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Autore: Lanonimoscrittore93    01/04/2017    0 recensioni
Questa storia parla di un ragazzo transessuale alla quale restano pochi mesi di vita. Tutto questo non lo sa nessuno, solo il suo medico di fiducia e suo padre. Proviene da una famiglia molto ricca, fondatrice di una scuola prestigiosa e ambita da tutti. Un giorno un incontro le travolgerà l'esistenza. Cosa accadrà?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Ero arrabbiata con il mondo intero. Mio padre aveva deciso di risposarsi. Odiavo quella oca! Voleva solo i soldi di mio padre. Lui era un artista famoso. Pensava solo alla sua arte e a divertirsi con la sua giovane e sexy conquista. E io? Non pensava mai a me, ero quasi un peso per lui. Per fortuna c'era mia madre, lei si che ci teneva a me, ma purtroppo era sempre impegnata con il suo lavoro, per questo non vivevo con lei, fino a oggi. Dopo che papà si era sposato con quella oca, non volevo stare un minuto di più in quella casa con loro, così decisi di trasferirmi da mamma. Era entusiasta di avermi in casa con lei, ci vedevamo così poco, lei aveva i suoi impegni e io avevo la scuola. Mi ero appena trasferta nella sua piccola casetta, era un posto pieno di libri e molto triste, e lei non c'era mai purtroppo.
Oltre a strasferirmi da lei, mamma era riuscita a farmi ammettere nella scuola più prestigiosa della città. In quella scuola ci andavano persone ricche. Quando dico ricche, non intendevo persone che guadagnavano dai 5 ai 10 mila al mese, parliamo di persone che possono arrivare a guadagnarne 100 mila all'ora, queste si che erano persone ricche! Mia madre guadagnava bene, ma non così tanto, neanche mio padre, e lui guadagnava tanto!
Come ho fatto ad essere ammessa vi starete chiedendo, semplice! Lei e il preside erano grandi amici d'infanzia. Mi sentivo una raccomandata. Avevo anche discusso con lei al riguardo, ma diceva che non c'era nulla di male e poi il preside le doveva un favore. Che favore?! Andavano a letto insieme per caso? Era irremovibile, non mi voleva dire che favore le doveva il preside. Sapevo che mi nascondeva qualcosa.
Quando riuscì a convincermi? Quando mi descrisse la scuola. Mi ricordava una di quelle scuole che avevo letto sui miei adorati libri. Erano la mia vita e i miei unici amici.
Mi aveva anche raccontato che era una struttura antica ed era una delle tante ville che appartenevano alla famiglia fondatrice, che in seguito avevano convertito in una scuola privata. Be', più che villa sembrava buckingham palace. C'erano una miriade di quadri e armature antiche, speravo che ci fossero dei passaggi segreti, tanto per divertirsi un po'. C'erano un mucchio di materie interessati, anche extra. C'era il meglio del meglio, di lì si usciva più intelligenti che mai. Non vedevo l'ora.
Si doveva indossare una divisa in questa scuola, dove stava la sfortuna? Dovevo indossare una gonna con le pieghe, calzettoni e delle scarpe ridicole da bambola dagli orrori che indossavano solo le bambine piccole, neanche sapevo come si chiamavano. 
Mentre tiravo fuori le mie cose dagli scatoloni, mia madre era dovuta scappare via per andare al lavoro, un emergenza diceva. Diceva sempre così. Poteva stare un giorno intero via senza dare notizie di sé. Per la rabbia lasciai stare le mie cose e uscii, nella speranza di non perdermi. Io e il mio scarso... che dico! Inesistente senso dell'orientamento. Riuscivo a perdermi anche in una strada dritta. 
Raggiunsi un parco. Credo di esserci stata una volta, credo... Mi piaceva tanto il verde, era così bello e pacifico, almeno quando non c'era troppa gente che faceva solo chiasso. Decisi di stendermi sull'erba. Era una bella giornata, il cielo era limpido e senza nuvole e gli uccellini cinguettavano...
Cavolo! 
Senza rendermene conto mi ero addormentata. Tipico. Guardai l'ora ed erano le sette di sera. Se mamma era tornata a casa mi avrebbe ucciso e poi ero anche uscita senza telefono. Un'altra cosa tipica di me. Non potevo essere normale come gli altri? No, eh?! 
Mi alzai e iniziai a correre, sperando che fosse la direzione giusta e di non inciampare nel nulla come al mio solito, quando ad un tratto, vidi qualcuno appoggiato a un albero che stava piangendo. Mi fermai di colpo. Era un ragazzo, e stava piangendo. Perché? Cosa gli era successo? Sperai tanto che non fosse nulla di grave.
