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Autore: Elayne_1812    30/03/2017    3 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
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- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! Sono leggermente in anticipo rispetto alle tempistiche degli ultimi tempi, come sono brava XD
Ringrazio i lettori, chi ha inserito la storia tra preferite, seguite e da ricordare.
Un grazie speciale a chi mi ha lasciato i suoi commenti: Blugioiel, Chocolat95, DreamsCatcher, Ghira_, Gonzy_10, Jae_Hwa, KimJonghyun23, MagicaAli, Panda_murderess, Saranghae_JongKey e vanefreya.
Grazie per il vostro sostegno!
Spero di essere riuscita ad eliminare tutti gli errori di battitura o quasi.
Buona lettura!
 
 
Capitolo 28
Don’t let me go
 
 
 
 
“If saying goodbye is for a journey
If only I was strong at the sight of your back
I’d say a quiet goodbye to your back
Thanking the rain for covering my tears
(I remember the beautiful us)
Waiting with memories that make my heart ache
I’m letting you go with a smile
I believe I will wait for you.”
Shinee, Don’t let me go.
 
 
 
 
-È strano-
Rifletté ad alta voce Jonghyun, lo sguardo perso tra i chicchi di riso che rimescolava distrattamente con le bacchette.
Jonghyun fece scivolare lo sguardo sul lungo tavolo imbandito per il primo mattino. Di norma si sarebbe fiondato su tutto ciò che vi era di commestibile: riso, carne, verdure, dolci pagnotte da rendere ancora più gustose con la marmellata e dolcetti in pasta di riso. L’ultimo anno era stato molto proficuo in fatto di scorte alimentari, complici gli ottimi affari che solo in pochi mesi Key, il suo dolce micetto spocchioso, era riuscito a concludere con Haneul. Tuttavia, nonostante Jonghyun fosse stato svegliato all’alba dai crampi della fame, ora non aveva alcuna voglia di mangiare e questo la diceva lunga sul suo umore.
In realtà non aveva dormito molto quella notte, si era rigirato tra le coperte finché non aveva rinunciato a prendere sonno ed aveva passato le restanti ore notturne ad osservare il più piccolo. Key sembrava così tranquillo avvolto tra le coperte e rannicchiato tra i cuscini colorati, la frangia corvina a coprirgli il viso. Jonghyun non aveva resistito, aveva scostato quelle ciocche ed ammirato il viso candido dell’altro appena spennellato da una tenue sfumatura rosata sulle gote. Sembrava davvero tranquillo e rilassato, ma non era così.
Negli ultimi giorni avere a che fare con Key era stato quasi impossibile. Era stato freddo e distaccato quanto dolce e desideroso di attenzioni, solo per allontanarlo pochi secondi dopo con stizziti atteggiamenti spocchiosi e scuse che il più grande trovava assurde. Jonghyun percepiva che qualcosa lo turbava, ma come sempre il più piccolo era restio a parlare.
Alla fine, Jonghyun era sgattaiolato verso la sala comune per la colazione, mentre l’altro ancora dormiva. Gli aveva posato un bacio sulla fronte ed era uscito. Strano a dirsi, solo una volta fuori dalla stanza aveva avuto l’impressione di riuscire a respirare.
-Pensi che non mi voglia più? – mugugnò.
Finalmente, Minho alzò gli occhi dalla sua scodella per degnarlo della propria attenzione.
Era ora, pensò Jonghyun.
Quello spilungone era molto pensieroso negli ultimi tempi ed estremamente taciturno. Jonghyun iniziava a credere che la primavera avesse dei seri effetti collaterali.
-Non essere ridicolo -
-E allora che cos’ha? E da due giorni che tento di…bhe, hai capito, e lui mi rifiuta. Riesco a mala pena a dargli un bacio. Vedi, noi di solito… -
-Yah, te l’ho già detto un milione di volte, non voglio sapere cosa fate!-
Jonghyun sbuffò e si scompigliò i capelli, poi s’accasciò sul tavolo, il mento appoggiato sugli avambracci incrociati.
Che cos’aveva sbagliato questa volta? Con Key non si poteva mai sapere! Cercò di ripercorrere i suoi passi degli ultimi due giorni e, per quanto si sforzasse, non trovò nulla di strano. Ripensò alla notte precedente. Come al solito non appena si erano messi a letto avevano iniziato a baciarsi. Jonghyun si era accorto che l’altro era teso, così aveva fatto il possibile per distenderlo. Si era adagiato su di lui, dolcemente, attento come sempre a non schiacciare troppo quel corpo sottile e dall’aria fragile che gli faceva sempre pensare ad un giunco flessuoso. Poi, aveva percorso il corpo di Key modellandolo con carezze passionali, massaggiandogli le gambe, i glutei sino a raggiungere i fianchi e lì era rimasto mentre lo baciava sul collo e sul viso sino ad impadronirsi di quelle labbra a cuore che lo facevano impazzire. Andava tutto benissimo. Key aveva ricambiato, si era crogiolato tra quelle carezze percorrendo la sua schiena sino ad affondare le dita tra suoi capelli. Il suo micetto si era lasciato baciare ed aveva baciato, finché Jonghyun non l’aveva invitato a dischiudere le gambe per rendere più intimo quel contatto, in previsione di rendere quelle effusioni più profonde ed intense.
Era stato a quel punto che Key era scattato mettendosi seduto. Jonghyun era quasi caduto dal letto, anzi, pensò massaggiandosi il capo, era letteralmente finito a testa in giù. Le gambe sul materasso e la sua testa schiacciata tra il peso del suo stesso corpo e il tappeto che vivacizzava il pavimento.
Aish, fece affondando le testa tra le braccia.
-Ha qualcosa che non va, ma non capisco cosa. -
Consapevole di non riuscire a mangiare mise da parte le bacchette.
Minho non seppe cosa rispondere. Sapeva bene a cosa era dovuto il temperamento isterico di Kibum, ma di certo non era qualcosa che poteva rivelare a Jonghyun. Represse l’istinto di sbuffare sonoramente e prendersi a botte in testa.
Kibum dovrebbe parlare con Jonghyun, si disse annuendo tra sé.
Ormai quella situazione era diventata ingestibile sotto molti punti di vista.
Due giorni prima Minho era ad Hanamsi per affari con Haneul. Era stata una giornata piacevole, in giro non aveva visto brutte facce ed il villaggio sembrava tranquillo, finché non era giunto il tramonto. Il ragazzo stava per montare a cavallo quando si era fermato ad osservare il disco rosseggiante del sole prossimo a sprofondare oltre l’orizzonte. Il cielo del crepuscolo era una tavolozza di colori chiazzata di rosso, rosa, violetto, arancione, azzurro e blu dove lampeggiavano le prime stelle della sera, mentre la luna palpitava opaca in attesa di rivelarsi in tutto il suo argenteo splendore. Solo sottili fili di nubi grigie sporcavano quel dipinto perfetto.
Perdersi in lunghe riflessione osservando le bellezze della natura non era qualcosa che Minho faceva spesso. Di solito era Jonghyun a dilettarsi in questo genere di passatempo poetico, Minho invece preferiva ricercare la concentrazione tra le pareti della sua stanza. Tuttavia, in quei giorni era stato molto pensieroso e gli era bastato alzare il capo per perdersi in quello che, ormai, per lui era un pensiero fisso. Taemin.
Quando l’aveva visto immergersi tra le fronde della foresta aveva davvero temuto il peggio e non era stato tranquillo finché non l’aveva ritrovato con Key sulla strada di ritorno. Anche Taemin era strano, non che fosse una novità, ma se l’isteria fosse stata una malattia contagiosa probabilmente quei due dovevano essersi infettati a vicenda. Da quel momento i suoi ricordi si facevano confusi. La giornata assurda, la spossatezza, l’apprensione, la consapevolezza di essere stati sull’orlo del disastro e la ferita al braccio l’avevano confuso. Rammentava solo che, ad un certo punto, si era ritrovato nell’infermeria con Taemin intento a disinfettargli la ferita. L’odore delle erbe curative era ancora vivido nella sua mente e ciò gli dava la certezza che non si era trattato di un sogno.
-Volevi farti tagliare a fette? – gli aveva detto il più piccolo mettendo il broncio.
-Non puoi prendertela con me se sono ferito. –
-Io me la prendo con te quanto mi pare! –
Aish, fece Minho ripensando a quell’assurdo scambio di battuta.
L’assurdità della situazione da lì in poi non aveva fatto altro che aumentare. Era infatti seguito un dialogo sconclusionato del quale a stento ricordava il senso e, a dirla tutta, dubitava ne avesse avuto uno.
-Mi sono preoccupato quando ti ho visto sparire-, aveva confessato Minho. –Dovevi proprio correre via in quel modo? –
-Non sono un bambino! – aveva protestato l’altro.
-Questo non m’impedisce di preoccuparmi per te. –
-Ah sì?  Eri preoccupato per me? –
-E’ quello che ho detto –, aveva risposto Minho sull’orlo della disperazione.
Poi era calato il silenzio, spezzato solo dal tintinnare delle scodelle di grezza ceramiche che il più piccolo stava utilizzando per preparare un impasto di erbe curative che aveva spalmato sulla ferita di Minho. Per tutto il tempo, per quanto immerso nel proprio lavoro, Taemin non aveva fatto altro che lanciargli occhiate da sotto la lunga frangia biondiccia, come se si aspettasse che Minho dicesse qualcosa, intercalando il suo silenzioso disappunto arricciando tirando su col naso.
Il tutto si era concluso con un Taemin adirato che prima gli dava un leggero bacio sulla ferita e poi lo fulminava uscendo dall’infermeria sbattendo la porta.
Decisamente un bel grattacapo!
Un’unica idea chiara era maturata nella mente di Minho che, in seguito agli ultimi avvenimenti, aveva acquistato sempre più senso. Il ragazzo si era ritrovato a riflette sul perché, in tutti quegli anni, non si fosse mai domandato seriamente quali fossero i sentimenti di Taemin per lui. Certo, ci aveva pensato, ma aveva sempre dato priorità alla differente classe sociale d’origine e a Jinki. Ma Taemin cosa provava davvero per lui? Che fosse la prospettiva di cui Kibum gli aveva parlato mesi addietro?
Ad ogni modo, le sue riflessioni erano state spazzate via dal risuonare tetro di campane, una melodia lugubre che aveva riempito l’aria e congelato il tempo per un istante.
L’imperatore era morto.
Minho aveva riportato la notizia al Rifugio mosso da sentimenti contrastanti. Un tempo avrebbe lanciato grida d’euforia, ora non sapeva da che punto di vista considerare quella situazione.
Nel giro di poco l’intero covo dei Ribelli era in fermento. C’era chi si era limitato a festeggiare dimentico delle incombenze quotidiane, chi aveva lanciato assurde supposizioni sull’avvenire di Chosun e chi invece sosteneva che non sarebbe cambiato nulla.
Ovviamente, quella testa vuota di Kim Jonghyun non si era risparmiato in quanto a battute ed uscite fuori luogo.
-Ora che se n’è andato avremo un maiale come re! Ci pensate? –, aveva detto tra una risata e l’altra.
Naturalmente Key non l’aveva presa bene.
Il principe, se ancora così si poteva chiamare, non aveva battuto ciglio. L’unico cambiamento evidente sul suo viso era stato un crescente pallore, dopodiché Minho l’aveva intravisto sparire di soppiatto nello studio di Jinki, ma nulla di più.
Bhe, rifletté Minho, non deve passarsela bene.
Lui stesso era parecchio confuso e stordito da quell’inaspettato volgere degli eventi. Che cosa sarebbe accaduto, ora?
L’unica risposta chiara nella sua mente era una semplice parola: guai. Guai per Kibum, guai per Jonghyun, guai per lui e Taemin e guai per Jinki. Uno splendido circolo vizioso.
Inutile dire che l’atteggiamento di Jonghyun non aveva migliorato quello del suo ragazzo. Minho non osava nemmeno lontanamente immaginare il caos che doveva aleggiare attualmente nella testa di Kibum, motivo per il quale non era stupido da quelle crisi isteriche che tanto turbavano Jonghyun.
Tutto sommato poteva andare molto peggio, pensò.
Anche se, a suo parere, il peggio doveva ancora arrivare. Gli sembrava di essere nel bel mezzo dell’oceano sulla prua di una nave e scrutare la bonaccia, mentre all’orizzonte banchi di nubi grigi e neri ribollono tetri squassando il cielo con tuoni e lampi.
-Minho! – lo richiamò Jonghyun.
Minho si riscosse e sbatté le palpebre, tentando di focalizzare l’immagine dell’amico seduto di fronte a lui.
Jonghyun lo fissò truce e corrucciato.
-Ti sto parlando di problemi fondamentali e tu mi stai ignorando, razza di spilungone! Io e Key è diverse notti che…-
-Yah, ho capito! – sbuffò Minho passandosi una mano tra i capelli.
Stava impazzendo. Non bastavano i problemi della sua non vita sentimentale, doveva pure fare i conti con le ultime novità, i segreti di Kibum e le ansie di Jonghyun.
-Senti -, disse – probabilmente è solo scosso per quanto accaduto durante la missione. Forse -, azzardò, - voleva fare bella figura con te ma è stato preso dal panico, ok? E’ spocchioso e questo è il risultato. –
Jonghyun mugugnò poco convinto quando apparve Key, calamitando così la sua l’attenzione.
Quella mattina Key aveva il viso riposato ma teso, la sua pelle era così pallida da risultare quasi fredda e marmorea, i suoi occhi erano feline perle nere e solo la tonalità rosata delle sue labbra gli donavano colore. Indossava dei semplici abiti tradizionali bianchi e blu e le braccia gli ricadevano rigide lungo i fianchi.
Jonghuyn si chiese cosa nascondesse sotto quell’apparente freddezza. Ora che l’imperatore era morto, ora che Chosun era finalmente ad un punto di svolta, il più piccolo non aveva alcuna voglia di festeggiare con lui. Sembrava quasi nascondesse qualcosa.
Jonghyun arricciò il naso. Forse si stava facendo troppe paranoie ed era davvero come diceva Minho, dopotutto Key era un tipetto orgoglioso. Probabilmente avrebbe preferito ingoiare un rospo piuttosto che ammettere il suo fallimento personale nel corso dell’ultima missione.
-Minho – esordì il principe avvicinandosi ai due, - Jinki ci vuole vedere per…-
Key si bloccò e rivolse un’occhiata fugace a Jonghyun. -Per dei carichi da portare ad Hanamsi – concluse.
-Bene – fece Minho, alzandosi.
-Andiamo. –
Prima che Key avesse il tempo di voltarsi, Jonghyun s’alzò e l’attirò a sé.
-Non mi saluti? –
-Oh – fece l’altro, arrossendo.
Jonghyun lo guardò con occhi grandi ed acquosi tentando di sondare quelli del più piccolo.
Kibum abbassò il capo mordicchiandosi il labbro, indeciso sul da farsi, infine stampò un bacio sulla guancia del più grande.
-Ci vediamo più tardi -, sussurrò.
A dispetto delle sue stesse parole, Kibum non accennò a muoversi, al contrario si strinse tra le braccia dell’altro e lo baciò dolcemente. Jonghyun gli accarezzò una guancia e, subito dopo, Key s’allontanò freddamente, lasciando l’altro ancora più confuso.
 
