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Autore: RaffaLella    02/04/2017    4 recensioni
Michela Pergolesi, aveva ventisette anni, tanta voglia di realizzare i suoi sogni e poche possibilità di farlo, ma poi...
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“Mi serve una finta fidanzata” Oh no! Che piano stupido! “E quindi noi due dobbiamo fingere di stare insieme, così lui si convincerà che sono solo voci quelle assurde chiacchiere su me e sua moglie!” espose raggiante, come se l'avesse messa a conoscenza di un piano brillante
“Giacomo, sei veramente un cretino! Da dove hai preso questa idea, da un libro di serie C, D, E? Spero che come principe del foro le tue strategie siano migliori di questa, perché questa fa veramente schifo!”
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“Michi, io potrei ricompensarti per questo grosso favore, con un favore altrettanto grosso” propose ammiccante, avvicinandosi nuovamente a lei
“Non sono interessata a nessun genere di prestazione sessuale. Faccio benissimo da sola, grazie” replicò la ragazza, indietreggiando ancora.
“Effettivamente da quando il rincoglione ti ha lasciata, fai molto da sola!” la schernì gongolante
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ciao a tutti, continuo a scusarmi, purtroppo il lavoro incombe e il tempo è pochissimo, ma ad ogni capitolo, continuerò a scusarmi per l'ormai solito ritardo.
Entro domani risponderò alle vostre recensioni, sono contentissima che il piano di Giacomo non abbia deluso chi legge questo racconto, ero molto preoccupata!:). Grazie a tutti di essere presenti ad ogni capitolo.
Vi lascio alla lettura del prossimo lunghissimo capitolo...
Lella

Capitolo X
L'anello del Sultano


Il profumo fiorato della ragazza e l'odore di lavanda che sprigionava dalle lenzuola appena lavate, avevano saturato la stanza. Giacomo si staccò dal corpo caldo della giovane donna e, supino sulla schiena, fissò il soffitto bianco, sospirò profondamente e si coprì gli occhi con il braccio sinistro.
Erano passati due mesi dalla notte che aveva passato con Michela; ancora sentiva l'odore di lei, il suo calore, riusciva quasi a sentire la morbidezza dei suoi seni stretti tra le sue mani. Doveva smettere di pensarci, Michela aveva fatto la sua scelta, ma più si ostinava a sbattere fuori quel ricordo, più quel ricordo prendeva forma nella sua testa. Scosse la testa seccato.
“Che stronza” sussurrò a denti stretti
Aveva commesso un errore, ma a tutti veniva data una seconda opportunità. Erano stati amici per quattro anni e avevano anche un cane in comune, come aveva potuto buttare tutto alle ortiche per una cosa insignificante come quella. Michela era comprensiva con tutto il mondo tranne che con lui. Lui stava male per Valeria e lei, che si riteneva così empatica con le persone, avrebbe dovuto sostenerlo come una vera amica e non farlo sentire un reietto dell'umanità.
Si sollevò pesantemente dal letto e si sedette, strofinandosi gli occhi con le mani. Era così arrabbiato. Quando lei lo aveva sbattuto fuori dalla sua vita, aveva accettato quella assurda scelta senza replicare, convinto che alla fine le cose si sarebbero risolte, come sempre, ma poi aveva provato a contattarla per sapere dei risultati del test alla Bocconi e lei non aveva risposto. Per giorni aveva provato a mettersi in contatto con l'amica, ma dopo una serie di vani tentativi si era risolto a parlare con Cecilia, la quale, dopo tanta insistenza, gli aveva confessato che Michela non voleva sentirlo mai più e poi, nel tentativo di rassicurarlo aveva aggiunto:
“Michela è molto soddisfatta di come è andato il test, dice che anche in caso non lo avesse superato sa di aver fatto tutto il possibile”
Lui aveva sorriso quasi senza accorgersene, aveva pensato che era proprio da Michela vedere il lato positivo delle cose e aveva concluso che lei aveva sicuramente superato il test, che presa dalla felicità avrebbe dimenticato lo stupido errore del suo amico coglione e che, quando si sarebbero rivisti per definire la faccenda economica del pagamento della prima rata del master, sarebbe stato tutto come prima. Si era rasserenato e, la settimana dopo, era partito per una meravigliosa vacanza non organizzata a Bodrum in Turchia. Nonostante temesse attacchi terroristici, era stata una fantastica avventura. Aveva passato undici giorni in un viaggio fuori dagli schemi, passando da Istanbul ad Ankara, fino ad arrivare a Pammukale con i suoi importanti siti archeologici di Sagalossos, Aprodisie, Prienne ed in fine rilassandosi e facendo snorkeling sulle spiagge di Antalya. Aveva visitato la moschea blu, la basilica di hagia* Sofia, palazzo Tapkaki, si era fatto coccolare dalle mani esperte delle donne del Hammam**, prima di lasciare la città dei sultani ottomani, l'antica Costantinopoli, era passato per il Misir Carsisi, il bazar delle spezie, per prendere un regalo speciale per Michela, per farsi perdonare, per ricordarle che aveva continuato a pensare a lei, anche quando lei aveva deciso di cancellarlo dalla sua vita. L'amica amava la cucina orientale e a amava le spezie; forse, quando le acque si sarebbero calmate potevano ritornarci insieme. Michela si sarebbe inebriata di quel caleidoscopio di colori e di quell'intenso profumo che ti stordiva i sensi. Era raggiante, mentre riempiva la sacca di cumino, zenzero, curcuma, zafferano, cardamomo, coriandolo, anice, foglie di alloro, curry, aneto, sumak***, vaniglia avrebbe voluto portarsi via tutto. Mentre usciva dal mercato si era fermato al bancone delle foglie di te. La paffuta donna turca, seduta su un piccolo sgabello, accanto ad uno dei tanti chioschi di spezie lo fissò con la sua faccia rubiconda. Era una donna di bassa statura che indossava un abito lungo che arrivava alle caviglie, di un orribile color crema, sembrava vomito di cane, e un velo marrone scuro che le copriva la testa senza nasconderle il rassicurante viso.
Lui le sorrise e chiese, in un perfetto inglese: “A un'amica molto speciale piace molto il te e vorrei comprarle un prodotto speciale”
“Hai qualcosa di cui farti perdonare da questa amica speciale, giovane uomo?” domandò l'anziana donna in un inglese lento e stentato, ma chiaro e fluido
“Lei è molto arrabbiata con me”
“Perché?”
Perché quella donna si impicciava degli affari suoi? “ È una lunga storia!”... e, soprattutto, perché lui le rispondeva?
“Oggi non ci sono molti clienti, quindi ho un po' di tempo”
Lui la fissò strabuzzando gli occhi incredulo. “Signora, mi scusi, ma sono fatti molto personali”
“Io non voglio sapere, ma tu mi pare che hai voglia di raccontare”
Giacomo, infilò le mani nei jeans e volse rapido lo sguardo sui suoi amici che flirtavano con delle turiste dall'aspetto anglosassone, sollevò le spalle e pensò che erano a Istanbul da tre giorni e in Turchia da quasi otto giorni e non aveva avuto nessun desiderio di intrattenersi con altre donne. Altre donne? Forse le parole di Michela lo avevano colpito più di quanto pensasse.
Sorrise alla donna. “Perché non la amo” replicò senza pensare
“Un'amica speciale che non ami. I giovani d'oggi sono troppo complicati per una vecchietta come me, come può essere speciale e non amarla?”
