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Autore: effe_95    01/04/2017    3 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 
54.Vergogna, Cd e L’ottava.
 

Maggio

Beatrice aveva come la sensazione che sarebbe impazzita.
O forse impazzita lo era già, doveva essere così dopotutto, se aveva avuto il coraggio di farsi dare da Lisandro il numero di Daniele, chiamarlo, e organizzare insieme a lui un piano diabolico per incastrare Enea e costringerlo a parlare con lei.
Era da più di tre settimane ormai che Beatrice non riusciva a dormire bene, da quando aveva fatto l’errore di ferire immotivatamente la persona a cui teneva di più in quel momento dicendo cose che non pensava davvero, cose imperdonabili.
Era stato inutile tentare di parlare con Enea, ogni volta che provava ad avvicinarsi, che gli si rivolgeva direttamente o tentava anche solo di guardarlo, lui o la ignorava o lanciava frecciatine talmente cattive che la lasciavano paralizzata sul posto senza poter reagire.
Faceva male, era insopportabile, ma non aveva scuse per quella sofferenza.
Era solo colpa sua se stava male.
Era solo colpa sua se Enea stava soffrendo, era colpa del suo egoismo e del suo pessimo carattere, delle sue stupide paure.
Non poteva fingere di non essere agitata, non poteva fingere nemmeno di fronte a Daniele che la stava guardando proprio in quel momento, mentre se ne stava seduta sul letto di Enea contorcendosi le mani.
Il ragazzo era invece appoggiato con una spalla sullo stipite della porta, le braccia incrociate al petto e una strana espressione sul viso, un’espressione indecifrabile che metteva Beatrice in imbarazzo. Non aveva molta confidenza con Daniele, in effetti aveva parlato con lui faccia a faccia solamente un paio di volte.
<< Io- >> Cominciò a balbettare, per poi interrompersi e schiarirsi la voce << Io ti ringrazio per avermi aiutata oggi. Lo so che probabilmente ti avrò dato una bruttissima impressione chiedendoti una cosa del genere, ma->>.
<< Ti riferisci al fatto che ti abbia fatta entrare in camera di Enea senza il suo permesso e mentre era fuori casa? Non devi ringraziarmi, per me è una cosa normale invadere il suo territorio >>. Daniele la interruppe immediatamente ed entrò finalmente nella stanza del fratello più piccolo, mettendosi seduto senza troppi complimenti sulla sedia girevole della scrivania, ingombra solo di un computer portatile di ultima generazione in standby.
Quando lui le puntò gli occhi addosso Beatrice non poté fare a meno di abbassare lo sguardo, imbarazzata e intimidita.
 Aveva sempre pensato che Daniele fosse l’esatto opposto di Enea, solare, allegro, aperto ed espansivo; anche se si assomigliavano in alcuni aspetti fisici erano come il sole e la luna, ma entrambi avevano lo sguardo tipico di chi sa leggere.
Di chi sa leggere l’anima.
<< Sai, non so cosa sia successo esattamente tra di voi >> Daniele riprese a parlare come se niente fosse, divertendosi a girare prima a destra e poi a sinistra con la sedia << Enea non me lo direbbe mai, introverso com’è, ma … Beh, si, è decisamente giù di corda ultimamente >>.
Beatrice si lasciò andare ad un sospiro pesante e sciolse finalmente la posizione rigida delle spalle. In quel momento le sembrava stupido aver organizzato quell’incontro.
<< È colpa mia >> Confessò guardando Daniele negli occhi per la prima volta, provava un’enorme vergogna per quello che aveva fatto e per quello che aveva detto.
Era stata impulsiva, esagerata, quando Enea le aveva raccontato la verità non aveva fatto altro che aggredirlo, accusarlo, incolparlo di non pensare a lei.
In verità Beatrice sapeva benissimo che era stata lei a non pensare affatto ad Enea.
Quando lui aveva avuto bisogno della sua comprensione, del suo consiglio, lei era scappata e gli aveva gettato addosso solo veleno, aveva detto parole che non avrebbe mai dovuto pronunciare, non contro di lui, mai contro di lui.