 
 
Mentre percorrevano i corridoi diretti allo studio di Jinki, Minho osservò attentamente il suo nevrotico amico che camminava impettito al suo fianco. Nonostante a separali fisicamente vi fosse poco più di un metro, Kibum era lontano anni luce.
Il principe era piatto e liscio quanto la superficie perfetta di uno stagno, ma cosa vi fosse sotto quella patina fredda nessuno poteva dirlo. Probabilmente il caos, un microcosmo confuso e in ebollizione. Era come osservare un geyser prossimo ed esplodere.
-Glielo devi dire – disse ad un tratto Minho.
Kibum non batté ciglio e Minho si chiese se non l’avesse sentito o se, semplicemente, non intendesse rispondergli.
-Kibum –
-Lo so. –
Una risposta fredda, ma che lasciò trapelare una nota piccata.
-Le sta pensando di tuti i colori a causa del tuo comportamento isterico. –
Kibum abbassò leggermente il capo, abbandonando momentaneamente l’aria distaccata, poi sulle sue labbra a cuore lampeggiò un sorriso amaro.
-Quale comportamento? Sto cercando di essere naturale. –
Naturale?, pensò Minho.
C’era ben poco di naturale in Kibum in quel momento. Rigidità, forse, e fredda acidità alternate da sguardi bassi, dolci e tristi che premevano umidi ai lati dei suoi occhi sottili.
-Che la spocchia facesse parte della tua natura non avevo dubbi, ma l’isteria cronica a livelli tanto avanzati no. -
Kibum lo ignorò.
-Glielo devi dire – ripeté Minho. 
-Ti ho detto che lo so, Choi Minho –, sibilò Kibum.
-Non puoi più aspettare, la situazione è precaria a dir poco. –
Kibum s’arrestò, strinse i pugni e s’impose di non lasciarsi sopraffare dall’amara tristezza che gli stringeva il cuore. Una notte cupa, coperta da una coltre di nubi grigie e ribollenti, premeva sul suo capo, schiacciandolo. Per quanto scrutasse il cielo non riusciva a vedere alcuna stella. Era semplicemente in balia di un temporale annunciato dal quale, ora, non poteva più fuggire.
-Se ha finito di dire cose…ovvie – disse il principe, stizzito, - forse possiamo andare da Jinki. -
-Non penso sia il caso che tu metta di nuovo piede ad Hanamsi. -
Kibum roteò gli occhi. – Sei scemo o hai ingerito qualcosa di strano a colazione? Hanamsi era una scusa.  Ci sono novità da Soul. -
 