“Non la amo come lei vorrebbe” puntualizzò lui sicuro. Forse se l'avesse amata le cose sarebbero andate diversamente!
“E come vorrebbe essere amata, lei, che tu sei così sicuro di non volere?”
Sospirò, ripensando a quello sguardo da cuccioli a gattini che lo aveva fatto scappare tempo addietro. “Non lo so, come una sposa, una moglie, una persona con cui avere dei figli e una famiglia”
“Quindi tu stai aspettando la donna giusta, non è così?” riassunse la donna in un largo sorriso
Giacomo scosse la testa. “Assolutamente no” si difese accorato “Io non voglio nessuna donna giusta, non mi interessano queste cose. Mogli, figli. O Dio, stiano il più lontano possibile da me. Sono troppo giovane per pensare ad accasarmi” terminò arricciando il naso disgustato
“Non mi sembri poi così giovane” lo redarguì la donna con fare materno
“Punti di vista, signora” replicò Giacomo in un composto sorriso “nella mia cultura le assicuro che sono molto giovane”
“Mi chiedo come tu possa riconoscere, allora, la donna da cui un giorno desidererai una famiglia se ora sei così impegnato a scansarla via da te”
“Riconoscerò l'amore quando arriverà” replicò senza esitazione. Lo dicevano tutti, quindi doveva essere vero anche per lui.
“Tu sai cosa è l'amore, vero, giovane uomo? Se non sai di cosa si tratta cosa ti rende tanto sicuro di riconoscerlo quando arriverà?” Giacomo strinse gli occhi, osservando la donna che cominciò a rovistare nella sacca che aveva ai suoi piedi “Sto aspettando la tua risposta” insistette, volgendo un rapido sguardo sull'incredulo ragazzo “Ed escludi quella storia di mogli, figli e famiglia, lo hai già detto” terminò con sufficienza, agitando la mano sinistra sopra la sua testa, come a voler scacciare una fastidiosa mosca
“Non lo so, desiderio, passione” si voltò intorno circospetto, sperando di non essere ascoltato. Non voleva essere arrestato per aver molestato una vecchia. In quei posti quelle erano cose molto serie e la vecchia signora lo stava mettendo in serio pericolo.
“L'amore va oltre il desiderio e la passione, figliolo” insistette la donna senza voltarsi, ancora intenta a scavare in cerca di qualcosa “sono sicura che potrai fare molto meglio”
Ma chi era quella vecchia e che cosa voleva da lui? “Il desiderio di stare con lei, di sapere che sta bene, che è felice, che io posso renderla felice, la gioia di vederla sorridere” cos'altro? Ripensò per un attimo al viso deluso di Michela “Sperare di non deluderla mai e, se mai accadesse, di avere la possibilità di rimediare, desiderare di starle accanto per sempre, essere speciale per lei come lei è speciale per te”
La donna gli porse un pacchettino. “L'amica speciale che non ami non ti fa provare nessuno di questi sentimenti?”
Chi era quella strana vecchia?
Giacomo strinse gli occhi. “Io...” sorrise alla saggia vecchietta “È sempre stato complicato fra me e Michela. Quello che provo per lei è complicato”
“E non c'è niente di più complicato dell'amore” la donna gli indicò il pacchettino che era ancora nelle sue mani “Questo potrebbe aiutarti a farti perdonare dall'amica speciale che non ami”
“Cos'è?” domandò guardingo. In quei posti ti vendevano di tutto per il giusto prezzo
“Aprilo e lo scoprirai”
Giacomo aprì il pacchetto e fissò il contenuto con aria spaventata. All'interno c'era un anello in argento. Un anello in argento? Ma siamo matti?! Lui non avrebbe regalato proprio nessun anello a nessuna donna e non di certo a Michela! Forse in Turchia gli anelli avevano un significato diverso e meno compromettente che in Italia.
“Le assicuro che non sarebbe una buona idea” replicò il ragazzo rigirandoselo tra le mani “Gli anelli hanno un simbolismo particolare in Italia e non vorrei creare fraintendimenti” e poi Michela glielo avrebbe sicuramente tirato in faccia, anzi in un occhio.
“Questo è un anello speciale. È una fede turca” Una fede era decisamente una pessima idea! Non poteva regalare una fede a Michela “è un anello speciale per una donna speciale”
“Signora questa è veramente la peggiore idea che lei potesse avere. Io pensavo ad un te al gelsomino, non a una fede” sbottò stranito “se avessi voluto un anello non mi sarei fermato ad un banchetto di spezie, le pare? Se questo fosse stato un banchetto di anelli e soprattutto di fedi, le assicuro che noi non ci saremmo mai conosciuti”
“La fede turca è un anello incantato” Certo come no!
“Io non voglio nessun anello e non posso regalare un anello a una donna che non sono sicuro di amare”
“Mi pareva di aver capito che non l'amassi, non che non ne fossi sicuro” osservò la donna con quel fastidioso tono lento e monotono, che sembrava volesse ipnotizzarlo
“Lei mi sta confondendo” si difese accorato
“Ti racconterò una storia”
O Gesù, un'altra storia! Non voleva ascoltare nessuna storia da nessuna matta che invece di vendere spezie vendeva anelli “Devo proprio andare!” tagliò corto il ragazzo
“Quando avrò finito la storia deciderai se prendere l'anello”
“Io non voglio comprare un anello per Michela”
“L'anello non è per l'amica speciale che non sei sicuro di amare, ma per te, giovane uomo”
“Ma lei aveva detto che era per lei”
“No, ti sbagli! Io ho detto che era per farti perdonare da lei, non che era per lei” il ragazzo scosse la testa confuso “Si narra che il re Solimano**** lo fece creare consultando i più esperti artigiani e maestri orafi di corte” aveva completamente ignorato il fatto che lui non voleva ascoltare una stupida storia su una fede che lui non voleva! “Questa è una fede a dodici anelli” prese l'anello dalle mani del ragazzo e lo scompose “Il Sultano si rese subito conto che senza una spiegazione sarebbe stato impossibile ricomporlo e decise di darlo a coloro che erano in attesa di giudizio. Se fossero riusciti a ricomporlo sarebbero stati liberati, altrimenti la loro pena sarebbe stata raddoppiata”
“Io non sono in attesa di giudizio” la schernì giocoso
La donna scosse la testa e restituì l'anello al ragazzo. “Com'è l'amica speciale che non sei sicuro di amare, giovane uomo?”
Lui afferrò l'anello e sbuffò pensoso:“Bellissima” riassunse, infilando la fede nella tasca dei jeans.
Non voleva prendere quell'anello, ma voleva andarsene e non aveva più voglia di sentire la voce lenta e monotona di quella donnetta petulante. E poi, cominciava a spaventarsi, quella vecchia sembrava uscita fuori da uno di quegli inquietanti racconti arabi da Mille e una Notte a. Quando lui le aveva offerto del denaro, la donna aveva rifiutato e gli aveva chiesto di acquistare qualche spezia in cambio dell'anello. Lui aveva provato a insistere, ma la donna gli aveva detto che la fede turca andava regalata se voleva mantenere la sua magia. Magia? Quella vecchia era veramente fuori di testa! Quando lui le aveva chiesto la misura dell'anello, la donna aveva semplicemente replicato: “Sarà la misura giusta dell'anulare della tua amica speciale”.