Adesso sapeva che poteva essere troppo tardi.
Sapeva che Enea avrebbe potuto lasciarla, mandarla a quel paese, che avrebbe potuto pensare che dopotutto non ne valesse la pena, soprattutto con lei, ma …
Ma Beatrice lo amava troppo per lasciarlo andare in quel modo.
Aveva capito di amarlo talmente tanto che le sembrava il cuore potesse esplodere nel petto da un momento all’altro.
E tutto quell’amore … tutto quell’amore avrebbe voluto dimostrarglielo.
Avrebbe voluto che lui glielo permettesse.
<< Tuo fratello sta così per colpa mia. In realtà, gli ho detto una cosa terribile che non può perdonarmi. Non ho fatto altro che renderlo infelice per tutto il tempo >>.
Daniele smise di giocare con la sedia e per la prima volta da quando aveva fatto entrare Beatrice in casa, da quando aveva progettato con lei al telefono quella sottospecie di agguato, la guardò senza traccia di ironia nel volto, le parlò con serietà.
<< Avete litigato per la borsa di studio che ha vinto vero? Ti sei arrabbiata e gli hai chiesto di non partire, giusto? L’hai accusato di non aver pensato a te >>
Beatrice non rispose alle domande di Daniele, riteneva che non ce ne fosse bisogno, che la sua espressione mortificata potesse valere come tale.
<< Beatrice, almeno sai come ha vinto quella borsa di studio? Sai in cosa l’ha vinta? >>.
<< No … >> Mormorò Beatrice stringendo i pugni delle mani, aveva le nocche bianche dalla tensione e le lacrime che le pungevano gli occhi, si era preoccupata così tanto di non scoprirsi troppo, di fare attenzione a non lasciarsi ferire, di proteggere se stessa, che per Enea non aveva avuto il minimo riguardo.
<< Enea vuole diventare un graphic designer. È bravo. Papà lo ha iscritto a sua insaputa ad un concorso straniero, e lui ha vinto il primo posto insieme ad una borsa di studio che gli permette di studiare in una delle scuole più prestigiose del mondo per un anno >>.
Beatrice rimase come paralizzata nel sentire quelle parole, Enea non le aveva detto nulla, non le aveva mai detto cosa volesse fare da “grande”, cosa gli piacesse.
Quelle lacrime che stava cercando di trattenere scesero silenziosamente sulle sue guance, senza fare rumore ma incredibilmente comunicative.
<< L’unico motivo che gli impedisce di andarci, sei tu. >> Continuò Daniele, il ragazzo spostò la sedia in avanti e prese le mani di Beatrice con gentilezza, nonostante non avessero confidenza << Adesso devo parlare come un fratello maggiore, devi capirmi. Ti prego di lasciarlo andare, è del suo futuro che stiamo parlando. E no, non sto dicendo che nel suo futuro tu non debba esserci, al contrario! Lascialo andare con la tua benedizione, lasciagli sapere che lo aspetterai qui quando tornerà, che sarai orgogliosa di lui >> .
La stretta di Daniele si fece più forte, ma restò sempre gentile, anche quando Beatrice si morse il labbro inferiore e pianse un po’ più ad alta voce.
<< Sono già orgogliosa di lui >> Mormorò tra i singhiozzi trattenuti, Daniele le sorrise.
<< Se davvero lo ami, e so che lo ami, allora diglielo, allora fai in modo che lui lo sappia e vada lì con questa consapevolezza. >>
Tra i  due cadde un silenzio inevitabile a seguito di quelle parole, Daniele continuò a tenerle le mani ancora per un po’, almeno fino a quando i singhiozzi non smisero di scuoterla e il respiro tornò ad essere regolare.
Quando finalmente gliele lasciò andare, si riavvicinò alla scrivania e cominciò ad armeggiare con il computer di Enea mentre Beatrice si asciugava il viso.
