Entro domani risponderò alle vostre recensioni, sono contentissima che il piano di Giacomo non abbia deluso chi legge questo racconto, ero molto preoccupata!:). Grazie a tutti di essere presenti ad ogni capitolo.
Vi lascio alla lettura del prossimo lunghissimo capitolo...
Lella
Capitolo X
L'anello del Sultano
Il profumo fiorato della ragazza e l'odore di lavanda che sprigionava dalle
lenzuola appena lavate, avevano saturato la stanza. Giacomo si staccò dal
corpo caldo della giovane donna e, supino sulla schiena, fissò il soffitto
bianco, sospirò profondamente e si coprì gli occhi con il braccio sinistro.
*
Michela aveva preso la sua decisione ed era ormai chiaro che non solo non
permetteva replica, ma che le possibilità che cambiasse idea nell'immediato
erano praticamente pari a zero. Era decisa, arrabbiata, non aveva lasciato
nessuno spiraglio, perché non c'era più nessun muro tra loro, ma solo la
realtà delle cose. Erano passate due settimane dal giorno in cui Michela lo
aveva fatto sentire stupido e patetico, dal giorno in cui aveva promesso a
se stesso che non si sarebbe più fatto umiliare da quella stronza che non
riusciva a perdonarlo. Eppure, nonostante la rabbia per quell'ingiusto
trattamento, continuava a mancarle, gli mancava Pallottola, gli mancava
entrarle di soppiatto in casa e rubarle le uova dal frigo, gli mancavano le
loro chiacchierate, le sue facce buffe mentre lui le raccontava
dell'ennesima conquista, i suoi divertentissimi racconti sui tizi che
contattava al Call Center di recupero crediti, la sua risata schietta e
cristallina.
**
“Maledetto stronzo! Come ti è saltato in testa? Credi che sia un gioco?”
ululò Michela contro Giacomo che, seduto alla sua scrivania la fissava con
tranquillità
*Hagia santa in turco
**Hammam indica in lingua araba il complesso termale in cui i mussulmani
effettuano i lavacri per poter poi adempiere all'obbligo canonico della ṣalāt giornaliera.
***Sumak. L'albero di Sumak cresce abbondantemente in Medioriente; i suoi
frutti rossi vengono essiccati e polverizzati per ottenere questa spezia
dal gusto acidulo utilizzata in Libano, Siria, Turchia ed Iran, a volte in
sostituzione del limone, per insaporire, senza alterarne il gusto, piatti
di pesce, frutti di mare, insalate, carni bollite o nel ragù, e come
ripieno per il pollo.
****Solimano I, detto il Magnifico o Kanuni ovvero il Legislatore. Fu
sultano e padiscià dell'Impero ottomano dal 1520 alla sua morte. Portò
l'Impero ottomano ai massimi fulgori.
a. Mille e una notte, celebre raccolta di novelle orientali del X secolo,
di varia ambientazione storico-geografica, composta da differenti autori.
Il racconto inizia con il re persiano Shahriyār, il quale, essendo stato
tradito da una delle sue mogli, uccide sistematicamente le sue spose al
termine della prima notte di nozze. La bella Shahrazād si offre come sua
sposa e ogni notte, per mille e una notte, gli racconta delle storie
fantastiche finché l'uomo, ormai innamorato di lei, decide risparmiarle la
vita.
b. Frodo Beggins è il coraggioso hobbit protagonista del famoso romanzo Il
Signore degli Anelli. Definito da Gandalf come il Portatore dell'Anello del
Potere che gli dona l'invisibilità quando lo indossa.
c. Incipit e missione della nave stellare Enterprise della Federazione dei
pianeti uniti, tratto dalla serie TV Star Trek.
d. Professor Moriarty è l'antagonista per eccellenza di Sherlock Holmes
(protagonista di una serie di romanzi di Arthur Conan Doyle), che lo
definisce, il Napoleone del crimine (The final problem, 1903).
e. Uriah Heep è l'antagonista principale di David Copperfild nella seconda
parte del romanzo David Copperfild di Charles Dickens. Nel romanzo con le
sue articolate trame e la sua untuosa ossequiosità riesce a ricattare il
padre di Agnes e ottenere il controllo dello studio legale nel quale
lavorava insieme a David. I suoi piani sono ostacolati da Copperfild e dai
suoi amici e verso la fine del romanzo, lo vediamo in prigione a scontare
le sue colpe, ritornato umile e ossequioso come un tempo, e con un
comportamento da detenuto modello.
f. Iago è il nome del principale antagonista della tragedia Otello di William Shakespeare. Le trame dell'infido alfiere Iago portano
Otello alla follia e alla morte della moglie Desdemona, ritenuta
ingiustamente colpevole di aver tradito il moro di Venezia con Cassio. Alla
fine dell'opera, Emilia, moglie di Iago, rivela che il tradimento di
Desdemona era soltanto un'invenzione di suo marito Iago. Otello, preso dal
rimorso si toglie la vita, Iago viene condannato a subire tortura e Cassio
prende il posto di Otello, al servizio della repubblica veneta.
° Guerra dei Roses, pellicola americana del 1989 diretta da Denny De Vito, in cui il regista è anche attore e voce narrante. Il film tratta con toni inizialmente leggeri, la storia di una coppia intenta in un'aspra battaglia legale che si conclude con la morte di entrambi. g. Dominus, nella terminologia forense è l'avvocato che ha la gestione
della pratica e redige gli atti, tracciando la linea difensiva; in genere è
anche il proprietario di uno studio legale che prende nelle sue cure il
praticante.
h. Law abd Order famosissimo legal drama americano con numerosi spin off.
i. Agenzia Spaziale Italiana.
Erano passati due mesi dalla notte che aveva passato con Michela; ancora
sentiva l'odore di lei, il suo calore, riusciva quasi a sentire la
morbidezza dei suoi seni stretti tra le sue mani. Doveva smettere di
pensarci, Michela aveva fatto la sua scelta, ma più si ostinava a sbattere
fuori quel ricordo, più quel ricordo prendeva forma nella sua testa. Scosse
la testa seccato.
“Che stronza” sussurrò a denti stretti
Aveva commesso un errore, ma a tutti veniva data una seconda opportunità.
Erano stati amici per quattro anni e avevano anche un cane in comune, come
aveva potuto buttare tutto alle ortiche per una cosa insignificante come
quella. Michela era comprensiva con tutto il mondo tranne che con lui. Lui
stava male per Valeria e lei, che si riteneva così empatica con le persone,
avrebbe dovuto sostenerlo come una vera amica e non farlo sentire un
reietto dell'umanità.
Si sollevò pesantemente dal letto e si sedette, strofinandosi gli occhi con
le mani. Era così arrabbiato. Quando lei lo aveva sbattuto fuori dalla sua
vita, aveva accettato quella assurda scelta senza replicare, convinto che
alla fine le cose si sarebbero risolte, come sempre, ma poi aveva
provato a contattarla per sapere dei risultati del test alla Bocconi e lei
non aveva risposto. Per giorni aveva provato a mettersi in contatto con
l'amica, ma dopo una serie di vani tentativi si era risolto a parlare con
Cecilia, la quale, dopo tanta insistenza, gli aveva confessato che Michela
non voleva sentirlo mai più e poi, nel tentativo di rassicurarlo
aveva aggiunto:
“Michela è molto soddisfatta di come è andato il test, dice che anche in
caso non lo avesse superato sa di aver fatto tutto il possibile”
Lui aveva sorriso quasi senza accorgersene, aveva pensato che era proprio
da Michela vedere il lato positivo delle cose e aveva concluso che lei
aveva sicuramente superato il test, che presa dalla felicità avrebbe
dimenticato lo stupido errore del suo amico coglione e che, quando si
sarebbero rivisti per definire la faccenda economica del pagamento della
prima rata del master, sarebbe stato tutto come prima. Si era rasserenato
e, la settimana dopo, era partito per una meravigliosa vacanza non
organizzata a Bodrum in Turchia. Nonostante temesse attacchi terroristici,
era stata una fantastica avventura. Aveva passato undici giorni in un
viaggio fuori dagli schemi, passando da Istanbul ad Ankara, fino ad
arrivare a Pammukale con i suoi importanti siti archeologici di Sagalossos,
Aprodisie, Prienne ed in fine rilassandosi e facendo snorkeling sulle
spiagge di Antalya. Aveva visitato la moschea blu, la basilica di hagia*
Sofia, palazzo Tapkaki, si era fatto coccolare dalle mani esperte
delle donne del Hammam**, prima di lasciare la città dei sultani ottomani,
l'antica Costantinopoli, era passato per il Misir Carsisi, il
bazar delle spezie, per prendere un regalo speciale per Michela, per farsi
perdonare, per ricordarle che aveva continuato a pensare a lei, anche
quando lei aveva deciso di cancellarlo dalla sua vita. L'amica amava la
cucina orientale e a amava le spezie; forse, quando le acque si sarebbero
calmate potevano ritornarci insieme. Michela si sarebbe inebriata di quel
caleidoscopio di colori e di quell'intenso profumo che ti stordiva i sensi.
