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Autore: Chemical Lady    28/03/2017    1 recensioni
[[ Spoiler su tutto Tokyo Ghoul :re - Presenza di personaggi OC nella storia ]]
La figura che troneggiava su di lei sembrava un angelo.
Distinta, si stagliava verso il cielo possente, spezzando il buio notturno con la sua bianca presenza. Il cappotto candido cadeva fino al terreno, immacolato ad eccezione di qualche piccola ma visibile goccia di sangue. Una costellazione vermiglia, spaventosa, che impregnava il tessuto sovrapponendosi ad altre più vecchie, marroni e rapprese, ad alta velocità.
Il volto, invece, pareva quello di un demone. Gli occhi dall'innaturale sclera nera spiavano impassibili e annoiati il solo superstite della squadra Hidaishi.
Riversa sul marciapiede, in una pozza della sua stessa urina, c'era una ragazza dai capelli neri, che spuntavano arruffati da sotto il casco della divisa antisommossa del CCG. Teneva gli occhi ambrati fissi su quelli del ghoul dalla maschera rossa, incapace di distoglierli.
Sto morendo , si diceva in una lenta litania. Sto morendo.
Aiko Masa, vent'anni sprecati a compiere scelte inutili, stava morendo.
[[ Quinx Squad center ]]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sasaki Haise, Sorpresa, Un po' tutti, Urie Kuki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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saboteur

僕は孤独さ  No Signal

Secondo intermezzo: Agonia.

Parte seconda.

 

 

 

Masa, a diciassette anni, aveva i capelli lunghi fino alle spalle, tinti di un rosa confetto molto intenso. Quella tinta faceva risaltare ancora di più gli occhi, già di per sé grandi e tondi, fino a farla sembrare molto più giovane della sua età.

Mizuro Tamaki, invece, portava il ciuffo di un biondo scuro striato di verde a cadergli sul viso, nascondendo parzialmente l’occhio destro.

Insieme a loro c’era sempre un ragazzetto allampanato, magro come una pertica, con i capelli di un azzurrino tenue, che rispondeva al nome di Kei Iruka, anche troppo chiacchierone.

Infine, veniva Kinben Kenzo, con gli spessi occhiali a fondo di bottiglia e un grosso libro di scienze perennemente sotto braccio. Non sarebbe potuto essere più differente dai tre compagni di classe, ma in definitiva l’anno trascorso in America con i primi due, che erano migliori amici sin dall’inizio dell’Accademia, lo aveva reso più intraprendente.

Era stato lui a presentare Iruka ad Aiko ed era scattata sin da subito la scintilla.

«Per colpa tua, ora giriamo con una coppietta.» Lo sfotteva sempre Mizuro, bonariamente, mentre arrotolava uno spinello e apriva un paio di lattine di birra, spiaggiato insieme agli altri sul tetto della Quinta Accademia del ccg. «Comunque, il professor Matsubita mi ha preso da parte sostenendo che sono io che trascino voi nella perdizione. Ma ci rendiamo conto?? Ma lo conosce Kei? »

«Io sono un bravissimo ragazzo.» lo riprese subito l’amico, prima di porgere il pacchetto di sigarette alla sola ragazza presente, «Ne vuoi una?»

Aiko inclinò di lato la testa, pensierosa. Poi annuì, «Va bene, ma una sola. Non voglio diventi un’abitudine.»

«In cinque anni saremo quattro fumatori accaniti, intanto.» sostenne con fermezza Mizuro, passando la lingua sulla cartina, porgendo quindi tutto a Masa per farle accendere, come un vero cavaliere. Lei portò la sigaretta dietro all’orecchio, sfilando l’accendino dalle mani del migliore amico e aspirando  un lungo tiro.

«Avete sentito cosa è successo nella sesta?» si informò proprio quest’ultima, attirando su di lei l’attenzione dei tre, compreso Kenzo che stava ricopiando i compiti di algebra per Iruka. «C’è stato un attacco di un paio di ghoul abbastanza forti, classe S- e A+. Sono morti sette agenti, di cui un associato alla classe speciale. Alla fine è intervenuta la S3 di Arima.»

«Che figo Arima» sussurrò sognante Iruka, inclinando il capo all’indietro per spiare il cielo terso.

«Deve essere un duro colpo.» Kenzo scosse il capo, quando lo spinello gli venne porto, scostandosi affinché Kei potesse prenderlo al suo posto. Poi guardò Aiko negli occhi e a lei parve rattristito. «Perdere un compagno di squadra, dico. Credo sia una delle prove più difficili.»

«Mio padre non conosce nessun collega che non ha perso almeno un membro del proprio team.» gli fece sapere in modo ben poco incoraggiante Iruka, «Quando sei in prima linea e fai questo lavoro, è la normalità purtroppo.»

«Non dovrebbe esserlo.» si incaponì l’altro, insistendo «Troppi agenti muoiono in azione. Se succedesse a uno di voi non so cosa farei.»

«Io spero che non ci troveremo mai in squadra insieme, infatti.»

«Ok, Mizuro, ma finirai comunque per affezionarti a chi ti verrà assegnato.» Kei, alzò le spalle, prima di sporgersi per passare a lui lo spinello e rubare la lattina di birra che aveva in mano «Ci manca un solo anno di accademia, poi verrà il nostro momento. Mio padre è un prima classe da tanto, troppo tempo. Io voglio diventare classe speciale entro i trenta.»

Masa ridacchiò «Io voglio arrivare ai trenta, invece. Chiedo troppo?»

«Finalmente qualcuno con un cervello.» brontolò Kenzo, alzandosi con in mano ancora i libri «Io rientro, ci vediamo a lezione. Non fate tardi.»

«Oi! Ma dove vai?» Kei non ebbe comunque risposta. Lo guardò allontanarsi a passi veloci, senza voltarsi mai.

