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Autore: Machaira    28/03/2017    5 recensioni
Dal secondo capitolo.
Rick si allungò, prese il fascicolo e cominciò a leggerlo. A Daryl bastò un'occhiata per riconoscere la foto di quel ragazzo con i capelli corti biondo cenere, le spalle larghe e la canottiera bianca.
“Che cazzo ci fai con quello?” chiese irruento.
“È il tuo fascicolo.” rispose imperturbabile l'uomo dall'altra parte della scrivania, senza alzare gli occhi.
[…] “Che cosa volete?” chiese secco.
“Lavora per noi.” rispose risoluto Rick.
(sempre) dal secondo capitolo.
Eugene si alzò in piedi, si portò le mani rigide lungo i fianchi e lo guardò. “A settembre comincia il periodo di praticantato degli stagisti e ne è stato assegnato uno anche al nostro distretto. Stavo aspettando che qualcuno, uno qualunque di voi, facesse un passo falso per scegliere a chi scaricare quella zavorra. Hai vinto.”
Rick rimase allibito e per un momento non riuscì a dire nulla. […] Con le spalle al muro si arrese all'idea che la sua sorte fosse già decisa. “Si sa chi è?”
“La figlia minore del Generale Greene, Beth.”
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Michonne, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4
 

Era già passata una settimana da quando avevano iniziato a lavorare insieme e in tutta sincerità Rick non pensava che sarebbe andata così bene. Certo, erano dovuti scendere a silenziosi compromessi per convivere in tre nello stesso ufficio - nel suo ufficio - ma niente di impossibile. A tratti.
 
Il caso non era giunto a una vera e propria svolta, ma la loro spia gli aveva mandato una soffiata. Era stato difficile trovare qualcuno che gli passasse informazioni ma alla fine, circa quattro mesi prima, avevano preso uno degli uomini di Chacòn. All'inizio si era dimostrato piuttosto difficile da convincere ma poi, quando gli si era prospettata la possibilità di libertà e protezione nel programma testimoni, aveva ceduto.
 
Un paio di giorni prima, insieme alla posta, sulla scrivania di Rick era comparsa una bustina gialla che aveva riacceso le sue speranze. Se il loro uomo avesse saputo dargli un qualche indizio almeno non avrebbero brancolato nel buio, ma il biglietto racchiudeva solo poche parole:
 
21 Agosto
      Vuoto.
 
La loro spia si era dimostrato piuttosto furbo in quanto a codici e decodificazioni. Se i messaggi - i pochi che gli aveva mandato finora - fossero iniziati con una consonante, quello che c'era scritto era l'opposto di quello che intendeva. La data invece era del tutto ininfluente, erano i primi di Settembre e la busta aveva il timbro del giorno prima: quel ventuno indicava dopo quanti giorni sarebbe successo.
 
Sarebbe arrivato un carico da lì a ventuno giorni. Ormai venti.
 
Tutto lì, non avevano nient'altro. Si era rigirato quel biglietto tra le mani per due ore, quasi aspettandosi che comparisse qualche altra scritta, una sigla o un simbolo. Qualsiasi cosa. E invece niente. Erano rimasti chiusi in quel dannatissimo ufficio per ore ed ore. Daryl continuando a cercare chissà che sul computer e a fare telefonate, e lui e Beth con il naso seppellito nei documenti che ormai avevano invaso la scrivania. Erano in un vicolo cieco.
 
Quel pomeriggio però, sembravano aver trovato una possibile pista. Il capannone di una ditta di bambole di pezza. La droga poteva essere nascosta ovunque, e comunque ne rimaneva sempre traccia quindi tanto valeva provare.
 
Per sicurezza avevano controllato che fosse davvero una pista plausibile. Non gli servivano certezze, ma d'altra parte non potevano smuovere mari e monti inutilmente. In ogni caso Rick era andato in magazzino e aveva fatto richiesta per l'attrezzatura che sarebbe servita loro quella sera. Intanto Beth, sotto la guida di Michonne, aveva compilato il modulo di richiesta per poter entrare nel capannone di nascosto.
 
