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Autore: ClaireOwen    28/03/2017    4 recensioni
[Bellarke - Modern.AU]
“Mi dispiace.”
Sussurra timidamente.
E sa che dovrebbe porgere le sue scuse ad ognuno di loro ma vuole essere sicura che sia proprio lui ad udirle per primo.
Ad ogni modo se c'è una cosa che Bellamy Blake sa fare è stupire e stavolta lo fa riservandole un sorriso docile, spiazzante; china leggermente il capo, prega che nessuno si sia reso conto di quella sua impercettibile reazione perché di certo non è riconosciuto dagli altri come una di quelle persone affabili e gioiose, effettivamente non è dispensando sorrisi che il maggiore dei fratelli Blake si è guadagnato il rispetto da quel branco di scapestrati.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Octavia Blake, Raven Reyes, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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La prima volta che Bellamy Blake sente qualcosa nello stomaco che gli dona al contempo un senso di nausea e d’inspiegabile euforia ha diciassette anni ed ha ancora qualche brufolo sul viso già marcato da numerose efelidi.
E’ un pomeriggio di tardo Settembre, fa caldo ed insieme ad un gruppo copioso di ragazzini se ne sta con le gambe a penzoloni lungo un muretto di periferia.
Ci sono proprio tutti da Jasper a Miller, da John a Raven. C’è anche O’, sua sorella minore che ha insistito per trascinare con lei la fantomatica Clarke Griffin, una quindicenne dal viso fiero e dai lunghi capelli color grano.
 

“E’ stata appena mollata dal ragazzo.”
Bell alza le spalle di fronte a quell’affermazione che non lo tange minimamente anzi… Se la presunta migliore amica di Octavia, che tante volte ha distrattamente osservato gironzolare per casa, ha una relazione o aveva insomma… Questo vuol dire che anche sua sorella potrebbe…
Non riesce a formulare il pensiero nella mente, rabbrividisce anzi e scuote la testa, dunque preferisce convincersi del fatto che la cosa non lo interessi e basta, è molto più semplice così.
“Fai come ti pare.”
Borbotta in tono distaccato quasi freddo.
O’ gli lancia un’occhiata truce, non ama il modo in cui suo fratello sfoggi quell’aria così sicura di sé anche con lei, non ne vede il bisogno.
Ma si accontenta del resto ha appena ottenuto ciò che voleva; lo aveva promesso a Clarke che per distrarsi avrebbero passato il pomeriggio in compagnia dei più ‘grandi’.
 

Ma quel pomeriggio non appare agli occhi dei giovani poi così interessante o anche solo diverso dai soliti.
Qualcuno fuma una sigaretta di troppo, Bellamy si accorge di aver quasi terminato il pacchetto e nonostante Miller gliene abbia chiesta più di una sente un leggero senso di colpa farsi largo in lui.
Murphy gioca con i capelli di Raven, si diverte a darle fastidio, sta intrecciando varie ciocche tra loro e ridacchia osservando le espressioni buffe ed indispettite che la ragazza gli riserva eppure non fa nulla per fermarlo.
Qualcuno commenta le prime giornate scolastiche, Octavia si unisce al discorso con disinvoltura, non si sente più una bimba ora che finalmente è al secondo anno.
Clarke in un silenzio imbarazzato posa i suoi occhi su ognuno di loro, osserva attenta i loro lineamenti ancora grezzi, poco definiti, ancora così vicini alla pubertà nonostante tutto.
Si chiede come sarà lei tra un paio d’anni quando come Raven, Bellamy e gli altri dovrà diplomarsi, si domanda se sentirà ancora quella fitta al cuore che ora le sembra inguaribile, se si riprenderà dalla prima delusione, se qualcuno sarà disposto non ad amarla ma a volerle bene almeno e si stupisce perché lo sa, non sono pensieri che una comune quindicenne dovrebbe fare.
 