Era raggiante, mentre riempiva la sacca di cumino, zenzero, curcuma,
zafferano, cardamomo, coriandolo, anice, foglie di alloro, curry, aneto,
sumak***, vaniglia avrebbe voluto portarsi via tutto. Mentre usciva dal
mercato si era fermato al bancone delle foglie di te. La paffuta donna
turca, seduta su un piccolo sgabello, accanto ad uno dei tanti chioschi di
spezie lo fissò con la sua faccia rubiconda. Era una donna di bassa statura
che indossava un abito lungo che arrivava alle caviglie, di un orribile
color crema, sembrava vomito di cane, e un velo marrone scuro che le
copriva la testa senza nasconderle il rassicurante viso.
Lui le sorrise e chiese, in un perfetto inglese: “A un'amica molto speciale
piace molto il te e vorrei comprarle un prodotto speciale”
“Hai qualcosa di cui farti perdonare da questa amica speciale, giovane
uomo?” domandò l'anziana donna in un inglese lento e stentato, ma chiaro e
fluido
“Lei è molto arrabbiata con me”
“Perché?”
Perché quella donna si impicciava degli affari suoi? “
È una lunga storia!”... e, soprattutto, perché lui le rispondeva?
“Oggi non ci sono molti clienti, quindi ho un po' di tempo”
Lui la fissò strabuzzando gli occhi incredulo. “Signora, mi scusi, ma sono
fatti molto personali”
“Io non voglio sapere, ma tu mi pare che hai voglia di raccontare”
Giacomo, infilò le mani nei jeans e volse rapido lo sguardo sui suoi amici
che flirtavano con delle turiste dall'aspetto anglosassone, sollevò le
spalle e pensò che erano a Istanbul da tre giorni e in Turchia da quasi
otto giorni e non aveva avuto nessun desiderio di intrattenersi con altre
donne. Altre donne? Forse le parole di Michela lo avevano colpito
più di quanto pensasse.
Sorrise alla donna. “Perché non la amo” replicò senza pensare
“Un'amica speciale che non ami. I giovani d'oggi sono troppo complicati per
una vecchietta come me, come può essere speciale e non amarla?”
“Non la amo come lei vorrebbe” puntualizzò lui sicuro. Forse se l'avesse amata le cose sarebbero andate diversamente!
“E come vorrebbe essere amata, lei, che tu sei così sicuro di non volere?”
Sospirò, ripensando a quello sguardo da cuccioli a gattini che lo aveva
fatto scappare tempo addietro. “Non lo so, come una sposa, una moglie, una
persona con cui avere dei figli e una famiglia”
“Quindi tu stai aspettando la donna giusta, non è così?” riassunse la donna
in un largo sorriso
Giacomo scosse la testa. “Assolutamente no” si difese accorato “Io non
voglio nessuna donna giusta, non mi interessano queste cose. Mogli, figli.
O Dio, stiano il più lontano possibile da me. Sono troppo giovane per
pensare ad accasarmi” terminò arricciando il naso disgustato
“Non mi sembri poi così giovane” lo redarguì la donna con fare materno
“Punti di vista, signora” replicò Giacomo in un composto sorriso “nella mia
cultura le assicuro che sono molto giovane”
“Mi chiedo come tu possa riconoscere, allora, la donna da cui un giorno
desidererai una famiglia se ora sei così impegnato a scansarla via da te”
“Riconoscerò l'amore quando arriverà” replicò senza esitazione. Lo dicevano tutti, quindi doveva essere vero anche per lui.
“Tu sai cosa è l'amore, vero, giovane uomo? Se non sai di cosa si tratta
cosa ti rende tanto sicuro di riconoscerlo quando arriverà?” Giacomo
strinse gli occhi, osservando la donna che cominciò a rovistare nella sacca
che aveva ai suoi piedi “Sto aspettando la tua risposta” insistette,
volgendo un rapido sguardo sull'incredulo ragazzo “Ed escludi quella storia
di mogli, figli e famiglia, lo hai già detto” terminò con sufficienza,
agitando la mano sinistra sopra la sua testa, come a voler scacciare una
fastidiosa mosca
“Non lo so, desiderio, passione” si voltò intorno circospetto, sperando di
non essere ascoltato. Non voleva essere arrestato per aver molestato una
vecchia. In quei posti quelle erano cose molto serie e la vecchia signora
lo stava mettendo in serio pericolo.
“L'amore va oltre il desiderio e la passione, figliolo” insistette la donna
senza voltarsi, ancora intenta a scavare in cerca di qualcosa “sono sicura
che potrai fare molto meglio”
Ma chi era quella vecchia e che cosa voleva da lui?
“Il desiderio di stare con lei, di sapere che sta bene, che è felice, che
io posso renderla felice, la gioia di vederla sorridere” cos'altro? Ripensò per un attimo al viso deluso di Michela
“Sperare di non deluderla mai e, se mai accadesse, di avere la possibilità
di rimediare, desiderare di starle accanto per sempre, essere speciale per
lei come lei è speciale per te”
La donna gli porse un pacchettino. “L'amica speciale che non ami non ti fa
provare nessuno di questi sentimenti?”
Chi era quella strana vecchia?
Giacomo strinse gli occhi. “Io...” sorrise alla saggia vecchietta “È sempre
stato complicato fra me e Michela. Quello che provo per lei è complicato”
“E non c'è niente di più complicato dell'amore” la donna gli indicò il
pacchettino che era ancora nelle sue mani “Questo potrebbe aiutarti a farti
perdonare dall'amica speciale che non ami”
“Cos'è?” domandò guardingo. In quei posti ti vendevano di tutto per il
giusto prezzo
“Aprilo e lo scoprirai”
Giacomo aprì il pacchetto e fissò il contenuto con aria spaventata.
All'interno c'era un anello in argento. Un anello in argento? Ma siamo matti?! Lui non avrebbe regalato
proprio nessun anello a nessuna donna e non di certo a Michela! Forse in
Turchia gli anelli avevano un significato diverso e meno compromettente che
in Italia.
“Le assicuro che non sarebbe una buona idea” replicò il ragazzo
rigirandoselo tra le mani “Gli anelli hanno un simbolismo particolare in
Italia e non vorrei creare fraintendimenti” e poi Michela glielo avrebbe
sicuramente tirato in faccia, anzi in un occhio.
“Questo è un anello speciale. È una fede turca” Una fede era decisamente una pessima idea! Non poteva regalare una
fede a Michela “è un anello speciale per una donna speciale”
“Signora questa è veramente la peggiore idea che lei potesse avere. Io
pensavo ad un te al gelsomino, non a una fede” sbottò stranito “se avessi
voluto un anello non mi sarei fermato ad un banchetto di spezie, le pare?
Se questo fosse stato un banchetto di anelli e soprattutto di fedi, le
assicuro che noi non ci saremmo mai conosciuti”
“La fede turca è un anello incantato” Certo come no!
“Io non voglio nessun anello e non posso regalare un anello a una donna che
non sono sicuro di amare”
“Mi pareva di aver capito che non l'amassi, non che non ne fossi sicuro”
osservò la donna con quel fastidioso tono lento e monotono, che sembrava
volesse ipnotizzarlo
“Lei mi sta confondendo” si difese accorato
“Ti racconterò una storia”
O Gesù, un'altra storia!