L'unico problema, al momento, era il loro capitano. Eugene Porter. Quell'uomo rimaneva ore ed ore a farsi i fatti suoi e raramente svolgeva ciò che gli competeva.
 
Una volta Rick era entrato nel suo ufficio e appena aveva chiuso la porta dalle casse accanto al monitor era esploso il suono di un fuoco d'artificio, seguito da una voce allegra che urlava “HAI VINTO!”. Era rimasto senza parole e quando aveva chiesto al capo di firmare dei documenti per la chiusura di un caso questo aveva risposto: “Sei il mio vice, arrangiati.” Rick aveva anche provato a ribadire che serviva solo la sua firma e per tutta risposta aveva praticamente ricevuto il caldo suggerimento di falsificarla.
 
Così Rick, per i documenti più ordinari aveva instaurato un tacito accordo con il Capitano Porter: le carte arrivavano nel suo ufficio, lui le leggeva (o fingeva di farlo) ed entro fine giornata tornavano sulla scrivania di Rick che provvedeva a firmarle. Se lo avessero beccato...
 
Ma in quel caso non poteva semplicemente scarabocchiare una sigla fatta male, era un permesso importante e senza un sopralluogo non si sarebbero mai fatti un'idea precisa. Per questo Rick stava cercando di convincere qualcuno che andasse a parlargli.
 
“No, io non vado, scordatelo. Sono il medico forense mica la segretaria, vai tu che sei il suo vice!” protestò Maggie.
 
Rick sapeva che non sarebbe mai riuscito a convincerla, soprattutto non quando incrociava le braccia al petto e guardava fisso negli occhi con sguardo deciso.
 
“Abraham! Abe ti prego, vai tu dal capo!” Rick chiamò il collega appena uscito dall'ascensore. Praticamente era disperato, fermava chiunque passasse, pregandolo di provare a convincere Eugene ad ascoltarli.
 
“Per cosa?” domandò curioso.
 
“Questo dannatissimo permesso!” rispose sventolandogli sotto il naso il foglio a cui mancava solo la firma. “Non ascolta nessuno, provaci tu!”
 
“Certo, amico!” gli strizzò l'occhio e gli prese il foglio dalle mani, andando a passo sicuro verso l'ufficio del capo.
 
Rick ritornò nel suo e, come sempre, gli si presentò la solita scena: Beth seduta in un angolino della scrivania con la testa china sui fogli e Daryl dalla parte opposta a... be, in realtà non faceva niente di particolare.
 
Lei alzò la testa e gli sorrise. “Allora? Ce l'hai fatta?”
 
“No, quell'uomo non ascolta mai nessuno.” rispose frustrato, sedendosi accanto alla ragazza.
 
Erano entrambi immersi nel loro lavoro quando la porta si spalancò.
 
“Niente da fare, amico.” annunciò Abraham.
 
“Come no?!” chiese Rick sconvolto. Abe era la sua ultima speranza, se non aveva ascoltato lui allora davvero non sarebbero mai riusciti ad ottenere l'attenzione di Eugene.
 
“Praticamente non mi ha nemmeno guardato! Appena sono entrato mi è sembrato di essere catapultato nella fottutissima guerra mondiale! Doveva essere nel mezzo di una qualche battaglia... Ieri sera intorno alle dieci sono passato per prendere il portafogli che avevo dimenticato in ufficio, e lui era già chiuso lì dentro a giocare! Sta tutto il giorno con il naso incollato al monitor e il joystick tra le mani! Come sia diventato capitano rimane un mistero per me.” concluse scuotendo la testa.
 
Il vicecapitano si passò una mano tra i capelli sospirando.
 
“Ci penso io.”
 
Rick si voltò incredulo; si sarebbe aspettato l'intervento di chiunque, meno che il suo.
 
“Beth, non ti offendere, ma se non ce l'ha fatta nemmeno Abraham dubito che...” lasciò la frase in sospeso, sicuro che l'avrebbe capita comunque
 
“No, ci penso io.” disse decisa.
 
Rimase un secondo immobile sulla sedia mentre guardava la ragazza prendere il foglio e dirigersi a passo di marcia verso l'ufficio. Dopo essersi scambiato un paio di occhiate con Daryl e Abraham, si alzarono tutti e tre e la seguirono. La videro chiudersi la porta alle spalle e si avvicinarono per origliare.
 
