Questa è una poesia
molto particolare, spero vi possa piacere.
Gustatevela, poi nelle
mie note d’autore, a fine componimento, potrete soddisfare ogni vostra
curiosità a riguardo.
IL PARCO DELLE LACRIME
Il saggio merlo diffonde il suo
melodico canto
dal ramo alto dell’abete.
Arzigogola,
il dolce suono del suo fischio
d’amore s’espande
in quel che è un parco
delle lacrime.
Buona natura, dal ramo propeso
verso occidente, verso un tiepido sol
che nel cielo si erge
al di sopra delle nuvole
dello sconforto umano.
È un parco, ciò che circonda
il Visitatore, che con la valigia di
un malato in mano
si reca verso l’immenso edificio
che nel complesso naturale è
incastonato,
oasi di dolore
e di realtà brutale.
Contrasto;
il merlo sull’albero rompe ancora la
quiete
di chi tra le mura vicine,
a meno di cento passi, piange.
La natura un giorno potesse
assorbire dolore e morte in un canto
d’uccelli, posati su un prugnolo
selvatico.
I fiori di primavera profumano,
ma il loro è un profumo amaro per chi
il parco attraversa, lungo l’unico
sentiero
che si fa strada d’asfalto.
Ad attenderlo, oltre, solo il gemito
umano.
La prova è l’albero in fiore
che ammassa i figli del reale.
Su di esso, mentre dai suoi rami
placidi osservano
il flusso implacabile e continuo di
chi sta male,
di chi entra e di chi esce,
di chi piange e di chi, sollevato per
buone novelle,
sorride tenuamente.
Ove non c’è più spazio per
l’umana spensieratezza di un uomo
ancora giovane,
c’è un mondo fatto di verde che
rinasce,
metafora, ossimoro,
il tutto farcito di rumori
che il bugiardo poeta definirebbe
onomatopeici, se li includesse nelle
sue opere.
Perché dalla natura e dal grande
parco silenzioso, dove gli uccellini
si dilettano
e gli alberi verdeggiano e fioriscono,
resta solo spazio per un piccolo
angolo d’universo
che tra le sue schiere vegetali e
animali vive,
come un organo infetto strappato
dalla città
e messo a marcire fuori dalle sue
mura antiche.
Il Visitatore cammina, agli uccelli e
ai profumi
che sanno di vita
più non pensa;
nella sua testa risuona solo il suono
delle sirene
di un’ambulanza lontana, mentre il
verde
tutto assorbe, come spugna.
Che al dolore sia data libertà.
NOTA DELL’AUTORE
Salve a tutti ^^
Questa che avete letto è una poesia molto, molto particolare.
Prima di tutto, è ispirata ad un luogo realmente esistente, al quale ho
attribuito io un nome con il quale lo identifico, ed inoltre si basa su
sensazioni ed emozioni che ho provato di recente, e che mi sono rimaste
impresse fintanto che non ho scritto questo componimento.
Per aiutarvi a comprendere meglio il testo, vi spiego un po’
cosa mi ha ispirato.
Dunque, come avrete capito, il soggetto sul quale ruota il
componimento poetico è un parco; ebbene, si tratta del verde e silenzioso
parchetto(in questo momento dell’anno parzialmente in fiore) che circonda il
grande ospedale di Forlì. In realtà non è considerato un parco, ma gli alberi
piantati lì tanti anni addietro, agli albori della struttura, ormai sono
diventati di una magnificenza sublime e ribollono di vita. Questo ampio spazio
verde è parecchio vasto, e prima di giungere all’ospedale bisogna
attraversarlo, e c’è l’apposita strada asfaltata, e se lo si fa a piedi e
durante il giorno si è avvolti da un silenzio incredibile, interrotto solo dal
canto degli uccelli, in modo particolare dei merli. Il parcheggio, infatti, è lievemente
distante dalla struttura.
La struttura stessa è immensa e in periferia, limitrofa anche
alla zona protetta del Ladino, ovvero un lembo di bosco primigenio rimasto
inalterato da millenni.
Insomma, questo contrasto abnorme che si crea tra
natura-vita-eternità, e uomo-dolore-sofferenza mi ha da sempre colpito, e
durante una mia gravosa visita dei giorni scorsi, mi ha lasciato amaramente
ispirato.
Il titolo del componimento, ovvero Il parco delle lacrime, si riferisce al fatto che quel parco, per
l’appunto, lo si attraversa molto spesso col magone in gola, come potrete
immaginare, o soffrendo. Lo si può definire un parchetto, un grande giardino,
un’oasi verde, tuttavia, nella mia ispirazione, ho scelto di dargli lo spessore
che più mi resta impresso.
Ecco qui spiegata la poesia! Spero vi sia piaciuta. Mi
sembrava corretto dire due parole su di essa e spiegarvela un po’, per farla
comprendere meglio.
Grazie di cuore per tutto e a tutti, e a giovedì prossimo.