***
 
Erano passati tre giorni da quando le campane avevano annunciato funeree la morte dell’imperatore. Tre giorni che il rifugio aveva passato tra fervente eccitazione, aspettative e domande sull’avvenire.
Kibum sapeva solo che il suo mondo perfetto stava per sgretolarsi, anzi era già in frantumi. Aveva cercato di mantenere un atteggiamento di circostanza, fingere davanti agli altri, soprattutto Jonghyun, che era tutto normale, che per quanto il mondo all’esterno del Rifugio stesse subendo dei cambiamenti, il loro universo perfetto restava intoccato. Ma era una finzione. In quel momento, Kibum non era nemmeno in grado di definire i sentimenti che provava. Felicità per la morte dell’assassino di sua madre. Rabbia, perché la sua felicità era stata, strano a dirsi, legata alla sopravvivenza di una persona che odiava e ora che era morta non poteva scappare al suo destino. Ma soprattutto confusione e paura. La sua vita al Rifugio era giunta al termine e lo sapeva, come lo sapeva Jinki, Taemin e Minho li riuniti con lui nello studio del Leader. Non lo sapeva invece Jonghyun.
Dovevano prendere delle decisioni importanti. Le ultime notizie giunte a raffica dalle spie stanziate a Soul aprivano uno scenario che necessita di chiarezza e, Kibum lo sapeva bene, del ritorno dell’erede al trono alla capitale. Nella mente del principe quell’epilogo pareva inevitabile. Nulla era stato detto o definito in modo specifico, ma questo non rendeva la situazione meno reale. Kibum desiderava godere appieno di quegli ultimi istanti d’illusione, passare il tempo che gli restava con Jonghyun, qualunque cosa il futuro avesse in serbo per loro. Ma non ci riusciva. Stare con il grande significava perdere quel poco di coraggio che aveva maturato nelle ultime ore, aumentare la portata di una sofferenza inevitabile, insieme al senso di colpa. Sì, perché, ormai, il peso delle sue stesse bugie lo stava schiacciando. Minho aveva ragione: doveva parlare con Jonghyun.
Lo perderò ancora prima di mettere piede fuori da qui?
Quanto desiderava, ora più che mai, le sue carezze, i suoi baci ed i loro corpi fusi insieme in perfetta e passionale armonia? Eppure, allo stesso tempo s’imponeva d’evitare ogni contatto.
Se ora mi aggrappo a lui il poco coraggio che ho si scioglierà come neve al sole per poi evaporare.
Perché Kibum aveva già preso una decisione, doveva solo trovare la forza d’esprimerla ad alta voce per renderla definitivamente reale.
Forse non era una scelta saggia, ma indubbiamente la più sensata.
Kibum represse l’impulso di emettere l’ennesimo sospiro rassegnato che negli ultimi giorni sembrava fare costantemente da colonna sonora alla sua vita.
Taemin e Minho sedevano in silenzio rivolgendogli occhiate impacciate per poi distogliere subito lo sguardo, mentre Jinki passava in rassegna le ultime le missive giunte da Soul.
Aleggiava un silenzio pesante.
Kibum era in piedi, la schiena appoggiata alla libreria colma di libri, come a proteggersi le spalla da paura invisibili; le gambe mollemente incrociate davanti a lui, le braccia conserte ed i polpastrelli affondati negli avambracci. Si strinse nelle spalle. Desiderava le braccia calde di Jonghyun intorno a lui, ma era un conforto capace di tramutarsi in un ulteriore fonte di sofferenza e rimpianto. Come fare l’amore con lui. Una necessità mentale e fisica capace di risanarlo e distruggerlo al contempo, un’amara medicina destinata a trasformarsi nel veleno più dolce.
Fu un sospiro spezzato e frustrato del Leader a rompere il silenzio.
-Appena annunciata la morte dell’imperatore sono seguiti dei disordini all’interno del palazzo. –
Kibum tese le orecchie. Disordini all’interno del palazzo? Non poteva crederci, qualcuno aveva forse tentato un colpo di stato? Chi poteva essere stato, un nobile, un militare? Aveva mille domande nella testa ma si morse la lingua, imponendosi di attendere le spiegazioni di Jinki.
-Sembra ci siano stati degli scontri tra due fazioni dell’esercito imperiale, una sopportata da soldati di Busan. Quest’ultima fazione ha preso il controllo del palazzo guidata dal tenente Kang. Attualmente il palazzo e la capitale sono sotto il controllo dell’erede al trono e del lord di Busan. –
Kibum sbiancò e sgranò gli occhi, ma poi sorrise amaro trattenendo a stento una risata. Heechul era sempre stato astuto a ancora una volta aveva dimostrato di essere un passo avanti a tutti. Non scorgere la sua mano dietro gli ultimi avvenimenti era da ciechi ed il principe si chiese da quanto tempo pianificasse ogni cosa. Forse dalla sua fuga, oppure da anni. Dopotutto, Heechul aveva sempre desiderato il trono.
 -Oh non sapevo di avere il controllo della città –, disse con amaro sarcasmo.
-Chi è questo Kang? – chiese Taemin.
Kang, rifletté Kibum. Conosceva quell’uomo, in modo superficiale ma abbastanza da avere un’idea chiara su di lui. Non gli era mai piaciuto, come in realtà non gli era mai piaciuto nessuno che orbitasse intorno al potere di Soul.
- Kang è un militare, un soldato tutto d’un pezzo, freddo e calcolatore, ma di certo non un uomo avvezzo agli intrighi politici, implicano ragionamenti troppo sottili. Non può esserci lui dietro a quanto accaduto. –
-Che cosa vuoi dire? – domandò Minho.
Kibum alzò lo sguardo ed assottigliò le labbra in una linea sottile.
-Kang non è che un braccio armato, un burattino, al soldo del lord di Busan. –
Il principe puntò gli occhi lampeggianti sul Leader. -  E’ stato lui. –
Jinki sospirò ed incrociò le braccia.
Questa volta Kibum non riuscì a trattenere una risata. Ne aveva bisogno o sarebbe crollato. Gli altri rimasero in silenzio finché non ebbe finito, fissandolo seri. Nessuno di loro disse nulla, dopotutto qualunque parola rischiava di essere superflua. C’era poco da fare e poco da dire. Jinki era il più serio, ma lo stesso Kibum leggeva dietro quella serietà le sue stesse paure, la consapevolezza che da lì in avanti non potevano tornare indietro.
-L’imperatore non era malato, al contrario godeva di ottima salute. Kim Heechul deve avere progettato tutto nel dettaglio da tempo -, iniziò Kibum.
Il principe staccò la schiena della libreria ed iniziò a passeggiare a braccia conserte, gli occhi limpidi e sicuri rivolti agli altri.
- Non è tipo d’apprezzare le macchie di sangue sul suo merletto, avrà usato il veleno –, rifletté. – Avrà fatto promesse ai militari e ai nobili più in vista del consiglio reale in modo d’assicurarsi il controllo di Chosun una volta eliminato l’imperatore. Forse intendeva eliminarlo sin dall’inizio, non lo so, ma di certo la mia assenza deve averlo convinto ad anticipare i tempi. Mio padre non è mai stato un uomo paziente e deve averlo messo alle strette. Approfittando della sua posizione, delle sue ricchezze e del suo legame con me è riuscito ad ottenere il controllo di Soul e, si sa, chi controlla Soul, controlla Chosun. Qualunque cosa sia accaduta a palazzo l’associazione della mia e della sua persona al controllo della città fa sembrare tutto una normale successione. - 
Kibum si fermò e soppesò gli altri. – Ovviamente sono solo supposizioni, ma non importa. Ciò che conta è la situazione attuale e come risolverla.  –
Taemin s’alzò in piedi di scatto, adirato, il volto rosso ed i pugni stretti.
-Quel tizio ti sta soffiando il trono, umma! Andiamo là e prendiamolo a calci nel fondo schiena! -
-Come abbiamo osservato tempo fa i Ribelli non sono un esercito -, fece Minho scuotendo il capo ed incrociando le braccia.
Taemin non intendeva darsi per vinto. Odiava quel tizio dai racconti di Kibum ed ora che l’aveva visto a quattr’occhi non poteva che condividere i pensieri della sua umma. Non potevano lasciare Chosun nelle sue mani. Si voltò verso Jinki.
-Hyung, cerchiamo alleati e riprendiamo il palazzo reale per Kibum. –
Jinki scosse il capo e si massaggiò le tempie. La positività di Taemin era ammirevole, ma la possibilità di attuare i suoi propositi labile. Erano soli, Kibum era solo e il principe lo sapeva bene.
-Io non ho alleati, Minnie -, disse Kibum dando voce gli stessi pensieri del Leader.
-Ma deve esserci qualcuno disposto a sostenerti!-
-Metà della corte mi odia e l’altra metà mi ha sempre ignorato se non per accaparrarsi il mio favore. Non ho alcun potere a Soul, solo un titolo e il sangue dei Kim.–
Kibum sospirò. Che ironia, in tutta la sua vita a palazzo si era limitato a rinchiudersi in un mondo solitario e scuro, guardando con disprezzo e distacco adulatori e vuoti cortigiani. Nella sua mente l’imperatore era sempre stato una monolitica ed inamovibile certezza e solo ora si rendeva conto che non era così. Che sciocco! Se fosse stato più lungimirante avrebbe guardato al futuro con speranza e non con terrore.
Sono solo un’ombra, pensò con rammarico. Non ho mai lottato, né mi sono posto il problema di farlo. Perché sono sempre stato così cieco e spaventato?
