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Autore: alaal    01/04/2017    1 recensioni
Quella sera, di fronte ad un buon bicchiere di latte caldo, ad un Pokémon innamorato viene chiesto qualcosa che metterà in dubbio tutta la sua esistenza. Avrà il coraggio di affrontare il suo destino e potere coronare il suo sogno d'amore? Un pericoloso rivale è dietro l'angolo... bisogna decidere in fretta.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James, Jessie, Meowth, Nuovo personaggio, Pikachu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Le mie sensazioni, mentre corro a perdifiato lungo il limitare del bosco che divide Biancavilla da Smeraldopoli, sono contrastanti. Le grida piene di rabbia di Jessie ancora mi rimbombano nelle orecchie come un martello che sbatte su un’incudine, non so neppure io perché io sia scappato così alla svelta, desideroso di abbandonare i miei vecchi compagni al loro destino.

Da un lato, ero terribilmente dispiaciuto di avere abbandonato, così di punto in bianco, il gruppo. Il nostro leader, Giovanni, aveva riposto così tanta fiducia in noi… e io che cosa sto facendo? Sto scappando, con la coda tra le gambe, mettendo molto probabilmente in guai seri Jessie e James. Con stizza e rabbia, poi ripenso a tutti gli sgarbi che ho dovuto subire da quando faccio presenza fissa con loro. Quanti guai? Quanti fallimenti? Quanti giorni passati senza potere toccare cibo, in mezzo alla pioggia, al vento e al gelo? E poi, e poi… e poi lei. La sua immagine davanti agli occhi, una fotografia fissa di lei, sorridente, mi impedisce di vedere veramente dove sto correndo. Il fiato inizia quasi immediatamente a mancarmi, le zampe inferiori stanno diventando rigide come dei tronchi di legno, le lacrime inondano gli occhi, quasi accecandomi. Dei rami traditori affiorano dal terreno brullo delle praterie nei pressi di Biancavilla e per poco, cadendo in terra, non mi slogo una caviglia. Ma mi rialzo presto, ho il terrore di ritrovarmi alle calcagna quei due.

Non so perché sto scappando, cosa mi stia spingendo a muovere un passo dopo l’altro, di fretta e furia. Non era il nostro sogno potere avanzare di grado all’interno del Team Rocket? Nonostante tutte le difficoltà, gli intralci, i contrattempi, gli intoppi non ci siamo mai arresi, siamo sempre stati uniti, nel bene e nel male. Mentre corro, ripenso a tutte le nostre missioni, a tutti gli incontri che abbiamo avuto con magnifici Pokémon che non abbiamo mai catturato, e ripenso anche a tutte le volte che ci siamo scontrati con il moccioso e la sua gang di amici. Mentre corro, rido come un matto. Non so perché io stia ridendo, nonostante il dolore che sto provando in questo momento, ma rido. Rido a squarciagola, ripensando a tutte le volte che abbiamo inseguito i mocciosi nel tentativo di sottrarre i loro Pokémon, per portarli al nostro capo. Che buffo, veramente buffo. Probabilmente i Pokémon selvatici del circondario stanno guardando un Pokémon gatto correre all’impazzata, ridendo come se gli fosse dato di volta il cervello, e non potrei neppure biasimarli.

E tutto per uno stupidissimo piano che non avevo voglia di elaborare questa mattina.

Ma no, non era solo per questo.

L’immagine di Celine, sorridente, continua a essere una presenza fissa davanti ai miei occhi, come se stessi osservando una sua fotografia. Il suo sorriso, i suoi occhi, il suo pelo morbido e lucente, e la sua gentilezza e tante altre cose mi hanno rapito, mi hanno estasiato, e le sue parole mi hanno sconvolto. Sì, mi hanno urtato e fatto riflettere, ma non avrei mai potuto ritenere possibile un così drastico cambiamento nel mio rapporto con Jessie, James, i nostri Pokémon compagni e con l’organizzazione del Team Rocket in generale. Sembra quasi che li stia tradendo con questo mio atteggiamento. Forse li sto tradendo. Senza dubbio, li sto tradendo.