Non voleva ascoltare nessuna storia da nessuna matta che invece di vendere
spezie vendeva anelli “Devo proprio andare!” tagliò corto il ragazzo
“Quando avrò finito la storia deciderai se prendere l'anello”
“Io non voglio comprare un anello per Michela”
“L'anello non è per l'amica speciale che non sei sicuro di amare, ma per
te, giovane uomo”
“Ma lei aveva detto che era per lei”
“No, ti sbagli! Io ho detto che era per farti perdonare da lei, non che era
per lei” il ragazzo scosse la testa confuso “Si narra che il re
Solimano**** lo fece creare consultando i più esperti artigiani e maestri
orafi di corte” aveva completamente ignorato il fatto che lui non voleva
ascoltare una stupida storia su una fede che lui non voleva! “Questa è una
fede a dodici anelli” prese l'anello dalle mani del ragazzo e lo scompose
“Il Sultano si rese subito conto che senza una spiegazione sarebbe stato
impossibile ricomporlo e decise di darlo a coloro che erano in attesa di
giudizio. Se fossero riusciti a ricomporlo sarebbero stati liberati,
altrimenti la loro pena sarebbe stata raddoppiata”
“Io non sono in attesa di giudizio” la schernì giocoso
La donna scosse la testa e restituì l'anello al ragazzo. “Com'è l'amica
speciale che non sei sicuro di amare, giovane uomo?”
Lui afferrò l'anello e sbuffò pensoso:“Bellissima” riassunse, infilando la
fede nella tasca dei jeans.
Non voleva prendere quell'anello, ma voleva andarsene e non aveva più
voglia di sentire la voce lenta e monotona di quella donnetta petulante. E
poi, cominciava a spaventarsi, quella vecchia sembrava uscita fuori da uno
di quegli inquietanti racconti arabi da Mille e una Notte a. Quando lui le aveva offerto del denaro, la donna aveva rifiutato e gli aveva chiesto di acquistare qualche spezia in
cambio dell'anello. Lui aveva provato a insistere, ma la donna gli aveva
detto che la fede turca andava regalata se voleva mantenere la sua magia. Magia? Quella vecchia era veramente fuori di testa! Quando lui le aveva chiesto la misura dell'anello, la donna
aveva semplicemente replicato: “Sarà la misura giusta dell'anulare della
tua amica speciale”.
Gli si era accapponata la pelle a quelle parole. Un anello senza misura,
come la scarpetta magica di Cenerentola. Forse era stato catapultato in una
favola araba con una vecchia grassoccia e velata come fata madrina e un
anello incantato invece della scarpetta di cristallo. Doveva solo
organizzare un ballo, inanellare l'anulare delle fanciulle che si sarebbero
presentate e farsi delle sane scopate per valutare l'affidabilità
dell'anello.
Nel tentativo di liberarsi della sua personale fata madrina
araba, aveva comprato un po' di spezie e si era allontanato di gran lena,
dopo che la vecchia gli aveva strappato la solenne promessa di non usare
nessuno di quei metodi moderni per risolvere l'enigma dell'anello. Lui
aveva giurato sulla testa di sua madre un qualcosa che non aveva ben capito
ed era scappato il più lontano possibile da quello strano posto e da quella
inquietante donna. Una volta in albergo aveva ridimensionato l'accaduto e
aveva pensato che quella vecchia lo aveva imbrogliato per bene, facendogli
pagare quattro foglie di te e qualche puzzolente spezia più del dovuto.
Quando erano ripartiti, aveva infilato l'anello in una delle tasche dei
pantaloni e lo aveva messo in valigia.
Arrivato a casa, immediatamente
travolto dalla solita routine, aveva dimenticato la vecchia, il suo
surreale discorso e quell'anello, che per quel che gli riguardava poteva
anche essere l'anello maledetto di Frodob.
Dieci giorni dopo era ritornato nel suo appartamento e di Michela nemmeno
l'ombra. Aveva fatto di tutto per cercare di contattarla, ma lei lo aveva
bloccato sul cellulare e su tutti i social conosciuti. Faceva proprio sul
serio questa volta. Cecilia era un maledetto muro, Filippo non era di
nessun aiuto e a Valerio non avrebbe chiesto nemmeno se avesse saputo che
l'amica era in fin di vita attaccata ad un respiratore artificiale. Dopo
giorni di agitazione, in cui non riusciva a concentrarsi su nulla, se non
sul pensiero di lei, aveva deciso di corrompere il portiere del suo
stabile. Ricordava che Michela gli aveva raccontato che l'uomo aveva il
numero di cellulare di suo padre. Pensava che il tentativo sarebbe stato
molto più complicato, invece era stata sufficiente un po' di gentilezza e
qualche consulenza legale. Ovviamente era stato tutto inutile, non appena
aveva fatto il suo nome, il padre di Michela aveva riagganciato con un
secco e poco rassicurante: “Stai lontano dalla mia bambina”.
Le settimane passavano rapide e dopo sei settimane di silenzio l'agitazione
aveva raggiunto livelli allarmanti. Non riusciva a comprendere le ragioni
che lo angustiavano e cosa lo spingesse in quella spasmodica ricerca.
Recuperò l'indirizzo di Michela da una vecchia cartella, di un vecchio caso
che aveva seguito per lei e decise che se l'amica aveva deciso di non
tornare a Roma, lui sarebbe andato a riprendersela. Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto.
Via Marcello Barone, 5, Baranello, Campobasso.
Era partito di sabato mattina e dopo più di 200 km, in una lunga marcia
sull'autostrada libera da ingorghi, era giunto in una stretta stradina di
ciottolato, accanto ad una palazzina di due piani prospiciente al palazzo
del comune. C'erano due lunghe balconate piene di fiori e di fronte a lui
un piccolo portoncino, con due sedie bianche. Parcheggiò l'auto e uscì con
il cuore che gli galoppava in cola. Partire gli era sembrata un'idea
geniale, ma ora che si trovava di fronte a quel portone quella stessa idea
gli sembrava una cagata senza limite. Come gli era venuta in mente un'idea così stupida? Aveva il forte
desiderio di ritornare indietro, ma aveva fatto un viaggio di quasi tre ore
in un posto che sembrava essere rimasto imprigionato in una bolla congelata
nel tempo, quindi si fece coraggio e si avvicinò incerto al portone. Suonò
con insistenza sul bottoncino accanto alla targhetta Pergolesi. Si affacciò
al portone una donna sulla sessantina, con i capelli raccolti in uno
strettissimo chignon e una di quelle vecchie vesti da camera che si
portavano un tempo.
“Non mi sembra di conoscerla giovanotto, si è forse perso?” domandò la
donna in un tirato sorriso di cortesia
“Sono Giacomo Ferri, un amico di Michela”
La donna lo fissò confusa. “Mi spiace Giacomo, ma mia figlia non vuole
vederla, deve proprio andarsene”
“Signora, voglio solo assicurarmi che stia bene e poi andrò via” replicò il
ragazzo deciso
“Michela sta bene”
“Signora, per favore, le può dire che sono qui” Il viso della donna
sembrava molto combattuto “Per favore”
La donna entrò in casa. Giacomo si allontanò dal portone e, con la schiena
appoggiata alla portiera della macchina e lo sguardo fermo sulla balconata,
rimase in attesa del responso della donna. Perché era lì? La donna
si affaccio dopo quasi dieci minuti, doveva esserci stata una lunga
diatriba con quella testarda della figlia.
“Mi spiace, avvocato, ma deve proprio andare. Michela non vuole vederla”
Perché non la mandava a cagare senza manco troppo garbo?
“Potrebbe dire a Michela che resterò qui finché non scende e che dormirò in
macchina ad oltranza se sarà necessario”
“Mia figlia non vuole vederla” insistette la donna poco convinta
“Signora, riporti le mie parole a Michela, sua figlia sa bene che se dico
una cosa non è mai per dire”
La donna scosse la testa costernata ed entrò in casa. Probabilmente non
aveva voglia dell'ennesimo scontro con la figlia. Michela gli aveva
raccontato che essere figlia unica di due genitori che l'avevano avuta in
tarda età, non era stato facile. Che loro erano sempre stati eccessivamente
protettivi e troppo presenti nella vita della figlia, ma forse anche la
figlia la faceva da padrona in una casa in cui non c'erano altri con cui
competere per l'affetto dei genitori.
Era così stanco di tutta quella storia. Fissava il balcone confuso
dall'atteggiamento puerile della ragazza e basito del suo di comportamento.
Con lo sguardo rivolto verso il balcone ripensò nuovamente alla vecchia del
mercato in Turchia.