“Buongiorno Capitano, sono Beth Greene. Le chiedo un minuto del suo tempo.” Non sapeva nemmeno lei come (forse aveva solamente finito la partita), ma Eugene levò gli occhi su di lei.
 
“Sì?” chiese con tono annoiato.
 
“Secondo il calcolo delle probabilità un giocatore esperto, per quanto sia bravo, prima o poi perderà comunque una partita. Siamo esseri fallibili, è la nostra natura.” Aveva catturato la sua attenzione, la stava guardando con sguardo vigile e diffidente, ma sotto sotto riusciva a intravvedere la sua curiosità.
 
“A noi serve il permesso per fare il sopralluogo, ma non si fa mai niente per niente: le propongo una sfida. Giochiamo. Se lei vince noi ci arrangeremo, ma se vinco io lei firma.”
 
Chiaro e diretto. Se voleva che l'ascoltasse doveva fargli perdere il meno tempo possibile, e metterlo alle strette. Il Capitano Porter la guardò negli occhi e poi si abbassò per aprire un cassetto. Oddio, che stava facendo? Avrebbe tirato fuori una pistola? Ma, quando vide quello che le stava porgendo, sorrise.
 
Intanto fuori dalla porta si era ammassato praticamente tutto l'ufficio. Rick, Abraham e Jesus erano con l'orecchio incollato alla porta. Daryl di fianco a loro, era appoggiato al muro con le braccia conserte e li osservava.
 
“Ma che state facendo?” chiese Maggie avvicinandosi.
 
“Tua sorella ha pensato bene di fare la Supergirl della situazione.” disse Daryl annoiato. “E questi tre stanno spiando come vecchie zitelle alla finestra.”
 
La ragazza li guardò stupita per una manciata di secondi e poi li raggiunse appoggiando a sua volta l'orecchio contro la porta.
 
“È impazzita!” sussurrò Rick concitato girandosi verso gli altri. “Lo ha appena sfidato! Non ce la farà mai! Ho visto quell'uomo giocare più di quanto non lo abbia visto fare qualsiasi altra cosa!”
 
Rimasero in attesa, mentre dalla stanza si sentivano provenire rumori di spari, esplosioni, aerei che si schiantavano al suolo, bombe, sirene. Il tutto andò avanti per circa un quarto d'ora, poi il silenzio.
 
“Secondo voi sono morti?” sussurrò Jesus beccandosi un'occhiataccia da tutti gli altri. “Scherzavo...”
 
Dopo pochi istanti Beth spalancò la porta e tutti si allontanarono per lasciarla passare. Si voltò verso Rick porgendogli il foglio e con un sorrisino compiaciuto gli disse trionfante “Vi aspetto in macchina.” Uscì a passo deciso, mentre gli altri la osservavano allibiti chiudersi la porta alle spalle.
 
“Non posso crederci...” mormorò Rick con gli occhi ancora fissi dove poco prima c'era Beth.
 
“Certo, è mia sorella!” Maggie rise e si diresse nuovamente verso la sua scrivania.
 
“Quanto stile...” mormorò Jesus con ammirazione “Sembra di essere in un episodio di Hazzard.”
 
“Forza principini, non fate aspettare la signora!” ammiccò Abraham dando una pacca sulla spalla di Rick per svegliarlo, andandosene seguito da Jesus che rideva a sua volta.
 
“Sì, andiamo.” il vicecapitano si riscosse, rivolgendo uno sguardo al collega. Presero i giubbotti e si incamminarono verso l'uscita.
 
Daryl lo seguì mentre lo sentiva borbottare, esternando al mondo la sua incredulità. Ripensando alla scena, accennò un ghigno compiaciuto. Si era sbagliato, a quanto sembrava la chiacchierona aveva le palle.
 
§§§
 
Rimasero in auto ad aspettare che i dipendenti se ne fossero andati e le luci si spegnessero. Una volta sicuri che nessuno fosse rimasto, scesero dalla macchina e si diressero verso il retro del capannone. Come ogni magazzino, c'era una porta bloccata da un codice. Rick digitò il pin e dopo un momento di incertezza, sullo schermo si accese una lucina verde e la porta si socchiuse con uno scatto metallico.
 