All’improvviso sbatto con il muso contro qualcosa e cado di lato, pancia a terra. Il dolore per il colpo subito mi fa vedere le stelle, e offusca quasi immediatamente l’immagine della dolce Celine che avevo ancora davanti a me. Tutto accade così in fretta che non mi accorgo neppure di essere in qualche modo ruzzolato a terra, vedendo prima il cielo azzurro e poi il terreno, e poi viceversa, come se avessero deciso di mischiare il sopra e il sotto. Quando finalmente torno in me, il feroce pulsare del colpo subito in faccia mi rende attonito, e stringo i denti dal forte dolore. Mi tengo le zampe sul muso, digrignando i denti, e mi metto seduto, a zampe incrociate.

-Se becco… se becco quello che si è passato davanti… giuro che..!!- Le parole escono dalla mia bocca arrochite dalla gran fatica provata, il fiatone che mi impedisce quasi di parlare. Poi, alzo lo sguardo, perplesso. Mi guardo attorno, con le zampe ancora appiccicate sul muso, e mi rendo conto di essere arrivato in un piccolo villaggio dalle casette minute e bene ordinate, dipinte di un bianco quasi lilla. In lontananza, sullo sfondo, c’è un enorme edificio costruito su una collina, ed accanto ad esso si erge una sorta di mulino a vento, le cui pale si muovono al ritmo della brezza marina che spira dal vicino mare. Mi rendo conto, ben presto, di essere giunto finalmente a Biancavilla. E mi rendo conto, inoltre, in che cosa sono andato a sbattere con così tanta violenza. Di fronte a me, rialzandosi e dallo sguardo torvo, mi trovo nientemeno che uno dei miei nemici giurati di vecchia data. I suoi occhi colmi di rabbia, le piccole zanne che digrignano in un ringhio sinistro, il pelo arruffato e le tasche guanciali cariche di elettricità statica... mi sento aggredito dalla sua persona. Pikachu, ecco contro chi mi sono scontrato poco prima. Che diavolo ci faceva quel roditore a Biancavilla?

 

FLASHBACK

Finalmente il gran giorno è arrivato. Con la nostra divisa d’ordinanza, il nostro caro vecchio completo color nero, con la R rossa fiammeggiante sul petto, i nostri berretti sulle ventitré e la lettera di convocazione scritta dal nostro leader ben chiusa nella tasca dei pantaloni di James, arriviamo nel quartier generale del Team Rocket. Costruita in pianta ottagonale, l’edificio si è sviluppato in altezza nel corso degli anni, da semplice ritrovo di reclutamento di vari sbandati alla ricerca di un riscatto, di avventure, di lucro e cose varie, ad un’organizzazione ben strutturata e dalle ramificazioni in vari ambiti sociali, economici, politici e così via.

Ormai saranno più di dieci anni che siamo dentro, e nonostante tutto il nostro impegno non siamo ancora riusciti ad avanzare di un solo gradino nella scala gerarchica dell’organizzazione del Team Rocket. Quegli antipatici di Butch e Cassidy, nostri colleghi per carità, ma pur sempre concorrenti, spesso si facevano beffe di noi per tutte le volte che siamo partiti in missione e tornavamo in sede con un pugno di mosche in mano. Non che loro fossero stati meglio di noi, qualche colpo riuscivano a portarlo a termine, ma erano più numerose le sconfitte che le vittorie.

Ma questa volta, era tutto completamente diverso. Seduti nell’enorme sala d’aspetto dell’androne principale della sede, restiamo in attesa di essere convocati dalla segretaria personale del nostro capo. Mi guardo attorno, con le zampe penzoloni, e noto un gran viavai di persone indaffarate con fogli in mano, registri, dossier, qualcuno che spinge dei carrelli colmi di Poké Ball, altre persone che corrono vestiti con la nostra divisa bianca classica, che facevano slalom tra le varie sedie di ferro disseminate nella sala. Noi siamo seduti su una panchina dall’altra parte dell’androne, vicini ad una porta verde di metallo, e su questa porta c’era una targhetta anch’essa di metallo, con su scritto “Segreteria”. Non stiamo più nella pelle, non vediamo l’ora di parlare direttamente con il nostro capo, per parlare della nostra nuova missione da Reclute Scelte.