Gli si era accapponata la pelle a quelle parole. Un anello senza misura, come la scarpetta magica di Cenerentola. Forse era stato catapultato in una favola araba con una vecchia grassoccia e velata come fata madrina e un anello incantato invece della scarpetta di cristallo. Doveva solo organizzare un ballo, inanellare l'anulare delle fanciulle che si sarebbero presentate e farsi delle sane scopate per valutare l'affidabilità dell'anello.
Nel tentativo di liberarsi della sua personale fata madrina araba, aveva comprato un po' di spezie e si era allontanato di gran lena, dopo che la vecchia gli aveva strappato la solenne promessa di non usare nessuno di quei metodi moderni per risolvere l'enigma dell'anello. Lui aveva giurato sulla testa di sua madre un qualcosa che non aveva ben capito ed era scappato il più lontano possibile da quello strano posto e da quella inquietante donna. Una volta in albergo aveva ridimensionato l'accaduto e aveva pensato che quella vecchia lo aveva imbrogliato per bene, facendogli pagare quattro foglie di te e qualche puzzolente spezia più del dovuto. Quando erano ripartiti, aveva infilato l'anello in una delle tasche dei pantaloni e lo aveva messo in valigia.
Arrivato a casa, immediatamente travolto dalla solita routine, aveva dimenticato la vecchia, il suo surreale discorso e quell'anello, che per quel che gli riguardava poteva anche essere l'anello maledetto di Frodob.
Dieci giorni dopo era ritornato nel suo appartamento e di Michela nemmeno l'ombra. Aveva fatto di tutto per cercare di contattarla, ma lei lo aveva bloccato sul cellulare e su tutti i social conosciuti. Faceva proprio sul serio questa volta. Cecilia era un maledetto muro, Filippo non era di nessun aiuto e a Valerio non avrebbe chiesto nemmeno se avesse saputo che l'amica era in fin di vita attaccata ad un respiratore artificiale. Dopo giorni di agitazione, in cui non riusciva a concentrarsi su nulla, se non sul pensiero di lei, aveva deciso di corrompere il portiere del suo stabile. Ricordava che Michela gli aveva raccontato che l'uomo aveva il numero di cellulare di suo padre. Pensava che il tentativo sarebbe stato molto più complicato, invece era stata sufficiente un po' di gentilezza e qualche consulenza legale. Ovviamente era stato tutto inutile, non appena aveva fatto il suo nome, il padre di Michela aveva riagganciato con un secco e poco rassicurante: “Stai lontano dalla mia bambina”.
Le settimane passavano rapide e dopo sei settimane di silenzio l'agitazione aveva raggiunto livelli allarmanti. Non riusciva a comprendere le ragioni che lo angustiavano e cosa lo spingesse in quella spasmodica ricerca. Recuperò l'indirizzo di Michela da una vecchia cartella, di un vecchio caso che aveva seguito per lei e decise che se l'amica aveva deciso di non tornare a Roma, lui sarebbe andato a riprendersela. Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto.
Via Marcello Barone, 5, Baranello, Campobasso.
Era partito di sabato mattina e dopo più di 200 km, in una lunga marcia sull'autostrada libera da ingorghi, era giunto in una stretta stradina di ciottolato, accanto ad una palazzina di due piani prospiciente al palazzo del comune. C'erano due lunghe balconate piene di fiori e di fronte a lui un piccolo portoncino, con due sedie bianche. Parcheggiò l'auto e uscì con il cuore che gli galoppava in cola. Partire gli era sembrata un'idea geniale, ma ora che si trovava di fronte a quel portone quella stessa idea gli sembrava una cagata senza limite. Come gli era venuta in mente un'idea così stupida? Aveva il forte desiderio di ritornare indietro, ma aveva fatto un viaggio di quasi tre ore in un posto che sembrava essere rimasto imprigionato in una bolla congelata nel tempo, quindi si fece coraggio e si avvicinò incerto al portone. Suonò con insistenza sul bottoncino accanto alla targhetta Pergolesi. Si affacciò al portone una donna sulla sessantina, con i capelli raccolti in uno strettissimo chignon e una di quelle vecchie vesti da camera che si portavano un tempo.
“Non mi sembra di conoscerla giovanotto, si è forse perso?” domandò la donna in un tirato sorriso di cortesia
“Sono Giacomo Ferri, un amico di Michela”
La donna lo fissò confusa. “Mi spiace Giacomo, ma mia figlia non vuole vederla, deve proprio andarsene”
“Signora, voglio solo assicurarmi che stia bene e poi andrò via” replicò il ragazzo deciso
“Michela sta bene”
“Signora, per favore, le può dire che sono qui” Il viso della donna sembrava molto combattuto “Per favore”
La donna entrò in casa. Giacomo si allontanò dal portone e, con la schiena appoggiata alla portiera della macchina e lo sguardo fermo sulla balconata, rimase in attesa del responso della donna. Perché era lì? La donna si affaccio dopo quasi dieci minuti, doveva esserci stata una lunga diatriba con quella testarda della figlia.
“Mi spiace, avvocato, ma deve proprio andare. Michela non vuole vederla”
Perché non la mandava a cagare senza manco troppo garbo? “Potrebbe dire a Michela che resterò qui finché non scende e che dormirò in macchina ad oltranza se sarà necessario”
“Mia figlia non vuole vederla” insistette la donna poco convinta
“Signora, riporti le mie parole a Michela, sua figlia sa bene che se dico una cosa non è mai per dire”
La donna scosse la testa costernata ed entrò in casa. Probabilmente non aveva voglia dell'ennesimo scontro con la figlia. Michela gli aveva raccontato che essere figlia unica di due genitori che l'avevano avuta in tarda età, non era stato facile. Che loro erano sempre stati eccessivamente protettivi e troppo presenti nella vita della figlia, ma forse anche la figlia la faceva da padrona in una casa in cui non c'erano altri con cui competere per l'affetto dei genitori.
Era così stanco di tutta quella storia. Fissava il balcone confuso dall'atteggiamento puerile della ragazza e basito del suo di comportamento. Con lo sguardo rivolto verso il balcone ripensò nuovamente alla vecchia del mercato in Turchia. Mi chiedo come tu possa riconoscere, allora, la donna da cui un giorno desidererai una famiglia se ora sei così impegnato a scansarla via da te. Perché ci ripensava di nuovo? Mentre quel maledetto interrogativo gli rimbalzava tra i neuroni il portone si aprì. Michela, con indosso una larga tuta blu, delle leggerissime scarpette di tela turchesi e un lungo maglione grigio che lei stringeva ai fianchi con entrambe le mani, si avvicinò a lui. Era diversa. Aveva tagliato tutti i capelli. La frangia era lunga, quindi davano l'impressione di essere ancora lunghi, ma dietro non aveva più quella morbida chioma castana che le cadeva morbida lungo la sinuosa schiena.
“Hai tagliato i capelli?” domandò scocciato. Era decisamente carina con quel taglio, ma a lui proprio non piacevano le donne con i capelli corti.
“Sei veramente arguto. Spero che tu non sia venuto fin qui solo per farmi notare questa cosa” replicò acida
Era ancora arrabbiata! “Volevo solo sapere perché non sei ritornata a Roma”
“Non era necessario venire fin qui solo per questo”
“Invece lo era” replicò asciutto, alzando il tono di voce “Visto che sei sparita e che mi hai anche bloccato dappertutto”
“Potevi chiedere a Cecilia” affermò la ragazza flemmatica, ignorando l'evidente rabbia del ragazzo e stringendo le braccia al petto. Era veramente irritante quella sua ria di sufficienza.