“Sto per addormentarmi.” Murphy sfoggia un tono saccente ed esasperato quel tanto che basta per guadagnarsi l’attenzione di tutti su di lui.
“Quanti soldi avete?” Lo chiede così, schietto senza porsi tanti problemi.
Alcuni frugano nelle tasche, tirano fuori pochi spicci, senza fare domande, si fidano ciecamente delle idee del biondino per tentare di tirar su quel pomeriggio di sudore e chiacchiere banali.
Bellamy però lo guarda torvo, l’amico sa che in condizioni normali non lo farebbe ma la presenza di Octavia lo rende più responsabile di quanto ci si potrebbe aspettare da un qualunque diciassettenne.
“Rilassati amico, voglio solo comprare un paio di birre, si muore dal caldo dopo tutto!”
L’altro s’irrigidisce, serra la mascella ma non dice nulla anzi annuisce, è un gesto impercettibile il suo ma John sa individuarlo, in fondo lo conosce meglio di chiunque altro.
Ha ceduto ed ora che ha il permesso del maggiore dei Blake, il giovane Murphy si sente più leggero.
“Come pensi di poterle comprare? Non hai mica ventun anni.”
E’ la piccola Griffin a scaldarsi, il suo tono non è a dirla tutta così inquisitorio, curioso piuttosto e forse un pelino esaltato.
“Ho le mie conoscenze principessa.
E la ragazza lo fulmina con lo sguardo. Non ama gli epiteti o gli stupidi nomignoli men che meno quello che gli ha affibbiato il fratello della sua migliore amica quando l’inverno scorso si è rifiutata di mangiare quel piatto di minestrone bollente a casa Blake.
Ma poi con superiorità si fruga nella tasca dei pantaloncini e tira fuori tre dollari porgendoli al biondo che le riserva un sorriso soddisfatto e un occhiolino scintillante.
Octavia guarda con sospetto prima l’amica poi quel ragazzo che è da sempre nei suoi ricordi e si lascia sfuggire un’espressione piuttosto confusa ma resta ferma, in silenzio e spera ardentemente che suo fratello non bolli la fin troppo giovane amica come una cattiva compagnia.
 
Clarke beve la sua prima birra quando l’estate volge al termine e si sforza per non rimanerne disgustata, se l’era immaginato diverso il sapore e invece le lascia un retrogusto fin troppo amaro sulla lingua.
Non sa perché lo sta facendo o forse sì, deve aver sentito da qualche parte che aiuta a dimenticare ed in un certo senso si convince che stia funzionando, del resto è troppo occupata a trattenersi dal riservare ad ogni sorso un’espressione affatto soddisfatta.
Octavia le da una gomitata su di un fianco, la bionda si gira ed i suoi occhi sono limpidi, loquaci: le chiedono esplicitamente ‘Cosa c’è che non va?’ dopo tutto la minore dei Blake non sembra a suo agio così le afferra la mano e la trascina poco lontano, si assicura che gli altri non possano ascoltare ciò che ha da dire all’amica.
E deve essere il caldo, il movimento improvviso ma Clarke sente il suolo mancarle sotto i piedi e la testa le gira quel tanto che basta per non farle comprendere a pieno la ramanzina che Octavia le sta riservando.
C’entra qualcosa suo fratello, il fatto che le vede come delle ragazzine da proteggere e che non vuole che si faccia un’idea sbagliata su di loro, anzi su di lei, sulla sua migliore amica.
“Su di me? Cosa diavolo vuoi che me ne importi di quello che tuo fratello pensa di me?”
Non fa in tempo a pensarla che la frase affiora sulle labbra della giovane Griffin, O’ strabuzza appena gli occhi e capisce che forse non è il momento adatto.
Le avrebbe detto ‘è a me che importa, idiota’ ma si morde la lingua.
Sa perfettamente che Clarke non è il tipo di persona che si lascia sfuggire commenti simili, sa che è una ragazzina con la testa a posto, pacata, persino troppo a volte ma soprattutto capisce che non è lei a parlare, è quella birra che non ha mai bevuto prima d’ora, è tutta quell’assurda situazione che riguarda quel tipo più grande che l’ha mollata, tale Finn e forse alla fine è un po’ colpa anche di quel caldo asfissiante.
Allora sbuffa appena, più a se stessa che all’amica la prende nuovamente per mano, la riporta indietro e l’altra si lascia condurre nuovamente senza lamentarsi ulteriormente.
 
