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Autore: cin75    28/03/2017    3 recensioni
Dalla storia:
“Oddio…oddio che ho fatto…..che ti ho fatto…Mio Dio!…Mio Dio!!…perdonami…Jensen….Jensen ti prego…..perdonami, amore mio!!” fece cercando di accarezzarlo o solo sfiorarlo.
Ma Jensen si scostò con un gesto intimorito, quasi come se avesse timore che ciò che era accaduto potesse ripetersi.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Per chiamare Jensen!” fece Misha con aria innocente e sorridendo soddisfatto quando vide l’espressione di sorpresa, felicità e commozione che si palesò nell’istante in cui aveva nominato Jensen.

“Cosa?...Io?....Lui?? Io…davvero…posso??”

“Ok! Ma se gli parli così non credo che lui capirà molto di quello che gli dirai.” e poi volendo scherzare , ma più che altro per riportare ad una sorta di calma il giovane paziente… “O magari possiamo rimandare e chiamarlo in un'altra occasione!”

“Noooo!!!” esclamò terrorizzato alla sola idea di dover aspettare ancora. Non poteva ancora vedere Jensen, ma già l’idea di risentire la sua voce…..non aveva prezzo!!!

“Era quello che pensavo!” sogghignò Misha. “Puoi chiamarlo da qui. Fa’ lo zero, comunica il numero e l’addetto al centralino inoltrerà la chiamata. Io devo vedere un nuovo arrivato. Fa’ con comodo ma….” disse serio, guardandolo dritto negli occhi. “…non saltare l’incontro con Morgan, intesi?!”

“Sarò il primo ad arrivare e l’ultimo ad uscire. Lo giuro!” disse mettendosi la mano sul cuore. “Eh….Misha?!”

“Sì?”

“Grazie. Davvero, grazie!” fece sinceramente portandosi la mano sul cuore e questa volta senza ironia.

“Te lo sei meritato.” ricambiò convinto il medico.


 

Quando Misha si chiuse la porta alle spalle per dare a Jared la sua giusta privacy, Jared guardò per infiniti momenti l’apparecchio telefonico.

Sembrava come se fosse il primo con cui aveva a che fare.

Le sue mani tremarono quando prese la cornetta ma si costrinse a respirare di nuovo piano e poi si apprestò a premere lo zero, come gli aveva detto Misha.

Era mercoledì. Erano le dieci e mezzo di un mercoledì.

Jensen di certo era in ufficio. Quindi era quello il numero che doveva comunicare. Sarebbe stato inutile chiamarlo a casa.

Così fece. Il numero richiesto dall’altra parte squillò.


 

Jensen era in riunione.

Era mercoledì. Erano le dieci e mezza di un mercoledì.

E Jensen doveva presiedere all’ennesima riunione del suo ufficio commerciale.

Era stato difficile riprendere la sua vita senza Jared. Dopo quello che era successo con Jared. Dare risposte sull’assenza del compagno. Giustificarsi della sua assenza dal suo reparto con chiunque lo incontrasse.

Motivi di famiglia!” era la giustificazione più gettonata e anche la più plausibile visto che i genitori e tutta la famiglia di Jared vivevano in Texas.

La casa era vuota. Terribilmente silenziosa. Paurosamente enorme. Non c’era Jared a riempirla con la sua esuberante presenza. Non c’era Jared a riempirla con la sua risata cristallina o a metterla sottosopra con il suo esasperante disordine.

Jensen si rese conto che perfino l’ordine, il suo stesso ordine, gli dava fastidio. Quell’ordine che tante volte voleva imporre a Jared, ora era il suo più acerrimo nemico.

E quella risposta che gli dava ogni volta il giovane compagno…”Jensen, l’ordine è sintomo di una mente vuota!”…beh!! ora non lo faceva andare più in bestia , ma gli provocava solo un enorme senso di malinconia e di assenza.

Molte sere, nonostante si sforzasse di non farlo, si ritrovava a piangere sommessamente con il viso nascosto tra le mani. Il più delle volte dormiva sul divano e la prima volta che ritornò nella camera da letto, istintivamente, si lasciava rotolare dalla parte di Jared, a nascondere il volto nel suo cuscino che sapeva ancora di lui.

Le notti erano lunghe, vuote, silenziose e buie. Dannatamente buie.

Di giorno cercava di lavorare il più possibile, così da stare poco tempo a casa. Cercava di tenere la mente impegnata con progetti, riunioni e qualunque cosa gli servisse per non pensare alla sua vita privata.

Perfino Ty, il suo migliore amico, o Felicia, quella che era per Jensen come una sorella, non riuscivano a capire cosa fosse successo.

Sì!, avevano, da amici, accettato la scusa “Problemi nella famiglia di Jared!”, ma ciò di cui non erano convinti era lo stato d’animo di Jensen.