Mentre erano per strada, Rick gli aveva ripetuto mille volte le regole: non toccare niente che non fosse indispensabile, indossare sempre i guanti, fare il minimo rumore ma soprattutto mai allontanarsi da lui. Dovevano cercare di lasciare tutto com'era perché se si fosse rivelata una pista corretta non potevano contaminare la scena del crimine.
 
Non aveva potuto dare una pistola ai due che lo accompagnavano perché non erano poliziotti della centrale, anche se Beth in Accademia aveva sicuramente imparato e dubitava che Daryl non sapesse usarla. Ma tant'è, quindi si dovette accontentare.
 
Accesero le torce - almeno quelle potevano usarle - e si guardarono intorno. Nel buio della sera il posto sembrava ancora più grande di quanto non avrebbero immaginato da fuori. Su una parete erano addossati quindici postazioni di lavoro con altrettante macchine da cucire, mentre dalla parte opposta un lungo tavolo ospitava centinaia di bambole vuote impilate le une sulle altre. A distanza di un metro l'uno dall'altro c'erano dei ganci a cui erano appesi dei sacchi con dentro l'ovatta.
 
Cominciarono a cercare tra le bambole vuote, nel cotone, sotto le macchine da cucire, sullo scaffale su cui c'erano i tessuti e i fili ma niente. Sembrava tutto normale. Poi sentirono un grido di spavento.
 
Beth.
 
Daryl si girò di scatto verso la fonte del rumore e corse immediatamente verso di lei.
 
“Beth?! Che succede?!” chiese spalancando la porta socchiusa di una stanzetta. Accese la luce fottendosene altamente del “non toccate niente” e quando mise a fuoco quello che si trovò di fronte, rimase immobile.
 
Qualche secondo dopo anche Rick arrivò di fianco a lui e appena vide la scena scoppiò a ridere seguito a ruota dalla ragazza. A terra, senza pantaloni e con la maglietta tirata giù a forza per cercare di coprire ciò che era inevitabilmente in bella mostra, c'era un ragazzino sbarbato, con i capelli corti e le guance in fiamme.
 
Tra le risate Beth cercò di parlare. “S-scusate se vi ho spaventati ... m-ma proprio n-non me l'aspettavo!”
 
Ci fu un'altra ondata di risate tra Rick e Beth, e anche il ragazzo accennò un sorriso imbarazzato. Daryl invece era rimasto ad osservare il tipo in silenzio con occhi guardinghi.
 
“Si può sapere chi sei ragazzino?” chiese Daryl bruscamente “E copriti, il mio cane ce l'aveva più lungo del tuo.”
 
Il ragazzo alzò di scatto la testa verso di lui e lo guardò con tanto d'occhi. Rimase immobile, senza dire nulla, come fosse sotto shock.
 
“Allora? Non mi hai sentito? Copriti!” alzò la voce l'uomo. Si avvicinò al ragazzo e lo sollevò per un braccio.
 
“Daryl! Non essere così scortese!” lo rimbeccò Beth.
 
“Cos'è? Volevi continuare a goderti lo spettacolo?” rispose con un sorrisino strafottente.
 
“Va bene, basta così. Si può sapere cosa fai qui?” li interruppe Rick, rivolgendosi poi al ragazzo.
 
“Non sono un ladro, sono il figlio della direttrice!” rispose mentre si nascondeva dietro la scrivania,  mentre si rivestiva. “E voi chi siete?” chiese sospettoso.
 
“Polizia di Atlanta, ci ha chiamati un gruppo di ragazzi che temevano fossero entrati dei ladri.” inventò di sana pianta Rick con tono sicuro. “Ma a quanto pare...” accennò un sorrisino.
 
“Ah! Ehm... capisco agenti, m-ma io non ho fatto irruzione! Ho le chiavi dell'ufficio, le ho solo prese a mia mamma! Ho cinque fratelli, non c'è mai un attimo di pace in casa nostra!” si giustificò “Chiamerete i miei genitori?” chiese con timore.
 
