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Autore: effy_14    30/03/2017    3 recensioni
Piccola premessa questa storia può essere vista come il seguito di "Io ci sono...", di cui consiglio la lettura, ma può essere anche letta a parte =)
"Pensieri troppo veloci le riempirono la mente e la rabbia crebbe tanto che quando fece per avvisare i compagni dell’imminente arrivo via mare della Marina non si accorse di aver urlato arrabbiata guardando male tutti."
Genere: Fluff, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Buon giorno a tutti!!! Finalmente eccomi =)
In questa parte inizieremo a scoprire come mai il nostro spadaccino ha preso determinate scelte. Purtroppo ho dovuto dividere il tutto in due capitoli altrimenti sarebbe venuto troppo lungo, ma vi prometto che non ci metterò così tanto per inserire il prossimo.
Buona lettura a tutti e grazie mille!
 
Effy
 
 
Una volta arrivato sul ponte tentò di stare con gli altri, ma i pensieri che gli invadevano quella testa verde erano troppi, così, con la scusa di controllare se le se cose fossero tutte in ordine, andò a rinchiudersi in palestra.
Si lasciò andare, quasi sfinito, sul legno della porta d’ingresso e si perse nei suoi ricordi…
 
Più di un anno prima sull’isola di Kuraigana…
 
Girava già da una buona mezz’ora in quella che ormai si era rassegnato a vedere come la sua momentanea abitazione, ma che fino in fondo non lo aveva mai convinto. Non appena aveva scoperto che il suo acerrimo nemico, ora maestro, viveva in quel castello in completa solitudine, con dei babbuini guerrieri come abitanti di tutta l’isola non sapeva se rimanerne ammirato oppure stupito. Anche lui era sempre stato un tipo solitario, ma non sapeva se sarebbe riuscito ad arrivare ad essere così solitario.
Si blocco di colpo notando l’ennesimo muro grigio di fronte a lui, ad indicare che, anche l’ennesimo corridoi preso lo aveva condotto in un vicolo cieco. Era li ormai da un anno, ma ancora aveva difficoltà a trovare la sua camera. Avrebbe potuto chiamare quella ragazzina fastidiosa e fluttuante, ma sarebbe significato incappare nelle sue lamentele su quanto poco senso dell’orientamento avesse e non ne aveva voglia.
Uno sbuffo misto ad un ringhio uscì dalla sua bocca. Stava per tornare indietro quando si accorse di un luccichio venire dalla porta semi aperta alla sua destra. Non era un tipo curioso in genere, ma tra quei mattoni così grigi e umidi non vi erano mai delle luci più sgargianti delle altre. I lampadari e l’argenteria sparsa per l’abitazione non era per niente luccicante, era anzi arrugginita e lasciata a se.
Dopo un attimo di esitazione decise di guardare e aprì del tutto lo scuro portone. Restò un momento stupito da ciò che vide: un camera da letto, ma non come quella che aveva lui o Perona, ma un camera padronale in piena regola. Un letto enorme era posto al centro di essa, un armadio e uno scrittoio erano accanto ad  un’enorme porta finestra che, da ciò che poteva intuire, dava direttamente su quello che un tempo era il giardino principale. Il tutto era coperto da uno spesso strato di polvere e ragnatele, ma allora da dove arrivava quella luce?! Fece un giro su se stesso e allora la notò: appoggiata ad un altro mobile, probabilmente una vecchia specchiera, una cornice d’argento. Inarcò un sopracciglio, era l’unica cosa perfettamente pulita nella stanza. Si avvicinò stranito e notò che al suo interno, anche se sbiadita, c’era la foto di una donna. Una bellissima donna, si ritrovò a pensare. Capello neri come la notte, ma un sorriso che bastava per illuminare tutto. Ghignò di rimando al pensiero di un altro sorriso che aveva lo stesso effetto di quello. Che fosse la vecchia padrona del castello? Se non aveva capito male quello era un regno molto rigoglioso prima dello scoppio della guerra. Ma se così fosse stato perché quel porta foto era l’unica cosa pulita in quella stanza? Il suo cervello si stava arrovellando per cercare una soluzione quando una voce lo fece alzare gli occhi al cielo. – Finalmente!! Ma è possibile che tu non riesca mai ad andare direttamente in camera da dove ti lascio?!? Non è difficile, sai?!?- Puntò gli occhi verso di lui notando solo ora ciò che teneva in mano. – Mm?! E questa?? –
 - Non lo so! L’ho trovata qui. –
Perona guardò la foto per poi fare un giro su se stessa scrutando tutta la stanza, ma come!?! Lei dormiva in uno stanzino per le scope, rispetto a quella camera. Si sentì indignata e non mancò di farlo presente. – Cioè: c’è una stanza bellissima e non utilizzata e io devo dormire in un buco?? Ah ma ora mi sente quel brutto brutto…-
-Si può sapere che cosa ci fate qui??- Una voce adirata li fece girare immediatamente entrambi. Un Mihawk più scuro in volto del solito li stava fissando con quegli occhi che avrebbero fatto gelare anche il deserto.
-Oh beh proprio tu!Da oggi in poi io dormirò qui! E sappi che sono molto arrabbiata dal fatto che sia dovuta stare il quella “trappola per topi” per tutto questo tempo anziché in una camera da regina come questa!Ca..pi..to?-
La voce le si abbassò quando vide che il padrone di casa non la stava nemmeno ascoltando, ma anzi, era concentrato, in modo spaventoso, sulle mani del verde e in particolare su ciò che reggevano. Zoro, capita l’antifona, rimise la foto al suo posto e, senza dire una parola si spostò da li. Il corvino si avvicinò parandosi davanti al mobile, quasi con fare protettivo, voltandosi poi a fissare i due giovani dinnanzi a lui. – Fuori di qui, subito!- Non aveva urlato, non era da lui, ma se lo avesse fatto, forse i brividi che avevano avvertito i due lungo la schiena non sarebbero stati tanto spaventosi. Non fecero ulteriori domande e si avviarono verso al porta, prima di uscire il verde buttò un occhio al suo maestro e ciò che vide nel suo sguardo lo stupì. Tristezza, malinconia e a tratti dolore. Lo aveva pensato non appena l’aveva vista, ma ora ne aveva la conferma, quella non era uno donna qualsiasi.
 