Tamaki sospirò «Oh no, mi ha lasciato di nuovo da solo con voi.»

«Lo ha indispettito parecchio il discorso.» Aiko prese l’altra lattina, alzandola «Un brindisi al buon Kenzo. Il solo che ha davvero un minimo di sensibilità qui.»

«Ha parlato miss Lacrimuccia.» Kei le tirò piano la guancia, prima di battere  la lattina contro la sua «A noi. Alle future promozioni.»

Senza nulla con cui brindare, Mizuro lanciò quel poco che rimaneva del mozzicone dal tetto «A una lunga, lunghissima vita.»

Vennero beccati a bere e ripresi nemmeno dieci minuti dopo. Davanti al preside si presentarono come tre anime pentite del purgatorio, come ogni singola volta e non vennero sospesi nemmeno in quell’occasione.

Il discorso non venne più ripreso, fino a più di un anno e mezzo dopo quella mattinata di aprile, di fronte alla bara che conservava i pochi resti di Kinben Kenzo. Davanti ad essa, i due agenti di terzo livello si ripromisero di ricordarlo sempre mentre, giorno dopo giorno, avrebbero continuato a lottare contro qualcosa che ancora non aveva assunto una forma definita. Ma non Kei. Lui, che faceva parte della stessa squadra del suo amico di infanzia, chiese il congedo dal lavoro sul campo, diventando l’Interno Iruka. La possibilità di essere promosso che sfumava faceva comunque meno male della paura e della consapevolezza che un compagno che muore è un compagno che non tornerà mai più.

Perché chi muore cessa di esistere, mentre i vivi fanno i conti con la realtà.

 

Capitolo tredici.

Il locale era claustrofobico, tanta era l’affluenza di avventori per lo più abituali. I corpi che ballavano, strusciando uno contro l’altro, accalcati in una danza che sembrava più un’orgia erano un po’ distanti dal luogo in cui si trovava lei, seduta al bancone, con un abito rosso corto che lasciava scoperte le gambe lunghe e magre.

Aiko sorrise al suo interlocutore, facendosi offrire un altro bicchiere pieno di un liquido rosso dall’odore forte e pungente. Sangue fermentato, la sola cosa in grado di fare ubriacare un ghoul e che, doveva ammetterlo, iniziava a darle un po’ alla testa.

Se non avesse bevuto, però, sarebbe sembrato sospetto.

Il lavoro sotto copertura le piaceva molto, soprattutto perché approvando l’operazione Maschera, Ui aveva anche dato il suo benestare per farli un po’ divertire. Come fossero poi finiti allo Psiche, un famoso locale itinerante per ghoul e umani simpatizzanti della razza, era un’altra storia.

E ovviamente c’entrava l’uomo delle maschere, Uta.

L’obiettivo dell’operazione era di scoprire da dove fosse nata la collaborazione fra i Rosenwald e Aogiri, magari comprendendo anche come agivano insieme. Ui non ne era entusiasta, ma alla fine c’erano state molte più mani alzate a favore dell’idea di Sasaki che contro e lui se ne era fatta una ragione, soprattutto perché anche la sua seconda, Hairu Ihei, aveva appoggiato il prima classe. Di contrari c’erano stati solo Koori, Shimoguchi e i suoi, contro Ito, Machibita, Kijima, Furuta, Fura e, per l’appunto, Ihei. Dopo due settimane avevano raccolto ogni tipo di informazioni, ma utili alla ricerca ben poche.

Tornando a Uta, lui non aveva solo trovato per Masa e Sasaki un invito per quel locale esclusivo, ma aveva anche disegnato e prodotto una maschera per ogni Quinx.

Aiko sistemò sul viso la sua, che la copriva solo a metà, per la precisione tutto il lato destro. Mostrava quindi fieramente il kakugan e le riusciva parecchio bene spacciarsi per un ghoul. Mentre Saiko e Shirazu facevano cameratismo e si facevano raccontare le cose inventando storie strampalate, il modus operandi di Urie e Mutsuki era un po’ più diretto. Perché lo era Urie.

Masa invece lavorava praticamente da sola. La maschera di Sasaki faceva letteralmente scappare a gambe levate chiunque.

«Quindi sei in Aogiri, che cosa…. Interessante.» ammiccando, si pulì un po’ di sangue che le era scivolato sul mento. «Ho sempre apprezzato particolarmente chi si sforza di fare qualcosa di concreto. Soprattutto ora che c’è questo nuovo appoggio influente.»

Nonostante la maschera nera che nascondeva i suoi occhi, Masa notò che il suo interlocutore aveva arricciato perplesso la fronte «Non ti seguo. Che appoggio?»

Aiko nascose la delusione, sorridendogli nuovamente, prima di parlare con tono civettuolo «Non farci caso, alle volte parlo troppo.» gli passò la mano sull’avambraccio, prima di notare l’ora.  Si accostò quindi al suo orecchio, suadente come una serpe «Senti, qui c’è un po’ troppa musica. Perché non ci spostiamo da me?»

Ovviamente, ottenne quello che voleva. L’uomo si alzò, aiutandola ad indossare la giacchetta scura, seguendola come incantato mentre lei ondeggiava sinuosa sui tacchi.

Quando arrivarono all’esterno, le passò la mano sul fianco e poi dietro, lentamente, sul fondoschiena. «Mi stavo chiedendo» ruppe il silenzio, mentre Aiko cercava qualcosa nella borsetta «Cos’è la tua maschera? Un gattino?»

«Miao» rispose lei con divertimento, mentre svoltavano un angolo cieco, verso un’altra ala del parcheggio «No, è una volpe.» gli fece quindi sapere, toccandosi la singola orecchietta della maschera bianca e rossa. «Sai la leggenda del Kitsune?»

«Oh capisco, quindi hai molte code?»