“No, tranquillo.” rispose Rick con un sorriso “Però sta più attento la prossima volta; cercherei un altro posto se fossi in te. Ora meglio se ce ne andiamo tutti quanti. Forza.”
 
Erano usciti dal capannone ancora ridendo.
 
§§§
 
Dopo essere tornata dalla perlustrazione, era andata subito a casa e ad accoglierla aveva trovato Maggie con due pizze calde.
 
“Sei un angelo!” le disse appoggiando la borsa vicino al divano e sorridendo a sua sorella. “Torno subito.” andò in bagno e si sciacquò le mani, poi finalmente si sedette al tavolino e prese una fetta. “Mmm... è buonissima! Avevo una fame!” disse sorridendo. Abbassò gli occhi sul cartone della pizza e un punto preciso catturò la sua attenzione. “Queste sono della pizzeria di Glenn vero?” domandò.
 
“Sì, sono davvero buonissime!” sorrise Maggie di rimando.
 
“E per caso le ha consegnate lui?” chiese noncurante.
 
“Sì, perché?” rispose curiosa.
 
Beth sorrise e le porse la sua scatola. “Credo che questa fosse per te.” ammiccò. Maggie guardò il punto indicato da sua sorella e strabuzzò gli occhi per un secondo quando vide un numero di telefono scarabocchio in un angolo del coperchio. Poi come sempre affrontò il tutto con molto stoicismo e disse semplicemente “Sì, doveva essere per me.”
 
Rimasero in silenzio per qualche secondo, Maggie continuando a mangiare la sua pizza e Beth che la fissava con un sorrisino furbo.
 
“Smettila di guardarmi così, Beth.” disse non alzando nemmeno gli occhi.
 
“Maggie... devi raccontarmi qualcosa?” domandò con tono allusivo. Quando sua sorella non rispose lo prese per un sì e chiese: “Ti piace Glenn?! Quand'è successo?!”
 
“Ehi! Io non ho detto niente del genere!” ribatté Maggie nemmeno troppo convinta.
 
“Ma non hai smentito!” disse trionfante “Allora?”
 
“Potrei averlo baciato.” rispose alla fine in tutta tranquillità.
 
“Wow! Direi che mi sono persa qualcosa!”
 
“Da quando Daryl lo ha chiamato un paio di settimane fa, tutto l'ufficio ordina da lui e praticamente ci vediamo tutti i giorni e restiamo un po' a parlare. È carino, sembra gentile e simpatico. Stasera ho ordinato e quando è venuto a portarle... niente, mi sono buttata.” liquidò il discorso.
 
“Be, a quanto vedo anche lui ha fatto la sua mossa. Cosa pensi di fare? Lo chiamerai?” la incoraggiò Beth.
 
“No, sei matta? È stato solo un bacio, mica ci siamo sposati!”
 
“Ma se tu sei interessata e lui lo è perché non provarci?” chiese genuinamente sorpresa Beth.
 
“Non so, non voglio forzare le cose. Vediamo come va.” chiuse il discorso definitivamente l'altra. “A proposito, tu hai qualche novità? Qualche notizia del tuo uomo misterioso?” domandò sottolineando le ultime parole.
 
“Daryl.”
 
“No, non dico al lavoro, intendo quel ragazzo a cui vai dietro da... quanto? Tredici anni? Hai più fatto qualche giro di pedinamento? Che tra l'altro non è proprio legale, e dovresti saperlo visto che è il tuo lavoro.”
 
 
Già. Quel ragazzo. Molti anni prima, in un giorno di pioggia, si era trovata sola al parco poco distante da casa. Sarebbe dovuta tornare, ma ad un certo punto era scoppiato un acquazzone che le aveva impedito di andare a casa. Si era riparata sul castello degli scivoli e le corde da arrampicata; era rimasta sotto il tettuccio di legno e aveva aspettato che smettesse di piovere. Le sembrava passata un'infinità di tempo quando aveva sentito un rumore. In un primo momento aveva sperato di veder comparire suo padre o Maggie, ma quando si era girata aveva visto un ragazzo alto vestito di scuro con il cappuccio della felpa nera calato sugli occhi. Era zuppo di pioggia e, quando si era scoperto il capo, due occhi l'avevano puntata vagamente sorpresi di trovarsela di fronte.
 