<< Io adesso vado via. Come ti ho spiegato i miei sono fuori città, mentre Enea dovrebbe tornare tra un po’, quindi hai tutto il tempo che ti serve >> Chiarì Daniele tirandosi in piedi, Beatrice lo seguì con lo sguardo fino a quando il giovane non si fermò sulla soglia e le sorrise, nuovamente con quell’aria malandrina ad accompagnarlo.
<< Nel frattempo, ti ho messo il disegno che ha fatto vincere ad Enea il concorso, se vuoi guardarlo … >> E con quelle parole se ne andò lasciandola sola nella stanza, Beatrice era così distratta che non sentì nemmeno il rumore della porta di casa che si chiudeva.
Rimase seduta su quel letto troppo grande per una sola persona, con le mani ancora strette sui jeans, gli occhi arrossati e le guance rigide a causa delle lacrime asciugate di fretta.
Non seppe mai dire quanto tempo passò prima che decidesse di alzarsi da quel letto e seguire il consiglio di Daniele, ma quando mosse la freccetta del mouse sulla pagina in standby e diede un’occhiata al lavoro di Enea, le gambe le cedettero e fu costretta a sedersi.
Si portò una mano sulla bocca e le lacrime si affacciarono nuovamente nello specchio dei suoi occhi, di quegli stessi occhi che la stavano fissando di rimando dallo schermo.
Enea aveva ritratto lei.
Lo stesso sguardo severo, l’espressione corrucciata, i lineamenti del viso marcati e le ombreggiature al punto giusto, i capelli ricci e ribelli sembravano esplodere e fondersi contemporaneamente con lo sfondo del disegno, incorniciato in un turbinio di colori che richiamavano l’autunno e comunicavano serenità.
Era più di un semplice ritratto, era più di un lavoro fatto magistralmente con una tavola grafica su un computer; era la sua anima quella che vedeva in quel disegno.
Era lo sguardo che Enea aveva su di lei.
Era il modo in cui lui la vedeva.
Beatrice appoggiò entrambi i gomiti sul piano della scrivania e pianse nuovamente, pianse come una bambina, senza controllo, stringendo forte i capelli tra i pugni delle mani, singhiozzando, lamentandosi, desiderando che lo schermo tornasse nuovamente ad oscurarsi, perché non era mai stata bella come in quel ritratto.
<< Stupido, stupido, stupido che non sei altro! >> Singhiozzò tra i sussulti, continuando a tenersi i capelli tra le dita, il viso nascosto dalle braccia, i gomiti doloranti sul piano duro della scrivania << Non ti merito, non merito niente! >>.
<< Dio mio Beatrice, cos’è successo?! >>.
Beatrice perse totalmente il controllo quando sentì la sua voce.
Nel suo pianto disperato non aveva sentito la porta di casa aprirsi, né i passi di Enea nel corridoio, ma quando aveva sollevato lo sguardo e se l’era ritrovato lì davanti, sulla soglia della porta, era scattata in piedi senza pensarci.
Era saltata in piedi e gli si era gettata contro per stringerlo.
Enea era così sorpreso che rimase sulla soglia con le braccia spalancate, come se toccarla non fosse nemmeno tra le possibili opzioni di come comportarsi in quella situazione; sapeva che avrebbe dovuto provare rabbia, infuriarsi, respingerla e chiederle cosa diamine ci facesse nella sua stanza, ma Beatrice non l’aveva mai stretto in quel modo.
Beatrice non l’aveva mai toccato con quell’intimità.
E poi, quando l’aveva sentita singhiozzare in quel modo violento, seduta in quella posa sofferente di fronte al disegno che gli aveva permesso di vincere il concorso, e Dio solo sapeva come avesse fatto Beatrice a trovarla, tutta la sua amarezza se n’era andata via.
Enea si sentiva come uno di quei bambini estremamente lunatici.
Era stato arrabbiato per così tanto tempo in quelle settimane, aveva lavorato così duramente per evitarla, risponderle male, per farle capire che non l’avrebbe mai perdonata ...
In quel momento gli sembrava vana quella sua opposizione.