-Non ci posso ancora credere – dice tutto ad un tratto Jessie, con un tono di voce colmo di gioia. La donna, seduta tra me e James, aveva unito le mani davanti a sé e guarda sia me che il nostro compagno, con occhi pieni di felicità. Anche io e James siamo contenti di come stavano andando le cose, e l’uomo dai capelli color turchese annuisce, chiudendo gli occhi e incrociando le braccia al petto.

-Invece è la pura verità, mia cara Jessie. Finalmente i nostri sforzi sono stati riconosciuti, e abbiamo ottenuto una promozione!- Io rido sotto i baffi, a denti stretti. Solo l’idea di potere vedere dall’alto del nostro nuovo status sociale quegli antipatici di Butch e Cassidy mi manda in brodo di giuggole.

-Non vedo l’ora di conoscere l’entità del piano. Ragazzi, ma ci pensate? - E mi volto verso di loro – Reclute scelte, solo pochissime reclute hanno il privilegio di essere reclutate da Giovanni in persona!- Jessie e James annuiscono con la testa, sorridendo. Di solito le reclute solo selezionate dai vari capisquadra che prendono ordini direttamente dai manager, ma le Reclute Scelte sono completamente diverse da tutti. Le reclute sono coloro che compiono le missioni direttamente per mano del leader. Un onore così grande riempie i nostri cuori di un orgoglio finora mai provato prima d’ora.

-Chissà quale missione ci affiderà? - James appoggia un dito sul mento, con fare pensieroso. – Magari catturare un Pokémon leggendario?- Jessie ride, come al suo solito, mettendo una mano davanti alla sua bocca, come una snob.

-Magari comandare un plotone di reclute, tra cui quegli sprovveduti di Butch e Cassidy!- Io continuo a ridere, e volto lo sguardo alla mia destra verso la porta verde, la quale finalmente si apre e ne esce fuori la segretaria. La donna, una ragazza di trent’anni appena, con dei boccoli rosso fuoco che le sovrastano la fronte, degli occhiali con la montatura dorata, un completo nero elegante con un foulard altrettanto nero, appiccicato sul petto una piccola targhetta con scritto qualcosa, forse il suo nome, e lo stemma della nostra organizzazione in bella vista. Ci squadra con sufficienza e, schiarendo leggermente la voce per catturare la nostra, attenzione, ci domanda se siamo le Reclute Scelte richieste da Giovanni, e ci richiede la lettera di convocazione. James si alza, afferrando la lettera richiesta dalla sua tasca e mostrandola alla segretaria e quest’ultima, letto il nostro lasciapassare, ci fa cenno di entrare nel suo ufficio. Ci alziamo tutti, con il cuore in gola per la grande emozione, ed entriamo finalmente nella stanza. Richiudo diligentemente la porta come richiesto dalla segretaria, e finalmente ci sistemiamo all’interno della segreteria, un ambiente abbastanza spazioso costituito da una scrivania in mogano, una poltrona dove sta seduta la donna, un davanzale con finestra dietro di lei che dà all’esterno, una pianta ornamentale in un angolo sulla destra e molte fotografie delle più importanti persone che costituiscono il Team Rocket, tra cui spiccava, proprio di fronte a noi, un mastodontico ritratto del nostro Leader, Giovanni, dipinto a mano da artista sconosciuto, in piedi di lato alla sua scrivania personale, con una mano appoggiata su un mappamondo ottocentesco alla sua sinistra e con l’altra mano appoggiata sulla sua scrivania, con un volto austero e severo.