Lei sorrise ancora di più, mentre le labbra prendevano una piega diversa da quella del divertimento «Moltissime.»

Anche il sorriso del ghoul mutò. Vomitò sangue quando la prima coda lo penetrò nello stomaco. La seconda gli mozzò la testa di netto ed essa rotolò per qualche metro, fino ai piedi della figura che la aspettava nell’ombra.

«Era necessario?»

«Era viscido e non sapeva nulla dei Rosenwald. Poi non potevo lasciarlo dentro, sarebbe sembrato sospetto uscire da sola dopo averci flirtato due ore.»

Sasaki sospirò, lanciando uno sguardo attorno prima di avvicinarsi. Buttarono il corpo in un cassonetto, poi tornarono alla macchina insieme «Cosa facciamo col locale? lo denunciamo?»

Aiko lo guardò di sfuggita, prendendo dal sedile posteriore il cambio di abiti. «No» gli disse, appoggiandosi alla sua spalla per sfilarsi i tacchi vertiginosi. Anche senza, era più alta di lui, «Può ancora servirci. Si trovano belle informazioni lì dentro e poi ho anche riconosciuto un paio di funzionari del sindaco, sotto alcune femmine di ghoul. Sarebbe un iter troppo lungo.» Si tolse la parrucca lunga e bionda, passando una mano fra i corti capelli corvini per ravvivarli. Poi appallottolò la giacca e la lanciò dentro, dando le spalle ad Haise. Lui rimase immobile e quindi lei dovette spiegargli cosa voleva. «…Coraggio capo, aprimi il vestito o staremo qui tutta la sera.»

Lui strabuzzò gli occhi e arrossì, prima di abbassare la cerniera il più velocemente possibile. Non fece comunque in tempo a voltarsi, che Masa se l’era già sfilato, rimanendo con addosso solo la biancheria. Veloce, Haise si voltò, rigido come un tavolo e palesemente in imbarazzo. «Ehm.» strinse gli occhi, cercando di riorganizzare i pensieri «Quindi anche stasera niente?»

Masa si vestì in fetta, indossando una mantella grigia sui soliti vestiti. Alzò il cappuccio e tornò a voltarsi, abbracciandolo da dietro e giocando con la cerniera sulla sua bocca. «Sei così carino, mi fai tenerezza.» gli sussurrò, prima di dargli una pacca sulla spalla.

Salirono in macchina e lui tolse la benda e abbassò la maschera, mentre anche Masa si sfilava la sua. Appoggiò i piedi al cruscotto, massaggiandoli «Niente di niente. Inizio a pensare che non esista nessuna collaborazione fra Rosenwald e Aogiri.»

«E perché ci hanno attaccato?»

«Saranno stati pagati. Come dei mercenari.» Lui annuì pensieroso, non dicendo altro mentre Aiko portava alla sua attenzione un altro problema. «Ei, Sasaki, Cookie mi ha detto che ieri, mentre era sotto copertura nella diciannovesima, ha incontrato quella giornalista, Shukumei. Sta impicciandosi in cose rischiose, non è meglio farle avere un richiamo?»

«I giornalisti fanno sempre quello che vogliono, Macchan. Preoccupiamoci dell’indagine e teniamo tutto quello che scopriamo per noi.»

Quello era un avvertimento dopo la fuga di notizie che era nata dall’uscita di un articolo proprio della sopracitata giornalista. L’intervista che lei aveva fatto proprio a Masa e Urie. Per fortuna nessuno aveva capito che erano loro i colpevoli.

Aiko di sicuro non l’aveva confessato ad anima viva. Si accoccolò sul sedile, constatando che erano quasi le quattro del mattino. Si sentiva stanca, ma forse sarebbe riuscita a ottenere qualche coccola se avesse giocato bene le sue carte col suo partner, ora impegnato in un lavoro gomito a gomito con Mutsuki. Sul perché Haise li avesse rimescolati così, non ne aveva proprio idea.

«Macchan, cosa sai di Benda sull’Occhio?»

Quella domanda arrivò improvvisa.

Gelò Masa lì dove stava, mozzandole il fiato e facendole strabuzzare gli occhi. Quando si voltò stupita nella direzione del superiore, purtroppo Sasaki la stava guardando. Dannato semaforo.

«Non molto. Quasi nulla, in realtà.» cercò di liquidarlo con naturalezza, nonostante ormai  avesse fatto la figura di merda della vita. «Era un caso di alcuni agenti sulla ventesima. Io, a quei tempi, lavoravo nella squadra Itadashi, che militava la ventitreesima. Mi dispiace. Ho fame, kebab?»

«Sai il suo nome?»

Aiko si morse il labbro, molto a disagio. La macchina era ripartita, ma l’ipotesi di lanciarsi da essa mentre era ancora in corsa non era poi così male.

«Dell’agente incaricato?»

«Di Benda sull’Occhio.»

Doveva aspettarselo, perché dal momento in cui Sasaki aveva indossato quella maschera, tutti i ghoul che avevano incontrato si erano spaventati al punto da fuggire. Aiko non aveva detto nulla, anche perché sapeva davvero poco. In ogni caso non ci voleva un genio per capire cosa avesse combinato Uta. Ci poteva arrivare chiunque.

Aveva riesumato Ken Kaneki e ora, la sua brutta copia casalinga la stava interrogando.

«…Lo sai anche tu, Haise. Non farmelo dire, ti prego. Akira mi ucciderà.»

Il superiore non chiese altro. Aiko notò solo il modo in cui stava stringendo il volante, chiedendosi se lo avrebbe spezzato presto o tardi. Non poteva nemmeno immaginare come si sentisse. Non sapeva nulla di sé stesso e senza un passato, il presente va stretto.