“Cecilia mi ha detto che stai bene e che non vuoi più vedermi, non sono riuscito nemmeno a carpirle se e quando saresti ritornata a Roma” sorrise sarcastico “Suppongo tu le abbia ordinato di non dirmelo”
“Sto bene e non voglio più vederti sono le uniche informazioni che ti erano necessarie”
Giacomo allungò la mano e carezzò il viso della ragazza. “Michi, possiamo provare a parlare civilmente. Ero preoccupato per te. Pensavo ti fosse successo qualcosa. Hai preso molti giorni di ferie e tu non ne prendi mai” argomentò con voce pacata
“Sono stata molto male” replicò lei, allontanando la mano dell'amico che scorreva lenta sulla sua guancia sinistra
Giacomo si sentì terribilmente in colpa. Pensò che se non fosse stato così superficiale forse non si sarebbe trovato in quella situazione, ma gli sembrava veramente esagerata la reazione di Michela. Per cosa stava male? Per pochi mesi di convivenza, la scopata di una notte e uno stupido errore di valutazione? Era giusto che fosse arrabbiata, ma deprimersi così tanto da non riuscire nemmeno a tornare a lavoro era proprio una cosa da romanzetto rosa di serie B e non era da lei. Michela era una donna forte, che affrontava le difficoltà senza esitazione.
“Mi dispiace”
“Tornerò a Roma fra qualche giorno, quindi ora che ti sei rassicurato sulla mia salute, puoi andartene”
Aveva fatto 200 km, era impazzito per avere informazioni su di lei e lei continuava a liquidarlo come un fastidioso cameriere o la scopata di una discoteca. Quell'atteggiamento cominciava a irritarlo terribilmente. “Non sarà mai più come prima, vero?” domandò con un pizzico di malinconia nella voce
“Come prima?” domandò lei scuotendo la testa seccata “Intendi che vuoi essere mio amico per potermi nuovamente pugnalare alle spalle per salvarti il culo o intendi che vuoi che ti tenga il letto caldo mentre ti scopi un'altra?”
La sua sintesi era troppo sintetica e, anche se raccontava i fatti, non ne rendeva pienamente la complessità. “Perché voi donne dovete rendere tutto più complicato del dovuto?” sbuffò e si massaggiò nervosamente le tempie “Mi dispiace di aver commesso uno stupidissimo errore, sono mortificato di averti ferita, non volevo” si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore e si toccò il collo “Cazzo, sono venuto fin qui per vedere come stavi, avrà pure un cazzo significato questa cosa!”
“Fammi capire” replicò Michela accennando un sorriso sarcastico “Ti aspettavi che sarei rimasta così impressionata da questo gesto che avrei dimenticato ogni cosa?” scosse la testa incredula “Che mi sarei buttata fra le tue braccia arrendevole e vogliosa”
“No” sbottò sulla difensiva
Non si aspettava una scopata di ringraziamento, ma nemmeno una così fredda accoglienza ad un gesto che avrebbe trovato romantico qualsiasi donna normale. Romantico? Era davvero di romanticheria che si trattava? Era arrivato fin lì per ricevere una vogliosa ricompensa o per recuperare una solida amicizia o per riavere al suo fianco una donna speciale che non era sicuro di amare, ma che non era nemmeno più tanto sicuro di non amare? La donna giusta arriva all'improvviso, questo gli aveva detto sua sorella maggiore. Le sue amiche gli avevano sempre detto che quando avrebbe incontrato la ragazza giusta lo avrebbe capito, che avrebbe smesso di cercare altre donne. Le loro parole sembravano sagge, eppure le parole di quella vecchia al mercato gli sembravano così plausibili. Come avrebbe fatto a riconoscere l'amore se non sapeva nemmeno cosa stesse aspettando? Se si faceva troppe domande allora non poteva essere amore, anche questo gli dicevano tutte le donne della sua vita, ma qualcosa che non era amore lo aveva spinto fino da lei per... cosa?
“Allora perché sei qui?”
“Non lo so” replicò sincero “ero preoccupato, mi manchi” avvicinò il suo viso a quello della ragazza “Ho voglia di baciarti, di fare di nuovo l'amore con te” da dove gli uscivano fuori quelle parole melense accompagnate da quella voce arrochita? “di stringerti” chiuse gli occhi e appoggiò la fronte su quella di lei “Come puoi non desiderarlo anche tu?” si morse il labbro inferiore e per un attimo sentì che lei stava nuovamente cedendo “Sembravi molto soddisfatta del mio operato! I tuoi mugolii mi risuonano ancora nella testa”
Lei lo allontanò, spingendo le piccole mani contro il suo petto. “Tu desideri sempre quello che non puoi avere. Volevi Valeria perché ti sfuggiva, ora vuoi me perché io ho perso interesse. Sei solo uno stronzo capriccioso che usa le persone finché non si è stancato”
Forse lei aveva ragione, ma... “Potremmo almeno provare” suggerì timidamente.
Ormai il poco di orgoglio che gli era rimasto aveva fatto le valigie e aveva preso la prima astronave per lo spazio sconosciuto. Spock, andiamo ad esplorare nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita e di nuove civiltà, per arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima c
“Sei patetico!” lo aggredì lei stizzita “Devi andartene” ordinò voltandogli le spalle
Lui le afferrò il polso e l'attirò a sé. “Ora stai veramente esagerando. Sono pentito per quello che ti ho fatto. Ti ho chiesto scusa, sono venuto fin qui spinto dalla stramaledetta paura di perderti e ti ho chiesto una stracazzo di possibilità, un tentativo di stare insieme, di provare ad avere quella storia che tu volevi. Se non vuoi essere mia amica allora proviamo almeno a stare insieme”
Lei si divincolò dalla stretta del ragazzo e gli urlò contro innervosita. “Sei pentito? Ok, va bene, scuse accettate. Tranquillo, brutto idiota, non è necessario che ci fidanziamo solo per placare i tuoi sensi di colpa. Ora che ti ho perdonato, togliti dai piedi”
“Perché fai così?”
“Perché non ti permetterò mai più di spezzarmi il cuore” ululò aspra. Michela chiuse gli occhi. Il respiro di lei era corto e affannoso; appoggiò la mano destra al petto e la fece scivolare lentamente sopra lo stomaco “Mi hai fatta innervosire”
“Se tu non fossi così testarda!” ribatté Giacomo confuso
“Devi andartene ragazzo” ordinò una voce dura alle spalle dell'amica “Michela sali su, tua madre ti ha preparato una camomilla”
Michela, approfittando della presenza del padre, si allontanò, scomparendo dietro il piccolo portoncino. “Signore, io voglio molto bene a sua figlia” si giustificò Giacomo accorato
L'uomo alto, allampanato e canuto, lo fissava con aria grave. “Se le vuoi bene devi lasciarla in pace” sembrava molto stanco “Per il bene di mia figlia avrei preferito un vostro chiarimento, ma lei ora non è ragionevole e la tua presenza non la aiuta, quindi è meglio che tu vada figliolo, se non vuoi che chiami la polizia”
La polizia? Erano arrivati a questo? Avrebbe messo delle guardie armate fuori anche dal suo appartamento romano per difendersi dalla sua fastidiosa presenza?