Le bottiglie di vetro verde adesso sono vuote, se ne stanno su quel muretto al loro fianco, non c’è mai nulla da fare in quel dannato quartiere e quei ragazzi sembrano nati e cresciuti al bordo di quel muro sopra il quale sono incisi nomi, date importanti, dediche, alcune scritte ormai sbiadite, altre nuove di zecca: raccontano la loro storia, quel luogo gli appartiene, è di ognuno di loro, conosce tutto: ogni lacrima, litigio, amore è lì ed è lì che resterà, sempre.
 
Ma ecco che Jasper si difende da una battutina che lo ha fatto agitare, opera di Murphy chiaramente…  quindi si muove maldestramente mentre il compagno cerca di dargli un buffetto sul capo, urta una delle bottiglie vuote che in poco tempo è a terra in mille pezzi.
I piccoli frammenti verdognoli brillano, riflettono quei raggi ancora maledettamente caldi del sole estivo che se ne sta alto nel cielo, imperterrito.
Basta questo a cambiare le dinamiche delle loro conversazioni, qualcuno ridacchia, qualcun altro se la prende con John, Octavia deve aver detto qualcosa in difesa del gracile Jordan mentre l’unica a starsene in silenzio ancora una volta è Clarke.
Non riesce a distogliere il suo sguardo rapito dal vetro in frantumi che adesso riposa sull’asfalto sudicio adornandolo di un colore, di una luce nuovi.
E deve scattar qualcosa nella sua testa, leggermente annebbiata, lontana dal gruppo di ragazzi che anima quel vicolo cieco, che lascia troppo spazio a pensieri poco lucidi perché la più giovane della comitiva senza rifletterci davvero impugna il collo della bottiglia vuota al suo fianco e servendosi di quella leggerezza che solo una neoquindicenne può sfoggiare con tale disinvoltura, scaglia l’oggetto lontano, contro l’asfalto, con la giusta dose di rabbia e forse con un po’ troppa forza.
Basta questo a far voltare tutti di scatto, ad ammutolirli come pesci.
Clarke non sembra rendersi conto di quanto ha appena fatto, rimane immobile a fissare la seconda bottiglia rotta che stavolta, data l’enfasi con cui è stata gettata a terra, ha provocato un gran bel frastuono.
Accadono infatti due cose in contemporanea:
La prima è che mentre gli altri cercano di ricostruire la scena tentando di trovarvi un senso logico, Bellamy si scaglia contro la biondina.
E lo fa quasi con ferocia: ha sempre visto quel gruppo di delinquentelli come la sua unica famiglia, li ha sempre protetti, li ha messi in riga quando ce n’era bisogno, gli ha insegnato a non lasciarsi sprofondare nella periferia di Washington DC, dove si è troppo lontani dal centro per contare qualcosa.
Non lascerà dunque che una ragazzina, mandi a puttane il gran lavoro che ha fatto per permettere a quel gruppo di squinternati di salvarsi e sostenersi a vicenda.
“Si può sapere cosa ti salta in mente idiota?”
Urla quasi mentre salta giù dal muretto e con poche falcate colma lo spazio che lo divide dalla piccola donna, sta per stringere il colletto della sua camicetta di garza quando la seconda vicenda, che sembra proprio voler confermare i timori del  fin troppo responsabile Blake, cattura l’attenzione di tutto il gruppo: d’un tratto una donna piuttosto anziana si affaccia da una finestra mal messa minacciandoli
“Brutti delinquenti che non siete altro, sono anni che sopporto in silenzio ma non si possono passare tutti i pomeriggi e le sere accompagnati dai vostri indomabili schiamazzi. Se non ci pensano i vostri genitori a raddrizzarvi, ci penserà la polizia.”
La donna digita tre numeri sul cordless che tiene in mano e la giovane compagnia, impiega qualche frammento di secondo prima di comprendere a pieno ciò che sta per succedere.
 