«Noi siamo un agglomerato di sensazioni, emozioni ed esperienze.» gli disse con tono basso, appoggiandogli la mano sulla gamba mentre lui si accostava, portando una mano al volto. Sembrava al limite, così decise di aiutarlo senza farlo davvero. «Non posso dirti niente di… Benda. Non posso, ma posso dirti dove cercare qualcosa che forse non è stato…. Eliminato.» gli occhi di Sasaki schizzarono di nuovo nei suoi e il loro brillare speranzosi la costrinse a parlare. Non sarebbe tornata indietro. Arima l’avrebbe uccisa, «Va in archivio e cerca Amon Kotaro. Non dire a nessuno che te l’ho detto io, ma lui era l’agente che lavorava sul caso di Benda.»

«Amon… Kotaro…. Come lo sai?»

«Lo sanno tutti, quell’uomo era una leggenda.»

«Cosa gli è capitato?»

«Lo hanno ucciso.»

Si scambiarono un lungo e significativo sguardo, poi Haise sganciò la sua cintura, allungandosi per abbracciarla. Affogò il volto nell’incavo del collo della giovane sottoposta, nascondendolo. «Grazie.» sussurrò semplicemente, con tono tirato.

Masa portò una mano alla sua zazzera scomposta, accarezzandola «Non tradirmi, Haise. Non voglio nemmeno pensare alle conseguenze di ciò che ti ho detto.»

«Non dirò nulla, ma io devo…. Dovrei sapere qualcosa. Sono felice ma-»

«Non devi dirmi che sei felice.» si scostò da lui e gli sorrise, un po’ pallidamente, «Devi esserlo per te stesso, non per i Quinx, non per Arima o per Mado. Ora andiamo, ok?»

Lui annuì velocemente, portando una mano al naso e grattandoselo velocemente, prima di rimettere in moto, con la mente proiettata verso una nuova possibilità.

Aiko era contenta per lui. Solo per lui.

Non voleva essere nei suoi stessi panni, a quel punto.

 

 

«Quindi, ricapitoliamo: l’avanguardia sarà formata dalle squadre Ihei e Kijima, mentre il secondo gruppo sarà composto da quelle Ito e Quinx. Il classe speciale Ui si destreggerà in modo da garantire la supervisione, mentre alla squadra Shimoguchi e Toga andrà la retroguardia. Se ingaggeremo un combattimento alla villa degli Tsukiyama o in qualsiasi posto scapperanno, dovremo attenerci a questo piano. Dobbiamo tenerci pronti a tutto, anche all’entrata in scena di Aogiri.»

La voce di Hairu si interruppe, permettendo così a tutti quanti di alzare gli occhi dai tablet o dai fogli che spiegavano in maniera molto più approfondita tutto ciò che il secondo del classe speciale Ui aveva appena spiegato loro. Mancavano ventiquattro ore all’inizio dell’operazione ‘Sterminio della Famiglia Tsukiyama’, la quale si era rivelata essere alla base della discendenza dei Rosenwald. Il vero coordinatore dell’intera azione sarebbe stato Matsuri Washuu, che non era intervenuto in quell’ultima riunione decisiva, lasciando al collega col caschetto l’onere di raccogliere i testamenti.

Aiko stava firmando il suo, seduta sulle gambe di Takeomi. In quella stanzetta non c’erano abbastanza sedie, sembravano tutti stipati in malo modo. Un’accozzaglia di agenti pronti al martirio, con una strana consapevolezza però. Dopo l’Anteiku, le missioni venivano vissute tutte in virtù di un possibile sterminio totale e tutti, nel bene o nel male, lo avevano accettato. Forse i soli che ancora faticavano a scendere a compromessi con questa realtà erano le nuove leve, come i Quinx, che se fatta eccezione per l’assalto alla casa d’aste, non avevano ancora assaggiato come si deve il sangue su un campo di battaglia.

«Cosa mi hai lasciato?» chiese Kuroiwa, spiando oltre la spalla dell’ex compagna di squadra, che gli lanciò una mezza occhiata divertita girando il capo.

«Una serie di bellissime spillette per capelli. Ti doneranno da morire.»

Takeomi ridacchiò piano, spostando gli occhi a palla sul resto delle persone lì raccolte. Ito stava parlando in un angolo, sottovoce e cospiratorio con Sasaki, mentre accanto a loro Saiko stringeva nelle manine paffutelle il suo testamento, spiegazzadone i  bordi.

«Secondo me andrà tutto bene.» disse quindi, mentre la ragazza chiudeva il foglio e lo allungava ad Hairu, che lo riponeva con tutti gli altri, rigorosamente in ordine alfabetico «Siamo due squadre molto forti, non c’è motivo di essere così scuri in viso.»

Lei si girò, senza scendere, portando le gambe di lato alla sedia e passando il braccio attorno alle spalle del collega più giovane. Lanciò uno sguardo attorno a sé, salutando divertita Urie che si era perso a guardarli male. Nemmeno a dirlo, il ragazzo le diede le spalle immediatamente. «Io la penso come te.» gli rispose quindi, inclinando di lato il capo e osservando che anche Kijima sembrava aver perso un po’ del suo entusiasmo. E dire che fino a qualche minuto prima pareva pronto a spaccare il mondo. «Non sono così ingenua però da pensare che domani notte guarderò di nuovo verso il gruppo, trovando ogni viso.»

«Abbiamo stimato che se avremo il quaranta per cento delle perdite sarà un successo.» a interromperli era stato Nimura. Si era avvicinato con un vassoio di cartone, porgendo ad entrambi un bicchiere di polistirolo pieno di caffè. Era andato a prenderlo in una caffetteria lì vicino per evitare di farli bere la brodaglia delle macchinette.

«Sei un angelo, Furuta.» gli disse Aiko, prendendo un sorso, prima di sospirare beata, «Il quaranta per cento, uhm? In effetti non sarebbe male.»

