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Autore: sofimblack    30/03/2017    0 recensioni
Dal II capitolo:
«Vuoi una caramella?»
Lui la guardò con attenzione ancora maggiore. Non si erano mai presentati, non si conoscevano, eppure lei non si era presentata né gli aveva chiesto il suo nome. No, lei gli aveva sorriso offrendogli una caramella. Una caramella. Anche lei studiava le persone, non si era sbagliato, ma aveva l’impressione che i loro studi si muovessero su due piani diversi.
[...]Quando però lei gliela porse, e lui allungò la mano per prenderla, accaddero due cose contemporaneamente.
Si sfiorarono appena, e una lieve scossa attraversò entrambi... probabilmente pure questo è un cliché, eppure tramite quel tocco leggero presero effettivamente la scossa, era decisamente così, non ci si poteva sbagliare.
La seconda cosa fece invece cadere Rae nello sgomento. L’atmosfera, da tranquilla e rilassata, si era fatta per lei tesissima. Una sensazione terribile, sconvolgente e in qualche modo triste la attraversò, velandole per un momento gli occhi di panico. 5 novembre, 5 novembre, 5 novembre.

Cosa sarebbe potuto accadere se Rae, una ragazza molto "intuitiva" e dal passato difficile, avesse incontrato Elle durante il caso Kira? Forse il finale sarebbe stato diverso...
Beh, spero di avervi sufficientemente incuriositi! Buona lettura ^^
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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VIII
Incontri




 

Febbraio


 


 

R

Watari si era rivelato essere un gentile e distinto signore, garbato nei modi e terribilmente british, in tutto e per tutto. Quasi le sembrava di essere tornata nella sua cara vecchia Inghilterra mentre lo osservava dal sedile posteriore dell’auto. Era passato a prenderla sotto il suo hotel con un’elegante Rolls Royce nera, dandole una mano con i pochi bagagli che aveva. Quel giorno indossava jeans strappati e le solite scarpe sdrucite, occhiali da sole alla John Lennon ed una maglietta dei Nirvana sotto al cappotto scuro. Salire su quell’auto di classe vestita a quel modo sembrava quasi un ossimoro… Rae ridacchiò tra sé al pensiero, poi le venne in mente che - se Watari portava in giro con quella macchina pure Elle - probabilmente lei non dava poi così tanto nell’occhio rispetto a lui. 

Elle. 

Stava ancora elaborando tutto ciò che era successo e che si erano detti la sera precedente… il ragazzo di Winchester era Elle. Quello del quale sapeva la data di morte. Quante probabilità c’erano?

Watari, dopo che l’ebbe accompagnata nel piccolo appartamento all’occidentale destinato a lei, al quinto piano di una graziosa palazzina, e le ebbe fatto fare il giro della casa - un soggiorno accogliente con angolo cottura, un piccolo ma funzionale bagno, una camera da letto spoglia ma con al centro un lettone matrimoniale dall’aria comodissima - si congedò.

La prima cosa che fece Rae quando rimase da sola fu prendere tabacco, cartine e filtri e girarsi una sigaretta. Aveva a disposizione un piccolo balcone che si affacciava su una stradina tranquilla, lontana dal caos del traffico. Accese la sigaretta e fece un tiro, quasi soddisfatta. Non era la sola a starsene sul balcone in quella tiepida mattina di febbraio: un paio di palazzi più in là c’era una signora sulla sessantina, che dava da mangiare agli uccelli. Rae la osservò con attenzione mentre tirava fuori manciate di briciole e le gettava ai pennuti, circondata da un turbine di piume e di cinguettii. Dovevano essere abituati alla presenza della donna, alcuni le si posavano addirittura sul palmo della mano aperto per becchettare qualche pezzetto di mangime e poi volare via, liberi e spensierati. Quell’immagine così normale ma al contempo così intima la colpì molto, ipnotizzandola, mentre la signora non diede il minimo segno di essersi accorta di essere osservata.

Rae, dopo aver spento la sigaretta, rientrò in casa e si buttò sul divano che campeggiava nel soggiorno, senza minimamente accennare a disfare le valigie. Dunque. 

