ATTENZIONE:
In
questo
capitolo si menziona più volte il tema della morte.
Capitolo
9
“Io
non
sono come te”
***
Arrivo
in classe poco prima del trillo della campanella. Mi
trascino fino al banco con passo fiacco e mi lascio cadere sulla sedia
come un
sacco pieno di farina.
«Hai
una cera orribile, Eiko. Che cosa è successo?».
Mayumi
compare al mio fianco, salutandomi con una smorfia di stupore.
«Questa
notte non ho dormito bene», le rispondo con voce
monotona e priva di energia. Sento ancora la bocca impastata e le
parole si
aggrovigliano fra i denti. Ruoto gli occhi verso di lei, notando
qualcosa di
insolito.
«Sei
piuttosto in ritardo questa mattina».
Mayumi
posa la cartella sul banco e si siede di fronte a me. «In
ritardo? Non direi. Sono a scuola da almeno un paio di ore. Questa
mattina
c’erano gli allenamenti della squadra di basket. A proposito,
che fine ha fatto
Kise? Ero sicura che stesse camminando dietro di me».
«Saaaafe!».
La
porta dell’aula si spalanca annunciando l’arrivo di
Kise. La
divisa in disordine, i capelli arruffati sulla testa e il volto esausto
sono
sicuramente opera delle sue ammiratrici. Come fanno ad essere
così energiche
già di primo mattino?
«Oh!
Eiko-cchi!!!».
Non
appena gli occhi d’ambra di Kise si accorgono di me, il sorriso torna sul
suo volto perfetto.
L’aria stremata e dimessa di pochi istanti fa è
presto – troppo presto – sostituita
da un nuovo, travolgente entusiasmo.
«Non
so perché, ma mi basta guardarti per sentirmi di nuovo
pieno di energia! Questa giornata non poteva iniziare meglio di
così!!!», le
sue lunghe braccia si stringono attorno alle mie spalle imprigionandomi
in un
vigoroso abbraccio.
«Ki-Kise,
così mi soffochi».
«Ah!
Scusami! Stai bene!?», Kise si allontana da me lasciandomi
respirare. Rispondo con un cenno del capo mentre si sistema nel banco
accanto
al mio. Mentre le mie attenzione sono ancora rivolte a lui, Mayumi
prende la
parola.
«Eiko,
sai forse se è successo qualcosa ad Akashi?».
«Perché
me lo chiedi?», la interrogo a mia volta.
«No,
niente. È solo che questa mattina, durante gli allenamenti,
sembrava molto più serio del solito. Ha anche chiesto ai
ragazzi, a me e a
Satsuki di raggiungerlo in palestra dopo le lezioni. Ha detto che aveva
qualcosa di urgente e importante da comunicarci. Ah, ovviamente ha
convocato
anche te».
Ovviamente.
Dopo tutto è proprio di me che vuole parlare. Quindi
vuole mettere in atto il suo piano il prima possibile. Vorrei poter
dire di
essere d’accordo con lui, ma sono ancora un po’
preoccupata. È davvero giusto
coinvolgere Mayumi e tutti gli altri? Anche se mi ha dato la sua parola
di
tenerli al sicuro, c’è sempre una minima
probabilità che le cose non vadano
come previsto e se dovesse accadere il peggio…
«Eiko?
Mi stai ascoltando?».
La
mano di Mayumi si posa sulla mia spalla, facendomi riemergere
dai miei pensieri.
«Si!
Si, ti sto ascoltando».
«Allora?
Non sai davvero niente?».
Deglutisco
pesantemente mentre osservo il sopracciglio destro di
Mayumi inarcarsi con sospetto.
«No,
non so niente, mi dispiace», non credevo che pronunciare
queste parole sarebbe stato così difficile, ma che scelta
ho? È meglio che sia
Akashi a rivelare la verità. Io non saprei da dove iniziare.
Delusa,
Mayumi sospira
sonoramente mentre la campanella dichiara l’inizio della
mattina.