-Da anni godo del diritto di regnare più dell’imperatore stesso, ma non ho mai mosso un dito. Quell’uomo ha ottenuto il potere grazie al matrimonio con mia madre, Kim Myungso, una volta morta lei avrebbe dovuto limitarsi a fare da reggente sino alla mia maggiore età. –
Kibum sorrise amaro. Le cose erano andate in modo molto diverso.
-Ma il tempo è passato e lui ha accumulato potere, finché per me non è stato impossibile inserirmi nel governo di Chosun.  In tutti questi anni non sono stato che un’ombra, un fantasma, troppo impegnato a crogiolarmi nella mia infelice solitudine, a guardare con disprezzo la corte ed il consiglio reale, ma non ho mai fatto niente per cercare amici ed alleati. Ho solo guardato senza vedere niente. –
Kibum si strinse nelle spalle. Perché improvvisamente aveva così freddo?
-La verità è che per quanto altri abbiano costruito una gabbia per me, io vi sono entrato docilmente senza fare domande. Mi è stato detto di essere un selvaggio per la mia lingua tagliente, l’unica forma di ribellione e difesa che mi sono concesso, e di avere il cuore troppo tenero. –
Alzò lo sguardo sugli altri accennando un sorriso ironico. – Su una cosa quell’uomo ha sempre avuto ragione: io sono come un bambino. Uno sciocco bambino spaventato. –
– Non possiamo sperare di avere alleati. – Concluse.
-E l’altra fazione dell’esercito imperiale? – azzardò Minho.
Minho odiava quella situazione ogni secondo di più, sembrava priva di vie d’uscita. L’unica certezza erano le parole non dette che aleggiavano all’intorno. L’idea di combattere al fianco di soldati reali non gli piaceva per niente, aveva passato una vita a combatterli, ma per una volta potere fare un’eccezione. Dopotutto non stava forse appoggiando il legittimo erede al trono?
Kibum scosse il capo. – No, l’altra fazione deve essere campeggiata del generale Yoon. È sempre stato il braccio armato dell’imperatore, un guerrafondaio ed un sanguinario. Non scenderò mai a patti con lui. -
Jinki alzò gli occhi per incontrare quelli del principe. Sapeva che era lo stesso Kibum la chiave per risolvere quell’enigma. Nei mesi addietro era stato ansioso di usarla, ora che era prossimo allo scacco matto ritraeva la mano. Nonostante avesse considerato Kibum un fratello più piccolo quasi al pari di Taemin, non aveva mai smesso di valutare tutti i possibili scenari per porre in campo quell’arma letale. Era servita una ramanzina da parte del fratello minore per farlo rinsavire ed ora era diventato, forse, sin troppo cauto. Sorrise tra sé.
Kibum lo fissò a sua volta, marmoreo, finché sul suo viso serafico non si delineò un sorrisetto scaltro e amaro.
-Se vuoi usarmi, Jinki, questo è il momento di farlo. –
-Umma! – scattò Taemin, apprensivo.
Minho gli lanciò un’occhiata e il più piccolo si quietò.
Kibum chinò il capo ed iniziò a stropicciarsi le mani. Oh era nervoso, molto nervoso, se qualcuno gli avesse annunciato di essere stato condannato a morte forse si sarebbe sentito più rilassato. Era stufo di rimanere da parte a guardare e voleva, doveva, combattere. Quella nave che non aveva mai preso l’aveva condotto lì, a quella scelta inevitabile che gli era parsa chiara e naturale nel momento in cui era stata annunciata la morte dell’imperatore. Era cambiato molto in quei mesi, la verità gli era stata gettata in faccia troppo brutalmente perché non mettesse radici profonde dentro di lui. Dopotutto, i semi erano già lì e attendevano solo un terreno favorevole e le sue lacrime tramutate in pioggia per attecchire. Non poteva più fuggire e lasciarsi tutto alle spalle. Doveva tornare a Soul e riprendersi ciò che era suo.
Sospirò e si portò una mano al petto.
Stava per gettarsi tra le braccia di Heechul e sapeva bene cosa tutto questo avrebbe comportato, ma aveva altra scelta? Doveva essere pronto a recitare una parte convincente premurandosi di non mettere troppo a rischio la sua sicurezza. Tremava al solo pensiero, ma era anche risoluto in quella che, ormai, era la sua decisione.
Si stava volontariamente gettando in un vulcano ardente e, se anche ne fosse uscito vivo, pesanti ustioni non l’avrebbero risparmiato. Il ghigno ridente del suo promesso balenò davanti a lui per poi essere sostituito dagli occhi caldi e teneri di Jonghyun e il principe avvertì gli occhi pizzicargli. Anche Jonghyun non ne sarebbe uscito illeso.
No, devi essere forte, si disse.
Kibum emise un sospiro fioco. - Una volta a Soul sarò poco più di un ostaggio. –
-Una volta a Soul? –fece Taemin sbarrando gli occhi.
-Una volta a Soul. L’unico modo per prendere il palazzo reale è avere qualcuno disposto ad agire dall’interno. E l’unico possibile qualcuno sono io –
Taemin non riusciva a credere che, alla fine, Kibum stesse per tornare a Soul. Si conoscevano da pochi mesi eppure si era abituato in fretta alla sua presenza e la loro amicizia era stata immediata. Se quelle parole non fossero state pronunciate dal principe stesso non vi avrebbe mai creduto, perché meglio di chiunque altro sapeva cosa significava per Kibum tornare a palazzo. Già una volta gli aveva detto addio e poi era rimasto, ma ora Taemin non si faceva illusioni. Kibum partiva perché non aveva scelta e perché, semplicemente, quella era la scelta giusta da fare. Questa volta non era una fuga, al contrario il suo amico s’apprestava ad affrontare quelle paure che molte volte erano state oggetto delle loro confidenze. Taemin era triste e preoccupato, ma anche orgoglioso del coraggio della sua umma. Se davvero era stato un bambino spaventato ora non lo era più e, se lo era, ora aveva il coraggio d’affrontare ciò che lo aspettava.
Lo sta facendo anche per noi, pensò il più piccolo.
Minho scosse il capo ed incrociò le braccia. Sospettava sarebbe finita in quel modo, quell’atmosfera aleggiava in modo quasi palpabile da giorni e le semplici parole del principe non avevano fatto altro che renderla più consistente. Kibum era arrivato all’improvviso ed altrettanto all’improvviso si proponeva di sparire. Avevano costruito la loro amicizia lentamente, un passo alla volta, finché non si erano ritrovati a condividere gli stessi segreti e le stesse preoccupazioni.
Taemin e Minho si scambiarono un’occhiata consapevoli di star condividendo i medesimi pensieri. I legami che avevano stretto in quei pochi mesi erano forti e nel bene e nel male avrebbero lasciato segni profondi.
Gli occhi del principe si animarono di determinazione. –Mi consegnerò al primo promesso ad Haewan e tonerò a Soul, una volta là troverò il modo per farvi entrare a palazzo, così risparmieremo inutili laghi di sangue. Mi terrò costantemente in contatto con voi, non so come farò…ma posso trovare un passaggio, una via, capace di far conquistare il palazzo ai Ribelli. Inoltre, la situazione attuale mi consente di tornare senza suscitare domande inopportune: dirò che avete accettato il riscatto così anche voi sarete al sicuro. Heechul è scaltro, ma è anche una persona di parola, non toccherà i Ribelli se mi vedrà tornare, a meno che voi non gli diate motivo di fare altrimenti. –
Jinki sondò il viso del principe portandosi alle labbra una tazza di tè. Kibum era giunto lì per caso, tremante e confuso, con un unico obiettivo: fuggire. Il solo pensiero di ritrovarsi di nuovo tra le mura del palazzo l’aveva spaventato e inorridito al punto d’affermare di preferire la morte. Parole forti, esagerate, ma che in modo chiaro ed inequivocabile aveva reso l’idea del suo stato d’animo. Jinki ricordava bene la loro prima conversazione e Kibum era cresciuto molto d’allora. Si era ripromesso di proteggerlo e prendersi cura di lui in qualità di Leader e fratello maggiore, anche se non sempre ci era riuscito. Poteva lasciarlo andare così? Temeva il futuro che si presentava davanti al più piccolo, pur riconoscendo coraggio e determinazione nelle sue parole.
- Sarà molto rischioso. Sei sicuro di voler affrontare tutto questo? Una volta là sarai solo. – disse Jinki, infine.
-Ho già deciso, Jinki. Non ti sto chiedendo il permesso. -
Kibum strinse i pugni.
-Non voglio più essere il bambino spaventato che ha visto sua madre morire e che da allora è sempre rimasto rintanato in quell’angolo buio e freddo. Voglio uscire da quella gabbia che altri hanno costruito per me e nella quale ho scelto di rimanere, dimenticandomi d’avere la chiave per aprirla.  Io voglio combattere per ciò che è mio e questo è il momento. –
Kibum incontrò gli occhi di Minho. 
-Rimarrò qui giusto il tempo per sistemare le mie questioni personali, poi andrò. –
Affronterò Jonghyun, pensò Kibum, anche se in questo momento lui mi spaventa più di Heechul.
Non aveva idea di cosa aspettarsi dal più grande. Rabbia, amore incondizionato, rifiuto o sostegno?
-Sei sicuro, Kibum? – domandò Jinki.
-Devo farlo – rispose risoluto.
-Quando è così non vi è nulla che possa fare per trattenerti, ma non ti lascerò andare da solo. Ti accompagneremo nei dintorno della residenza, non potrò proteggerti una volta che sarai all’interno ma voglio quanto meno vederti arrivare là sano e salvo. –
 