Elle ed il ragazzo di Winchester erano la stessa persona. Tendenzialmente non credeva nelle coincidenze, ma sulla questione non c’era granché da aggiungere, perciò doveva smetterla di ossessionarsi con quel pensiero. 

Inoltre, Elle sarebbe morto il 5 novembre se lei non avesse fatto qualcosa, dunque doveva elaborare un piano di azione… vendicare suo padre era la priorità, ma non riusciva a starsene senza far nulla in una situazione del genere, soprattutto non con la sua consapevolezza.

Poi, non avrebbe dovuto più preoccuparsi di lavorare o di pagare un affitto perché - nonostante la cosa la irritasse un po’ a causa del suo grande spirito di indipendenza - era tutto pagato. Vero è che praticamente era alle dipendenze di Elle e quello poteva considerarsi il suo pagamento, ma comunque la cosa la faceva sentire un po’ a disagio. Comunque, niente da fare o da aggiungere neppure lì.

Quarto punto: aveva confessato tutto delle sue facoltà ad un semi sconosciuto ed ancora non era stata internata. Beh, quella poteva quasi considerarsi una vittoria in effetti… ma anche se Elle l’aveva ascoltata non era detto che le credesse al 100%.

Lei dal canto suo avrebbe continuato a girovagare per la città, ad informarsi e a seguire ogni sua percezione per andare avanti nel caso Kira; la seconda priorità era ottenere credibilità e fiducia. La terza era imparare quel dannato giapponese. Sospirò e decise di cominciare da quest’ultima, ormai rassegnata.

 

L       


Elle osservò ancora un po’ lo schermo che mostrava Rae mentre tracciava qualche kanji incerto su un quaderno. Ovviamente aveva fatto installare un paio di telecamere nell’appartamento per tenerla d’occhio. Ripensò a quello che gli aveva detto lei il giorno prima: “megalomane ossessivo con manie di controllo”. Beh, era perfettamente normale in una situazione come quella. Non poteva permettersi alcuna leggerezza. Al momento comunque le indagini si erano piuttosto arenate: Kira non commetteva passi falsi, continuando ad uccidere criminali sparsi per il mondo ma senza più tentare di “giocare” con lui. La gente cominciava a dargli man forte, magari senza sostenerlo apertamente ma pubblicando su internet foto e nomi di criminali, truffatori e malfattori, suggerendo a Kira nuovi bersagli. Pure la televisione pareva volesse aiutare Kira in qualche modo, continuando a mandare in onda foto e nomi di persone che, puntualmente, venivano in seguito colte da attacchi cardiaci. Così non andava. Aveva provato a far interrompere la trasmissione di quel tipo di notizie, fallendo miseramente. Attualmente ogni suo sospetto era incentrato su Light Yagami… ogni tentativo di coglierlo in flagrante si rivelava fallimentare, eppure questo non faceva che rafforzare la sua ipotesi. Troppo perfetto, troppo attento. Inoltre c’era la faccenda di Ray Pemberley, non poteva essere una coincidenza. Aveva osservato a lungo Yagami durante il test di ingresso per l’Università. Le domande erano di una noia mortale, fin troppo semplici per i suoi standard, perciò aveva avuto molto tempo per studiarlo… studente modello, bel ragazzo, movimenti precisi. Nessun passo falso. Era un tipo metodico e determinato, deciso ad eccellere. Era arrivato pochi minuti prima dell’inizio della prova, estremamente rilassato, segno che nei momenti cruciali non si lasciava prendere dal panico ma anzi, dava prova di grande concentrazione e rendimento. Quel sommario profilo psicologico poteva benissimo applicarsi a Kira, o a un qualsiasi studente diligente… non poteva accanirsi troppo su quella pista, sia perché al momento non aveva uno straccio di prova, sia perché era sciocco precludersi altre teorie solo perché si era intestardito su Light Yagami. Eppure non riusciva a togliersi dalla mente che fosse lui. Il figlio del capo della polizia, lo studente modello, il bravo primogenito ed il fratello maggiore responsabile. Quando sarebbero cominciate le lezioni avrebbe avuto modo di osservarlo più da vicino ed in maniera prolungata, così da smascherarlo. Adesso doveva solo pazientare e nel frattempo cercare eventuali altre piste da seguire.