***
Le
lezioni terminano, così come la giornata; sui volti dei miei
compagni di classe i segni della stanchezza o della noia lasciati dalle
estenuanti spiegazioni dei professori. Mayumi raccoglie i quaderni
inserendoli
nella cartella tra uno sbadiglio e l’altro. Neanche Kise
sembra essere in piena
forma e i suoi movimenti rallentati sono la prova della sonnolenza che
sta
cercando di sedurre il suo corpo. Io, al contrario, benché
non possa definirmi
completamente sveglia, mi sento ancora piuttosto attiva. Se non altro
abbastanza da accorgermi dei due ragazzi nel corridoio.
«Yo,
Eiko».
«Aomine.
Siete ancora qui?».
«Visto
che siamo tutti diretti in palestra, abbiamo pensato che
potevamo andare insieme», spiega rapidamente Kuroko.
«Mi
sembra un’ottima idea. Stavamo giusto per avviarci anche
noi», risponde Mayumi afferrando la cartella.
Mentre
camminiamo, la mia mente è distratta e non presta
attenzione ai discorsi dei ragazzi. Ad ogni passo l’ansia e
l’incertezza
crescono nel mio cuore. Come reagiranno alle parole di Akashi? Vorranno
ancora
essere miei amici? Che diritto ho di coinvolgerli? E se per colpa mia
qualcuno
finisse col farsi male? Come potrei giustificarmi davanti alla sua
famiglia? Ma
non è detto che accettino di aiutarmi. Giusto, anche se si
tratta di una
richiesta del capitano, possono sempre rifiutare. Devono rifiutare. In
tal caso
nemmeno Akashi potrebbe costringerli.
«Secondo
voi di cosa vorrà parlare Akashi-cchi di così
urgente?».
L’improvvisa
domanda di Kise mi fa sussultare.
«Non
lo so, ma lo scopriremo presto», risponde Aomine
spalancando la porta della palestra.
L’ampio
salone è illuminato a giorno ma, oltre a noi, non vi
è
nessun altro.
«Dov’è
Akashi?», pronuncia Mayumi, dando voce a tutti i nostri
pensieri. «Visto che è stato lui a chiederci di
venire, dovrebbe essere già
qui».
«Akashi
arriva subito».
La
voce squillante di Momoi si alza alle nostre spalle. Le sue mani
stringono un plico di fogli considerevolmente spesso.
«L’allenatore
lo ha trattenuto, ma dovrebbe essere qui a
momenti».
«Un’altra
riunione?», domanda Mayumi.
Momoi
annuisce, massaggiandosi la base del collo intorpidita.
Essere l’assistente dell’allenatore sembra un
lavoro più faticoso di quanto
appaia. Al suo posto avrei sicuramente rinunciato dopo il primo giorno.
Molto
presto anche Midorima e Murasakibara si uniscono al
gruppo, convocati dal capitano, mentre di Akashi non si vede neanche
l’ombra.
Forse
gli è successo qualcosa? Un sospetto agghiacciante mi
balena in testa? E se il sogno della scorsa notte avesse voluto
avvisarmi
proprio di questo? Non è possibile. Non deve accadere.
Aizawa non ha motivo di
prendersela con Akashi perché sono solo io la persona che
odia. Ma devo
accertarmene di persona.
Le
mie gambe si mettono in moto e mi guidano verso la sala
professori, dove dovrebbe trovarsi Akashi. Dietro di me sento le voci
di Mayumi
e Satsuki diventare sempre più lontane e infine tacere. Come
ho potuto essere
così ingenua? Aizawa è pericolosa e folle. Lo
sapevo fin dall’inizio. Akashi
non è mai stato al sicuro. Nessuno dei miei amici lo
è. È stato un errore
coinvolgerli. Spero solo di arrivare in tempo.
Salgo
la rampa di scale avanzando due gradini alla volta. Il
desiderio di salvare Akashi è l’unica forza che
muove le mie gambe pesanti. Raggiunta
la cima della scalinata i miei occhi scorgono l’allenatore
della squadra di
basket mentre si appresta a lasciare la stanza.
«Professore!»,
la mia voce esplode in un’eco che si propaga per
il corridoio solitario.
«Wadsworth?
Non lo sai che non si corre per i corridoi?».