-Siete le Reclute Scelte TR37, corretto?- La voce della segretaria, intenta a firmare alcuni documenti e timbrare la nostra lettera con colpi secchi e rapidi, cattura nuovamente la nostra attenzione. La scrivania della segretaria per me è molto alta, e mi devo distanziare un po’ rispetto ai miei compagni per poter vedere meglio che cosa sta facendo quella donna. James e Jessie rispondono di sì e, dopo quella domanda, piomba nuovamente il silenzio. La donna dai capelli boccoluti sposta il suo sguardo verso sinistra, sul monitor, e pigia in rapida sequenza alcuni tasti sulla tastiera che aveva di fronte, con un atteggiamento leggermente distaccato e annoiato. Noi restiamo in piedi, in perfetto silenzio, e io deglutisco, con le zampe anteriori dietro la schiena. Quell’attesa snervante mi fa pensare a mille domande da fare al nostro capo, sull’entità della nostra missione, se siamo affiancati a qualche recluta più esperta di noi, che cosa dobbiamo fare e se avremo nuovi Pokémon a nostra disposizione… sono emozionato come un cucciolo, vorrei chiedere alla segretaria qualche informazione in merito, ma lei mi precede ancor prima che io possa aprire la bocca.

-Prendete questi dossier, potete proseguire per la porta alla vostra destra, proseguire dritti, prendere il primo ascensore sulla sinistra e andare all’ottavo piano.- Si sporge dal suo posto in avanti e appoggia con noncuranza tre cartelline di colore bianco, con dentro i nostri fogli e la lettera rimane a lei. Peccato, l’avrei tenuta da parte ben volentieri, per leggerla nuovamente in futuro. Ci avviciniamo alla scrivania, in silenzio e notiamo con stupore che su ogni cartellina c’è la nostra fotografia in primo piano, in alto a destra, con i nostri nomi ed i nostri nuovi nomi in codice per la missione “Aerodactyl”. Tutti e tre (io, Jessie e James) apriamo la bocca, meravigliati. Quindi la missione che il nostro leader ci ha affidato si chiama “Aerodactyl”, come il Pokémon preistorico. Mitico, eccezionale, già mi sento pervadere da un’adrenalina mai provata in vita mia. Ringraziando a più riprese la segretaria, la quale si è nuovamente disinteressata di noi, concentrandosi sul suo computer, apriamo la porta blu sulla nostra destra e scopriamo con leggero stupore che, dopo quella porta, si dipanava un lungo corridoio disseminato di almeno una trentina di porte per lato.

-Avanti, ragazzi, il capo ci aspetta!- Spingo in avanti i due miei compagni e, una volta che siamo dentro quel corridoio, mi volto e, con un piccolo salto, afferro la maniglia e chiudo la porta. Mi volto nuovamente e ben presto mi rendo conto che quella parte dell’edificio era riservato alla “elite” del Team Rocket. Jessie e James si guardano attorno, stralunati, ed osservano con meraviglia il trasudare del lusso di quel corridoio: splendidi arazzi di diamante appesi ai soffitti, porte blindate dipinte di pregevoli colori di varie tonalità di castano, pavimento coperto in moquette soffice rossa, ai lati servizi di bevande e cibo di prim’ordine… e chi si immaginava una simile chiccheria? Il pavimento, poi, era così soffice che è un piacere camminarci sopra. Scuoto comunque la testa e richiamo all’ordine i miei amici, ognuno ha in mano la propria cartellina e impongo loro di proseguire avanti, fino a raggiungere il primo ascensore sulla sinistra. Marciando felici come mai lo eravamo stati prima d’ora, finalmente troviamo l’ascensore designato dalla segretaria, uno spettacolo di porte fatte di puro diamante cristallino che brilla alla luce degli arazzi. Rimaniamo quasi storditi da quella inaspettata opulenza e, con un movimento quasi innaturale, Jessie pigia il pulsante per richiamare l’ascensore che, con un silenzio pressoché quasi totale, apre le sue porte e ci permette di entrare all’interno del vano. Appena le porte si richiudono, tutto l’interno è tempestato di diamanti, perle, lapislazzuli, zaffiri ed i numeri dei piani sono contornati di oro, argento e altre pietre preziose. Sotto il quadro dei numeri, è necessario digitare una password su uno schermo LCD, e come da me previsto Jessie e James vanno ben presto nel panico, non aspettandosi di avere a che fare con la necessità di inserire una password. Tremano addirittura dal crescente spavento e, sbracciandosi e dimenandosi come ragazzini impauriti, si chiedono quale password sia necessario inserire al fine di azionare l’ascensore e portarci all’ottavo piano.