“Ha ragione” si scusò il ragazzo accennando un leggero cenno del capo “mi dispiace, spero di non aver creato imbarazzo con la mia presenza. Ero solo preoccupato per Michela. Non so quello che le ha raccontato, ma io le voglio molto bene e...” sospirò profondamente “Non importa” si voltò e si avvicinò alla macchina “Buona serata e porga i miei omaggi a sua moglie” salutò garbato, aprendo la portiera della sua Fiat 500 tre porte, rossa metallizzata
“Se la ami non arrenderti” gli consigliò l'uomo allontanandosi.
Avrebbe voluto controbattere che era costretto ad arrendersi, visto che lui non l'amava o che, comunque, non era poi tanto sicuro di quello che provava per la sua capricciosa figlia, ma non gli andava di disquisire di sesso e amore con un uomo che sembrava nascondere un'enorme ascia dietro la schiena. Sicuramente non aveva un'ascia pronta a spaccargli la testa in due come un melone, ma non gli andava di provarlo e poi era stanco per il viaggio, per quella inutile discussione, quindi senza voltarsi, salì in auto e ritornò a casa.

*

Michela aveva preso la sua decisione ed era ormai chiaro che non solo non permetteva replica, ma che le possibilità che cambiasse idea nell'immediato erano praticamente pari a zero. Era decisa, arrabbiata, non aveva lasciato nessuno spiraglio, perché non c'era più nessun muro tra loro, ma solo la realtà delle cose. Erano passate due settimane dal giorno in cui Michela lo aveva fatto sentire stupido e patetico, dal giorno in cui aveva promesso a se stesso che non si sarebbe più fatto umiliare da quella stronza che non riusciva a perdonarlo. Eppure, nonostante la rabbia per quell'ingiusto trattamento, continuava a mancarle, gli mancava Pallottola, gli mancava entrarle di soppiatto in casa e rubarle le uova dal frigo, gli mancavano le loro chiacchierate, le sue facce buffe mentre lui le raccontava dell'ennesima conquista, i suoi divertentissimi racconti sui tizi che contattava al Call Center di recupero crediti, la sua risata schietta e cristallina.
Si passò le mani nei capelli e percepì il corpo caldo della donna, che gli solleticava la schiena.
“Stai di nuovo pensando a lei?” domandò la ragazza con voce seccata
“Valeria, non domandarmi sempre la stessa cosa” obiettò, cercando di nascondere i suoi pensieri
La ragazza si accoccolò contro di lui e si avvinghiò con le braccia ai fianchi di Giacomo. “Se smettessi di pensare a lei non dovrei domandartelo tutte le volte” si staccò da lui e si sedette al suo fianco “Non lo dico perché sono gelosa di lei, visto che tra noi non esiste un rapporto di esclusività; lo dico solo perché mi mi dispiace vederti con quella faccia da cane bastonato”
“Non stavo pensando a lei” mentì. Non aveva voglia di sentire il sermone della ragazza, che nonostante insistesse che tra loro si fosse instaurata solo una relazione senza impegno si era praticamente trasferita da lui e l'esclusività era garantita dalla sua costante presenza. “Ho molte cose da fare a lavoro”
Sentì il tonfo della porta di Michela chiudersi fragorosamente e, subito dopo, la sua voce squillante che redarguiva il povero Pallottola. Cristo Santo, gli mancava da morire quel sacco di pulci! Dopo che Michela lo aveva sbattuto fuori casa, era stato qualche settimana dai suoi genitori e poi finalmente, Valerio aveva lasciato il suo appartamento. Stare con i suoi genitori era piacevole, ma limitava notevolmente la sua vita sessuale.
“Posso aiutarti a rilassarti un po'” suggerì la ragazza melliflua, massaggiandogli le spalle tese e strofinandosi contro la schiena di lui
Giacomo si alzò. Non era molto partecipativo e da quando la sua vicina era ritornata, il desiderio sessuale gli era alquanto calato. Il senso di colpa per averla ferita lo stava dilaniando e la ritrosia di Michela accentuava ancora di più quello stato di diffuso malessere che lo pervadeva. Si sentiva in colpa per averla ferita, anche se proprio non riusciva a capire la spropositata reazione dell'amica, non si aspettava che lo perdonasse dall'oggi al domani, ma nemmeno che venisse lapidato per una cosa che chiunque avrebbe fatto al suo posto. Lui non era proprio un genio del male! Non era l'astuto professor Moriartyd o il viscido Uriah Heep e o il machiavellico Iagof non l'aveva intrappolata in una rete di intricate trame, aveva solo seguito l'istinto mettendo su un teatrino degno di Pippo. E Pippo non era uno che suscitava rabbia e vendetta, semmai ilarità, tenerezza e pena.
“Grazie per l'offerta, bambolina, ma devo proprio prepararmi per uscire. Tuo padre mi farà il culo se arrivo in ritardo anche oggi”
La ragazza sbuffò e si coprì il viso con le lenzuola di raso verde. “Allora dormo un altro po', poi vado all'università!” farfugliò innervosita
Mentre l'acqua gli scorreva addosso, pensò che non voleva rinunciare a Valeria, ma aveva una gran voglia di restare da solo. Voleva ritornare a casa, lasciare vestiti disseminati per la casa, mangiare schifezze, restare in silenzio e pensare a Michela senza che lei continuasse a domandargli stai pensando a lei; perché non riusciva proprio a smettere di farlo. Si era vestito rapidamente, aveva raccolto i fascicoli, sparpagliati sul tavolo della cucina, infilandoli ordinatamente nella borsa ed era uscito di casa senza nemmeno salutare la sua ospite fissa.
Aveva voglia di prendere un po' d'aria fresca. Il calore estivo era finito da giorni e l'aria era più fresca e meno afosa. Aveva deciso di non prendere la macchina, non gli andava di rimanere imbottigliato nel traffico romano mattutino. Alla fermata del tram la testa gli andava a duemila, riusciva solo a pensare al modo migliore di riavvicinarsi a Michela, ma i suoi piani erano talmente stupidi che gli veniva da ridere mentre li pensava. Era proprio come Pippo!