<< Sono un’egoista. Non ti merito, lo so. Mi dispiace così tanto per quello che ti ho detto.>>
Non appena Beatrice cominciò a parlare, tenendolo sempre stretto nella sua morsa, Enea provò il forte desiderio di farla tacere, un moto di stizza che non riuscì a controllare.
Sciolse la sua rigida posizione e costrinse Beatrice a lasciarlo andare.
Quando fu libero dall’abbraccio soffocante di lei, Enea si avvicinò in fretta al computer, dandole le spalle, e lo spense come se volesse cancellare quella scena.
<< È stato Daniele a farti entrare in casa? >>
Non era quello che Enea avrebbe voluto domandarle, ma si era chiuso come un riccio ormai da troppo tempo, e non era mai stato un tipo incline ad aprirsi.
Beatrice l’aveva ferito più di quanto ad Enea piacesse ammettere.
<< Enea, lo so che non ti fidi più di me ormai. Sono stata pessima con te, ma- >>
Beatrice cominciò a parlare con impeto, ignorando totalmente la domanda di Enea, ma a lui non stava bene che le cose andassero così, non voleva affrontare quell’argomento.
Era impreparato.
<< Ti ho fatto una cazzo di domanda?! >> La aggredì.
<< Non me ne fotte della sua domanda! Sto cercando di dirti che voglio tu vada a studiare all’estero cazzo!  >> Beatrice alzò così tanto la voce che Enea ammutolì, guardandola con espressione scioccata << Voglio che tu ci vada! Voglio che firmi quei documenti, e che tu faccia tutto quello che devi fare dannazione! >>.
Beatrice aveva il fiatone, si portò una mano sullo stomaco e prese un respiro profondo.
Doveva essere stravolta in quel momento, avere la faccia rossa, i capelli scombinati, doveva sembrare una vera folle agli occhi di Enea, così tentò di calmarsi.
<< E non lo dico per farti contento. È vero che all’inizio non volevo, quelle cose le pensavo davvero, ma poi ci ho riflettuto. Ho riflettuto su cosa avrebbe significato per te, e ho capito che dovevo lasciarti andare. Quindi voglio lasciarti andare, lo voglio davvero >>.
Beatrice pronunciò quelle parole con più calma, guardandolo negli occhi.
Enea ricambiò con altrettanta impassibilità.
<< E come mai hai cambiato idea? Mi sei sembrata abbastanza convincente quella volta. Anzi, ad essere sincero credo mi chiedo perché ne stiamo ancora parlando. >>
Beatrice sentì il cuore richiudersi come un portafoglio all’interno del petto.
Cosa stava dicendo Enea, voleva davvero farla finita?
No, non poteva farlo, lei aveva ancora così tante cose da dirgli, così tante cose da farsi perdonare, così tante, tante, tante che …
Se davvero lo ami allora diglielo.
Le parole di Daniele le risuonarono nella testa quasi come un grido, inaspettate.
<< Perché ti amo >>.
E dirlo fu facile e natura come respirare.
Enea sentì il proprio corpo irrigidirsi automaticamente nel sentire quelle parole.
Quelle parole che mai nessuno gli aveva detto prima, quelle parole che mai avrebbe creduto di poter sentire dalla bocca di Beatrice, non da lei che era così chiusa, introversa, fredda.
<< Perché amo tutto di te. Perché per amore posso fare un passo indietro, posso mettere la  tua felicità al primo posto. Posso aspettarti per un anno. Posso non avere paura né vergogna di chiederti perdono. Posso dirti di essere orgogliosa di te. Perché per amore io- >>.
Beatrice non riuscì nemmeno a terminare la frase che Enea la afferrò per le braccia, la tirò verso di se e la baciò, fu uno slancio di tale impeto che Beatrice cadde a finendo distesa sotto di lui sull’ampio letto.
<< S-scusa … >> Balbettò Enea tentando di tirarsi su, scosso, sconvolto da quel gesto completamente privo di razionalità. Ma prima che potesse scostarsi Beatrice gli posizionò le braccia dietro al collo e lo tenne giù, completamente schiacciato sul suo corpo.
<< Ti amo >> Gli sussurrò di nuovo ad un centimetro dalle sue labbra.