Si ritrovarono a tavola un ora dopo per la cena. Nessuno aveva aperto bocca, non che generalmente ci fossero grandi conversazioni, ma Perona non era mai stata così silenziosa. I grandi occhini neri saettavano di qua e di la prima su uno e poi sull’altro spadaccino, e la lingua le pizzicava da matti per la domanda che le premeva per uscire. Aspettò ancora qualche minuto e poi scoppiò -Si può sapere chi è quella donna?- Il rumore delle posate usate da Mihawk cesso per un momento che parve infinito, per poi continuare come nulla fosse, come se nessuno avesse parlato. Uno sbuffo arrabbiato usci dalla boccuccia rossa della ragazzina Horo Horo, ma non protestò. Il verde invece iniziò ad insospettirsi, più di quanto già non fosse, perché era vero: il suo maestro non era un gran dispensatore di chiacchere, ma non aveva mai mancato di rispondere a una delle domande che gli venivano poste.
Iniziò,senza rendersene realmente conto, a guardalo in modo insistente, quasi fosse lui ad aver fatto quella domanda e ne pretendesse la risposta. Lo vide fermarsi e poi sospirare. Tempo un minuto e la sua voce tetra si diffuse per la stanza –Si chiamava Maribelle. Era la principessa che viveva in questo castello prima che il paese venisse invaso dalla guerra. –
Ciò che avevano appena udito li lasciò di stucco per un buon paio di minuti, ma non per le parole dette in se, quanto per il tono con il quale erano state pronunciate. Non lo avevano mai sentito parlare così, era sempre serio ed impostato, ma più umano e se questo era normale per un qualsiasi essere umano, persino per Zoro che si riteneva il più apatico di tutti, per uno come Occhi di Falco era un stranezza bella e buona.
La domanda che pose Perona una volta che si fu ripresa fu il medesimo pensiero che si era fatto anche il verde. –La conoscevi perché questo castello è della tua famiglia?-
Ci mise, anche questa volta, del tempo per rispondere, come se dovesse pensare a cosa dire per non lasciarsi andare. Ormai avevano capito entrambi che quell’argomento lo destabilizzava, seppur minimante, che quella fosse la sorella?!?
- No, questo non è il mio castello. Lei non era una mia parente – il secondo sospiro irruppe su quella bocca fine sempre tagliente ma che ora non sembrava più la stessa poi arrivò una scioccante verità – Era la mia compagna. - 
   
 
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