 

 

 

R

 

Quella notte i suoi sogni cambiarono. Finalmente il quaderno nero era sparito, ma al suo posto era comparsa una ragazza. Era molto carina, il viso dai lineamenti proporzionati, lunghi capelli biondi con due codini sulla sommità, il corpo snello valorizzato da vestiti in stile gothic lolita. Che strano, chi era lei? Nel sogno Rae voleva avvicinarsi alla bella ragazza, ma non ci riusciva: qualcosa la proteggeva, impedendole di raggiungerla. Ma cos’era? Non riusciva a capirlo, nemmeno se fosse qualcosa di cattivo oppure no. Alla fine la ragazza misteriosa parve accorgersi di lei e, finalmente, si girò per guardarla dritto negli occhi. Rae si svegliò di soprassalto, sudando freddo e colta da improvvisi spasmi di panico. L’ultima immagine del sogno le si era impressa nella mente, nitida ed inquietante; la ragazza aveva gli occhi rossi, e Rae riusciva a vederci dentro una cosa sola: morte.

 

Ancora scossa andò in bagno, tremando come una foglia, credendo che fosse notte fonda e trovando invece il sole del primo pomeriggio a salutarla. 

Che fosse lei Kira? Eppure c’era qualcosa che non le tornava… un tassello mancante che le impediva di capire il quadro completo. Cosa doveva fare? Qualcosa le suggeriva di non farne ancora parola con Elle e non fidarsi del proprio istinto sarebbe stata una sciocchezza, a maggior ragione dopo che l’aveva guidata fino a lì. Per il momento avrebbe semplicemente studiato e nel frattempo si sarebbe documentata sulla ragazza, in segreto, certa che avrebbe detto tutto ad Elle nel caso in cui il suo istinto le avesse suggerito di farlo. Quella faccia, in fondo, le sembrava quasi familiare… forse l’aveva vista da qualche parte. Ma dove? Ci rimuginò sopra intensamente mentre faceva colazione, persa nei propri pensieri. Forse si stava semplicemente autosuggestionando. Era passata più di una settimana dall’ultima volta che aveva visto Elle. Lei durante il giorno se ne stava perlopiù a guardare il telegiornale oppure girava per Tokyo, alla ricerca di nuove intuizioni, ma soprattutto studiava il giapponese. Quando lui si presentò alla sua porta un paio di ore dopo - con un tempismo quasi inquietante vista la notte/mattina agitata che aveva trascorso e sulla quale stava ancora riflettendo- decise di sfruttare la lezione n.3 del suo corso di giapponese, “I Saluti”.

«Irasshaimase! Ogenki desu ka?*»

Elle non si scompose per quell’accoglienza, entrando nell’appartamento e togliendosi le scarpe all’istante.

«Genki desu**. Hai biscotti?»

«Hai!***» rispose lei, andando a prendere i cookies al cioccolato che erano ancora sul tavolo. «Serviti pure.»

Lui ne prese uno con la punta delle dita, studiandolo. Tirò fuori tutti gli altri biscotti dalla confezione e poi si mise ad impilarli l’uno sull’altro sul tavolino che era davanti al divano.

«Non vuoi sapere come vanno le indagini?»

Glielo chiese quasi noncurante, senza guardarla, impegnato a formare una torre pericolante, ma il tono era lievemente canzonatorio. Che fosse un test?

«Presumo che se stessero andando bene tu non avresti avuto il tempo per venire qui, al massimo avresti mandato Watari.»

«Sei più sveglia del previsto.»

Rae stava quasi per ribattere, piccata. Più sveglia del previsto? La credeva una stupida? Sbuffò. Sapeva essere davvero irritante alle volte… se anche poteva aver avuto la tentazione di dirgli qualcosa del suo sogno, era svanita all’istante.

«C’è qualcosa che vuoi dirmi o devo credere che tu sia qui perché ti fa piacere la mia compagnia?» chiese infine, effettivamente incuriosita dalla sua presenza.

Elle la guardò mentre la sua torre crollava, seminando briciole ovunque. Con calma si mise a mangiare uno dei biscotti sparpagliati sul tavolino.

«Semmai c’è qualcosa che tu devi dirmi.»