Mi chiedo come tu possa riconoscere, allora, la donna da cui un giorno
desidererai una famiglia se ora sei così impegnato a scansarla via da
te.
Perché ci ripensava di nuovo? Mentre quel maledetto interrogativo gli
rimbalzava tra i neuroni il portone si aprì. Michela, con indosso una larga
tuta blu, delle leggerissime scarpette di tela turchesi e un lungo maglione
grigio che lei stringeva ai fianchi con entrambe le mani, si avvicinò a
lui. Era diversa. Aveva tagliato tutti i capelli. La frangia era lunga,
quindi davano l'impressione di essere ancora lunghi, ma dietro non aveva
più quella morbida chioma castana che le cadeva morbida lungo la sinuosa
schiena.
“Hai tagliato i capelli?” domandò scocciato. Era decisamente carina con
quel taglio, ma a lui proprio non piacevano le donne con i capelli corti.
“Sei veramente arguto. Spero che tu non sia venuto fin qui solo per farmi
notare questa cosa” replicò acida
Era ancora arrabbiata!
“Volevo solo sapere perché non sei ritornata a Roma”
“Non era necessario venire fin qui solo per questo”
“Invece lo era” replicò asciutto, alzando il tono di voce “Visto che sei
sparita e che mi hai anche bloccato dappertutto”
“Potevi chiedere a Cecilia” affermò la ragazza flemmatica, ignorando
l'evidente rabbia del ragazzo e stringendo le braccia al petto. Era
veramente irritante quella sua ria di sufficienza.
“Cecilia mi ha detto che stai bene e che non vuoi più vedermi, non sono
riuscito nemmeno a carpirle se e quando saresti ritornata a Roma” sorrise
sarcastico “Suppongo tu le abbia ordinato di non dirmelo”
“Sto bene e non voglio più vederti sono le uniche informazioni che ti erano
necessarie”
Giacomo allungò la mano e carezzò il viso della ragazza. “Michi, possiamo
provare a parlare civilmente. Ero preoccupato per te. Pensavo ti fosse
successo qualcosa. Hai preso molti giorni di ferie e tu non ne prendi mai”
argomentò con voce pacata
“Sono stata molto male” replicò lei, allontanando la mano dell'amico che
scorreva lenta sulla sua guancia sinistra
Giacomo si sentì terribilmente in colpa. Pensò che se non fosse stato così
superficiale forse non si sarebbe trovato in quella situazione, ma gli
sembrava veramente esagerata la reazione di Michela. Per cosa stava male? Per pochi mesi di convivenza, la scopata di
una notte e uno stupido errore di valutazione? Era giusto che fosse
arrabbiata, ma deprimersi così tanto da non riuscire nemmeno a tornare a
lavoro era proprio una cosa da romanzetto rosa di serie B e non era da lei.
Michela era una donna forte, che affrontava le difficoltà senza esitazione.
“Mi dispiace”
“Tornerò a Roma fra qualche giorno, quindi ora che ti sei rassicurato sulla
mia salute, puoi andartene”
Aveva fatto 200 km, era impazzito per avere informazioni su di lei e lei
continuava a liquidarlo come un fastidioso cameriere o la scopata di una
discoteca. Quell'atteggiamento cominciava a irritarlo terribilmente. “Non
sarà mai più come prima, vero?” domandò con un pizzico di malinconia nella
voce
“Come prima?” domandò lei scuotendo la testa seccata “Intendi che vuoi
essere mio amico per potermi nuovamente pugnalare alle spalle per salvarti
il culo o intendi che vuoi che ti tenga il letto caldo mentre ti scopi
un'altra?”
La sua sintesi era troppo sintetica e, anche se raccontava i fatti, non ne
rendeva pienamente la complessità. “Perché voi donne dovete rendere tutto
più complicato del dovuto?” sbuffò e si massaggiò nervosamente le tempie
“Mi dispiace di aver commesso uno stupidissimo errore, sono mortificato di
averti ferita, non volevo” si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore e
si toccò il collo “Cazzo, sono venuto fin qui per vedere come stavi, avrà
pure un cazzo significato questa cosa!”
“Fammi capire” replicò Michela accennando un sorriso sarcastico “Ti
aspettavi che sarei rimasta così impressionata da questo gesto che avrei
dimenticato ogni cosa?” scosse la testa incredula “Che mi sarei buttata fra
le tue braccia arrendevole e vogliosa”
“No” sbottò sulla difensiva
Non si aspettava una scopata di ringraziamento, ma nemmeno una così fredda
accoglienza ad un gesto che avrebbe trovato romantico qualsiasi donna
normale. Romantico? Era davvero di romanticheria che si trattava? Era arrivato fin lì
per ricevere una vogliosa ricompensa o per recuperare una solida amicizia o
per riavere al suo fianco una donna speciale che non era sicuro di amare,
ma che non era nemmeno più tanto sicuro di non amare? La donna giusta
arriva all'improvviso, questo gli aveva detto sua sorella maggiore. Le sue
amiche gli avevano sempre detto che quando avrebbe incontrato la ragazza
giusta lo avrebbe capito, che avrebbe smesso di cercare altre donne. Le
loro parole sembravano sagge, eppure le parole di quella vecchia al mercato
gli sembravano così plausibili.
Come avrebbe fatto a riconoscere l'amore se non sapeva nemmeno cosa
stesse aspettando?
Se si faceva troppe domande allora non poteva essere amore, anche questo
gli dicevano tutte le donne della sua vita, ma qualcosa che non era amore
lo aveva spinto fino da lei per... cosa?
“Allora perché sei qui?”
“Non lo so” replicò sincero “ero preoccupato, mi manchi” avvicinò il suo
viso a quello della ragazza “Ho voglia di baciarti, di fare di nuovo
l'amore con te”
da dove gli uscivano fuori quelle parole melense accompagnate da quella
voce arrochita?
“di stringerti” chiuse gli occhi e appoggiò la fronte su quella di lei
“Come puoi non desiderarlo anche tu?” si morse il labbro inferiore e per un
attimo sentì che lei stava nuovamente cedendo “Sembravi molto soddisfatta
del mio operato! I tuoi mugolii mi risuonano ancora nella testa”
Lei lo allontanò, spingendo le piccole mani contro il suo petto. “Tu
desideri sempre quello che non puoi avere. Volevi Valeria perché ti
sfuggiva, ora vuoi me perché io ho perso interesse. Sei solo uno stronzo
capriccioso che usa le persone finché non si è stancato”
Forse lei aveva ragione, ma... “Potremmo almeno provare” suggerì
timidamente.
Ormai il poco di orgoglio che gli era rimasto aveva fatto le valigie e
aveva preso la prima astronave per lo spazio sconosciuto. Spock, andiamo ad
esplorare nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita e di nuove
civiltà, per arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima
c
“Sei patetico!” lo aggredì lei stizzita “Devi andartene” ordinò voltandogli
le spalle
Lui le afferrò il polso e l'attirò a sé. “Ora stai veramente esagerando.
Sono pentito per quello che ti ho fatto. Ti ho chiesto scusa, sono venuto
fin qui spinto dalla stramaledetta paura di perderti e ti ho chiesto una
stracazzo di possibilità, un tentativo di stare insieme, di provare ad
avere quella storia che tu volevi. Se non vuoi essere mia amica
allora proviamo almeno a stare insieme”
Lei si divincolò dalla stretta del ragazzo e gli urlò contro innervosita.
“Sei pentito? Ok, va bene, scuse accettate. Tranquillo, brutto idiota, non
è necessario che ci fidanziamo solo per placare i tuoi sensi di colpa. Ora
che ti ho perdonato, togliti dai piedi”
“Perché fai così?”
“Perché non ti permetterò mai più di spezzarmi il cuore” ululò aspra.
Michela chiuse gli occhi. Il respiro di lei era corto e affannoso; appoggiò
la mano destra al petto e la fece scivolare lentamente sopra lo stomaco “Mi
hai fatta innervosire”
“Se tu non fossi così testarda!” ribatté Giacomo confuso
“Devi andartene ragazzo” ordinò una voce dura alle spalle dell'amica
“Michela sali su, tua madre ti ha preparato una camomilla”
Michela, approfittando della presenza del padre, si allontanò, scomparendo
dietro il piccolo portoncino. “Signore, io voglio molto bene a sua figlia”
si giustificò Giacomo accorato
L'uomo alto, allampanato e canuto, lo fissava con aria grave. “Se le vuoi
bene devi lasciarla in pace” sembrava molto stanco “Per il bene di mia
figlia avrei preferito un vostro chiarimento, ma lei ora non è ragionevole
e la tua presenza non la aiuta, quindi è meglio che tu vada figliolo, se
non vuoi che chiami la polizia”
La polizia?