«Dov’è
Akashi?», lo interrogo, ignorando il rimprovero. Il mio
respiro è affaticato e per un attimo la figura del
professore perde nitidezza.
No, non devo svenire.
«Akashi?
Se stai cercando Akashi si è già incamminato
verso la
palestra. Mi aveva chiesto il permesso di usarla per una riunione
straordinaria
con i ragazzi della squadra».
«Ne
è sicuro? Mentre venivo qui non l’ho
visto».
«Non
saprei. Avrete preso due strade diverse. In fondo ci sono
tanti modi per raggiungere le palestre».
Non
va bene. Ad ogni secondo che trascorre la paura cresce, così
come la mia disperazione. L’unica cosa che posso fare
è ritornare indietro
percorrendo una strada diversa. Se sono fortunata, forse lo
raggiungerò. Mentre
riprendo a correre per la scuola, infilo una mano nella tasca della
gonna
cercando il cellulare: devo avvisare Mayumi e gli altri
perché si mettano alla
ricerca di Akashi.
«Eiko,
ma
dove sei finita?»,
Mayumi risponde immediatamente alla telefonata.
«Akashi
è in pericolo! Non riesco a trovarlo da nessuna
parte!»,
sono le prime parole che escono dalla mia bocca.
«Che
stai
dicendo? Akashi è appena arrivato e dovresti tornare anche
tu».
«Cosa
hai detto?». I miei piedi si fermano, inchiodando la mia
corsa sfrenata. «Sei sicura? È davvero
lì con voi?».
«Si,
è
qui. Insomma, Eiko, che ti prende? Perché sei
così agitata?».
Akashi
sta bene? Per fortuna i miei timori erano infondati. La
mia mano si abbassa e il pollice interrompe la chiamata. Sollevata,
collasso
sul pavimento per riprendere fiato. Mi sto lasciando condizionare
troppo dal
mio sogno. Akashi è troppo intelligente per cadere in una
trappola di Aizawa. È
evidente che oggi sono più paranoica del solito. Devo
calmarmi o farò solamente
preoccupare i miei amici. Farò meglio a ritornare prima che
Akashi pensi che mi
sia davvero successo qualcosa.
Mi
sollevo scuotendo la polvere dalla gonna e mi incammino verso
la palestra. La scuola è silenziosa, ma io sono troppo
impegnata a reprimere
l’agitazione che mi domina per prestare attenzione. Cammino
assorta nei miei
pensieri, combattuta tra i miei sentimenti, rimuginando
sull’assurdità di
questa situazione. Prima di accorgermene, sono di nuovo
all’esterno, nel
cortile posteriore della scuola, che conduce ai club sportivi. A
quest’ora non
si vedono studenti in giro e i campi di allenamento giacciono
nell’oscurità. Le
uniche luci che brillano nel paesaggio serale sono quelle della
palestra.
Affretto perciò il passo, avvertendo di nuovo una profonda
ansia. Il fruscio delle
mie scarpe sul terreno riempie le mie orecchie e amplifica il silenzio
che mi circonda.
All’improvviso sono costretta a
fermarmi: il mio respiro si spezza in brevi e rapide boccate mentre il
cuore
inizia a pulsare frenetico. Conosco questa sensazione, è la
stessa di questa
mattina. Un sudore freddo scivola dalla mia fronte, bagnandomi le
sopracciglia.
Ordino al mio corpo di riprendere a muoversi ma si rifiuta di
ubbidirmi. Resto
immobile, osservando il profilo della palestra che si staglia davanti a
me. Perché
mi sono fermata? Che cosa mi sta succedendo? Mi sento strana. Che
cos’è questa
forza che spinge dal fondo della mia mente per emergere? No, non
è una forza.
Sembra più una voce. È fredda e cinica.
È impaziente e irritata. Risuona nel
mio cervello facendo vibrare il mio cranio. Il dolore è
insopportabile. Cado
sulle ginocchia prendendo le tempie fra le mani. Vorrei urlare per
chiamare aiuto,
ma la mia voce si rifiuta di uscire. Anzi, è come se venisse
risucchiata nella
gola, per sprofondare nello stomaco. Sento che sto per perdere
conoscenza.