-Niente panico, ragazzi – sogghigno e, saltando ad ogni lettera premuta, inserisco la password designata e, una volta completata, salto ancora più in alto e premo il pulsante numero 8. Magicamente, l’ascensore si mette in moto e inizia la sua lenta ascesa verso la nostra destinazione. Ridacchio con soddisfazione nel vedere le facce esterrefatte dei miei colleghi e non nascondo di provare un certo orgoglio nel conoscere la password che il Markrow del boss mi ha rivelato qualche tempo fa, in cambio di una fornitura di un mese di Pokémelle appena sfornate.

Dopo qualche minuto, finalmente l’ascensore si ferma, e una voce femminile computerizzata ci comunica l’arrivo a destinazione. Le porte si aprono nuovamente e ci incamminiamo, con una certa tremarella, verso il largo corridoio che funge da vestibolo per l’ufficio del nostro capo.

-Credete che sarà contento di vederci?- La voce di James tradisce una certa apprensione e, deglutendo rumorosamente, si tira il colletto con un dito, con un disagio crescente. Io non dico nulla, totalmente assorto dal circondario: moquette sofficissima, pareti coperte da pregiata tappezzeria, ornamenti ai lati del corridoio da fare impallidire anche agli edifici più lussuosi, un’enorme fontana di cristallo a più piani, con cherubini alati che gettano l’acqua nei piani più bassi per mezzo di vasi, piante ricercatissime e altre porte che conducevano chissà dove. La porta che a noi interessa si trova al fondo, la più grande in assoluto, che sovrasta tutte quelle che sono disseminate ai lati del corridoio. Con le gambe tremanti, ci avviciniamo alla porta principale e ci accorgiamo che due guardie vestite di tutto punto, con lo spilla del Team Rocket appuntata sul petto, e due pistole nelle loro custodie legate in vita, ci osservano con sospetto. Ci intimano di fermarci con un cenno della mano e ci chiedono i documenti, per essere riconosciuti.

-Basta questo?- E gli faccio vedere la cartellina, così come eseguito dai miei compagni. La guardia di destra, muscolosa e dai capelli tinti di verde sparati, mentre la seconda guardia, quella di sinistra, è calva, prende le nostre cartelline bianche e le scruta perplesso, sfogliandole rapidamente e sbuffando con indifferenza.

-Un attimo solo… devo parlare con il principale.- E, girando i tacchi, afferra la maniglia e apre la porta dell’ufficio di Giovanni, entra e sparisce all’interno, per poi richiudere la porta. La guardia pelata, che aveva anche gli occhiali da sole alzati sulla fronte, li abbassa appoggiandoli sul naso e si piazza davanti alla porta, incrociando le braccia al petto, scrutandoci con sospetto e ingrossando il petto, come se volesse farci paura. Rimaniamo in perfetto silenzio, rimanendo in attesa che l’altra guardia ritorni alla sua postazione, e ci è voluto qualche minuto prima che la guardia ritorni al suo posto e, con un cenno del capo, ci invita a proseguire. Il cuore mi si ferma per un secondo, a pochi metri di distanza c’è il nostro capo, Giovanni, e vuole parlare direttamente con noi!

-Avanti ragazzi, il capo vuole vedervi subito.- Ringraziando le guardie, che si spostano leggermente di lato, avanziamo di qualche passo e James, con un profondo respiro, apre la porta lentamente, e ci introduciamo con timore reverenziale nell’ufficio del leader del Team Rocket.