 
***
 
 
Così come Taemin aveva deciso di non perdere di vista Kibum per il resto della giornata, Minho progettava di fare lo stesso con Jonghyun. Intendeva tenerlo d’occhio da lì alle prossime ore ad anche in seguito.
Se solo lo trovassi!, pensò infastidito.
Jonghyun era latitante, le poche occasione in cui era apparso, ovvero duranti i pasti, era stato sfuggevole e sovrappensiero per sparire di nuovo chissà dove. Strano lo era sempre stato, ma questa era follia! E in un momento simile!
Aish!, imprecò tra sé.
La situazione era complessa o per meglio dire di una semplicità disarmante ma, ironia della sorte, questo rendeva tutto più difficile. Minho era scocciato, frustrato e preoccupato. Una lama ben affilata stava per calare sul capo del suo migliore amico e non aveva idea di quelle che sarebbero state le conseguenze. Minho sospirò. Jonghyun era potenzialmente pericoloso se preso nel modo sbagliato.
Aveva girato mezzo Rifugio ma di quella testa vuota non vi era traccia. Dov’era finito?! Forse aveva già saputo e si era gettato in un dirupo, oppure stava nascondendo il corpo di Kibum da qualche parte.
Aish, imprecò di nuovo tra sé e si scompigliò i capelli.
Proprio in quel momento, Jonghyun apparve all’orizzonte. Aveva un’espressione gongolante dipinta in viso segno che o era appena giunto a conoscenza della verità e l’aveva presa bene, giacché evidentemente le possibilità di morire e ricevere la degna sepoltura di un re per lui aumentavo, oppure era ancora ignaro della sorpresa che Kibum aveva in serbo per lui.
Minho protendeva di più per la seconda ipotesi, perché il gongolare di Jonghyun era quello tipico di qualcuno che sta per fare qualcosa di molto stupido, e Minho non dubitava che quel qualcosa di stupido coinvolgesse Kibum.
Tempismo perfetto, pensò tra sé con amarezza.
-Minhossi!! –, lo salutò Jonghyun saltellando verso di lui come una scimmia prossima ad un banchetto di banane.
Sì, pensò Minho, ha in mente qualcosa di stupido.
-Che stai facendo? E’ da ore ti cerco. –
-Oh sono stato in biblioteca –
Jonghyun si portò le mani dietro la testa e sorrise smagliante. Minho ebbe l’impressione che il suo amico intendesse slogarsi la mascella. Represso l’istinto di emettere un verso di disperazione.
-Tu in biblioteca? –, si limitò a chiedere sollevando un sopracciglio.
-Esatto. Non vuoi sapere perché? -
-Te l’avrei chiesto direttamente se tu non fossi così ansioso di…-
-Ho intenzione di chiedere a Key di fare il legame di fratellanza. –
Minho sbiancò e sbarrò gli occhi. Legame di fratellanza con Key? Quando a quell’idiota era venuta un’idea simile?!
-Sorpreso eh?-
-Sei…sicuro?-
-Che razza di domande sono? Tutto ciò che hai in altezza devi averlo perso in materia grigia. Aish, forse le mie gambe corte tutto sommato hanno dei vantaggi.-
Minho cercò d’ignorarlo. Conosceva abbastanza bene il suo amico da sapere che, in quel momento, desiderava solo dar sfogo alla propria felicità ed ascoltare sé stesso dire assurdità.
-Vedi, ne abbiamo parlato tempo fa e, devo ammetterlo, io non ero molto convinto. Insomma, è una cosa stupida che fanno i nobili e noi non lo siamo. -
Minho fu sul punto d’aprire una lunga parentesi in proposito, ma decise d’astenersi. Ne avevano parlato tempo prima? Quando, come e perché? Come aveva potuto Kibum farsi venire un’idea tanto stupida?! Forse aveva respirato per troppo tempo la stessa aria di Kim Jonghyun, non poteva esserci altra spiegazione. Dopotutto il principe era un tipo meticoloso ed accorto, l’unica cosa che poteva averlo portato a formulare pensieri tanto pericolosi era la paura di separarsi di nuovo da Jonghyun. Una paura legittima ed una soluzione che poteva proteggere entrambi, ma anche alzare la portata dei rischi. Nella loro situazione rischiava di trasformarsi in una lama a doppio taglio.
-Comunque, date le ultime novità mi sono ritrovato a rivalutare la questione. –
Jonghyun sorrise come se avesse appena fatto l’affermazione più intelligente del mondo.
-Novità? –
-Considerando il suo temperamento spocchioso degli ultimi giorni credo di aver capito qualcosa. Vedi, all’inizio non ha detto nulla, ma è evidente che è irritato per il mio rifiuto. Non lo faccio per quello, eh, è una cosa importante. –
Jonghyun incrociò le braccia ed annuì, quasi parlando a sé stesso.
Minho sbuffò. Quella testa vuota non aveva capito niente e stava per peggiorare una situazione talmente semplice da essere irrimediabilmente complicata. Arricciò il naso. I suoi stessi pensieri gli suonavano assurdi, ma allo stesso tempo non trovava definizione migliore. Minho maledisse tra sé Kibum.
Perché non gliel’ha detto prima? Pensò sull’orlo di una crisi, sciorinando nella sua mente le peggiori imprecazioni che in quel momento gli vennero in mente.
-Ci penso da qualche settimana-, proseguì Jonghyun, - ma volevo rifletterci con calma e ora non ho dubbi! Farò il legame di fratellanza con Key e quando quel maiale dell’erede al trono rotolerà come un salame dallo scranno imperiale, magari lo sposerò! –
Sul viso di Jonghyun s’allargò un sorriso smagliate. Secondo Minho un ubriaco avrebbe avuto di gran lunga un’espressione meno ridicola. Se solo fosse stato a conoscenza dell’implicazione delle sue parole probabilmente non avrebbe riso, ma si sarebbe messo le mani tra i capelli desiderando strapparseli dal primo all’ultimo, una cosa che Minho in quel momento desiderava fare ardentemente.
-Non il maiale – disse Jonghyun, serio, notando che l’amico non reagiva.
-Avevo capito. Quando pensi di chiederglielo? – azzardò Minho.
-Questa sera! –
Senza perdere ulteriore tempo, Jonghyun sparì lungo il corridoio.  Nella sua mente presagiva una serata perfetta ed una nottata altrettanto tale.
Grandioso, pensò Minho portandosi una mano alla fronte.
Quello era davvero un tempismo perfetto! Non osava immaginare come sarebbe andata a finire, conosceva abbastanza bene Jonghyun dal potersi permettere di fare pronostici molto negativi. Il suo amico desiderava stringere un legame forte e duraturo con la persona che, Minho lo sapeva bene, contava di più al mondo per lui ma che, in realtà, era la stessa che dichiarava di odiare. L’oggetto prediletto delle sue battute fuori luogo. Non si metteva bene, ma per quando preoccupato per i suoi amici Minho poteva fare ben poco. Era una questione tra Key e Jonghyun, o meglio tra “quel maiale dell’erede al trono” e “quella testa vuota di Kim Jonghyun”. Sospirò rassegnato. Si era prefissato di proteggere Kibum e allo stesso tempo aveva promesso al suddetto che si sarebbe preso cura di Jonghyun, ma cosa sarebbe accaduto se Jonghyun avesse preteso la testa di Kibum? Sperava davvero che riuscissero a risolvere le cose tra loro o avrebbe dovuto raccogliere i pezzi di Jonghyun e le ceneri di Kibum.
 