“Cosa ci fai qui bambina?” le chiese sedendosi su uno dei gradini che portavano allo scivolo più alto.
 
Ed allora era davvero una bambina. Aveva solo dieci anni e si era trovata davanti quel ragazzo che le era sembrato tanto grande. Era alto, molto più di lei, muscoloso e la voce bassa e lo sguardo deciso l'avevano un po' impaurita.
 
“Piove.” mormorò alla fine stringendosi nel golfino giallo. 
 
“Lo vedo anche io che piove, grazie.” disse indicandosi con un gesto brusco “Ma non ti viene a prendere nessuno? Non hai un papà, una mamma?” chiese vagamente.
 
“Sì che ce li ho!” rispose offesa “Ma papà lavora e mamma non ha la macchina. Piove troppo.” concluse con un brivido di freddo.
 
Vide il ragazzo osservarla per un paio di minuti buoni. Col senno di poi si era resa conto che probabilmente stava solo lottando con sé stesso per decidere cosa farne di lei.
 
“Sai come arrivare a casa tua?” le chiese improvvisamente.
 
“Sì, abito a soli due isolati da qui... perché?” rispose timida timida.
 
“Andiamo, ti ci porto.”
 
“Papà non vuole che parlo con gli sconosciuti. Mi ha detto che prima ti danno le caramelle e poi ti rapiscono!” rispose con più foga rispetto a prima.
 
Lui era rimasto per un paio di secondi ad osservarla. “Tuo padre ha ragione.” poi aveva sorriso e mettendosi le mani nelle tasche aveva detto “Ma io non ho le caramelle.”
 
Lei era rimasta a guardarlo rimettersi il cappuccio e girarsi verso di lei quando la vide rimanere lì ferma. “Allora, vieni con me o no?”
 
Lei si era riscossa e l'aveva seguito mentre correva giù dallo scivolo, fuori dal parco, fino ad arrivare al parcheggio di fronte. Appena saliti in macchina lui aveva acceso il riscaldamento e, facendo anche finta di niente, aveva girato il bocchettone verso di lei. Dopo un paio di minuti, quando non sentivano così freddo come prima, erano partiti. Ci avevano messo poco ad arrivare a casa e non era mai stata così felice di trovarsi davanti a quel cancello. Prima di scendere gli aveva sorriso e l'aveva ringraziato. Aveva attraversato la strada e aveva suonato il citofono. Quando si era voltata aveva visto il retro dell'auto girare l'angolo e andarsene.
 
Erano passati tredici anni. Tredici lunghi anni in cui lei l'aveva osservato da lontano. La prima volta l'aveva rivisto per caso: a dodici anni aveva ritirato un pacco per suo padre e se l'era trovato davanti. Sapeva che era lui. L'aveva riconosciuto subito nonostante fosse passato tanto tempo. Così aveva iniziato a ordinare il più possibile online. Un libro, un paio di orecchini, un lucidalabbra, gli auricolari. Non sempre consegnava lui, ma ogni volta che arrivava un pacco si premurava di rimanere sotto il portico della grande casa per aspettarlo.
 
Sapeva che pranzava spesso a una tavola calda a poche centinaia di metri dal suo liceo, e spesso e volentieri allungava la strada del ritorno verso casa per passare di lì e vedere se ci fosse. Probabilmente aveva un cane o comunque qualcuno di vicino a lui ce l'aveva, perché tutte le domeniche mattina lo vedeva correre in quello stesso parco in cui si erano incontrati la prima volta.
 
L'aveva seguito come un'ombra silenziosa. Era rimasta in disparte, non aveva mai fatto nulla, non l'aveva importunato o altro. Quando lo vedeva, si sentiva come se fosse esattamente dove avrebbe dovuto essere.
 
Vedendolo interagire con le persone, aveva imparato a conoscere i lati del suo carattere: era diffidente, brusco nei comportamenti; quando una cosa non andava bene la affrontava a muso duro e andava contro al mondo. Ma piano piano si era resa conto che sotto quella scorza di certo non si nascondeva un bel carattere, ma un uomo buono sì. Ed era questo che l'aveva fatta capitolare definitivamente. Si sentiva legata a lui come a nessun'altro.
 