«Se possiamo abbassare al venti, sarebbe meglio.» Hairu prese il suo bicchiere, facendo un cenno a Nimura, prima di appoggiarsi con i gomiti al tavolo di fronte a loro tre. «Ad ogni modo, io devo tornare per forza.»

«Cosa ti ha promesso il classe speciale Arima?» le domandò divertito Furuta.

«Mi farà usare IXA per un mese se faccio fuori qualcuno di importante!»

Aiko fischiò bassa, ammirata «Io faccio il tifo per te.» disse indicando la ragazza con i capelli rosa, «Ma solo se me la fai provare.»

«Sei la sesta persona che me lo chiede, Masa-san

«Un attimo di silenzio, per favore.» Tutti si zittirono all’istante, non appena Ui lo chiese. Si mise di fronte alle scrivanie, con le mani dietro alla schiena, pensieroso certo, ma con gli occhi che brillavano di determinazione. «Non so che progetti avete per stasera. Alcuni di voi torneranno dalle loro famiglie, altri usciranno a cena con me e altri colleghi – e per favore moderatevi con il sakè, non vogliamo che succeda quello che è successo durante l’operazione ‘Porto Liberò.» una serie di risate si sollevò dai partecipanti di quell’azione, mentre Aiko scuoteva piano il capo, memore dei racconti di Ito. «Che stiate a casa o per le strade di Tokyo, soli o in compagnia, voglio solo una cosa da voi: rimanete sempre concentrati su ciò che c’è in ballo. Non la vostra vita, non la buona riuscita di questa singola operazione, ma il quadro totale: noi siamo gli agenti del ccg, le colombe del comando anti ghoul. Da noi dipendono tante, troppe vite. Quando domani sera ci ritroveremo qui di fronte alla sede centrale, vestiti per la guerra, avremo fra le mani la nostra arma più pericolosa: la giustizia. Ora basta, tutti fuori, non voglio vedervi fino a domani!»

Una serie di applausi si sollevò dagli agenti presenti, che si alzarono anche in piedi per ringraziare il classe speciale.

«Prima la foto!» urlò Hairu, stoppando Fura che stava già preparando la sigaretta.

Nemmeno con la forza di volontà sarebbero riusciti a scattare la foto di rito in quella stanzetta. La fecero fuori dallo stabile, sui gradini, costringendo un povero interno che stava staccando un lungo turno a scattarla per loro. Aiko si era posizionata fra Mutsuki e Saiko, con le braccia attorno alle spalle di Ito che se ne stava un gradino più in basso e la mano destra sulla spalla di Sasaki, accanto a Kuramoto. Era una foto bella, tutti sorridevano più o meno, ma sarebbe stata un bel ricordo e certamente sarebbe finita appena nello studio di Yoshitoki Washuu insieme a tutte quelle delle missioni precedenti. Dovevano solo ottenere un risultato importante.

«Ok, signori e signore.» Masa tornò verso i Quinx, che aveva lasciato per andare a mettere becco nella scelta del ristorante che avrebbero assaltato. Morivano tutti di fame. Fronteggiò la sua squadra, sfilando le mani dalle tasche dei giubotto di pelle che indossava, sventolando il pacchetto di sigarette mentre gesticolava. «Abbiamo scelto di andare al Messicano, perché Ui non c’è mai andato e la cosa è molto triste.» li mise al corrente, sfilando una sigaretta e passando poi l’intero pacchetto a Shirazu, che aveva sporto la mano, «So che il capo non viene.» disse rivolta a Sasaki, che annuì attirando su di sé lo sguardo perplesso del resto del gruppo. «Quindi io ho da offrire ben due posti auto con me, Kuroiwa e Ito. Se volete venire tutti, anche Fura può offrirci uno strappo.»

«Io passo, voglio andare a dormire presto.» le rispose subito Tooru, prima di voltarsi verso Haise. «Come mai non vai?»

Sasaki avvampò, «Devo vedere una persona, in realtà.»

«Anche io passo.» nemmeno a dirlo, era stato Urie a tirarsi indietro. «Se nessuno è disposto a tornare allo chateau, posso prendere la metropolitana.»

«Vengo con te.» a sorpresa, anche Saiko preferì non uscire per cena, «Ho un appuntamento online con un giocatore che si chiama Strawman.»

«Vuoi davvero avere a che fare con qualcuno che si fa chiamare uomo di paglia, invece di venire a sbronzarti con noi?» le chiese Masa, fingendosi offesa, prima di girare il  capo verso Shirazu.

«Io ci sono, contami pure.» le disse questi, dandole una gomitata leggera. «Non intendo perdermi Ui che cerca di non far bere i suoi sottoposti, prima di afferrare a sua volta la grappa di rosa.»

«Tequila, andiamo al messicano.» Masa alzò la mano e il caposquadra le diede il cinque, «Allora ci vediamo domani verso pranzo, persone tristi.» prima di allontanarsi, passò la mano sul braccio di Urie «Takeomi sarà molto triste…»

«Vaffanculo

Il ragazzo provò a scostarsi, ma Aiko fu più veloce. Portò una mano sulla sua nuca, avvicinandosi per stampargli un bacio rumoroso sulla guancia, prima di scattare per schivare un calcio che, se le fosse arrivato, l’avrebbe sentito bene. Prese a braccetto Shirazu, piegato in due dalle risate sin quasi alle lacrime, e si avviarono verso il gruppetto di avventori per la cena.

«Potrei abituarmi a tutto questo.» le disse.

«Io che perculo Urie?» chiese divertita.

Lui rise. «No, a quello non mi posso abituare, è troppo bello. Intendo dire a questa atmosfera.» fece una pausa, alzando le spalle. «La preparazione dei piani, il cameratismo con le altre squadre…»

Lei sorrise, appoggiando la testa alla sua spalla, mentre Ito e Takeomi facevano cenno loro di seguirli alla macchina.

«Sarà sempre così, non preoccuparti.»

