, mi ha detto tutto tua nonna Alexis. Beh, io allora vado. Grazie di tutto Martha… Ciao Alexis.

Martha la abbracciò ancora una volta calorosamente, mentre la figlia di Rick si limitò ad un cenno del capo, ed andò in camera sua prima ancora che Kate fosse uscita.

   
 
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