 
“Ehi, Beth?” sua sorella le sventolò una mano sotto il naso, sorridendo sotto i baffi. “L'hai più rivisto?”
 
“Sì, Maggie l'ho rivisto. E non ho sbagliato risposta prima. Il "mio" ragazzo è Daryl! Il ragazzo misterioso è l'uomo con cui lavoro!”
 
Maggie spalancò gli occhi, puntò l'indice contro di lei e aprì la bocca cercando di dire qualcosa, ma tutto quello che le uscì alla fine fu “Oh cazzo.”
 
“Già...” sussurrò Beth con un mezzo sorriso.
 
“Adesso cosa pensi di fare?” chiese l'altra dopo essersi ripresa dallo shock iniziale.
 
Quando due settimane prima l'aveva visto in quella caffetteria, nella sua caffetteria, l'aveva quasi preso come un segno del destino. L'aveva riconosciuto subito e quasi ci era rimasta secca. Dava le spalle al bancone quindi stava osservando tranquillamente la porta e quando era entrata si era sentita i suoi occhi addosso. E aveva rischiato un altro infarto. Però poi, mentre ordinava la colazione, si era detta che un'opportunità così non le sarebbe ricapitata tanto facilmente e, approfittando del locale pieno, si era fatta coraggio e gli aveva chiesto se poteva sedersi con lui. Quando lui le aveva risposto con un cenno non ci era rimasta male, e nemmeno quando aveva troncato il suo tentativo di fare conversazione se l'era presa. Sapeva com'era fatto e non poteva aspettarsi niente di meno da lui, considerando che ai suoi occhi lei era un'estranea. Quando era andato via poco dopo, non aveva resistito all'impulso di guardarlo.
 
Ma la vera sorpresa era stata quando, solo una mezz'ora più tardi, era entrata nell'ufficio di Rick e l'aveva trovato seduto su una delle due sedie di fronte alla scrivania. Aveva persino finto di non accorgersi di lui, in modo da non fare figuracce e si era complimentata con sé stessa per la tranquillità con cui, esternamente, aveva gestito la notizia che avrebbero lavorato insieme. Perché se solo Daryl, Rick o qualunque altra persona nel raggio di cento metri avesse saputo leggere nel pensiero, l'avrebbero sentita urlare di gioia.
 
Non aveva ancora deciso cosa fare fino a quella sera. Quando nel capannone aveva beccato il ragazzino masturbarsi nell'ufficio della madre e aveva cacciato un urlo, subito Rick e Daryl erano accorsi. Però, mentre Rick aveva continuato a ridere come un pazzo insieme a lei, Daryl aveva tirato fuori il suo lato da duro, aveva invitato il ragazzino a coprirsi e l'aveva provocata quando lei aveva preso le parti del ragazzo. Dubitava che lui fosse imbarazzato da una situazione del genere, dato che anche Rick si era mostrato tranquillo di fronte a quella scena. 
 
E ripensandoci aveva accarezzato l'idea che lui potesse averlo fatto per lei, in qualche modo. Non voleva illudersi, ma una parte di sé ci sperava.
 
“Probabilmente non mi capiterà mai più un'occasione così. Meglio non lasciarsela scappare.”




Angolo autrice:
Anche in questo capitolo nessuna citazione (...credo :P se dovesse sfuggirmi fatemelo notare) ma era talmente ricco che si è scritto da solo e non ho avuto posto per nient'altro! Succedono tante cose: il caso va avanti, partecipano alla prima piccola "missione sul campo" e c'è un momento introspettivo in cui si comincia a capire cosa passa per la testa di Beth.
Nel corso della storia ci sarà qualche lieve accenno alla Maggie/Glenn. Sono troppo belli per non citarli e lui mi manca troppo! Dovevo in qualche modo rendergli tributo. Cosa succederà adesso? ;) Ditemelo voi! :* Come sempre ringrazio chi ha messo la storia tra i preferiti/seguiti/ricordati e chi ha recensito :) Fatemi sapere cosa ne pensate!
·Machaira·
   
 
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