 

 

Il corpo di Shirazu era ancora caldo quando il classe speciale Matsuri li raggiunse. I volti di coloro che erano sopravvissuti allo scontro con Noro erano segnati dalla disperazione e dall’incredulità per il numero dei caduti. Il poco che rimaneva del ghoul era riverso in quella che pareva un pozza nera come petrolio, che si diramava in raggi scombinati e asimmetrici laddove i tentacoli cadevano scomposti. La testa e la maschera bianca giacevano qualche metro di più là rispetto a dove, riverso, c’era anche il corpo spezzato in due di Shirazu.

Matsuri si era guardato attorno in silenzio, adocchiando prima Urie che stringeva ancora fra le braccia il corpo senza vita del capo squadra, con accanto Saiko Yonebayashi che piangeva rumorosamente, invocando il nome del caduto in una lenta litania.

Mutsuki sedeva un po’ distante, accanto a Taokemi che l’aveva aiutato a mettersi seduto e gli aveva passato un po’ di acqua, ma solo dopo aver coperto con il suo trench quel poco che era rimasto di Machibita.

In un angolo, infondo, Matsuri aveva poi scorto altri due superstiti, in disparte rispetto a quella tragica composizione. Ito respirava a fatica, rumorosamente, appoggiato ad Aiko, che lo teneva a sé, appoggiato sulle cosce. La ragazza non aveva ancora rinfoderato il kagune e fissava con occhi sgranati i tre compagni al centro del corridoio ampio, spompata di ogni energia.

Il classe speciale non diede nessun segno di essere impressionato o dispiaciuto da quanto accaduto loro. Li squadrò, domandando se qualcuno fosse ancora in grado di combattere e seguirlo sul tetto. Chiamò Kuroiwa e Urie, ma nessuno dei due sarebbe andato. Taokemi non si spostò, abbassando gli occhi sui suoi tre compagni fatti a pezzi. Urie invece stupì tutti.

Non si voltò  verso il superiore. Strinse di più a sé Shirazu, mentre le lacrime calde scivolavano silenziose sul viso sconvolto. «Non le importa nulla di tutto ciò, non è vero?» chiese con tono basso.

«Cosa?» si informò quindi Matsuri, avanzando di un paio di passi per spiare la sua espressione.

Gli occhi serpentini del ragazzo furono subito nei suoi, feriti eppure mordaci come quelli di un bestia messa all’angolo. «Ha visto cosa è successo qui. Davvero non prova nulla, classe speciale?» chiese con tono tagliente.

Matsuri non gli diede soddisfazione alcuna, non cambiando espressione, mentre rispondeva con tono ovvio. «No.»

Il gelo che venne a crearsi per quella risposta rese difficile a Masa respirare. Per un attimo, si chiese se a essersi rotte, fossero la sue costole e non quelle di Kuramoto. Istintivamente strinse la mano sulla spalla del biondo, irrigidendosi, mentre le sue code avevano un piccolo scatto, strisciando come serpenti irati. Taokeomi le lanciò un’occhiata, alzando una mano con discrezione, come per farle intendere che andava tutto bene.

Ma poi il classe speciale rincarò la dose.

«Pensavo che tu fra tutti saresti stato il più ansiosi di seguirmi nella lotta.» insinuò con un leggero grattare nella voce, come se si sentisse seriamente deluso dalla decisione di Urie di non abbandonare il fianco del suo compagno anche una volta che tutto era finito. Gli concesse qualche secondo, prima di girare sui tacchi, procedendo verso il tetto dove a detta sua si stava ancora svolgendo lo scontro. «Va bene, come ti pare, Urie Kuki. Io pensavo che tu avessi del potenziale.»

Li lasciò lì così, a boccheggiare. Masa non ebbe però modo di sentirsi colpevole, non per quello. Decise di concentrarsi sul respiro pesante di Kuramoto, passando la mano sulla sua schiena con delicati movimenti circolari, fino all’arrivo dell’unità medica che la fece allontanare per poterlo medicare.

Ci mise qualche istante di concentrazione, ma quando riuscì a ritirare il kagune, si rese conto che anche Sasaki li aveva raggiunti.

«Ogni mancanza in questo mondo è data dall’assenza di abilità.»

Haise Sasaki arrivò seguito dai mormorii degli investigatori. L’uomo che aveva respinto da solo il gufo col sekigan sul tetto del Lunar Eclipse dedicò a Urie e alla sua rabbia parole molto dure. Gli rinfacciò che a combattere al fianco di Shirazu c’era lui e che quindi avrebbe dovuto addossarsi quella colpa.

La sua assenza di abilità erano stati determinanti e Urie parve realizzarlo, perché mentre il mentore lo superava chinandosi accanto al corpo del sottoposto, lui rimase impalato lì, in mezzo al corridoio, con gli occhi sgranati.

Aiko li guardò in disparte, muovendo qualche passo verso Urie solo quando vide Sasaki aggrapparsi a Shirazu insieme a Tooru, con Saiko a tenersi alla sua camicia mentre continuava a piangere, inconsolabile. Quella scena le chiuse lo stomaco, ma non sentiva di poter biasimare Haise, così come non voleva incolpare di niente Urie.

Era stata una disgrazia, una tragedia.

Non era colpa di nessuno.

«Kuki…»

Gli si avvicinò, prendendogli il viso fra le mani dopo aver lasciato cadere a terra i guanti. Lui non si scostò sino a che non ebbe recuperato il contatto visivo con lei. A quel punto parve come destarsi. Tirò indietro il capo con un gesto secco, prendendole i polsi. Quasi con rabbia.

«Hai rotto lo schema.» fu tutto quello che disse in un sibilo. «Stavamo attaccando e tu hai rotto lo schema.»

Aiko socchiuse le labbra, cercando di ritirare le braccia, ma senza successo.