Arrivò in tribunale di buon ora e depositò distrattamente i fascicoli della più assurda causa civile che avesse mai seguito il suo studio, e ovviamente quello stronzo di Petroli lo aveva appioppato a lui. Due tizi, marito e moglie, si stavano facendo un'assurda battaglia legale. Lei lo aveva tradito, lui lo aveva scoperto e aveva deciso di porre fine al contratto matrimoniale, ma la donna non era molto collaborativa e aveva reso quel divorzio una pantomima di quelle che gli avvocati fanno fatica a seguire e i giudici detestano perché sono una perdita di tempo. Era un anno che cercavano di uscire fuori dalla separazione dei beni, ma ogni volta che sembravano aver raggiunto un accordo lei ricominciava d'accapo. L'ultima trovata di quella psicopatica era il rimborso dei costi sostenuti per ammobiliare la casa nella quale i due avevano vissuto per cinque anni, visto che all'uomo era andata la casa. Giacomo aveva provato a spiegarle che la differenza fra un appartamento e i mobili era che questi ultimi, differentemente dal primo, non aumentavano il loro valore con il tempo, ma lo diminuivano sensibilmente, ma lei si era impuntata e aveva preteso una valutazione dei beni presenti nella casa, di tutti i beni, anche dei ninnoli. Quei due lo stavano mandando al manicomio, appena terminava uno, ricominciava l'altra; quel divorzio non avrebbe mai visto la fine, lui sarebbe morto prima o avrebbe ucciso quei due idioti così si sarebbe occupato San Pietro della loro separazione. Si chiedeva costantemente se quei due si fossero mai amati o quando si sarebbero accorti che avevano smesso di farlo ed era giunto il momento di arrendersi all'evidenza. Dei due il marito era molto più ragionevole e forse sarebbe riuscito a convincerlo, ma, ovviamente, la sua cliente era quella squilibrata della moglie con la quale invece era impossibile ogni forma di comunicazione. Uscì dal tribunale seccato per la giornata, per Michela, per quella cretina della sua cliente che non riusciva a cedere di un passo, per Valeria che continuava a chiedergli se stava bene. La settimana era appena cominciata e a lui sembrava già venerdì sera. Provò per tutta la giornata a concentrarsi sul lavoro, ma era impossibile, riusciva solo a pensare a stupide strategie per poter nuovamente avvicinare Michela, per riaccarezzare Pallottola, al modo migliore per ricucire quello strappo; ripensò alla vecchia donna turca, alla fede che aveva conservato infondo al secondo cassetto avvolta in un calzino marrone e poi, il suo pensiero, ritornava prepotentemente a quei due idioti che non riuscivano a lasciarsi anche se non si amavano più. Dopo ore passate a fissare le lettere nere su un foglio bianco di word, nel tentativo di scrivere un atto, chiuse il computer, prese la giacca e si alzò.
“Dove vai?” domandò Filippo, sollevando gli occhi dal codice di diritto civile che stava sfogliando
“A casa” replicò Giacomo piatto
“Non ti senti bene?” chiese l'amico preoccupato
Si sistemò la giacca. “Sto benissimo. Ho solo voglia di tornare a casa”
“Il Dominusg non la prenderà per niente bene”
“Non me ne fotte un cazzo di Petroli. Quell'uomo è un idiota e solo perché mi odia mi da' delle cause assurde. Stamattina ho depositato i fascicoli della causa Paria contro Tesone e quella già è una forte indicazione del fatto che non mi vuole in questo studio, ma anche Giasone contro il comune di Roma proprio non posso tollerarlo” scosse la testa incredulo “Diventerò lo zimbello del tribunale”
"Non esagerare!" replicò l'amico divertito
“Non esagerare?” Filippo schiacciò la schiena contro lo schienale della sedia ergonomica che cedette sotto la pressione del suo peso e fissò l'amico con aria divertita “Fil, le ultime tre cause che ho seguito sono: la causa di divorzio dei due squilibrati, ed io ovviamente rappresento la squilibrata numero uno al mondo, che giocano a una pallida pantomima della Guerra dei Roses°, il tassista Giovanni Pedone che fa causa ad una donna perché il cane gli ha pisciato su una cazzo di ruota. E questi si che sono problemi, nemmeno io ci dormirei la notte. E, per concludere, la signorina Matilde Canali che fa causa alla sua vicina perché è allergica ai gatti e lquella santa donna della sua vicina ne ha ben tre. Sai che c'è, chi se ne frega se lei è allergica ai gatti! Non ho una causa decente da mesi e oggi mi appioppa la causa di questo coglione che vuole fare causa al comune di Roma. Al maledetto comune di Roma!” ripeté nervoso “Sai perché? Perché passa troppo tempo in mezzo al traffico la mattina. Perché non facciamo una class action mi ha proposto quel demente che guarda troppi film americani. Ho dovuto spiegargli per ore che quel genere di causa fa scalpore in America, ma che noi non siamo in un episodio di Law and Order u” Filippo riusciva a stento a trattenere la ridarella “Non c'è niente da ridere, amico. Il giudice Martini quando mi ha visto in aula e gli ho esposto i fatti, mi ha detto: avvocato Ferri ormai lei è noto in questo tribunale per accettare cause un po' stravaganti” scosse la testa stizzito “Stravaganti. Io non accetto cause stravaganti è quello stronzo che sta cercando di sabotarmi la carriera”
“Non capisco, però, perché vai a casa”
“Perché sono stanco di fissare il computer come un cerebroleso mentre tento di scrivere un atto sulla causa più idiota del mondo. E va' fan culo Giasone e il comune di Roma. Vai a vivere in montagna se non vuoi rimanere imbottigliato nel traffico, deficiente!”
“Sei troppo nervoso e sai che non c'entra niente il tuo cliente. Questo genere di causa ti fa ridere non ti fa incazzare. È per Michela?”
“Non mi parla, mi evita e non capisco perché. Cazzo, ho sbagliato, ma se non mi parla come faccio a recuperare?”
“Avere una relazione con Valeria non ti riabiliterà sicuramente ai suoi occhi. Sei recidivo e sai che in penale le recidive hanno un certo peso nel computo della pena”
“Non mi vuole, quindi cosa pretende che sia lì ad elemosinare più di quello che ho fatto? Le ho chiesto di stare insieme!” replicò stizzito, allentando il nodo della cravatta e sfilandosela dalla testa “Ma non mi vuole” Filippo lo fissò confuso “Cecilia non te lo ha detto? Sono andato fino alla culonia in cui vivono i suoi genitori e le ho chiesto di provare, ma lei mi ha cacciato come se avessi la peste bubbonica”
“Non sapevo niente”
“Certo, perché è meglio credere che sono il più grande stronzo della terra, ma lei si sta comportando come una bambina capricciosa. Non mi vuoi più vedere” parlava a manetta e non riusciva nemmeno a capire perché; solitamente affrontava le cose con calma, glielo aveva insegnato sua madre, glielo imponeva il suo lavoro “lo capisco. Mi odi, perché ti ho trattata come una ragazzetta qualsiasi, lo capisco. Non mi vuoi più vedere, lo capisco, ma cazzo fammi vedere almeno il cane” si massaggiò le palpebre con l'indice e il pollice della mano sinistra, mentre con la destra infilava la cravatta arrotolata nella tasca della giacca “torno a casa, ora ho bisogno di riposare, domani andrà meglio!”
Uscì dallo studio senza lasciare replica all'amico e senza nemmeno fare caso a chi fosse in quel momento nello studio. Era stanco, perché l'atteggiamento dell'amica era intollerabile. Come poteva smettere di essergli amica per un banalissimo errore di valutazione? Non l'aveva irretita per portarsela a letto e ci aveva scopato solo quando lei aveva realizzato il sotterfugio che c'era dietro la loro convivenza, quindi perché era così incazzata? Aveva perdonato Davide che l'aveva trasformata in uno stambecco ambulante e non perdonava lui per qualche bacio, una mano tra le cosce e una scopata consensuale, proprio non capiva il razionale di quella disparità di trattamento. Mentre quei pensieri confusi si agitavano nella sua testa, si era ritrovato di fronte alla porta sbagliata. Non era fermo alla sua, ma imbambolato di fronte a quella di Michela. Voleva andarsene, ma suonò istintivamente il campanello. Aveva proprio una gran voglia di urlarle contro: cosa ti ho fatto per essere trattato così?