Enea rabbrividì, sentì la pelle d’oca attraversargli le braccia scoperte e in tensione.
<< E adesso, fa l’amore con me >>.
 
Italia aveva sempre avuto il desiderio di entrare in quel negozio.
Ci era passata davanti un’infinità di volte, ma non l’aveva mai fatto.
Era stata attratta principalmente dall’odore di antico che emanava quel posto, dai vecchi dischi esposti in vetrina, da quelli più recenti messi in un carrello sulla strada con dei prezzi stracciati, e dagli immensi scaffali che aveva intravisto.
Non seppe spiegarsi perché quel giorno avesse deciso di entrarvi, ma la prospettiva di tornare a casa e stare da sola con i propri pensieri, o di sentire sua sorella Eleonora che continuava a domandarle perché Ivan non venisse a pranzo da loro, le aveva guastato l’umore. Inoltre si sentiva stanca, era rimasta due ore dopo scuola con il professor Riva a preparare gli ultimi argomenti della sua tesina e non aveva nemmeno pranzato decentemente.
Italia era convinta che le avrebbe fatto bene distrarsi un po’.
Così non ci pensò due volte ad aprire la porta tintinnante ed entrare in quel vecchio negozio di musica. Era un ambiente confortevole, gli scaffali pieni di cd e vecchi dischi si inerpicavano fino al soffitto creando dei corridoi e delle sezioni suddivise per lettere.
Italia rimase colpita quando si rese conto che il negozio in realtà era tutto tranne che piccolo, infatti aveva altre due stanze laterali, una dedicata agli strumenti musicali e l’altra agli spartiti e ai libri di cultura generale sulla musica.
Cominciò a vagare distrattamente tra gli scaffali sfiorando con le dita i titoli di alcuni album famosi, ritrovandosi inevitabilmente a ripetere mentalmente tutti i nomi di quei cantanti di cui Ivan le aveva parlato incessantemente nelle ore trascorse insieme.
Si sorprese di pensare a quei momenti come ricordi piacevoli, erano già trascorse più di tre settimane da quando aveva deciso di prendersi quella “pausa di riflessione”, prima pensare ad Ivan la faceva arrabbiare, provare amarezza, tristezza, ma in quel momento …
In quel momento si rese conto che invece le piaceva ricordare le cose che avevano fatto insieme.
Italia si ritrovò a sfilare dagli scaffali alcuni album in offerta senza neanche farci caso, le era appena venuto in mente che Ivan li voleva comprare all’epoca, ma siccome aveva speso tutti i suoi risparmi per l’ennesimo tatuaggio, non aveva potuto acquistarli.
Era passato troppo tempo da quando gliel’aveva detto?
Possibile che Ivan li avesse già comprati?
Dopotutto, lui era stato davvero bravo a non starle addosso in quel periodo.
Era stato anche troppo bravo, eppure Italia era convinta che dopotutto Ivan doveva essere stato davvero male. Forse era stato molto peggio di lei.
L’aveva amata in silenzio per cinque anni, quei cinque anni in cui lei aveva pensato solo a se stessa e di lui non aveva avuto altro che una stupida opinione da compagna di classe.
Era normale che lui avesse provato a dimenticarla, Italia l’aveva capito e accettato.
Era stata proprio quella bugia che non aveva tollerato, le aveva fatto così male in quel momento sapere che lui le aveva mentito, eppure …
Eppure si ritrovò a pensare che fosse vero il detto che il tempo curava tutte le ferite; nel suo caso, l’aveva fatto positivamente. Aveva preso la decisione giusta nel prendersi una pausa, e non perché non avesse avuto paura di poterlo perdere per sempre nel frattempo, ma perché quel tempo le era servito per ragionare.
Le era servito per rendersi conto che aveva reagito d’impulso, che non era nulla che non si potesse risolvere parlando, o semplicemente lasciando correre le cose, cercando ancora con maggior forza di costruire qualcosa insieme che avesse basi più solide.