«Non puoi essere serio.» gli disse, corrugando la fronte. «Mi stai dando la colpa?»

«Se tu-»

«Kuramoto poteva morire!» Tutti, nessuno escluso, si voltarono verso di loro. Anche Sasaki, che tenne il capo basso, ma le orecchie tese ad ascoltare l’alterco. «Cosa dovevo fare!? Lasciarli scoperti!? Machibita lo stava curando e non avevano modo di-» un singhiozzo le spezzò la voce. Lui le lasciò andare una mano e lei la portò alla bocca, mentre una smorfia le storceva il volto, preannunciando il pianto. «Io non sapevo cosa fare.» insistette quindi, come se giustificarsi in quel momento fosse importante più per se stessa che per gli altri. «Io potevo non aiutarli, ma ho rotto lo schema. È vero, ho rovinato la formazione! Cosa sarebbe cambiato se non l’avessi fatto!?» gli diede un pugno al centro del petto, non forte, ma riuscì comunque a farlo tremare dalla testa ai piedi per il gesto. «Dimmelo, Urie, se lo sai allora dimmelo!»

Il ragazzo non rispose, spostando lo sguardo di lato, mentre Masa iniziava a piangere, con le mani a coprirle il volto, come se si vergognasse di se stessa. Nonostante tutto, la strinse a sé, facendola appoggiare alla sua spalla e rimanendo così, fermi in piedi. Si concesse qualche minuto, sopprimendo i singhiozzi. Quando si staccò, prendendo un fazzoletto che uno dei paramedici le stava porgendo. Poi guardò Kuramoto sulla barella.

Tornò a parlare ad Urie. «Senti, io-»

«Ci vediamo fuori.»

Si scambiarono un ultimo sguardo e Masa comprese che non c’era rancore negli occhi di Kuki. Non si stava offendendo se lei voleva accompagnare Ito, lasciandoli lì. Non ci avrebbero messo molto a portare fuori anche Shirazu.

Nel piazzale di fronte al Lunar Eclipse si stava consumando il solito caotico delirio postumo a un’operazione. Avevano perso molto uomini, molto più del quaranta per cento. Aiko non poteva esserne sicura, ma il via vai di cadaveri era molto più frequente delle barelle con i feriti. Tenne la mano a Kuramoto fino a che non lo caricarono sull’ambulanza, ma quando la invitarono a salire, declinò.

«Verrò in ospedale così in fretta che nemmeno ti accorgerai che sono mancata.» sussurrò al biondo, accarezzandogli i capelli con un sorriso pallido, prima di scendere dal velivolo, chiudendo le porte. Lo guardò sfrecciare via, sirene spiegate, avendo la sensazione che Ito avrebbe dovuto sopportare almeno un intervento chirurgico.

Cercò le sigarette nelle tasche strette dei pantaloni neri, estraendo il pacchetto stropicciato con le mani che le tremavano. Aveva dimenticato Inazami dentro, ma sapeva che qualcuno se ne sarebbe preoccupato al posto suo. Portò la sigaretta alle labbra, realizzando che non aveva l’accendino.

Prese un respiro, chiuse gli occhi e si guardò attorno. I rumori le arrivavano alle orecchie ovattati, come se si fosse improvvisamente chiusa dentro a una sfera di vetro, isolandosi dal mondo. Vide Matsuri parlare con Marude, prima di seguire con gli occhi una barella che si muoveva velocemente verso un’altra ambulanza.

La persona stesa su di essa aveva il volto così pesto da sembrare una grottesca maschera deforme, ma grazie al neo sotto all’occhio e ai guanti rossi, Aiko lo riconobbe. Era Nimura Furuta.

Controllò l’ora sul telefono, contando quanto tempo aveva ancora.

«Furuta ha perso tutta la sua squadra.» una mano apparve sotto al suo mento e le accese la sigaretta, facendola sussultare.

«Koori.»

«Kijima è morto.» Ui prese un tiro, forse anche troppo profondo, prima di passarsi il polso sulla fronte, laddove la frangetta si era incollata alla pelle. «Anche io ho perso tutti.»

«Hairu…?»

Koori scosse il capo e Aiko si attaccò alla sigaretta. «Ho saputo di Shirazu.»

«Anche l’intera squadra Ito eccetto il supervisore e Kuroiwa sono morti.» Masa si morse il labbro, sbuffando quella che sembrava una risata, prima di piantare gli occhi pieni di lacrime in quelli del classe speciale. «Decisamente non è stata la nostra serata.»

«Non lo è stata per molti. Di Shimugochi ho trovato solo la testa.»

Non avevano ottenuto la vittoria sperata. Aiko non sapeva se quanto meno l’eliminazione della famiglia fosse andata a buon fine e non lo chiese. Abbassò il capo, portando via una lacrima dalla guancia sinistra, prima di guardare di nuovo il superiore. «Koori, è vero che Haise ha respinto da solo il gufo col sekigan?»

Ui non rispose subito. Prese un ultimo tiro, lasciando poi cadere a terra il mozzicone. Poi la guardò, «Io non so spiegarti cosa potrebbe essere successo lassù.» iniziò, soppesando ogni parola «So solo che Sasaki ha impedito una tragedia ancora più grande. Se il gufo avesse avuto l’opportunità di arrivare ai piani più bassi, non credo che ora saremmo qui a parlare, Masa-chan.»

Una barella che trasportava un sacco nero passò accanto a loro e, con essa, proprio Haise. Teneva una mano sulla superficie di plastica e rimase lì accanto fino a che non fu caricata sul furgone nero del coroner insieme a un altro paio di colleghi. Aiko lasciò scivolare gli occhi fino all’asfalto, sulla targa, prima di scuotere il capo.

«Scusami, ho bisogno di un attimo.» sussurrò rivolta a Ui, che annuì, passandole una mano sulle spalle.