 

Era perso in quei pensieri, quando il telefono sul grande tavolo della sala riunioni squillò.

“Scusate!” fece Jensen, alzando la cornetta.

Mi dispiace interrompere la riunione, Jensen…” fece la voce di Dany dall’altro capo del telefono.

“Tranquilla, Dany. Che succede?!”

Ho in linea…..non lo so…il centro Crossroad Rehab…

“Cosa??” esclamò Jensen, scattando in piedi e attirando su di lui, l’attenzione degli quattro che erano seduti al tavolo.

Dicono che c’è qualcuno che vuole parlare con te e chiedono se accetti la chiamata.” fece un tantino intimidita da come la voce del suo capo aveva squillato nel telefono.

Jensen deglutì riprendendo il controllo. Lo stomaco prese a contrarsi velocemente. In quel momento avrebbe voluto solo sparire ed essere da solo con quel telefono e con la persona che c’era dall’altro lato. Ma doveva mantenere un certo contegno.

“Sì…sì. Accetto la chiamata!” fece mostrando comunque un certo affanno nella risposta. Poi mise una mano sul microfono e con aria mortificata chiese ai suoi collaboratori di lasciarlo solo. Che era una telefonata di famiglia molto importante e che non poteva rimandare.

Naturalmente non ci fu nessuna replica a riguardo e tutti uscirono ordinatamente.


 

Jensen tenendo la cornetta cordless stretta tra le mani, seguì il gruppo che usciva e poi chiuse la porta a chiave. Non voleva che nessuno lo interrompesse.

E poi la sentì. Sentì quella voce che dal telefono lo richiamava incerto.

“Jensen..Jensen, ci sei?” chiamava Jared dal telefono.

“Jared?”

"Ciao, Jensen!” e quella voce suonò di nuovo amabile come la ricordava.

“Ciao…piccolo!” quel saluto venne fuori prima dal cuore e poi dalla bocca di Jensen e non poteva sapere che Jared, nello studio di Misha, aveva appoggiato la testa alla scrivania con un gesto esasperato e infinitamente riconoscente di poter sentire quell’appellativo dolcissimo di nuovo rivolto a lui dalla voce dolce di Jensen.

“Non sai da quanto tempo aspettavo di poterti risentire!”

“ Anche per me è lo stesso, credimi. Come…come stai, Jared?!”

“Misha dice che vado alla grande. Per questo mi ha permesso di telefonarti. È una sorta di premio, credo!!” disse orgoglioso il giovane.

“Magnifico e tu….tu ti senti meglio?!”

“Se intendi chiedermi se ho ancora bisogno di prendere delle droghe. No, Jensen. Non ne sento più il bisogno ormai!” lo rassicurò.

“Jared..io non…” e Jensen si sentì forse in imbarazzo. Erano mesi che non si sentivano e quella era stata l’unica cosa a cui, realmente , aveva pensato di chiedergli.

“Tranquillo. Ammettere la mia colpa è stato il primo passo verso la guarigione. Sarebbe da ipocriti non dire le cose come stanno e ammettere il motivo per cui sono qui, Jensen. Quindi , tranquillo.” e Jared sembrava davvero sereno mentre rassicurava Jensen.

“Ok!...Ok!!”

“ Ma dimmi di te. Stai….bene?” e lo chiese ancora sinceramente in colpa per quello che gli aveva fatto quella tremenda notte.

“Sì, Jared. Sto bene. E mi sei mancato. Mi sei mancato tanto e vorrei tanto poterti rivedere, poter parlare di tutto e di noi…non per telefono ma….”

“Lo vorrei anche io, credimi. Non sai quanto vorrei rivederti, amore mio!” e a quell’esclamazione, Jared , potè chiaramente sentire un ansito emozionato provenire dall’altro capo del telefono. “Jensen…”

“Ti amo, Jared. Ti prego…credimi. Ti amo e non ho mai smesso.”

Jensen non riuscì ad evitarlo.

Sapeva che Jared aveva sbagliato. Aveva commesso qualcosa di terribile, ma sapeva che una cosa del genere non sarebbe mai più accaduta e lui , nonostante quell’errore, non era mai riuscito a smettere di amarlo. Lo amava, lo amava infinitamente e se non fosse stato così, quella mattina lo avrebbe portato alla polizia invece che in un centro di riabilitazione.

“Oddio, quanto vorrei vederti, amore mio!! Parlarti , vedere di nuovo il tuo bellissimo viso, i tuoi occhi magnifici. Quanto vorrei stringere di nuovo le tue mani tra le mie. Abbracciarti e stringerti a me.” fu la riposta sospirata a quella dichiarazione sognata ogni notte, tra speranza di sentirla ancora e paura di non poterla più sentire.