«Ciao,
Eiko».
Un
nuovo suono si leva alle mie spalle. È una voce femminile.
La
riconosco. Piegata dal dolore che tormente la mia testa, mi volto
indietro.
Aizawa. La ragazza che ha promesso di punirmi, che ha minacciato di
uccidermi,
è ora in piedi di fronte a me; la sua minuta figura velata
dalla penombra della
sera.
«È
lei?».
Una
seconda voce, maschile, spezza il silenzio. Aizawa non è
sola. Due ombre la accompagnano e sembrano emanare un’aura
minacciosa. Che si
tratti di due studenti? Due complici di Aizawa? È troppo
buio per vedere i loro
volti.
«Sei
sicura di volerlo fare?», l’ombra sulla sinistra si
rivolge
ad Aizawa.
I
miei occhi scorrono su di lei. Non posso leggere
l’espressione
sul suo viso ma sono quasi certa che stia sorridendo con malizia, o
almeno così
mi suggerisce la sua voce.
«È
la giusta fine per un rifiuto come lei».
Le
sue parole sono cariche di veleno e di eccitazione. Sono
parole di compiaciuta perfidia. Eppure non mi spaventano. In questo
momento non
ho paura di Aizawa, né di quello che potrebbe farmi. Il mio
terrore scaturisce
invece dall’interno del mio stesso corpo. Nella mia testa si
addensano pensieri
sadici, immagini di pura crudeltà, desideri nati da una
insana perversione.
Questa non sono io. Non posso essere io.
Chi
diavolo sei? Esci dalla mia testa!
«L’unica
che deve togliersi dai piedi sei tu».
Di
nuovo quella voce. Sto forse impazzendo?
Una
fitta potente come una scarica elettrica attraversa il mio
cervello facendomi piegare sul terreno. Apro la bocca solo per emettere
un
grido muto. Perché non riesco ad urlare?
«Che
cosa le prende? Aizawa, che cosa facciamo?».
«Ci
atteniamo al piano, idiota».
«Ma…».
«Niente
ma. Vi ho pagati per terminare il lavoro».
Mentre
il mio corpo si contorce nel dolore, i complici di Aizawa
iniziano a mostrare incertezza.
«Che
cosa fate lì impalati? Prendetela!», ordina Aizawa.
I
due ragazzi si chinano su di me e mi sollevano con forza,
trascinandomi all’interno della scuola. Sono troppo debole
per respingerli. Il
dolore ha prosciugato tutte le mie energie. Non riesco più a
distinguere le
voci dei miei rapitori. Che cosa posso fare?
«Te
l’ho
detto. È arrivato il momento che tu ti faccia da
parte».
Ancora
quella voce? Non so a chi appartenga, ma sembra sentire i
miei pensieri. Continua a dirmi di farmi da parte, ma cosa vuol dire?
Più mi
sforzo di riflettere, più sento la mia coscienza
affievolirsi. Se adesso
perdessi i sensi sarei alla completa mercé di Aizawa. Non
posso svenire.
«Smettila
di opporre resistenza e levati di mezzo. Ho aspettato anche fin
troppo».
Come
posso fidarmi? Non so chi sei. Come sei entrata nella mia
testa?
«Non
ci
sono entrata. Sono sempre stata qui».
Che
cosa vuoi dire? Chi sei?
«Sono
l’unica persona che può toglierti da questo
casino».
Davvero?
E come pensi di fare?
«Questo
non ti riguarda. Una nullità come te non dovrebbe fare
domande. Ti trovi in
questa situazione perché hai voluto fare di testa tua. Se mi
avessi lasciato
fare a modo mio fin dall’inizio tutto questo non sarebbe
successo. Sei un’incapace.
Mi sono stancata di assecondarti. Da adesso prendo io il
comando».
Comando?
Si può sapere chi sei e cosa vuoi da me?
«Sparisci!».
«Che
diavolo succede, adesso?».
«Non
lo so. Si è messa a urlare
all’improvviso».
Per
un attimo riesco di nuovo a percepire il mondo intorno a me.