Erano arrivati a questo? Avrebbe messo delle guardie armate fuori anche dal
suo appartamento romano per difendersi dalla sua fastidiosa presenza?
“Ha ragione” si scusò il ragazzo accennando un leggero cenno del capo “mi
dispiace, spero di non aver creato imbarazzo con la mia presenza. Ero solo
preoccupato per Michela. Non so quello che le ha raccontato, ma io le
voglio molto bene e...” sospirò profondamente “Non importa” si voltò e si
avvicinò alla macchina “Buona serata e porga i miei omaggi a sua moglie”
salutò garbato, aprendo la portiera della sua Fiat 500 tre porte, rossa
metallizzata
“Se la ami non arrenderti” gli consigliò l'uomo allontanandosi.
Avrebbe voluto controbattere che era costretto ad arrendersi, visto che lui
non l'amava o che, comunque, non era poi tanto sicuro di quello che provava
per la sua capricciosa figlia, ma non gli andava di disquisire di sesso e
amore con un uomo che sembrava nascondere un'enorme ascia dietro la
schiena. Sicuramente non aveva un'ascia pronta a spaccargli la testa in due
come un melone, ma non gli andava di provarlo e poi era stanco per il
viaggio, per quella inutile discussione, quindi senza voltarsi, salì in
auto e ritornò a casa.
Si passò le mani nei capelli e percepì il corpo caldo della donna, che gli
solleticava la schiena.
“Stai di nuovo pensando a lei?” domandò la ragazza con voce seccata
“Valeria, non domandarmi sempre la stessa cosa” obiettò, cercando di
nascondere i suoi pensieri
La ragazza si accoccolò contro di lui e si avvinghiò con le braccia ai
fianchi di Giacomo. “Se smettessi di pensare a lei non dovrei domandartelo
tutte le volte” si staccò da lui e si sedette al suo fianco “Non lo dico
perché sono gelosa di lei, visto che tra noi non esiste un rapporto di
esclusività; lo dico solo perché mi mi dispiace vederti con quella faccia
da cane bastonato”
“Non stavo pensando a lei” mentì. Non aveva voglia di sentire il sermone
della ragazza, che nonostante insistesse che tra loro si fosse instaurata
solo una relazione senza impegno si era praticamente trasferita da lui e
l'esclusività era garantita dalla sua costante presenza. “Ho molte cose da
fare a lavoro”
Sentì il tonfo della porta di Michela chiudersi fragorosamente e, subito
dopo, la sua voce squillante che redarguiva il povero Pallottola. Cristo Santo, gli mancava da morire quel sacco di pulci! Dopo che
Michela lo aveva sbattuto fuori casa, era stato qualche settimana dai suoi
genitori e poi finalmente, Valerio aveva lasciato il suo appartamento.
Stare con i suoi genitori era piacevole, ma limitava notevolmente la sua
vita sessuale.
“Posso aiutarti a rilassarti un po'” suggerì la ragazza melliflua,
massaggiandogli le spalle tese e strofinandosi contro la schiena di lui
Giacomo si alzò. Non era molto partecipativo e da quando la sua vicina era
ritornata, il desiderio sessuale gli era alquanto calato. Il senso di colpa
per averla ferita lo stava dilaniando e la ritrosia di Michela accentuava
ancora di più quello stato di diffuso malessere che lo pervadeva. Si
sentiva in colpa per averla ferita, anche se proprio non riusciva a capire
la spropositata reazione dell'amica, non si aspettava che lo perdonasse
dall'oggi al domani, ma nemmeno che venisse lapidato per una cosa che
chiunque avrebbe fatto al suo posto. Lui non era proprio un genio del male!
Non era l'astuto professor Moriartyd o il viscido Uriah Heep e o il machiavellico Iagof non l'aveva intrappolata
in una rete di intricate trame, aveva solo seguito l'istinto mettendo su un
teatrino degno di Pippo. E Pippo non era uno che suscitava rabbia e
vendetta, semmai ilarità, tenerezza e pena.
“Grazie per l'offerta, bambolina, ma devo proprio prepararmi per uscire.
Tuo padre mi farà il culo se arrivo in ritardo anche oggi”
La ragazza sbuffò e si coprì il viso con le lenzuola di raso verde. “Allora
dormo un altro po', poi vado all'università!” farfugliò innervosita
Mentre l'acqua gli scorreva addosso, pensò che non voleva rinunciare a
Valeria, ma aveva una gran voglia di restare da solo. Voleva ritornare a
casa, lasciare vestiti disseminati per la casa, mangiare schifezze, restare
in silenzio e pensare a Michela senza che lei continuasse a domandargli
stai pensando a lei; perché non riusciva proprio a smettere di farlo. Si
era vestito rapidamente, aveva raccolto i fascicoli, sparpagliati sul
tavolo della cucina, infilandoli ordinatamente nella borsa ed era uscito di
casa senza nemmeno salutare la sua ospite fissa.
Aveva voglia di prendere un po' d'aria fresca. Il calore estivo era finito
da giorni e l'aria era più fresca e meno afosa. Aveva deciso di non
prendere la macchina, non gli andava di rimanere imbottigliato nel traffico
romano mattutino. Alla fermata del tram la testa gli andava a duemila,
riusciva solo a pensare al modo migliore di riavvicinarsi a Michela, ma i
suoi piani erano talmente stupidi che gli veniva da ridere mentre li
pensava. Era proprio come Pippo!
Arrivò in tribunale di buon ora e depositò distrattamente i fascicoli della
più assurda causa civile che avesse mai seguito il suo studio, e ovviamente
quello stronzo di Petroli lo aveva appioppato a lui. Due tizi, marito e
moglie, si stavano facendo un'assurda battaglia legale. Lei lo aveva
tradito, lui lo aveva scoperto e aveva deciso di porre fine al contratto
matrimoniale, ma la donna non era molto collaborativa e aveva reso quel
divorzio una pantomima di quelle che gli avvocati fanno fatica a seguire e
i giudici detestano perché sono una perdita di tempo. Era un anno che
cercavano di uscire fuori dalla separazione dei beni, ma ogni volta che
sembravano aver raggiunto un accordo lei ricominciava d'accapo. L'ultima
trovata di quella psicopatica era il rimborso dei costi sostenuti per
ammobiliare la casa nella quale i due avevano vissuto per cinque anni,
visto che all'uomo era andata la casa. Giacomo aveva provato a spiegarle
che la differenza fra un appartamento e i mobili era che questi ultimi,
differentemente dal primo, non aumentavano il loro valore con il tempo, ma
lo diminuivano sensibilmente, ma lei si era impuntata e aveva preteso una
valutazione dei beni presenti nella casa, di tutti i beni, anche dei
ninnoli. Quei due lo stavano mandando al manicomio, appena terminava uno,
ricominciava l'altra; quel divorzio non avrebbe mai visto la fine, lui
sarebbe morto prima o avrebbe ucciso quei due idioti così si sarebbe
occupato San Pietro della loro separazione. Si chiedeva costantemente se
quei due si fossero mai amati o quando si sarebbero accorti che avevano
smesso di farlo ed era giunto il momento di arrendersi all'evidenza. Dei
due il marito era molto più ragionevole e forse sarebbe riuscito a
convincerlo, ma, ovviamente, la sua cliente era quella squilibrata della
moglie con la quale invece era impossibile ogni forma di comunicazione.
Uscì dal tribunale seccato per la giornata, per Michela, per quella cretina
della sua cliente che non riusciva a cedere di un passo, per Valeria che
continuava a chiedergli se stava bene. La settimana era appena cominciata e
a lui sembrava già venerdì sera. Provò per tutta la giornata a concentrarsi
sul lavoro, ma era impossibile, riusciva solo a pensare a stupide strategie
per poter nuovamente avvicinare Michela, per riaccarezzare Pallottola, al
modo migliore per ricucire quello strappo; ripensò alla vecchia donna
turca, alla fede che aveva conservato infondo al secondo cassetto avvolta
in un calzino marrone e poi, il suo pensiero, ritornava prepotentemente a
quei due idioti che non riuscivano a lasciarsi anche se non si amavano più.