Aveva raggiunto la fine degli scaffali, alla lettera zeta, senza nemmeno accorgersene, riusciva anche ad intravedere la cassa dietro cui era seduto un signore anziano intento a leggere un vecchio libro dalla copertina ingiallita.
Osservò con fare critico la pila di cd che aveva preso e decise che dopotutto avrebbe rischiato acquistandoli.
Voleva proprio dirlo ad Ivan quello che aveva imparato.
Voleva proprio creare altri bei ricordi con lui, e dimenticare tutte quelle stupidaggini.
Fece per raggiungere la cassa, quando con la coda dell’occhio intravide la porta spalancarsi ed Ivan entrare nel negozio. Italia fu così sorpresa di vederlo lì che rischiò di far cadere tutti i cd per terra, anche se si rese conto solo in quel momento di aver camminato tutto il tempo sulla moquette, e che lì i cd non avrebbero fatto molto rumore.
Si nascose meglio dietro lo scaffale e osservò il moro di sottecchi.
Doveva immaginarlo che Ivan frequentava quel negozio, era proprio da lui.
Indossava una maglietta a mezze maniche di diverse tonalità d’azzurro che andavano scurendosi mano a mano, dei jeans stracciati pieni di catene rumorose, un paio di scarponi ai piedi, portava il casco sotto braccio e aveva i capelli appiattiti sulle tempie.
Italia lo vide avvicinarsi alla cassa con passo deciso, l’uomo dietro il bancone si aprì in un sorriso radioso non appena lo vide, gli diede una pacca sulla spalla e gli scombinò i capelli come avrebbe potuto fare un nonno con il proprio nipote.
<< Giovanotto, era da un po’ che non ti facevi vedere! >>.
Esordì l’uomo dandogli una forte pacca sulla spalla.
<< Mi spiace signore, ho avuto da fare con la scuola … >>.
Si giustificò Ivan grattandosi la nuca con imbarazzo.
<< Hai speso tutti i tuoi soldi per un tatuaggio vero? >> Lo canzonò l’uomo con aria bonaria, Ivan arrossì fino alla radice dei capelli e cominciò a farfugliare qualcosa, ma il vecchio scoppiò a ridere fragorosamente e gli assestò un’altra pacca sulla spalla.
<< Lo sapevo! Comunque non preoccuparti, ti ho messo tutti i cd da parte >>.
Gli sussurrò con aria cospiratoria, facendogli l’occhiolino, Ivan sorrise radioso e alzò i pollici.
<< Verrò a prenderli appena possibile. Oggi sono passato per l’ordine di Gias >>.
Italia non si sorprese che quell’uomo conoscesse anche Giasone, doveva essere da una vita che entrambi frequentavano quel posto, tutti e due fanatici di musica già dall’infanzia.
Si ritrovò a sorridere mentre osservava distrattamente l’uomo tirare fuori da uno dei cassetti della scrivania che usava come cassa un pacco ben fatto e scambiare qualche altra parola con Ivan.
Aspettò fino a quando il ragazzo non uscì dal negozio, poi sbucò da dietro lo scaffale e si diresse con passo spedito verso il bancone. L’uomo le rivolse un caldo sorriso quando la vide avvicinarsi, Italia ricambiò e gli mostrò con cautela i cd che aveva raccolto.
<< Mi scusi signore, sono questi i cd che aveva messo da parte per il ragazzo che è appena uscito? >> Domandò con cautela, il vecchio osservò prima i cd con aria seria, poi la guardò negli occhi per un tempo che le sembrò infinito ed annuì mestamente.
<< Si signorina, come … >>.
<< Li prendo tutti allora >>. L’uomo la guardò battendo le palpebre, poi si affrettò a preparare una busta e lo scontrino alla cassa.
<< Ma lei chi è signorina? Un’amica di Ivan? >> Le domandò mentre le porgeva il resto e la busta, Italia gli rivolse un altro sorriso e allungò la mano per prendere i suoi acquisti.
<< Sono la sua fidanzata >>.
 
Enea aveva asciugato otto lacrime.
E le aveva contate tutte, dall’inizio alla fine.