 

FINE FLASHBACK

 

Pikachu mi osserva stralunato e quasi con odio. Non si era sicuramente aspettato di scontrarsi con me: la schiena ricurva in atteggiamento bellicoso e le sue tasche guanciali cariche di energia statica sono pronte a saltarmi addosso al mio minimo accenno di movimento. Aggrotto le sopracciglia, ansimando per la grande corsa di poco fa, e con un movimento del braccio gli faccio capire che deve spostarsi, che non ho tempo da perdere con lui. Ma niente da fare, quel sorcio continua a starmi davanti, forse per impedirmi di proseguire il mio cammino.

-Insomma, Pikachu, si può sapere che cosa vuoi? Fatti da parte e lasciami passare!- Le mie grida non sortiscono alcun effetto sul mio nemico giurato. Il Pokèmon elettrico si alza su due zampe e, allargando zampe inferiori e posteriori, mi intima di fermarmi e spiegargli che cosa io stia facendo a Biancavilla, e quali siano le mie intenzioni con lui. Scuoto la testa con rabbia, tra tutti i personaggi che avrei voluto evitare di incontrare in quel momento, lui è sicuramente il primo della lista. Ci troviamo nella piazza principale del piccolo paese di Biancavilla, una piazzetta circolare dove non c’é niente di particolare da osservare e rilevante da ricordare, salvo una stradina laterale che conduce alla spiaggia e direttamente al mare, dove in lontananza si può intravedere il vulcano dell’Isola Cannella.

-Fatti da parte, topastro!- E avanzo di un passo, ma Pikachu, inflessibile, mi minaccia con lo sguardo e mi lancia anche una scintilla di avvertimento.

-Non sono affari tuoi dove io vada e che cosa voglia fare da ques…- Non finisco la frase che vengo colpito da un Tuonoshock potente, e rimango folgorato a terra, stecchito. Mentre sono a terra dolorante, Pikachu squittisce con nervosismo e mi impone di indicargli dove si trovino nascosti Jessie e James, e aggiunge che mi conviene dirglielo in fretta, perché da quelle parti si sta per celebrare l’elezione del nuovo sindaco, con il suo allenatore impegnato con le decorazioni e sua madre indaffarata fino alla punta dei capelli con il suo ristorante. E Pikachu che ci stava a fare da solo in piazza? Mi racconta che è di pattuglia con altri Pokémon in giro per il paese, per prevenire attacchi indesiderati, tipo quello del Team Rocket, il quale sicuramente avrebbe potuto rovinare i festeggiamenti dell’elezione del primo cittadino di Biancavilla.

-Stai prendendo un granchio, Pikachu…- Mi rialzo a fatica, traballando sulle zampe, e il topo mi guarda con occhi feroci. Logico che non si sarebbe mai fidato di me e delle mie parole, quante balle gli ho raccontato io nel corso degli anni? L’ho tradito innumerevoli volte, vedersi il suo nemico mortale all’improvviso catapularsi addosso in un giorno così importante come quello, non è normale.

-Jessie e James non sono con me…- Pikachu sorride con ferocia, e per la prima volta in vita mia ho paura di lui. Indietreggio di qualche passo, osservandolo quasi con terrore, e il Pokèmon elettrico avanza a sua volta di pari distanza, costringendomi quasi in un angolo della piazza.

-Te lo giuro… te lo giuro Pikachu, io sono solo!- Ma niente da fare, non mi crede. Con rinnovata furia, il sorcio giallo fa sprizzare nuove scintille dalle sue tasche guanciali, e minaccia di chiamare gli agenti della polizia, se non gli racconto immediatamente la verità a proposito della mia presenza a Biancavilla. Mi intima inoltre, una volta detta la verità, di fare dietrofront e sparire nel bosco; io strabuzzo gli occhi, non voglio tornare assolutamente sui miei passi, pertanto decido di inginocchiarmi e raccontare al mio nemico giurato, per filo e per segno, tutto quello che è accaduto da una settimana a questa parte.

   
 
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