***
 
Seduto sul bordo del letto, come se dovesse scattare come una molla da un momento all’altro, Kibum si stropicciava le mani in grembo e mordicchiava il labbro. Era certo di essersi strappato una pellicina e di sanguinare, perché un pungente sapore metallico gli stuzzicava la punta della lingua. Con i sensi all’erta e le orecchie tese faceva attenzione a qualunque rumore giungesse da oltre la porta della sua stanza. Sua e di Jonghyun. Più di una volta era sobbalzato ed aveva guardato con terrore in direzione dell’uscio, ma ogni suono era poi scivolato via lasciandolo di nuovo nel silenzio.
Il principe lasciò spaziare lo sguardo su quel piccolo mondo confuso e dal gusto eclettico che univa i mobili e gli oggetti dalle fogge più tradizionali a quelli più ricercati e pesantemente decorati che tanto piacevano alla nobiltà di Soul. Era come se la stanza stessa rispecchiasse l’anima del suo principale proprietario e ne denunciasse lo stato di mezzosangue. Kibum sorrise tra sé assaporando i dettagli di quel luogo che per mesi aveva fatto da cornice alla sua vita, poi tornò a stropicciarsi le mani.
Jonghyun era stato irreperibile per l’intera giornata e se da un lato questo aveva aumentato la sua apprensione, dall’altro aveva tirato un sospiro di sollievo in più di un’occasione. Ma infondo sapeva che stava solo rimandando qualcosa che non poteva più essere posticipato. Era al limite, lo era la sua mente e il tempo che incalzava rapido come un cavallo in corsa. Se chiudeva gli occhi, Kibum poteva vedere quel cavallo sempre più vicino e prossimo ad investirlo.
Ormai era sera, aveva cenato in stanza, da solo, deciso e prendersi ancora un po' di tempo per sé prima di affrontare il più grande, che ora attendeva trepidante.
Kibum lanciò un’occhiata ai resti della sua cena riposti su un vassoio abbandonato su un basso tavolino non molto distante da lui. Non aveva quasi toccato cibo e nonostante la fame il semplice odore di cibo lo nauseava. Si era dunque concesso un bagno caldo nella speranza di distendere i nervi, ma si era rivelato un tentativo fallimentare. Più guardava la superficie dell’acqua, più desiderava sprofondarvi e mettere fine a qualunque pensiero molesto giungesse a turbarlo. Alla fine era uscito dall’acqua prima che quella tentazione diventasse troppo allettante ed aveva indossato un semplice hanbok dalle solite tonalità bianche e blu.
Ora, attendeva.
Kibum sospirò. Come sarebbe andata a finire? Non ne aveva idea, aveva immaginato ogni scenario possibile ed ognuno gli sembrava assurdo e realistico allo stesso tempo. Jonghyun lo amava, non aveva dubbi su questo, dubitarvi era da sciocchi, eppure non sapeva se una volta conosciuta la verità l’avrebbe voluto ancora. Jonghyun era imprevedibile quanto il fuoco stesso che portava, capace di riscaldare nelle notti più fredde ma anche di fare terre bruciata intorno a lui se ferito nell’intimo. E Kibum sapeva bene che l’avrebbe ferito.
Gli spezzerò il cuore, pensò. Te l’aveva detto che l’avrei fatto.
Strinse le mani intorno al copriletto e disperse le lacrime imprigionate tra le sue ciglia, poi la porta s’aprì.
Kibum s’alzò di scattò e sbarrò gli occhi, il suo viso s’imporporò per poi sbiancare ed avvertì chiaramente le gambe tremargli. Tornò subito a sedersi sul bordo del letto nel goffo tentativo di celare quel tremore.
-Jongie – disse con voce flebile.
Il viso del più grande era animato dal sorriso più luminoso e sincero che Kibum avesse mai visto e per lui fu inevitabile ricambiarlo. Come poteva rimanere impassibile di fronte a tanto splendore?
Quando vorrei vivere della luce di questo sorriso per sempre, pensò.
Era così bello, dolce e pieno di passione che infrangerlo era un peccato mortale.
Ma io lo ridurrò in pezzi, pensò con rammarico.
Jonghyun s’avvicinò inginocchiandosi di fronte a lui e posandogli le mani sulle ginocchia. Kibum abbassò lo sguardo incontrando gli occhi ambrati dell’altro, animati da pagliuzze dorate che palpitavano come ridenti fiamme.
-Hai l’aria di uno che sta aspettando qualcosa –, osservò Jonghyun senza perdere il sorriso.
Kibum dischiuse leggermente la bocca e poi scosse la chioma corvina.
-Pensavo. –
-A cosa? –
Incuriosito, Jonghyun si sedette al suo fianco accarezzandogli il viso con il dorso della mano.
Kibum chiuse gli occhi, assaporando quel contatto lieve. Le sue labbra a cuore s’incurvarono un sorriso e le sue gote assunsero tonalità rosate. Riaprì gli occhi e fissò con le sue magnetiche perle nere le ambre iridescenti del più grande.
-A noi. –
Prese un bel respiro. - Jonghyun devo…-
-Anche io ho pensato a noi in questi giorni. –
-Davvero? –
Jonghyun annuì. – Mi dispiace di non aver capito. –
Kibum sbatté le palpebre. Capito cosa? La risposta alle sue domande inespresse gli giunse prima che avesse il tempo di formularle ad alta voce.
-Che volevi fare il legame di fratellanza. –
Questa volta fu Jonghyun ad abbassare lo sguardo, poi rise imbarazzato portandosi una mano dietro il capo, scompigliandosi i capelli.
-Bhe, lo sai che sono un’idiota. Mi dispiace di avere preso la tua richiesta così alla leggera, ma ora non devi più preoccuparti. –
Il più grande gonfiò il petto. – Voglio farlo. –
Se avesse potuto Kibum avrebbe pianto per la felicità, ma notizia tanto bella non poteva giungere in momento peggiore. Ripensò a quella notte intensa iniziata come un bagno innocente, il crogiolarsi nell’acqua calda e la stanchezza genuina di chi desidera solo posare il capo sul cuscino e lasciarsi avvolgere dalle coperte. Quanto era stato ingenuo nella sua paura a cercare e chiedere un legame che poteva salvarli ma anche distruggerli? La paura che l’aveva mosso allora era ancora vivida in lui, più che mai, perché il momento di separarsi era arrivato anche troppo presto. Tuttavia non poteva. Aveva preso una decisione: affrontare Heechul, recitare la parte della bambola perfetta che il suo promesso desiderava. Stringere quel legame, ora, era impossibile. Il tempo stava loro rubando gli ultimi istanti e le sue bugie rischiando di trascinare entrambi nell’oblio. Doveva dire la verità prima che il coraggio lo abbandonasse, prima che cedesse alla tentazione di aggrapparsi all’altro con tutte le sue forze.
Devo portarlo con me per riuscire a sopravvivere, pensò, ma solo come memorie indelebili e nella folle e sciocca speranza di stare di nuovo tra le sue braccia se ancora mi vorrà.
-Jonghyun…-
La sua stessa voce risuonò alle orecchie di Kibum come il gracchiare di foglie secche scosse dal vento. Si schiarì la voce, ma non ebbe il tempo di parlare. Jonghyun l’attirò a sé e lo baciò. Kibum fu attraversato da un brivido mentre le labbra dell’altro modellavano le sue con morbide carezze.
Jonghyun sorrise. – A volte mi capita di svegliarmi nel cuore della notte con addosso una sensazione appiccicosa e, anche se non rammento cosa ho sognato, so’ con certezza che è il ricordo di quei giorni che ho passato senza di te. Sono come gli ultimi residui di un incubo rimasti incollati alla mia pelle. Io ti voglio con me ogni istante. Voglio metà della tua felicità e metà del tuo dolore.-
Kibum allungò una mano per accarezzare gli zigomi pronunciati dell’altro, il profilo di quelle labbra che pochi secondi prima lo stavano baciando e la curva dolce del suo naso. Come poteva trovare la forza di spezzare quel sorriso, di vedere quegli occhi ambrati accendersi di fiamme scure ed irruente per poi bagnarsi di lacrime brucianti?
-Io…-
-Dimmi solo se vuoi, perché io lo desidero più di qualunque cosa al mondo. –
-lo desidero con tutto il mio cuore, ma adesso…-
Jonghyun lo baciò con trasporto.
-Jong, devo parlarti…io…adesso…-