Corrono, sono disordinati, rapidi ed i loro respiri affannati, irregolari riempiono le scoscese stradine del quartiere. I loro vestiti colorati e zuppi di sudore sfrecciano lungo le vie, si fanno largo tra i passanti un po’ sorpresi che non hanno il tempo di realizzare o di chiedersi per quale motivo quel branco scalmanato di adolescenti stia improvvisando quella corsa a perdifiato.
In lontananza si può udire una svogliata sirena ma in pochi oltre i diretti interessati, possono immaginare che sia riservata proprio a loro.
Ognuno conserva il fiato, lo hanno fatto dal primo istante, non è la prima volta dopotutto che si ritrovano in una situazione simile.
 
La loro fuga disperata e adrenalinica termina nell’unico luogo sicuro, lontano dal sobborgo: un parco dimenticato da Dio dove la vegetazione rigogliosa nonostante l’estremo clima estivo li ha protetti in mille situazioni.
Capitolano a terra stravolti, ognuno di loro si abbandona sul prato, all’ombra dei platani ed un silenzio irreale accompagna gli ultimi movimenti affannati, hanno seminato quella fantomatica volante della polizia, non ci sono echi di sirene, sono salvi.
Ancora nessuno parla, sono tutti troppo occupati a riprendere il respiro, a riappropriarsi del controllo dei loro corpi giovani e scattanti.
 
Bellamy Blake giace a terra con gli occhi chiusi, un miscuglio di strane sensazioni gli attanaglia lo stomaco, cerca d’inspirare profondamente e l’odore di erba fresca si fa largo nei suoi polmoni.
Sente il prato solleticargli le braccia lasciate scoperte dalla t-shirt blu che indossa e, a prescindere dalla sua volontà, un sorrisetto appagato si fa largo sulle sue labbra.
Si permette di aprire gli occhi allora, ci mette un minuto scarso ad abituarsi alla luce ancora forte e si guarda intorno attento, vuole assicurarsi che ci siano tutti, che il gruppo sia rimasto compatto, unito fino alla fine.
Il suo sguardo però viene catturato da un corpo giovane e aitante che si trova proprio accanto a lui: quello di Clarke.
Prova quindi istintivamente a distaccarsi da quella visione ma ottiene scarsissimi risultati, il petto della ragazza ondeggia spasmodicamente su e giù, segue il ritmo del suo respiro l’unica nenia che giunge alle orecchie del maggiore dei Blake.
I suoi capelli dorati scintillano disordinati si incastrano perfettamente tra i fili d'erba rigogliosi donandogli una nuova luce. La sua pelle è candida nonostante la stagione ed è brillante come neve al sole, le guance leggermente arrossate dallo sforzo e gli occhi azzurri appena spalancati gli appaiono come il cielo aperto, limpido che segue un acquazzone primaverile.
Bellamy si perde nella contemplazione di quel viso inerme, immaturo ma perfetto al tempo stesso, contro la sua volontà, senza riuscire a spiegarsi cosa stia accadendo di preciso: la matassa che sentiva nello stomaco pochi minuti prima si sta sciogliendo velocemente, la nausea lascia spazio ad un senso di eccitazione euforica mai provata prima.

“Tutto bene?”
Una voce in lontananza ha appena interrotto quello strano silenzio intervallato solo dallo stridere di alcune cicale, non sa dire a chi appartenga.
E così le prime risposte giungono e sono monosillabiche ma comunque pregne di una serenità infantile.
E’ in quel momento che la giovane Griffin sembra riprender coscienza e lo fa inondando l’aria con una risata spontanea, cristallina che in pochi secondi contagia quasi tutta la compagnia.
Non Bellamy che decide allora di sbirciare attorno a lui, sono ancora tutti sdraiati tranne Murphy che si è appena tirato su a sedere e grida enfatico:
“Era proprio quello che ci voleva!”
Jasper gli lancia un’occhiata dubbiosa mentre Harper, Raven e Octavia si uniscono alle risate che già da un po’ risuonano nel piccolo parco.
Miller meticoloso si sta pulendo la maglietta dalle tracce d’erba che l’hanno irrimediabilmente sporcata.