“Anche io, Jared. Anche io. E vedrai che prima poi, potremo farlo. Potremo rivederci. Tu, nel frattempo, continua così. Continua ad impegnarti a stare meglio che puoi e vedrai che riavremo quello che stavamo per perdere.” lo incoraggiò Jensen, fiducioso che Jared non lo avrebbe deluso.

“A causa mia!” convenne il giovane.

“No, non dirlo. Basta. Non dirlo più. Ciò che è stato è stato. Dobbiamo pensare che possiamo superarlo.”

“Jensen , ma quello che ti ho fatto. So che qui sto guarendo , ma so anche che fin quando non potrò chiederti perdono di persona, non sarò mai guarito del tutto.” fece memore di tutti gli incontri fatti nella struttura.

“Jared , tu lo hai il mio perdono!” gli disse dolcemente ma deciso Jensen. “O non sarei al telefono con te!”

“Mi manchi…mio Dio…mi manchi così tanto!!” e questa volta fu Jensen a dover appoggiare la testa che sentiva pesante.

Poi , riprese il controllo. Si passò una mano sul viso e…

“Parlami di te. Di Misha. Di quel buffo infermiere…Rich?”

E Jared capì e l’assecondò.

“Sì…Rich. Lui…lui è uno spasso. Se ne va in giro sempre con qualche caramella infilata nelle tasche. È capace di sfilarti un sorriso anche mentre tu avresti solo bisogno di piangere e gridare!” e da quelle parole Jensen capì che Jared parlava per esperienza e questo gli fece male, anche se sapeva che quel piangere e gridare faceva parte del poter guarire.

“E il dottore? Misha?” si informò ancora, curioso.

“Lui è un tipo in gamba. Non mi ha mai lasciato solo. Nemmeno quando ero in astinenza ed ero decisamente intrattabile e insopportabile. Credo di dovergli molto. Anzi, so di dovergli molto.”

“Credimi, gli dobbiamo molto entrambi.” convenne Jensen. “E tu? Parlami di te? So che deve essere stata dura, ma parlamene, ti prego.”

Jared sospirò pesantemente. “I primi giorni sembrava facile. Niente di impegnativo. Poi la mancanza della droga ha iniziato a far sentire i suoi effetti e allora sono cominciati i dolori, il freddo, i tremori. Un classico, insomma.”

“Sei stato male?!”

“Sì, ma era tutto sotto controllo. Come ti ho detto, Misha non mi lasciava mai. Poi ho iniziato con le sedute, la terapia singola e quella di gruppo e lentamente, tutto ha cominciato a riprendere il posto giusto dentro di me. La mia vita, le mie priorità, le mie convinzioni.”

“Magnifico!” ne fu sinceramente felice Jensen.

“E soprattutto….tu!”

“Jared..” rispose emozionato.

“Eri il punto fermo, Jensen. Eri il fulcro su cui sapevo poter far conto per restare in equilibrio. Eri il pensiero fisso che mi permetteva di rimettere i piedi a terra la mattina e quello che mi consentiva di dormire la notte.”

“E’ la tua forza che ti ha fatto guarire, Jared. Non io!” gli fece presente Jensen anche se si sentiva molto emozionato e colpito dalle parole di Jared.


 

Quello era il suo Jared. Il ragazzo che era capace di emozionarlo con delle semplici parole. Quello era il suo Jared.


 

“E’ stata la promessa che ti ho fatto e che tu mi ha chiesto di mantenere che mi ha fatto guarire.”

“Ma…”

“.. “Torna da me”…è questo quello che mi hai chiesto Jensen, prima di lasciarmi qui.” gli ricordò Jared.

“Sì, è vero.”

“E credimi, ogni passo in avanti che ho fatto qui dentro è stato un passo verso di te. Sto ancora camminando!” disse sorridendo.

“Continua a farlo, allora. Tu continua a camminare verso di me, perché io sono qui e ti sto aspettando!” lo incoraggiò, commosso dalla forza che stava dimostrando Jared.

“Tornerò da te, Jensen. Tornerò da te!” e mentre i due si scambiavano quella solenne promessa un infermiera si affacciò allo studio di Misha.

“Jared? Il dott. Morgan ha anticipato la seduta. Ti stanno aspettando!”

“Sì…sì…arrivo!” fece cordiale. “Jensen?”

“Sì, ho sentito. Vai, tranquillo.” lo congedò gentilmente Jensen.

“Non so quando potrò chiamarti di nuovo!” sembrò già scusarsi.

“Mi farò bastare questa chiamata fino alla prossima. Vedrai che Misha te lo permetterà di nuovo!”disse speranzoso.

“Lo spero. Lo spero tanto. Ciao, Jensen!”

“Ciao, Jared.”

“Jensen?!”

“Sì?”

“Io ti amo!”

“Anche io. Anche io!!” e poi sentì la comunicazione chiudersi.

   
 
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