Dopo ore passate a fissare le lettere nere su un foglio bianco di word, nel
tentativo di scrivere un atto, chiuse il computer, prese la giacca e si
alzò.
“Dove vai?” domandò Filippo, sollevando gli occhi dal codice di diritto
civile che stava sfogliando
“A casa” replicò Giacomo piatto
“Non ti senti bene?” chiese l'amico preoccupato
Si sistemò la giacca. “Sto benissimo. Ho solo voglia di tornare a casa”
“Il Dominusg non la prenderà per niente bene”
“Non me ne fotte un cazzo di Petroli. Quell'uomo è un idiota e solo perché
mi odia mi da' delle cause assurde. Stamattina ho depositato i fascicoli
della causa Paria contro Tesone e quella già è una forte indicazione del
fatto che non mi vuole in questo studio, ma anche Giasone contro il comune
di Roma proprio non posso tollerarlo” scosse la testa incredulo “Diventerò
lo zimbello del tribunale”
"Non esagerare!" replicò l'amico divertito
“Non esagerare?” Filippo schiacciò la schiena contro lo schienale della
sedia ergonomica che cedette sotto la pressione del suo peso e fissò
l'amico con aria divertita “Fil, le ultime tre cause che ho seguito sono:
la causa di divorzio dei due squilibrati, ed io ovviamente rappresento la
squilibrata numero uno al mondo, che giocano a una pallida pantomima della Guerra dei Roses°, il tassista Giovanni Pedone che fa causa ad una
donna perché il cane gli ha pisciato su una cazzo di ruota. E questi si che
sono problemi, nemmeno io ci dormirei la notte. E, per concludere, la
signorina Matilde Canali che fa causa alla sua vicina perché è allergica ai
gatti e lquella santa donna della sua vicina ne ha ben tre. Sai che c'è, chi se ne frega se lei è
allergica ai gatti! Non ho una causa decente da mesi e oggi mi appioppa la
causa di questo coglione che vuole fare causa al comune di Roma. Al
maledetto comune di Roma!” ripeté nervoso “Sai perché? Perché passa troppo
tempo in mezzo al traffico la mattina. Perché non facciamo una class action mi ha proposto quel demente che guarda troppi film
americani. Ho dovuto spiegargli per ore che quel genere di causa fa
scalpore in America, ma che noi non siamo in un episodio di Law and Order u” Filippo riusciva a stento a trattenere la
ridarella “Non c'è niente da ridere, amico. Il giudice Martini quando mi ha
visto in aula e gli ho esposto i fatti, mi ha detto: avvocato Ferri ormai
lei è noto in questo tribunale per accettare cause un po' stravaganti”
scosse la testa stizzito “Stravaganti. Io non accetto cause stravaganti è
quello stronzo che sta cercando di sabotarmi la carriera”
“Non capisco, però, perché vai a casa”
“Perché sono stanco di fissare il computer come un cerebroleso mentre tento
di scrivere un atto sulla causa più idiota del mondo. E va' fan culo Giasone
e il comune di Roma. Vai a vivere in montagna se non vuoi rimanere
imbottigliato nel traffico, deficiente!”
“Sei troppo nervoso e sai che non c'entra niente il tuo cliente. Questo genere di
causa ti fa ridere non ti fa incazzare. È per Michela?”
“Non mi parla, mi evita e non capisco perché. Cazzo, ho sbagliato, ma se
non mi parla come faccio a recuperare?”
“Avere una relazione con Valeria non ti riabiliterà sicuramente ai suoi
occhi. Sei recidivo e sai che in penale le recidive hanno un certo peso nel
computo della pena”
“Non mi vuole, quindi cosa pretende che sia lì ad elemosinare più di quello
che ho fatto? Le ho chiesto di stare insieme!” replicò stizzito, allentando
il nodo della cravatta e sfilandosela dalla testa “Ma non mi vuole” Filippo
lo fissò confuso “Cecilia non te lo ha detto? Sono andato fino alla culonia
in cui vivono i suoi genitori e le ho chiesto di provare, ma lei mi ha
cacciato come se avessi la peste bubbonica”
“Non sapevo niente”
“Certo, perché è meglio credere che sono il più grande stronzo della terra,
ma lei si sta comportando come una bambina capricciosa. Non mi vuoi più
vedere” parlava a manetta e non riusciva nemmeno a capire perché;
solitamente affrontava le cose con calma, glielo aveva insegnato sua madre,
glielo imponeva il suo lavoro “lo capisco. Mi odi, perché ti ho trattata
come una ragazzetta qualsiasi, lo capisco. Non mi vuoi più vedere, lo
capisco, ma cazzo fammi vedere almeno il cane” si massaggiò le palpebre con
l'indice e il pollice della mano sinistra, mentre con la destra infilava la
cravatta arrotolata nella tasca della giacca “torno a casa, ora ho bisogno
di riposare, domani andrà meglio!”
Uscì dallo studio senza lasciare replica all'amico e senza nemmeno fare
caso a chi fosse in quel momento nello studio. Era stanco, perché
l'atteggiamento dell'amica era intollerabile. Come poteva smettere di
essergli amica per un banalissimo errore di valutazione? Non l'aveva
irretita per portarsela a letto e ci aveva scopato solo quando lei aveva
realizzato il sotterfugio che c'era dietro la loro convivenza, quindi
perché era così incazzata? Aveva perdonato Davide che l'aveva trasformata
in uno stambecco ambulante e non perdonava lui per qualche bacio, una mano
tra le cosce e una scopata consensuale, proprio non capiva il razionale di
quella disparità di trattamento. Mentre quei pensieri confusi si agitavano
nella sua testa, si era ritrovato di fronte alla porta sbagliata. Non era
fermo alla sua, ma imbambolato di fronte a quella di Michela. Voleva
andarsene, ma suonò istintivamente il campanello. Aveva proprio una gran
voglia di urlarle contro: cosa ti ho fatto per essere trattato così?
Pallottola abbaiava come un forsennato, forse si era già dimenticato di
lui. I cani in televisione morivano con i padroni o li cercavano ovunque
essi fossero, in qualunque parte del mondo, invece Pallottola gli abbaiava
come avrebbe fatto con un fastidioso e pericoloso estraneo. La vita reale era una grandissima schifezza! Nonostante il
rammarico del momento, non appena la porta si aprì, Pallottola gli saltò
addosso e lo riempì di umide leccate sulla faccia, quasi lo faceva cadere a
terra, tale era la furia dell'animale.
Si ritrovò carponi, per non perdere l'equilibrio “Tranquillo, piccolino,
papà è tornato” si sentì sollevato che almeno qualcuno non lo avesse
dimenticato “Sì, anche tu mi sei mancato” lo rassicurò festoso,
accarezzandogli con vigore l'enorme testone fulvo, mentre il cane agitava
la coda alla velocità della luce “sei proprio il cane più bello del mondo”
sollevò lo sguardo e grande fu il suo disappunto quando vide il volto duro
di Valerio che lo fissava “Che ci fai qui?” domandò rimettendosi in piedi,
senza però smettere di carezzare il suo amico a quattro zampe
“Michela aveva bisogno di un amico”
“Quindi non si capisce perché tu sia qui” replicò acido “Voglio parlare con
Michi”
“Michela non vuole vederti”
“Non ti ho chiesto cosa vuole lei, ti ho detto che voglio parlare con lei”
ribatté trattenendo a stento un moto di rabbia. Perché era così arrabbiato?
“Forse per una volta dovresti pensare a cosa vuole lei e non cosa vuoi tu!”
replicò il giovane Petroli con sufficienza
Era veramente odioso, con quella sua aria da santarellino, mentre era lì
solo per infilarsi nel mutande di Michela. “Valerio, te lo dirò per
l'ultima volta, voglio parlare con Michi”
“E se non te lo permetto cosa farai? Mi prenderai a cazzotti?” lo sfidò il
ragazzo senza mezzi termini
“Se ci tieni a mettermi alla prova, cercherò di non deluderti”
Valerio stava per chiudere la porta, ma la voce ferma di Michela lo fermò.