Il mio corpo è ancora pesante. La vista non è
limpida ma sono sicura di essere
all’interno della scuola. Probabilmente i due complici di
Aizawa mi hanno trascinata
fino a qui mentre ero svenuta. Quello che non capisco è
perché si siano fermati
all’improvviso. Con gran fatica sollevo la testa e
un’ombra si abbassa fino al
livello dei miei occhi, contrariata e piena di irritazione.
«Che
cosa hai detto?».
Il
viso rotondo di Aizawa prende lentamente forma a pochi
millimetri dal mio naso. Le sue sopracciglia sono piegate in
un’espressione di
puro odio. Solo allora ricordo: la mia voce ha infine abbandonato le
profondità
della mia gola per irrompere all’esterno. Probabilmente
Aizawa ha creduto che
stessi parlando con lei. Ma non ho il tempo di spiegarmi. Con una mano
afferra
i miei capelli facendomi piegare la testa indietro.
«Come
osi ordinarmi di sparire? Non sei che un inutile rifiuto.
Non montarti la testa solo perché Akashi-sama ti ha rivolto
la parola».
Il
disprezzo nelle sue parole è la prova dell’odio
che nutre
verso di me.
Non
avrei dovuto cercare di cambiare. Non avrei dovuto cercare
di diventare qualcuno che non sono. Non avrei dovuto essere egoista e
presuntuosa.
Non si può cambiare la realtà. Io sono Eiko
Wadsworth. Sono una ragazza
solitaria, senza ambizioni, insicura e introversa. Sono passiva e non
amo
rincorrere sogni impossibili. Sono il tipo di persona che passa
inosservata, di
cui nessuno si accorge. Sono mediocre in tutto quello che faccio e non
ho
talenti. Ma, soprattutto, non ho rimpianti. Ho accettato fin da subito
la mia
mediocrità e ciò mi ha permesso di trovare un
posto in questo mondo. Perché allora ho pensato
di poter cambiare? Una
pecora non diventerà mai un lupo.
Amici?
Sogni? Speranze? Desideri? Da quando ho iniziato a
interessarmi a queste cose? Da quando ho deciso di ignorare il buon
senso per
correre dietro alle illusioni? È vero. È solo
colpa mia se ora mi trovo in
questa situazione.
«Finalmente
l’hai ammesso».
Non
so chi tu sia, ma avevi ragione. Peccato solo che sia troppo tardi per
tornare
sui miei passi.
«Non
è troppo tardi».
Si
che lo è. Sono senza forze e tra poco perderò di
nuovo i sensi. A quel punto,
Aizawa potrà fare di me ciò che vuole.
«Non
se ti fidi di me».
Fidarmi
di te? Vuoi che ti ceda questo mio corpo debole e vulnerabile? A che
scopo?
«Io
non sono come te.
Io non sono debole».
Forse.
Ma loro sono in tre e tu saresti da sola.
«Ti
cosa ti preoccupi?
Non hai forse deciso di arrenderti?».
Arrendermi?
È vero che ho deciso di smettere di lottare per cambiare, ma
non voglio che
Aizawa l’abbia vinta. Una sconfitta del genere sarebbe troppo
umiliante persino
per me.
«Allora
vogliamo la
stessa cosa».
Perché
mai dovresti aiutarmi?
«Non
ho mai detto di
volerti aiutare. Io non sono tua amica e non ho intenzione di
diventarlo».
Allora
perché sei venuta da me?
«Perché
tu sei debole».
Vuoi
dire che se ti lasciassi prendere il mio corpo potresti tirarmi fuori
da questa
situazione? Potresti punire Aizawa per avermi minacciata?
«Farei
molto di più.
Farei ciò che tu non avresti mai il coraggio di
fare».
Non
puoi farlo!
«Tu
non puoi, ma io
si».
Commetteresti
un crimine!
«Preferisci
allora che
sia Aizawa a commetterlo? Sei davvero pronta a morire?».
Io…
io non lo so. Sono stata egoista, è vero. Ho provato a
cambiare ciò che sono e
forse è giusto che paghi. Però…non
posso accettare che Aizawa la passi liscia.