Impossibile descrivere lo sguardo che le aveva rivolto. Era lo sguardo del detective, dell’investigatore senza scrupoli. Dritto al punto… ma come faceva? Come sapeva quello che le passava per la testa? Sbalorditivo. Inquietante. 

«Inoltre sì, mi fa piacere la tua compagnia.» aggiunse infine, con un mezzo sorriso.

Rae cercò di ignorare quest’ultimo commento, sicuramente una bugia per confonderla. Doveva concentrarsi per sviare l’attenzione dal suo sogno, ma era come non pensare agli elefanti rosa quando qualcuno ti dice di non farlo.

«Tu hai già incontrato Kira» gli disse infine, scegliendo con cura le parole e giocandosi l’unica carta che le fosse venuta in mente, sperando di farla franca.

 

 

*Benvenuto. Come stai?

** Sto bene.

*** Sì!

 

 

 

L    

 

«Tu hai già incontrato Kira.» 

Sul volto di Elle spuntò un sorrisetto soddisfatto. Sapeva di aver fatto bene ad essere andato da lei. L’aveva vista agitarsi durante il sonno - doveva aver avuto uno dei sogni premonitori di cui gli aveva parlato -  e anche il suo comportamento in generale denotava una chiara tensione. Era sicuro che parlare con lei gli avrebbe dato ulteriori spunti e conferme, ma era anche vero che sul serio la sua compagnia non gli dispiaceva affatto. “Tu hai già incontrato Kira”. Tornava tutto. Se Light Yagami era Kira allora certo che lo aveva già incontrato. 

«Tu probabilmente già sai di averlo incontrato.» 

Il sorriso gli si allargò. Sorprendente.

«È vero, ma non potevi saperlo.» 

«Voglio vederlo.» 

Elle alzò un sopracciglio, improvvisamente serio, incontrando un’espressione altrettanto seria sul volto di Rae.

«Questo è fuori questione.» 

«Perché? Io ti sto aiutando perché tu mi porti a lui e risolva il caso, punendolo, e per ora invece ci sono solo io che ti dico cosa riesco a percepire e tu che non mi dici nulla… la nostra - in teoria -sarebbe una collaborazione, non sfruttamento.» 

Era vero, avevano un accordo, ma lei non aveva ancora capito quanto lui fosse disonesto e bugiardo quando c’era di mezzo un caso da risolvere.

«Non vedo che utilità potresti trarne.» 

«Io…»
La vide esitare, mentre cercava le parole adatte.
«Non si tratta di utilità o di logica. Ho solo bisogno di vederlo in faccia, coi miei occhi. Non farò assolutamente nulla te lo assicuro, non sono così stupida da voler finire nel mirino di Kira, non gli parlerò né mi farò vedere, perciò puoi stare tranquillo. Quando avremo le prove ci penserete voi ad incastrarlo e tutto il resto. Ma io voglio vederlo. Inoltre, vedendolo, potrei confermarti se è realmente lui». 

La osservò con attenzione e lesse una grande determinazione nel suo sguardo. Rapidamente vagliò le poche opzioni che aveva: opzione numero uno, negarglielo. Rischiando che lei smettesse di rivelargli cose potenzialmente utili o che si mettesse in contatto con Kira da sola. O probabilmente entrambe le cose. Avrebbe potuto compiere un qualsiasi passo falso ed allora la sua vita, le indagini e tutto il resto sarebbero stati in pericolo. Era estremamente impulsiva, ma abbastanza sveglia da riuscire ad ottenere ciò che voleva, e questo lo inquietava. In fondo era riuscita ad arrivare a lui - a Elle!- con fin troppa facilità. Opzione numero due, consentirle di vedere Kira ed accompagnarla, controllando personalmente che non si lanciasse in mosse azzardate. Inoltre era vero, sarebbe stata un’ulteriore conferma… e magari la vicinanza con Light Yagami, se era davvero Kira, le avrebbe potuto scatenare qualche “previsione”…

Si alzò dal divano e si infilò le scarpe.

«Va bene. Andremo insieme. Tu non farai niente se non guardare, mi sono spiegato?» 

«A-adesso?!»

«No. Domani, all’ora di pranzo.»
E detto questo uscì, senza voltarsi indietro né salutarla.

Domani. L’indomani Rae avrebbe finalmente visto Kira. 

  
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