Me ne stavo lì imbambolata a fissarlo, era così bello, nonostante le lacrime. Aveva dei bei capelli corvini, credo che fossero tinti. Aveva dei bei lineamenti, erano così raffinati, probabilmente veniva da una famiglia molto ricca. Quelli sono così belli di solito. Non sempre, eh! Per fortuna anche da lì uscivano i mostri. La cosa mi consolava sempre. Tornando a lui. Be', che dire... era vestito completamente di nero. Forse era in lutto. Quei vestiti gli stavano così bene, era da mozzare il fiato. Aveva un fisico snello e atletico, aveva tutto al punto giusto, e poi... era così tenebroso e misterioso.
Come alcuni personaggi dei miei libri! Calma ragazza, tu leggi troppo, mi rimproverai mentalmente.
Cercai di avvicinarmi a lui per chiedergli se andasse tutto bene. Mi fermai un'altra volta di colpo. Si era accorto di me. Mi fissava con i suoi occhi intensi. Erano così belli, di un blu intenso. Poi fece una cosa che non mi sarei mai aspettata. Mi indicò con l'indice della mano destra, per poi fare il gesto di sgozzarsi.
E quello cos'era?! Voleva tagliarmi la gola? Per cosa poi, per averlo visto piangere? Era ufficiale, quel ragazzo non mi piaceva più, anzi, mi stava proprio antipatico.
Arrabbiata me ne andai per la mia strada, lasciando quello sconosciuto maleducato a piangere. Che m'importava! Probabilmente era uno psicopatico. Con la fortuna che avevo poi. E anche se fosse stato normale, una come me non gli sarebbe piaciuta per niente al mondo. Ero scialba, così mi dicevano alle spalle. Mi dicevano di tutto nella mia vecchia scuola, insomma, ero una sfigata! La moda era mia nemica e odiavo farmi vedere, mi vergognavo, così avevo adottato la tattica dei vestiti larghi, cosicché nessuno mi notasse, be', si faceva per dire. Anche quella oca della mia matrigna mi diceva che ero scialba e non avevo un minimo stile. Be', almeno io avevo la decenza di mettermi qualcosa addosso! Quando stava a casa nostra non conosceva la parola indossare vestiti, no la signorina doveva camminare nuda per mostrare il suo nuovo seno che gli aveva regalato papà. Come lo chiamava? Pegno del suo amore. Bleah. Stupida oca spilla soldi. 
Quando miracolosamente tornai a casa, mia madre era lì che mi aspettava. Aveva l'aria rilassata, il ché voleva dire: guai in vista. Mi fece la solita ramanzina; che ero irresponsabile; che non mi portavo mai il telefono dietro; che non avvisavo mai; che non stavo attenta a dove andavo; che mi perdevo sempre e la lista continuava. Cara mamma, esiste una sola parola per definire tutto ciò, anche più nel mio caso. Sbadata! Sì, ero sbadata e goffa. Cadevo senza niente, come se l'aria mi facesse lo sgambetto. Non era mica colpa mia se ero così, dico bene?

Era il fatidico giorno, stavo per iniziare la scuola, nuova vita, e nuovi compagni che mi avrebbero snobbata e derisa, tanto per cambiare. Questa volta era tutto diverso, stavo andando in una delle scuole suole più prestigiose del paese, dove tutti erano abituati al lusso più assoluto, probabilmente venivano tutti in auto che costavano più di casa mia. Ero agitatissima. Come al solito non avrei fatto nessuna amicizia e i ragazzi carini non mi avrebbero guardata minimamente, non in quel senso almeno. 
Neanche quel psicopatico mi avrebbe guardata in quel senso. Cercai di riprendermi dai miei sciocchi pensieri prendendo un bel respiro. 
Questa mattina, visto che era il mio primo giorno mi accompagnò mamma a scuola. Vederla in foto era un conto, ma dal vivo era un altro. Era stupefacente, da lasciarti a bocca aperta e io ci restavo sempre. Ora che ci pensavo... credo di essere rimasta a bocca aperta quando avevo visto quel ragazzo... ma che m'importa!?
Riprenditi Eleonora! 
Mamma non entrò a scuola, per mia fortuna. Rimase fuori dal cancello a fissarmi mentre entravo, neanche fosse il mio primo giorno d'asilo.
Mamma, avevo diciassette anni, no cinque!
Wow, fu l'unica cosa che riuscì a pensare quando entrai nell'edificio. Questa scuola era così sfarzosa. Su ogni pavimento c'era un tappeto rosso -sicuramente costosissimo- c'erano quadri di ogni genere e dimensione dall'aria antica. C'erano anche le armature! No, ero entrata dentro un libro per caso? Se è un sogno non svegliatemi. Be', conoscendomi, più che sogno, poco probabilmente ero inciampata nel nulla e avevo sbattuto la testa finendo in coma. Che pensieri teatrali che ho. 
Camminavo senza una meta, quel posto era pieno di porte, fortuna che conoscendomi mamma mi aveva dato una piantina. Di botto mi fermai. Era lui! Lo psicopatico!
  
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