E’ esattamente come dovrebbe essere, va tutto bene e il maggiore dei Blake tira un sospiro di sollievo, poi si volta alla sua sinistra, attirato da quella risata adrenalinica e acuta che è riuscita a risvegliare ognuno di loro.
Ed è in quell’istante che Clarke Griffin percepisce uno sguardo estraneo su di sé che la costringe a voltarsi nella sua direzione, incrocia velocemente gli occhi scuri, profondi del fratello della sua più cara amica ed ecco che il respiro le si ferma in gola, non ride più adesso e sente il petto esploderle, non è il fiato corto stavolta però.
Sono occhi eloquenti quelli che si posano insistentemente sul suo profilo, la stanno rimproverando silenziosamente, la giudicano anche se…
Non sa dirlo con precisione eppure in quello sguardo attento c’è altro ma pur sforzandosi è sicura che non riuscirebbe a trovare le parole adatte a descrivere ciò che le iridi scure di Bellamy celano.
Si morde il labbro inferiore mortificata, sa che adesso dovrebbe girarsi, dirigere i suoi occhi chiari altrove, in qualsiasi altro punto ma le appare impossibile.
La pelle olivastra del ragazzo è imperlata dal sudore, il suo viso ancora contratto è serio ma incredibilmente dolce, deve essere per via delle innumerevoli lentiggini che sono posate sul naso e sulle gote asciutte.
“Mi dispiace.”
Sussurra timidamente.
E sa che dovrebbe porgere le sue scuse ad ognuno di loro ma vuole essere sicura che sia proprio lui ad udirle per primo.
Ad ogni modo se c'è una cosa che Bellamy Blake sa fare è stupire e stavolta lo fa riservandole un sorriso docile, spiazzante; china leggermente il capo, prega che nessuno si sia reso conto di quella sua impercettibile reazione perché di certo non è riconosciuto dagli altri come una di quelle persone affabili e gioiose, effettivamente non è dispensando sorrisi che il maggiore dei fratelli Blake si è guadagnato il rispetto da quel branco di scapestrati.
Tuttavia in quel momento Clarke Griffin pensa solo che se Finn Collins le avesse mai rivolto un gesto simile, così luminoso e disarmante per la sua sincerità genuina forse sarebbe stata in grado di perdonarlo all'istante.
 

Angolo autrice: Buondì! Nulla... non ce l'ho prorpio fatta a starmene con le mani in mano e il bello è che non ho la più pallida idea di dove tutto ciò mi porterà. 
Intanto ringrazio, non dandolo mai per scontato, chiunque sia arrivato fin qui 

Poi vi do un paio di avvertimenti, ho scritto questa roba qui in un paio di giorni rievocando oltretutto un mio ricordo davvero molto lontano... ma a parte questo non so assolutamente dirvi dove mi condurrà questa storia, ho in mente due opzioni:
1) Una long che devo però sviluppare completamente per cui credo proprio che in tal caso mi prenderò i miei tempi, soprattutto perché devo studiare come una matta per una marea di esami che mi aspettano a braccia aperte :( - Se dovessi intraprendere questa via quasi sicuramente cambierò il rating e forse sperimenterò sino al rosso ma sono tutte mie elucubrazioni, sia chiaro ma soprattutto la narrazione vera e propria subirà un balzo temporale e questo prologo risulterà semplicemente un flashback.
2) Una raccolta di OS, flashfic e quant'alro che potrebbero variare dall'AU al What If a ipotetici Missing Moments. Anche in questo caso non escludo che potrei cambiare il rating.

Infine spendo due parole per questo pseudoprologo: avevo già scritto un qualcosa sui Bellarke che ho cestinato perché non ero soddisfatta, solitamente, come in questo caso, mi muovo con le AU perché non mi sento pronta ad entrare nel vero e proprio contesto di The 100, ho sempre paura di risultare OOC o di fare scempi vari... Qui ci troviamo di fronte ad una Clarke del tutto adolescente e ancora poco matura ecco spiegato il suo atto decisamente sconsiderato ahah. Per Bellamy invece ho preso spunto dal suo progressivo cambiamento per cui lo vediamo già piuttosto maturo e con l'indistinguibile temperamento da leader. Che dirvi? Spero di non aver fatto casino e se mai qualcuno volesse spendere due parole facendomi sapere che ne pensa, non può che farmi piacere :)

Intanto vi abbraccio affettuosamente - scusate la solita logorrea,
Chiara.
   
 
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