D’altro canto non saprei come fermarla. Sono completamente
sola e senza forze.
Non riesco più a sentire il mio corpo.
«Mettetela
sulla sedia e legatela stretta».
«Ma,
Aizawa, è ancora cosciente».
«Non
importa. Vorrà dire che la ucciderò con un unico
colpo, invece di farla
soffrire. Per sicurezza, però, chiudetele la bocca in modo
che non possa urlare».
Non
so neanche dove mi trovo. Non ho mai visto questa stanza. Sono davvero
destinata a morire così? Se avessi creduto al sogno di
questa mattina, le cose
sarebbero andate diversamente? Andrebbero diversamente che riuscissi a
salvarmi? Tornerei di nuovo ad essere la vecchia Eiko senza amici?
Adesso che
so cosa si prova, sarei davvero capace di rinunciare a Mayumi, a
Satsuki, ad
Akashi e a tutti gli altri? Perché sono così
insicura? Perché sono così debole?
Qual è la cosa giusta da fare?
«Lo
sai qual è. Lascia
che me ne occupi io».
Non
posso. Sento che tu sei più pericolosa di Aizawa.
«Tu
hai bisogno di me! Non
hai altra scelta! Se non vuoi farti da parte, mi prenderò il
tuo corpo e il tuo
tempo con la forza».
Che
cosa… No, smettila! Fa male!
«Aizawa!».
«Ma
che diavolo…? Non le ho ancora fatto niente. Tenetela
ferma!».
Fa
male! Fa troppo male! Esci dalla mia testa! Non posso fidarmi di te.
«È
inutile resistere.
Te l’ho detto. Io non sono come te. Io non sono
debole».
«Aizawa,
non riusciamo più a trattenerla!».
«Com’è
possibile che due ragazzi non riescano a tenere a bada una stupida
ragazzina?
Siete degli incapaci! Tenetele la testa. Non so a che gioco tu stia
giocando, Eiko,
ma con me non funzionerà. Ti avevo avvertita di stare alla
larga da Akashi-sama».
«Aizawa,
quello è…».
«È
solo un anestetico che ho rubato dall’infermeria».
Non
posso svenire adesso. Non devo.
«A
quanto pare non avrò
bisogno di usare le maniere forti. Mi basterà aspettare che
l’anestetico faccia
effetto».
Non
ti lascerò prendere il mio corpo.
«Non
hai scelta. Tu sei
debole. Ah! Ah! Ah! Finalmente. Le cose sarebbero dovute andare
così fin
dall’inizio. Una volta che avrò il totale
controllo del tuo corpo farò ciò che
tu non hai avuto il coraggio di fare».
Non
lo permetterò. Non ti lascerò commettere un
crimine usando la mia faccia.
«Ipocrita!
Sappiamo
benissimo entrambe che è quello che vuoi anche tu».
Non
è vero!
«Si che lo
è. Altrimenti perché avresti
ignorato l’avvertimento di Aizawa sapendo che sarebbe
successo tutto questo?
L’hai fatto perché volevi un pretesto.
Perché sei troppo codarda per seguire i
tuoi veri desideri».
Ti
sbagli. Io non ho mai desiderato la morte di nessuno.
«Smettila
di mentire!
Mi fai vomitare. Se solo non fossimo costrette a condividere lo stesso
corpo…».
Che
intendi dire?
«Non
l’hai ancora
capito? Sei più stupida di quanto credessi. Bhe, non ha
importanza.
L’anestetico sta già facendo effetto. Tra pochi
secondi potrò finalmente prendere
possesso del tuo corpo. Il tuo momento è giunto al termine,
Eiko. Da adesso in
poi, il tuo tempo appartiene a me».
°°°
Nota
d’Autrice:
Ciao
ragazzi. Ritorno dopo tanto tempo con un nuovo, importante capitolo. Un
capitolo
che segna il primo punto di svolta all’interno della storia e
spero sia
riuscito a catturare la vostra curiosità. Vi ringrazio per
avermi seguita fino a
questo punto. Vi abbraccio tutti e vi auguro un buon fine settimana. ^^