Jonghyun sorrise accarezzando il viso di Key, arrossato dal fiato che gli aveva rubato poco prima.
-Parliamo domani, ora voglio passare una notte splendida con te. Vuoi?–
Quella richiesta risuonò alle orecchie di Kibum come una tentazione terribile. Una necessità che percepiva accendersi nel suo stesso petto e pervadergli le membra. Voleva? Certo che voleva!
Ma posso?, si chiese.
Guardò gli occhi ambrati di Jonghyun che lo fissavano adoranti e pieni di desiderio e pregò d’affondare in quelle iridi calde e di esserne consumato.
Per quanto tempo sarebbero rimasti separati? Giorni, settimane, mesi o per sempre?
Scosse il capo. Desiderava unirsi all’altro in quella notte terribile che a Jonghyun pareva tanto luminosa quanto a lui tetra, ma non poteva permetterselo. Doveva dirgli la verità, accettare le conseguenze ed imporsi di lasciare quel mondo perfetto che avevano costruito, o ceneri e macerie li avrebbero seppelliti vivi.
Jonghyun fissò Key e si umettò le labbra per poi mordersi l’angolo della bocca. Perché il più piccolo non rispondeva, cosa lo turbava ancora? Perché sembrava tanto felice quanto triste? Era strano quella sera come lo era stato negli ultimi giorni. Jonghyun non era tranquillo, avvertiva un’ombra indefinita insinuarsi tra loro ed ingrandirsi ogni secondo di più. Posò le mani sulle braccia di Key esercitandovi una lieve pressione che voleva rassicurate tanto l’altro quanto sé stesso. Nell’aria c’era qualcosa di sbagliato, un velo appena sospeso che minacciava di soffocarli e li fissa ridente dall’alto pronto a calare su di loro, tagliente quanto una lama affilata.
Le mani di Jonghyun fremettero e strinse più forte Key, l’unica consistente certezza all’intorno. Sorrise. I suoi erano pensieri assurdi che non avevano alcun senso logico. Non c’era nessuna ombra, nessuna tristezza.
Kibum intrecciò le braccia dietro al collo di Jonghyun, fece aderire le loro fronti ed emise un sospirò spezzato da un singulto.
Se potessi, pensò, ti porterei con me anche dove non mi puoi seguire e prenderei su di me tutto il tuo dolore.
Stava per commettere un errore terribile, lo sentiva, ma percepiva anche il bisogno di quella notte d’amore prima che tutto s’infrangesse. Quanto egoismo e quanta avidità potevano in quel bisogno disperato?
Domani gli dirò tutto. Domani…questa notte desidero che lui mi ami ancora.
Si strinse più forte a Jonghyun e gli baciò la punta del naso.
Voglio essere Key un’ultima volta e tuo, pensò. Voglio lasciarmi trasportare dalle tue carezze prima di diventare una bambola di seta che non sente niente. Poi, se ancora mi vorrai, attenderò il ritorno dei colori, aspetterò che il mio sangue riprenda a scorrere e tornerò a respirare.
-Voglio – disse alla fine. –Voglio i tuoi baci, le tue carezze, il tuo corpo che stringe il mio e voglio darti ogni centimetro della mia pelle ed ogni mio respiro.–
Jonghyun gli alzò il mento per specchiarsi negli occhi felini dell’altro, per leggere in quelle iridi magnetiche il senso profondo delle parole di Key, incapace d’interrompere quel contatto visivo che aveva segnato il loro primo incontro e che ogni volta doveva essere ristabilito per trascinarli, di nuovo, in quel mondo fluttuate il cui ricordo appariva nella mente del più piccolo come un tenue acquarello.
Kibum si puntellò sulle ginocchia e seguì i movimenti lenti del più grande che aveva iniziato a togliersi della camicia di cotone. Era buffo, lui nato in un palazzo indossava abiti tradizionali, semplici e con pochi fronzoli, Jonghyun, invece, portava una camicia dalle maniche larghe a sbuffò con un leggero accenno di merletto sui polsi. Quanto poteva essere ironico il destino?
Il principe attirò l’altro a sé e Jonghyun si lasciò guidare, docilmente, sorridendo. Più si perdeva nelle irresistibili perle scure dell’altro, più Jonghyun si rendeva conto di essere sempre stato preda dell’altro. Era caduto volontariamente nella tana di una volpe. Sorrise sghembo. A Key bastava uno sguardo per farlo suo.
Key gli sfilò la camicia e la gettò sul tappeto. Alzò lo sguardo e Jonghyun lo abbassò, irrimediabilmente calamitati l’uno all’altro. Sempre sostenendosi sulle ginocchia, Kibum fece scorrere le mani sul petto del più grande sino a posarle sulle sue spalle per mordergli la pelle sottile che gli proteggeva il collo.
Jonghyun emise un lamento, ma sorrise e gettò il capo all’indietro quando il più piccolo gli baciò il collo con labbra umide, come a lenire quei piccoli morsi. Prese Key per i fianchi beandosi di quelle effusioni e tenendolo più stretto a sé, mentre l’altro gli faceva fusa e lo colmava d’attenzioni. Baci lenti e dolci che celavano una passione latente.
Kibum affondò il viso nell’incavo tra il collo e la spalla di Jonghyun, lasciandosi inebriare dal suo profumo. Sollevò il capo per posare un baciò più leggero sul suo petto all’altezza del cuore, poi gli prese delicatamente il viso, gli baciò uno zigomo e la mascella, strusciando infine le loro guance.
Jonghyun si sedette in ginocchio sul letto trascinando il più piccolo sulle sue cosce e le sue mani corsero sulla schiena di Key accarezzandogli la pelle liscia sotto la camicia, poi gli sollevò delicatamente una coscia per far aderire di più i loro corpi e Kibum ansimò, scosso da un brivido, e inarcò la schiena. Jonghyun lo avvolse in un abbraccio per accompagnarlo gentilmente tra i cuscini. Si umettò le labbra, contemplando la figura aggraziata di Key che lo fissava con le labbra rosate semi dischiuse, gli occhi luccicanti ed i capelli corvini scomposti. Era come ammirare il bocciolo di un fiore di ciliegio prossimo a schiudersi agli aliti del vento primaverile. Gli sfiorò le labbra con i polpastrelli ed il più piccolo emise un sospiro rilassato.
Il mio dolce fiore guerriero, pensò Jonghyun.
Perché era questo che era Key ai suoi occhi. Abbastanza forte da sopravvivere al gelo dell’inverno ed altrettanto delicato dal disfarsi tra la brezza di primavera e volare lontano. Che si fosse sbagliato? Aveva temuto che i freddi venti d’inverno lo strappassero da lui, ma se avesse dovuto temere di più il sopraggiungere della primavera con i suoi ingannevoli tepori e le piogge improvvise? Quei petali erano tropo teneri e delicati per rimanere aggrappati ai rami che li ospitavano. Una volta fiorito quel fiore era destinato a disperdersi al vento. Fu colto da un senso di tristezza e nostalgia. Key era lì tra le sue braccia, eppure Jonghyun fu invaso dal timore che potesse disfarsi in mille petali profumati e disperdersi tra i flutti. Lo baciò piano, sfiorando semplicemente le labbra a cuore del più piccolo con le proprie.
-Ti amo -, sussurrò.
Kibum sorrise ed allungò una mano ad accarezzare il viso Jonghyun. Assottigliò le labbra e strizzò gli occhi nel tentativo di disperdere i cristalli umidi che tentavano, invano, di trovare un via di fuga tra le sue ciglia. Per quanto l’altro fosse lì davanti a lui lo vedeva sbiadire come uno splendido acquarello bagnato dalla pioggia. Fece scorrere le punte delle dita sui tratti di Jonghyun per ridipingerli nella sua mente.
Jonghyun s’adagiò delicatamente su Key ed accarezzò il suo corpo con premura scivolando sotto i suoi indumenti.
Kibum inarcò la schiena e mugugnò, beandosi di quel contatto caldo e rassicurante capace di calmarlo e sciogliere i suoi nervi tesi. Il principe desiderava solo lasciarsi modellare dalle carezze dell’altro che risvegliavano in lui un consueto formicolio. La sua energia era in subbuglio e sfrigolava nell’aria circostante intrecciandosi con l’aria satura di calore. Si strinse a Jonghyun desiderando fondersi con lui in un abbraccio eterno, congelato nel loro tempo e nel loro spazio. Gli prese il viso tra le mani perdendosi nei suoi occhi ambrati, liquidi come oro e lava, ed affondò le dita tra i suoi capelli delle tonalità del cioccolato. Il fiato caldo di Jonghyun gli arrivava dritto in viso colorandogli le gote e portando con sé il profumo del ricordo di un sogno di una notte di mezza estate. Desiderava portare con sé anche solo il frammento del ricordo di quel sogno e custodirlo vicino al suo cuore. Un gioiello prezioso da rimirare nelle notti più fredde.