Aiko si allontanò dallo spiazzo, passando accanto all’autovettura dei pompieri e infilandosi nello stretto vicolo di lato al palazzo, che dava su una seconda struttura, liberata dalle unità speciali.

Passò le mani sulle guance, singhiozzando un paio di volte, prima di appoggiarsi con una spalla la muro. A quel punto controllò l’ora e notò che era giusto in tempo.

Poteva concludere quella serata, liberarsi di un peso, che però ne avrebbe portati molti altri.

Dalla tasca interna del giubbotto di protezione prese una bustina trasparente, contenente una sim card. La sostituì alla sua nel telefono, lanciando uno sguardo oltre le spalle, verso la fine del vicolo. Poi, senza esitazione, selezionò un numero non registrato nella rubrica dall’elenco della chiamate in entrata.

L’apparecchio squillò tre volte, prima che una voce bassa si decidesse ad accettare la chiamata.

Aiko rimase in silenzio due secondi, poi strinse gli occhi.

Doveva farlo.

«Lǎoshī…»

-Méi méi.-

La voce del ghoul la fece sentire insieme più tranquilla, ma anche più preoccupata, destabilizzandola. Lanciò un altro sguardo alla strada alle sue spalle, chiudendosi poi in sé, incurvata in avanti e con le orecchie ben tese.

«Il mio dono per te.» sussurrò con tono basso, eppure stranamente deciso dato il suo interlocutore. «C’è un furgone nero del coroner che si sta dirigendo verso il laboratorio centrale del ccg proprio in questo momento. La sua targa è A-46 44. Dentro di esso c’è il corpo di uno dei Quinx.»

-Questo dono è per me, per te o per Kanou?-

Masa si morse il labbro. « Per te, Lǎoshī . Ma anche per te, così che quel medico folle possa smettere di mettermi le mani addosso.»

Sicuramente compiaciuto dal tono rabbuiato della giovane donna, Tatara decise di accettare. Non glielo disse, naturalmente. Non la gratificò.

-Come sempre sarò io a farmi sentire.-

«Eto?» chiese Masa, preoccupata di vedere la chiamata terminare tropo presto. «Lei-»

-Preoccupati per te stessa e attendi istruzioni. Ora vai.-

Il telefono prese a suonare a vuoto e l’agente non perse tempo. Si sedette su un gradino, tornando a sostituire le schede e nascondendo accuratamente quella incriminante. Poi rimase lì a pensare alle conseguenze delle sue azioni.

Avrebbe preferito continuare a vendere se stessa piuttosto che permettere a Kanou di mettere le mani su Shirazu, ma a che prezzo? Aveva in fretta imparato che non ha senso cercare di proteggere i morti, perché a farne le spese sono i vivi.

Quella compensazione avrebbe dovuto tenere buono Tatare per almeno un paio di settimane, magari dargli un po’ di buon umore. Così l’avrebbe lasciata in pace e non ne avrebbero pagato le conseguenze le persone attorno a lei.

Non come era successo a Shin.

Tirò le ginocchia al petto, appoggiandovi la fronte, decisa a rimanere così per qualche tempo. Almeno fino a che non la fossero andata a cercare.

Hirako però rovinò tutto.

Arrivò così silenzioso che lei non si accorse di nulla fino a che non le appoggiò il cappotto argentato sulle spalle, facendola sobbalzare. Alzò repentina il capo verso di lui, guardandolo stupita.

«Cosa ci fai qui?» fu la sola cosa che riuscì a dirgli, mentre lui la scrutava in silenzio.

Quando si decise a parlare, sembrava normale, tanto che lei ritrovò un po’ di colore sul viso constatando che no, non doveva aver sentito niente. Poi, a meno che non fosse diventato madre lingua di cinese, difficilmente avrebbe potuto comprendere cosa aveva detto al signor Tatara.

«Sono corso quando ho saputo cosa è successo.» le rispose con ovvietà, quasi come se trovasse superfluo ricordarle che coloro che erano morti, un tempo, erano suoi uomini. «Andiamo ora, vieni con me.»

Aiko si alzò in piedi, stringendo con le mani quella giacca larga, mentre lo seguiva fuori dal vicolo, senza la forza di opporsi. «Vorrei poterti dire  che se tu fossi stato qui sarebbe finita diversamente.» gli disse, facendolo fermare «Però so che non è così. È stato un massacro, non ho mai visto niente di simile.»

«Lo so.»

Take le appoggiò una mano sui capelli schiacciati, prima di riabbassarla, riprendendo a camminare.

«Ora andiamo. Quando Kuramoto si sveglierà dall’anestesia, vorrà averti lì con lui.»

Lei annuì, riprendendo a seguirlo. Non vedeva i Quinx da nessuna parte, ma difficilmente si sarebbero dimenticati di lei. Decise che avrebbe scritto un messaggio in macchina, con un solito appoggio sotto al sedere e la stabilità.

Si sentiva schiacciata, come appena uscita da una lavatrice.

«Mi sento in colpa.» sussurrò affrettando il passo per camminare accanto all’ex capo.

Lui le lanciò un’occhiata di sfuggita, prima di aprirle la portiera, «Non devi, non hai fatto niente di male.»

Aveva venduto ad Aogiri i piani dell’operazione, così come di molte altre.

Aveva detto loro come potersi impossessare del corpo di un Quinx.

Aveva protetto Kuramoto rompendo lo schema.

Era una bugiarda.

Poco importava per lei se era costretta a fare tutto ciò. Le era stata stravolta la vita, le avevano detto che poteva diventare grande o poteva guardare il suo mondo andare in pezzi. Alla fine, però, aveva preferito vivere piuttosto che uccidersi e farla finita con i trucchi e i mezzucci.

Era una debole.

«Grazie, Take.»

Ma come ogni altra volta, fece finta di nulla e nascose tutto dietro a un malinconico sorriso.

 

Continua

  
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