“Che cosa vuoi?” domandò stanca
Valerio indietreggiò e Giacomo vide Michela. Non la vedeva da quasi un
mese. Indossava una tuta color melanzana ed era scalza, come sempre. Aveva
delle profonde occhiaie, gli occhi gonfi e sembrava molto dimagrita. Non
poteva stare male per quello che era successo fra loro, sembrava stare male
per davvero. Fu assalito dalla preoccupazione, scansò Valerio ed entrò
senza essere invitato. “Come stai?”
“Sto benissimo” Certo, come no? Una rosa di maggio! “Se era questo
di cui dovevi parlarmi ora vorrei che tu andassi via, domani devo alzarmi
presto”
“Michi, non mi sembra che stai granché bene” insistette allarmato “Cristo,
sembra che non dormi da settimane e quanto pesi, mezzo chilo?”
“Ti ho detto che sto bene” insistette cocciuta
Si rivolse a Valerio, ignorando la replica dell'amica. “Mi dispiace per
prima, Vale, ma dimmi la verità?”
“Guarda che te l'ho detta la verità” sostenne lei stizzita
“Tesoro, se mi hai detto la verità devi andare da un medico migliore perché
a me non sembra che tu stia bene”
“Sta bene” confutò Valerio sicuro
Sembrava sincero, ma se Michela stava bene, allora cosa aveva? Era
orripilante, sembrava uno zombi. “Michi” si avvicinò alla ragazza e sospirò
profondamente “Ti prego” perché continuava a supplicarla, lui non
supplicava le donne, ma... “voglio solo che ritorniamo amici” lei lo
fissava in silenzio, con quei suoi grandi occhioni verdi cerchiati di nero.
Lui le strinse le spalle con le mani “voglio solo parlarti, voglio
spiegarmi meglio” voglio... cosa voleva? “Sto malissimo” perché si
lagnava come una mammoletta? Si faceva pena da solo! “Io...”
“Ok” lo interruppe la ragazza, divincolandosi
“Ok?” domandò il ragazzo incredulo “In che senso?”
“Va bene, se vuoi parlare, parleremo, ma non stasera, per favore. Sono
stanca e ho solo voglia di dormire”
Se era stanca e voleva dormire allora che ci faceva quello lì a casa
sua, gli doveva cantare la ninna nanna?
Avrebbe voluto controbattere, insistere per restare e sbattere fuori
quell'idiota, ma se lo avesse fatto si sarebbe sicuramente giocato la sua
unica possibilità di recuperare la loro amicizia. Avrebbe dovuto
sicuramente abituarsi alla presenza di Valerio, Michela aveva una passione
per i rincoglioni, quindi si sarebbero sicuramente messi insieme. Avrebbero
formato una grande famiglia. Lui, lei, Valerio e Valeria; ci sarebbe stato
di che divertirsi.
“Va bene” le carezzò il visino smunto e il suo cuore si strinse in un
piccolo pugno. Avrebbe voluto restare con lei, abbracciarla e tenerla
stretta tutta la notte, proteggerla, ma Valeria lo stava sicuramente
aspettando e Valerio si sarebbe occupato egregiamente di lei “Domani
pomeriggio ti va di portare Pallottola a spasso a Villa Borghese, possiamo
mangiare lì se ti va?” domandò premuroso
“Sì, certo” accettò arrendevole, troppo arrendevole “Ora però devi
andare”
“Ora vado” appoggiò le sue labbra su quelle secche di lei. Avrebbe voluto
baciarle la fronte, ma l'istinto lo portava ad un'intimità non appropriata
“Cerca di riposare” si staccò da lei e si avvicinò alla porta, sussurrando
minaccioso all'orecchio di Valerio “Se ti approfitti di lei mentre è in
queste condizioni ti spacco la faccia, coglione”
“Tranquillo” lo tranquillizzò il ragazzo allontanandolo “non tutti sono
degli stronzi come te” Giacomo gli afferrò il braccio e lo strinse con
forza. Valerio si divincolò “Devi andare!”
Il giovane avvocato accarezzò il cane e uscì senza controbattere, non
voleva che Michela si stressasse per una lotta tra galli in un pollaio con
una sola gallina. Era molto preoccupato per la sua amica, anche se quei due
continuavano a dire che lei stava bene, a lui non sembrava affatto che
stesse bene. Mentre girava la chiave nella toppa pensò che aveva voglia di
stare da solo con i suoi pensieri e sperò che Valeria avesse deciso di
restare a casa quella sera, di uscire con le amiche, di stare con sua
madre, qualsiasi cosa ma che non stesse in casa con lui. Quando aprì la
porta era tutto buio e lui tirò un profondo sospiro di sollievo. Lanciò la
giacca su divano, si spogliò e si infilò sotto la doccia. Aveva bisogno di
rilassarsi, di fare una grande mangiata ed una soda dormita. Si infilò la
tuta e preparò uno spaghettino al dente aglio, olio e peperoncino e se lo
mangiò con gusto e appetito. Da quando era cominciata quella storia aveva
sempre avuto un peso nel petto, dormiva male e mangiava poco, invece si
sentiva stranamente tranquillo dopo aver parlato con l'amica. Era
preoccupatissimo per la salute di Michela, ma l'indomani potevano parlarne
e allora avrebbe saputo quello che quei due chiaramente gli nascondevano.
Andò in camera da letto e recuperò l'anello dal cassetto, si sedette a
gambe incrociate sul letto e cominciò a giocherellarci, forse sarebbe
riuscito a ricomporre il puzzle, quell'anello era un ottimo
scacciapensieri.
Il campanello suonò mentre aveva ricomposto i terzo pezzo dei dodici
cerchi, guardò l'orologio. Le 23:30. Era tardi! Giacomo aveva sperato che
Valeria dormisse a casa dei suoi. Ripose l'anello nel fondo del cassetto,
ben avvolto nel calzino, e andò ad aprire. Era molto seccato. Doveva
assolutamente fare un discorsetto a Valeria; se non voleva una relazione
seria con lui, allora non doveva nemmeno piantarglisi in casa a qualsiasi
ora.
Un uomo ha bisogno dei suoi spazi
, pensò agguerrita, aprendo la porta, ma non c'era Valeria di fronte a lui,
ma il suo amico Filippo. “Che ci fai qui a quest'ora?” domandò annoiato.
Tutte le volte che litigava con Cecilia se lo trovava alla sua porta
“Cecilia mi ucciderà” borbottò preoccupato
“L'hai tradita con qualche figa facile?” domandò divertito. E, se quella
era la ragione, aveva proprio ragione, Cecilia lo avrebbe sicuramente
ucciso.
“Non essere sempre così scurrile” Cecilia esci da questo corpo!
“Non l'ho tradita” si difese subitaneo
“Allora che ci fai qui?” si informò seccato. Voleva stare da solo e non
voleva gente per strada mentre era depresso. Non poteva mettere fuori casa
un amico in difficoltà, cosa che non aveva mai fatto, ma tanto per
quell'anno non avrebbe sicuramente vinto il premio: amico dell'anno.
“Dobbiamo parlare, amico”
Giacomo sollevò gli occhi al cielo. Prima non voleva parlare nessuno e ora
volevano palare tutti, ma forse? “Si tratta di Michi?” domandò allarmato.
Ripenso a quelle profonde occhiaie che erano affondate nel viso della
ragazza e non dava proprio l'impressione di stare bene.
“Entriamo. È meglio se ci sediamo!”
Chiuse la porta e lo seguì spaventato. Era sicuramente una cosa grave, se
si doveva pure sedere. Forse Michela stava morendo, aveva un tumore. E sì,
non c'era dubbio. Era troppo smunta, il tumore la stava consumando. Come
avrebbe fatto senza di lei? Perché voleva Valerio al suo fianco e non lui?
Doveva assolutamente andare da lei e dirle che non poteva vivere senza di
lei che voleva starle accanto fino alla fine, si ritrovò seduto al tavolo
della cucina, aveva percorso il corridoio in evidente stato d shock. Non
riusciva a parlare e il cuore gli si era fermato nel petto.