-Stringimi e amami come non hai mai fatto prima -, sospirò flebilmente Kibum a fior di labbra.
Jonghyun lo baciò appropriandosi di ogni angolo della sua bocca e liberò entrambi degli abiti. Il contatto di pelle contro pelle fu inebriante e Kibum respirò a pieni polmoni desiderando crogiolarsi nel profumo del corpo caldo dell’altro e in quei baci capaci sia di stordirlo che di risanarlo.
Mosso da passione crescente, Jonghyun si puntellò sui gomiti e sondò il viso di Key in una tacita domanda, alla ricerca di un assenso che solo l’altro gli poteva dare. La risposta di Kibum fu semplice nel suo silenzio dolce ed il più piccolo dischiuse leggermente le gambe invitando Jonghyun a rendere più intima quella notte che gli sembrava tanto oscura, illuminata solo dagli occhi del più grande.
Jonghyun lo baciò sulla fronte e sulla punta del naso, poi scivolò nel corpo dell’altro affondando delicatamente in un gemito di piacere.
Kibum emise un miagolio lamentoso, morse e baciò il collo dell’altro per alleviare il dolore iniziale, prima di rilassare il proprio corpo tra le braccia premurose ed appassionate di Jonghyun. Kibum desiderava imprimere tutto questo nella sua mente e sulla sua pelle, per custodirlo tra le sue memorie e lasciarsi cullare da esse nelle notti avvenire che già presagiva fredde e vuote, animate da ombre e paure che strisciando infide si sarebbero insinuate dentro di lui gelandogli il sangue. Le mani di Jonghyun sulla sua pelle cicatrizzavano ferite invisibili e ne aprivano altrettante destinate, forse, a segnarlo per sempre. Non voleva che fosse un addio, non doveva esserlo, ma più guardava avanti più vedeva e percepiva il buio del vuoto. L’universo senza stelle, freddo ed inconsistente. Era come fare l’amore sull’orlo di un burrone destinato a franare.
Erano come il dipinto di un sogno luminoso, troppo delicato e sottile per sopravvivere all’irrimediabile scorre delle stagioni del mondo reale. Si toccavano, si cercavano, intrecciavano mani, gambe, ma, ormai, i colori sbiadivano, scivolavano in rivoli colorati lasciando dietro di sé solo le memorie di emozioni intense.
Kibum s’aggrappò alla schiena di Jonghyun nel disperato tentativo di trascinarlo con sé. Perché era lì davanti a lui e lo poteva toccare, baciare e percepire il calore del suo corpo, eppure lo vedeva così lontano. Una figura solitaria che s’allontana e sbiadisce sotto la pioggia che sono le loro stesse lacrime
Jonghyun era assuefatto dal profumo dolce del più piccolo che sapeva di primavera, dalle sue movenze aggraziate e flessuose; totalmente calamitato verso quegli occhi sottili e lucidi capaci di risucchiargli anima e corpo. Percepiva in Key una passione dolce mossa da un desiderio bruciante e da un amore palpabile quanto i loro corpi impegnati in una danza dal ritmo frenetico e coinvolgente. Eppure, Jonghyun avvertiva anche urgenza e riconosceva nel più piccolo un bisogno disperato, il tentativo d’aggrapparsi al suo corpo e fondersi con esso per raggiungere la sua anima ed afferrane ogni piega, anche quella più recondita. Jonghyun era sconvolto dal piacere, dalle domande a cui cercava di dare senso e risposte assecondando i movimenti del più piccolo, baciandolo, accarezzandolo e facendolo suo ad ogni spinta. Che cos’era quel senso di disperazione strisciante, quella nota triste che permeava i gesti dell’altro?
Mi sto immaginando tutto, si disse. E’ solo il frutto della mia mente che vede, sente e vuole solo lui.
Dopotutto, anche lui non lo desiderava disperatamente?
Si domandò come sarebbe stato fare l’amore con Key una volta uniti dal legame ed assaporò quel pensiero con lo stesso trasporto con cui esplorò la bocca dell’altro. Leccò quelle labbra rosate, morse le curve a cuore che le modellavano ed assaggiò il dolce sapore di quella bocca che solo a lui era stata donata.
Perché Jonghyun sapeva che era un dono concesso solo a lui. Ogni volta quel pensiero lo inorgogliva e lo spronava ad amarlo con grazia e gentilezza anche quanto il desiderio fisico diventava incontenibile, per non sciupare quel tesoro meraviglioso. Desiderava che Key lo sapesse e lo sentisse, così ogni volta sbirciava il suo viso e allora ogni paura svaniva, perché leggeva in quegli occhi felini una felicità che andava oltre il semplice piacere. Era la pura gioia di essere amato che accendeva ancora di più le perle scure del più piccolo, animate da pagliuzze argentate palpitanti nella notte.
Jonghyun abbandonò la presa sui fianchi di Key e percorse il corpo del più piccolo per raggiungere i suoi polsi ed intrecciare le loro mani.
Kibum ansimò e fissò Jonghyun da sotto le ciglia scure che adombravano appena il languore felino che lo animava.
Quel semplice scambio di sguardi provocò a Jonghyun un fremito e, scosso dagli ultimi spasmi, rilasciò la sua passione bollente nel corpo di Key, accompagnato dal ritmo dei miagolii acuti del più piccolo.
Key inarcò la schiena e attraversato da brividi caldi emise un lungo gemito di piacere, lasciandosi completamente andare. Infine, giacque molle sotto il corpo del più grande.
Entrambi sospirarono, stanchi e appaganti, fondendo i fiati caldi che sapevano l’uno della bocca dell’altro.
Key allungò il collo verso Jonghyun domandando un bacio. Il più grande sorrise intenerito da quel gesto innocente che, ogni volta, chiudeva quei momenti di passione nati da un amore generato da sguardi fugaci.
Jonghyun posò un bacio delicato sulla fronte del più piccolo ed infine sulle sue labbra. Uno tocco lieve seguito dallo sfiorarsi di guance.
Key fece scivolare una gamba sopra quelle dell’altro per trattenerlo.
-Stringimi finché non giunge l’alba e non lasciarmi andare. –
-Ti terrò con me anche quando sorgerà il sole. –
Kibum gli prese il viso tra le mani ancora tremanti e sfregò il naso contro quello di Jonghyun. Quanto sarebbe stato meraviglioso credere incondizionatamente a quelle parole che sapeva nascere dal cuore del più grande. Ma poteva essere davvero così? Lì, tra le braccia di Jonghyun, mentre ancora gli apparteneva, era tutto perfetto ma il vetro traballante di quel mondo in miniatura, scandito dalle note limpide di una melodia dolce amara, stava crollando. Bastava una parola, una sola, il suo nome e come un sassolino avrebbe infranto quel vetro le cui crepe erano ormai troppo profonde e lo attraversavano come bianche cicatrici iridescenti.
No, pensò il principe, non lo farai.
Kibum si strinse al corpo ancora bollente dell’altro, mentre il suo fremeva delle ultime tracce di piacere. Affondò il viso umido di lacrime silenti nella spalla di Jonghyun e gli accarezzò il capo cullandolo e lasciandosi cullare dai battiti dei loro cuori. Chiuse gli occhi e respirò piano. Era il momento di abbandonare il sogno.
Ovunque mi condurrà il destino io ti amo e sono tuo.
 
 
 
Bene…dopo tutto questo amore
 
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…vi suggerisco di stare pronti a tutto per i prossimi capitoli!
 
Image and video hosting by TinyPic Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Se vorrete lasciarmi un commentino vi ruberà solo due minuti e mi farete molto felice ^^
Image and video hosting by TinyPic Alla prossima! Image and video hosting by TinyPic
   
 
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