Pallottola abbaiava come un forsennato, forse si era già dimenticato di lui. I cani in televisione morivano con i padroni o li cercavano ovunque essi fossero, in qualunque parte del mondo, invece Pallottola gli abbaiava come avrebbe fatto con un fastidioso e pericoloso estraneo. La vita reale era una grandissima schifezza! Nonostante il rammarico del momento, non appena la porta si aprì, Pallottola gli saltò addosso e lo riempì di umide leccate sulla faccia, quasi lo faceva cadere a terra, tale era la furia dell'animale.
Si ritrovò carponi, per non perdere l'equilibrio “Tranquillo, piccolino, papà è tornato” si sentì sollevato che almeno qualcuno non lo avesse dimenticato “Sì, anche tu mi sei mancato” lo rassicurò festoso, accarezzandogli con vigore l'enorme testone fulvo, mentre il cane agitava la coda alla velocità della luce “sei proprio il cane più bello del mondo” sollevò lo sguardo e grande fu il suo disappunto quando vide il volto duro di Valerio che lo fissava “Che ci fai qui?” domandò rimettendosi in piedi, senza però smettere di carezzare il suo amico a quattro zampe
“Michela aveva bisogno di un amico”
“Quindi non si capisce perché tu sia qui” replicò acido “Voglio parlare con Michi”
“Michela non vuole vederti”
“Non ti ho chiesto cosa vuole lei, ti ho detto che voglio parlare con lei” ribatté trattenendo a stento un moto di rabbia. Perché era così arrabbiato?
“Forse per una volta dovresti pensare a cosa vuole lei e non cosa vuoi tu!” replicò il giovane Petroli con sufficienza
Era veramente odioso, con quella sua aria da santarellino, mentre era lì solo per infilarsi nel mutande di Michela. “Valerio, te lo dirò per l'ultima volta, voglio parlare con Michi”
“E se non te lo permetto cosa farai? Mi prenderai a cazzotti?” lo sfidò il ragazzo senza mezzi termini
“Se ci tieni a mettermi alla prova, cercherò di non deluderti”
Valerio stava per chiudere la porta, ma la voce ferma di Michela lo fermò. “Che cosa vuoi?” domandò stanca
Valerio indietreggiò e Giacomo vide Michela. Non la vedeva da quasi un mese. Indossava una tuta color melanzana ed era scalza, come sempre. Aveva delle profonde occhiaie, gli occhi gonfi e sembrava molto dimagrita. Non poteva stare male per quello che era successo fra loro, sembrava stare male per davvero. Fu assalito dalla preoccupazione, scansò Valerio ed entrò senza essere invitato. “Come stai?”
“Sto benissimo” Certo, come no? Una rosa di maggio! “Se era questo di cui dovevi parlarmi ora vorrei che tu andassi via, domani devo alzarmi presto”
“Michi, non mi sembra che stai granché bene” insistette allarmato “Cristo, sembra che non dormi da settimane e quanto pesi, mezzo chilo?”
“Ti ho detto che sto bene” insistette cocciuta
Si rivolse a Valerio, ignorando la replica dell'amica. “Mi dispiace per prima, Vale, ma dimmi la verità?”
“Guarda che te l'ho detta la verità” sostenne lei stizzita
“Tesoro, se mi hai detto la verità devi andare da un medico migliore perché a me non sembra che tu stia bene”
“Sta bene” confutò Valerio sicuro
Sembrava sincero, ma se Michela stava bene, allora cosa aveva? Era orripilante, sembrava uno zombi. “Michi” si avvicinò alla ragazza e sospirò profondamente “Ti prego” perché continuava a supplicarla, lui non supplicava le donne, ma... “voglio solo che ritorniamo amici” lei lo fissava in silenzio, con quei suoi grandi occhioni verdi cerchiati di nero. Lui le strinse le spalle con le mani “voglio solo parlarti, voglio spiegarmi meglio” voglio... cosa voleva? “Sto malissimo” perché si lagnava come una mammoletta? Si faceva pena da solo! “Io...”
“Ok” lo interruppe la ragazza, divincolandosi
“Ok?” domandò il ragazzo incredulo “In che senso?”
“Va bene, se vuoi parlare, parleremo, ma non stasera, per favore. Sono stanca e ho solo voglia di dormire”
Se era stanca e voleva dormire allora che ci faceva quello lì a casa sua, gli doveva cantare la ninna nanna? Avrebbe voluto controbattere, insistere per restare e sbattere fuori quell'idiota, ma se lo avesse fatto si sarebbe sicuramente giocato la sua unica possibilità di recuperare la loro amicizia. Avrebbe dovuto sicuramente abituarsi alla presenza di Valerio, Michela aveva una passione per i rincoglioni, quindi si sarebbero sicuramente messi insieme. Avrebbero formato una grande famiglia. Lui, lei, Valerio e Valeria; ci sarebbe stato di che divertirsi.
“Va bene” le carezzò il visino smunto e il suo cuore si strinse in un piccolo pugno. Avrebbe voluto restare con lei, abbracciarla e tenerla stretta tutta la notte, proteggerla, ma Valeria lo stava sicuramente aspettando e Valerio si sarebbe occupato egregiamente di lei “Domani pomeriggio ti va di portare Pallottola a spasso a Villa Borghese, possiamo mangiare lì se ti va?” domandò premuroso
“Sì, certo” accettò arrendevole, troppo arrendevole “Ora però devi andare”
“Ora vado” appoggiò le sue labbra su quelle secche di lei. Avrebbe voluto baciarle la fronte, ma l'istinto lo portava ad un'intimità non appropriata “Cerca di riposare” si staccò da lei e si avvicinò alla porta, sussurrando minaccioso all'orecchio di Valerio “Se ti approfitti di lei mentre è in queste condizioni ti spacco la faccia, coglione”
“Tranquillo” lo tranquillizzò il ragazzo allontanandolo “non tutti sono degli stronzi come te” Giacomo gli afferrò il braccio e lo strinse con forza. Valerio si divincolò “Devi andare!”
Il giovane avvocato accarezzò il cane e uscì senza controbattere, non voleva che Michela si stressasse per una lotta tra galli in un pollaio con una sola gallina. Era molto preoccupato per la sua amica, anche se quei due continuavano a dire che lei stava bene, a lui non sembrava affatto che stesse bene. Mentre girava la chiave nella toppa pensò che aveva voglia di stare da solo con i suoi pensieri e sperò che Valeria avesse deciso di restare a casa quella sera, di uscire con le amiche, di stare con sua madre, qualsiasi cosa ma che non stesse in casa con lui. Quando aprì la porta era tutto buio e lui tirò un profondo sospiro di sollievo. Lanciò la giacca su divano, si spogliò e si infilò sotto la doccia. Aveva bisogno di rilassarsi, di fare una grande mangiata ed una soda dormita. Si infilò la tuta e preparò uno spaghettino al dente aglio, olio e peperoncino e se lo mangiò con gusto e appetito. Da quando era cominciata quella storia aveva sempre avuto un peso nel petto, dormiva male e mangiava poco, invece si sentiva stranamente tranquillo dopo aver parlato con l'amica. Era preoccupatissimo per la salute di Michela, ma l'indomani potevano parlarne e allora avrebbe saputo quello che quei due chiaramente gli nascondevano. Andò in camera da letto e recuperò l'anello dal cassetto, si sedette a gambe incrociate sul letto e cominciò a giocherellarci, forse sarebbe riuscito a ricomporre il puzzle, quell'anello era un ottimo scacciapensieri.