La prima era scesa quando le aveva baciato la scollatura del reggiseno, lì sulla pelle morbida e candida attraversata da una leggera pelle d’oca. L’aveva sentita sussultare sotto il tocco della sua mano sul fianco sensibile, irrigidire quando aveva cominciato a giocare con l’elastico dei suoi slip. L’aveva sentita inarcare la schiena ed accelerare il respiro mentre seguiva con un dito il profilo del suo ventre piatto fino all’ombelico.
La seconda lacrima Beatrice l’aveva versata quando Enea le aveva baciato la fronte, accarezzato i capelli e guardata come se fosse la cosa più bella del mondo, come se il suo corpo, così tremendamente esposto al suo sguardo, privo di ogni velo, indifeso, fosse luce.
Enea l’aveva spogliata con gentilezza, nel fisico e nel cuore, era stato paziente con lei, aveva lasciato che procedesse secondo i suoi tempi, l’aveva guidata per poi lasciarla andare.  
L’aveva guardata come se non avesse mai visto una donna prima d’allora.
Enea si era innamorato del suo seno piccolo, del modo in cui respirava piano …
Beatrice si era innamorata delle sue spalle larghe, del modo in cui aveva le labbra schiuse …
La quarta lacrime l’aveva versata pensando a quanto fosse diverso essere toccata da lui.
Enea passava le ampie mani sul suo corpo come se stesse modellando una scultura, erano le mani ruvide di uno scultore esperto che incidevano ogni grammo di pelle.
Erano mani che sapevano toccare le corde sensibili del suo corpo come se lo conoscesse da sempre, come se fossero state create apposta per quello.
La quinta lacrima scivolò sulla guancia quando i loro corpi si fecero più vicini, Enea gliela baciò via e con le stesse labbra, bagnate di sale e di tutta la sua gioia, tutta la sua paura, tutto il passato che scivolava via in quella sorgente limpida che erano i loro esseri così vicini, così legati, le sfiorò gli occhi chiusi.
Era come rinascere nuovamente per lei, come provare per la prima volta qualcosa del genere, non esisteva nessuna esperienza passata, nessun dolore, nessun ricordo spiacevole.
Beatrice voleva rinascere come un fiore tra le mani di quell’uomo.
La sesta lacrima Enea gliel’asciugò quando entrò dentro di lei.
Lo fece con cautela, anche se non era mai stato da lui chiedere il permesso. E fu come essere scosso nelle ossa, perdere la forza nelle braccia, scoprire una sensazione che non aveva mai provato prima di allora.
Essere esattamente.
Lì nella donna che amava.
Lasciare che tutto acquistasse un valore così profondo e così intenso che ebbe come la sensazione di non aver mai fatto l’amore prima di allora in vita sua.
Di non aver mai saputo davvero cosa significasse, di sentirsi anche lui inesperto, inadeguato, troppo piccolo e misero per poter provare quello che stava sentendo in quel momento.
Troppo piccolo per poter meritare quello che Beatrice gli stava donando.
Muoversi con lei, dentro di lei, sentirla inarcare la schiena e non poter trattenere il respiro, aggrapparsi alle sue spalle e farsi più vicina, intrecciare le gambe dietro la sua schiena, sussurrare il suo nome con gemiti delicati e sensibili …
La settima lacrime fu più un sussurro roco e strozzato, quando entrambi si lasciarono andare a quel gemito trattenuto che era l’apice di ciò che avevano imparato quel giorno.
Di amarsi e di volersi amare ancora per molto tempo.
Enea sentiva le membra del suo corpo completamente spompate, come non le aveva mai sentite prima in vita sua.
Fu come se tutta la tensione di quel tempo infinito gli fosse crollata sulle spalle.
Si lasciò andare ad un profondo respiro tremante, ancora accaldato, e cadde a peso morto sul corpo sudato di Beatrice, che per reazione gli si avvinghiò come una piovra, ancora tremante e scossa dagli spasmi dei piacere che l’avevano travolta.
Avevano ancora il respiro irregolare, si sentivano come due ragazzini alle prime armi con quelle guance arrossate dallo sforzo e dalla gioia.