“Cecilia mi ha fatto promettere di non dirtelo, perché Michela non vuole
che tu lo sappia” Perché? “ma oggi ho capito che Cecilia e Michela
si sbagliano su di te. Noi siamo amici Giacomo e anche se ti comporti da
stronzo, io so che tu vuoi bene a Michela” ascoltava l'amico, ma avrebbe
voluto scappare lontano; non era pronto a saperlo. Come poteva vivere con
il rimorso di averla ferita? “Michela è incinta” confessò l'amico in un sol
fiato
O mio Dio, grazie! Michela non stava morendo, non aveva un tumore, non
l'avrebbe persa, ma...
“Cosa?” forse non aveva capito bene, gli sembrava di aver sentito incinta.
“Michela aspetta un bambino”
Forse aspettava un panino, non poteva aspettare un bambino. I bambini si
fanno solo quando si decide di farne uno, non dopo una sola scopata senza
protezione, quelle cose succedevano nei romanzetti, non nella vita reale.
Sua sorella ci aveva messo tre anni per rimanere incinta, Michela come
aveva fatto a rimanere incinta dopo una sola notte di sesso, che per quanto
sfrenato, non poteva essere possibile.
“Gesù, Gesù” lui non voleva un bambino, non era pronto ad avere un bambino
“Gesù. Gesù” Michela stava di sicuro male per la gravidanza, era magra
perché vomitava. Non aveva nessun tumore! Sua sorella aveva solo le nausee,
ma nel periodo in cui lei parlava solo di gravidanza gli aveva raccontato
che le più sfortunate vomitavano “Gesù, Gesù” forse Michela voleva
confessargli di essere incinta. Forse doveva ignorare la cosa e fare un
lungo viaggio. Lui non voleva un bambino “Gesù, Gesù” Forse doveva parlarle
e doveva farla ragionare
“Poiché non credo che tu ritenga che il figlio sia di Gesù, suppongo che tu
sia certo che sia tuo!”
“Ti prego non illudermi che possa essere di qualcun altro. Gesù mi sembra
un ottimo candidato, ma credo che l'unico idiota che scopa senza
preservativo per fare una cosa nuova ce l'hai davanti agli occhi”
“Come ti è saltato in mente?” domandò l'amico allargando le braccia
“Volevo farmi perdonare e al momento mi è sembrata una grande idea e pure
molto romantica” sostenne Giacomo affondando entrambe le mani nei capelli
“Fil, io non posso avere un figlio. Io e Michi non stiamo nemmeno insieme,
io non sono nemmeno sicuro di quello che provo per lei. Un bambino in
questo momento sarebbe una pessima idea” scosse la testa. Era disperato.
“Noi non avremo nessun bambino. Devo parlarne con Michela e devo
convincerla ad abortire”
“Non devi convincerla proprio di niente. Lei ha già deciso e dopo averti
ascoltato credo abbia preso la decisione giusta” sorrise amaro “Lei non
vuole il bambino, andrà ad abortire domani mattina” sospirò profondamente
“Ci ha messo settimane per riuscire a trovare un medico non obiettore, ma
domani interromperà la gravidanza, così si risolverà tutto”
“Non lo vuole? Abortirà domani mattina?”
Filippo annuì senza aggiungere altro, d'altronde lui non aveva null'altro
da dire e Giacomo era annichilito da tutto quel fiume di informazioni che
lo avevano travolto. Era stordito da quella inaspettata notizia, non voleva
un figlio, non era pronto a mettere su famiglia, ma Michela continuava a
prendere decisioni senza coinvolgerlo, continuava a tenerlo da parte. Aveva
deciso che non erano più amici, aveva deciso di nascondergli di essere
incinta e aveva deciso che avrebbe abortito senza dirgli niente; continuava
a trattarlo come una scopata di poco conto. E a quel punto gli era chiara
anche la strana arrendevolezza della ragazza, lei voleva solo sbarazzarsi
di lui, della sua scomoda presenza.
Giacomo non voleva il bambino, non voleva Michela e non voleva mettere su
famiglia, ma non voleva essere trattato come una scopata senza importanza
dalla donna da cui aspettava suo figlio. Suo figlio? Gli faceva
strano quel pensiero. Per un attimo, avvolto dal buio, mentre fissava un
punto imprecisato nell'oscurità della sua camera da letto, realizzò che
Michela aspettava un bambino, che loro aspettavano un bambino, che
da quella unica notte di sesso era nato qualcosa, qualcuno. Certo
che era stato proprio sfigato. Era sicurissimo che l'amica non era in un
periodo di particolare fertilità, viveva con lei e, proprio in quella
settimana, ricordava assorbenti avvolti nella carta igienica e tampax
buttati nel secchiello azzurro del bagno. Michela non aveva le mestruazioni
quella notte, ma dovevano esserle passate da qualche giorno, e poi lei era
certa di essere in un periodo sicuro; lei non sarebbe stata così
stupida e non aveva nessun interesse ad incastralo con una gravidanza. Come
era potuto accadere? Le era venuto dentro solo la prima volta, dopo era
stato sempre attentissimo ad eiaculare fuori dal corpo della ragazza, così,
per sicurezza. Era stato veramente sfigato! Diventare genitore per
una scopata avventata era proprio fuori questione, ma non poteva lasciare
che Michela decidesse per lui!
E, quella notte, gli era venuto in mente un perfetto modo per fermarla.
“Non dovresti agitarti, fa male al nostro bambino” la redarguì con
aria paterna “E poi, ti ricordo che questo è il mio posto di lavoro,
gradirei che tu avessi un comportamento più contegnoso”
“Giacomo, ti rendi conto di quello che hai fatto?” soffiò la ragazza fuori
dai gangheri
“Certo, ti ho impedito di prendere una decisione senza coinvolgere il padre
del tuo bambino” replicò senza fare una piega. Era stranamente calmo!
“Io non voglio questo bambino e tu nemmeno, ti ho solo fatto risparmiare il
biglietto per qualche esotica spiaggia dove vendere cocchi. Non eri già
pronto a mettere tra me e questa indesiderata gravidanza la maggiore
distanza possibile? Pensavo fossi andato a comprare il biglietto
direttamente all'ASIi”
“Non ricordo che tu me ne abbia parlato prima, quindi non capisco da cosa
deduci le mie reazioni”
“Non so” fece lei, scuotendo il capo con disappunto “Che tu me ne abbia
parlato ripetutamente?” sospirò profondamente “Giacomo, tu non ti rendi
conto di quello che hai fatto, altrimenti non avresti quella faccia da
fesso” si coprì la faccia con entrambe le mani
“Non stai bene?” domandò Giacomo, alzandosi dalla scrivani e avvicinandosi
alla ragazza
Giacomo notò che nella stanza c'era anche Valerio e che Filippo, ancora
seduto alla sua scrivania, aveva smesso di fingere di lavorare.
“No che non sto bene! Mi hai fatto prelevare in ospedale dai carabinieri
che mi hanno impedito di abortire. Cosa credi che sia stata una decisione
facile per me? Come hai potuto farmi anche questo?”
“Io non ti ho impedito di abortire, ho solo chiesto a un giudice
un'ordinanza urgente per tutelare i miei diritti di padre”
“Se non fossi tu il padre? Quale idiota di giudice ti permette di impedirmi
di fare una cosa che è solo una mia decisione”
“Uno che come me pensa che dovremmo deciderlo insieme”
“Io non voglio questo bambino!”
“Michi, tesoro” appoggiò la mano sulla spalla della ragazza “Devi stare
tranquilla”
“Io devo stare tranquilla? Tu sei pazzo, hai anche chiesto la custodia
congiunta del mio cane” argomentò incredula "Tu sei completamente fuori di testa"
“In realtà il cane è mio, sono stato io a mettergli il chip, quindi tecnicamente, per la legge italiana sono io il padrone, ma tranquilla
ti concederò la custodia congiunta, non voglio allontanarti da lui”
la tranquillizzò con aria candida
“Sei un pazzo psicopatico” allontanò la mano del ragazzo e percorse la
stanza avanti e indietro a grandi passi “Cosa cazzo vuoi da me?”
Cosa voleva da lei? Cosa voleva realmente da lei? Perché aveva
coinvolto Michela in quella pantomima alla guerra dei Roses, alla stregua
di quei due psicopatici che stavano divorziando.
Forse quello che volevano quei due era quello di cui aveva bisogno anche
lui, forse quello di cui aveva bisogno era solo...
“Parlare”
L'argomento è abbastanza spinoso, ma cercherò di trattarlo con la massima leggerezza possibile.
Alla prossima,
Lella