Beatrice scoprì, nel silenzio che seguì, che le piaceva accarezzare i capelli di Enea, le piaceva sentirlo così addosso, avere la sua pelle calda e sudaticcia che strusciava sulla sua, le piaceva che lui non si fosse ancora mosso, che non fosse uscito da lei. Le piaceva sentire il suo respiro infrangersi sulla pelle del suo seno e cullarlo tra le sue braccia.
Le piaceva il suo odore e sapere che era tutto suo.
Le piaceva sapere che il passato non esisteva più in quel momento, che avrebbe per sempre ricordato in futuro quel momento come se fosse stata la sua prima volta.
Era la sua prima volta.
Sarebbe stata sempre la prima volta con Enea.
<< Mi sento come un bambino … >>.
Enea aveva la voce roca quando pronunciò quelle parole, era stato solamente un sussurro spezzato, il corso di un pensiero sfuggito dalle labbra.
<< Ti amo >> Un altro brandello di pensiero che gli sfuggì come una consapevolezza spaventosa, come qualcosa troppo grande per lui, qualcosa che aveva faticato ad ammettere e che aveva ora scoperto con gran terrore.
La consapevolezza di aver provato tutto quel tempo qualcosa per cui finalmente aveva trovato un nome adatto, la collocazione adatta nel suo cuore.
<< Cavolo, ti amo anche io … >>.
<< Va a prenderti il tuo futuro Enea, io ti aspetterò sempre qui >>.
Beatrice sussultò quando qualcosa di umido le scivolò sulla pelle, seguendo prima il profilo inarcuato del suo seno, poi la curva del fianco fino a raggiungere la schiena, dove si infranse a contatto con le lenzuola.
L’ottava lacrima, l’aveva versata lui.
 

______________________________________
Effe_95
 
Buongiorno a tutti :)
Eccomi tornata con un altro capitolo!
Confesso che è stato davvero duro da scrivere, soprattutto la seconda parte eh, eh.
Non sono molto brava a scrivere certe cose, ma spero davvero vivamente che alla fine sia emerso quello che io volevo emergesse, ovvero il cambiamento di Beatrice, la sua nuova consapevolezza di se stessa e l’aver accettato l’amore che prova per Enea.
Amore che la porta a mettere da parte se stessa per il bene di lui.
E ovviamente quanto sia stato importante quel momento per entrambi, al di là dell’atto fisico. Inoltre, ne ho approfittato anche per approfondire un po’ il personaggio di Daniele ;)
Per quanto riguarda la parte di Italia ( con breve comparsa di Ivan e piccolo accenno a Giasone ) anche lì spero che sia emersa la presa di posizione di Italia, il mutamento dei suoi pensieri, anzi, sarebbe meglio dire la maturazione.
Per quanto riguarda i cd, non dimenticateli perché torneranno ;)
Ora vorrei toccare un piccolo tasto per me un po’ dolente.
Non mi piace scrivere queste cose, ma non ho potuto fare a meno di notare il drastico calo di recensioni. Solitamente non sono una persona che si lamenta, e non lo sto facendo nemmeno adesso, ma teoricamente mi farebbe piacere sapere se ciò è dovuto al fatto che ci siano dei problemi con la storia. É diventata noiosa? È scritta male? La mia scrittura è peggiorata? È troppo pesante? Ecco, tutti questi pensieri hanno cominciato a ronzarmi nella testa inevitabilmente ^^”. Ad ogni modo io continuerò a scriverla con la stessa passione e lo stesso rispetto di sempre, perché non mi piace lasciare le cose incompiute e amo tutti i miei ragazzi incondizionatamente u_u  La mia non vuole essere una forzatura o altro, è semplicemente una cosa che ho notato. Oltre al fatto che comunque è un progetto a cui dedico tutto il tempo che riesco a ritagliare tra una cosa e l’altra, con tanto sudore e fatica.
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, siamo sempre più vicini alla fine, anche se non sembra lo so ;)
Alla prossima :) 
  
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