Il campanello suonò mentre aveva ricomposto i terzo pezzo dei dodici cerchi, guardò l'orologio. Le 23:30. Era tardi! Giacomo aveva sperato che Valeria dormisse a casa dei suoi. Ripose l'anello nel fondo del cassetto, ben avvolto nel calzino, e andò ad aprire. Era molto seccato. Doveva assolutamente fare un discorsetto a Valeria; se non voleva una relazione seria con lui, allora non doveva nemmeno piantarglisi in casa a qualsiasi ora.
Un uomo ha bisogno dei suoi spazi , pensò agguerrita, aprendo la porta, ma non c'era Valeria di fronte a lui, ma il suo amico Filippo. “Che ci fai qui a quest'ora?” domandò annoiato. Tutte le volte che litigava con Cecilia se lo trovava alla sua porta
“Cecilia mi ucciderà” borbottò preoccupato
“L'hai tradita con qualche figa facile?” domandò divertito. E, se quella era la ragione, aveva proprio ragione, Cecilia lo avrebbe sicuramente ucciso.
“Non essere sempre così scurrile” Cecilia esci da questo corpo! “Non l'ho tradita” si difese subitaneo
“Allora che ci fai qui?” si informò seccato. Voleva stare da solo e non voleva gente per strada mentre era depresso. Non poteva mettere fuori casa un amico in difficoltà, cosa che non aveva mai fatto, ma tanto per quell'anno non avrebbe sicuramente vinto il premio: amico dell'anno.
“Dobbiamo parlare, amico”
Giacomo sollevò gli occhi al cielo. Prima non voleva parlare nessuno e ora volevano palare tutti, ma forse? “Si tratta di Michi?” domandò allarmato. Ripenso a quelle profonde occhiaie che erano affondate nel viso della ragazza e non dava proprio l'impressione di stare bene.
“Entriamo. È meglio se ci sediamo!”
Chiuse la porta e lo seguì spaventato. Era sicuramente una cosa grave, se si doveva pure sedere. Forse Michela stava morendo, aveva un tumore. E sì, non c'era dubbio. Era troppo smunta, il tumore la stava consumando. Come avrebbe fatto senza di lei? Perché voleva Valerio al suo fianco e non lui? Doveva assolutamente andare da lei e dirle che non poteva vivere senza di lei che voleva starle accanto fino alla fine, si ritrovò seduto al tavolo della cucina, aveva percorso il corridoio in evidente stato d shock. Non riusciva a parlare e il cuore gli si era fermato nel petto.
“Cecilia mi ha fatto promettere di non dirtelo, perché Michela non vuole che tu lo sappia” Perché? “ma oggi ho capito che Cecilia e Michela si sbagliano su di te. Noi siamo amici Giacomo e anche se ti comporti da stronzo, io so che tu vuoi bene a Michela” ascoltava l'amico, ma avrebbe voluto scappare lontano; non era pronto a saperlo. Come poteva vivere con il rimorso di averla ferita? “Michela è incinta” confessò l'amico in un sol fiato
O mio Dio, grazie! Michela non stava morendo, non aveva un tumore, non l'avrebbe persa, ma... “Cosa?” forse non aveva capito bene, gli sembrava di aver sentito incinta.
“Michela aspetta un bambino”
Forse aspettava un panino, non poteva aspettare un bambino. I bambini si fanno solo quando si decide di farne uno, non dopo una sola scopata senza protezione, quelle cose succedevano nei romanzetti, non nella vita reale. Sua sorella ci aveva messo tre anni per rimanere incinta, Michela come aveva fatto a rimanere incinta dopo una sola notte di sesso, che per quanto sfrenato, non poteva essere possibile.
“Gesù, Gesù” lui non voleva un bambino, non era pronto ad avere un bambino “Gesù. Gesù” Michela stava di sicuro male per la gravidanza, era magra perché vomitava. Non aveva nessun tumore! Sua sorella aveva solo le nausee, ma nel periodo in cui lei parlava solo di gravidanza gli aveva raccontato che le più sfortunate vomitavano “Gesù, Gesù” forse Michela voleva confessargli di essere incinta. Forse doveva ignorare la cosa e fare un lungo viaggio. Lui non voleva un bambino “Gesù, Gesù” Forse doveva parlarle e doveva farla ragionare
“Poiché non credo che tu ritenga che il figlio sia di Gesù, suppongo che tu sia certo che sia tuo!”
“Ti prego non illudermi che possa essere di qualcun altro. Gesù mi sembra un ottimo candidato, ma credo che l'unico idiota che scopa senza preservativo per fare una cosa nuova ce l'hai davanti agli occhi”
“Come ti è saltato in mente?” domandò l'amico allargando le braccia
“Volevo farmi perdonare e al momento mi è sembrata una grande idea e pure molto romantica” sostenne Giacomo affondando entrambe le mani nei capelli “Fil, io non posso avere un figlio. Io e Michi non stiamo nemmeno insieme, io non sono nemmeno sicuro di quello che provo per lei. Un bambino in questo momento sarebbe una pessima idea” scosse la testa. Era disperato. “Noi non avremo nessun bambino. Devo parlarne con Michela e devo convincerla ad abortire”
“Non devi convincerla proprio di niente. Lei ha già deciso e dopo averti ascoltato credo abbia preso la decisione giusta” sorrise amaro “Lei non vuole il bambino, andrà ad abortire domani mattina” sospirò profondamente “Ci ha messo settimane per riuscire a trovare un medico non obiettore, ma domani interromperà la gravidanza, così si risolverà tutto”
“Non lo vuole? Abortirà domani mattina?”
Filippo annuì senza aggiungere altro, d'altronde lui non aveva null'altro da dire e Giacomo era annichilito da tutto quel fiume di informazioni che lo avevano travolto. Era stordito da quella inaspettata notizia, non voleva un figlio, non era pronto a mettere su famiglia, ma Michela continuava a prendere decisioni senza coinvolgerlo, continuava a tenerlo da parte. Aveva deciso che non erano più amici, aveva deciso di nascondergli di essere incinta e aveva deciso che avrebbe abortito senza dirgli niente; continuava a trattarlo come una scopata di poco conto. E a quel punto gli era chiara anche la strana arrendevolezza della ragazza, lei voleva solo sbarazzarsi di lui, della sua scomoda presenza.
Giacomo non voleva il bambino, non voleva Michela e non voleva mettere su famiglia, ma non voleva essere trattato come una scopata senza importanza dalla donna da cui aspettava suo figlio. Suo figlio? Gli faceva strano quel pensiero. Per un attimo, avvolto dal buio, mentre fissava un punto imprecisato nell'oscurità della sua camera da letto, realizzò che Michela aspettava un bambino, che loro aspettavano un bambino, che da quella unica notte di sesso era nato qualcosa, qualcuno. Certo che era stato proprio sfigato. Era sicurissimo che l'amica non era in un periodo di particolare fertilità, viveva con lei e, proprio in quella settimana, ricordava assorbenti avvolti nella carta igienica e tampax buttati nel secchiello azzurro del bagno. Michela non aveva le mestruazioni quella notte, ma dovevano esserle passate da qualche giorno, e poi lei era certa di essere in un periodo sicuro; lei non sarebbe stata così stupida e non aveva nessun interesse ad incastralo con una gravidanza. Come era potuto accadere? Le era venuto dentro solo la prima volta, dopo era stato sempre attentissimo ad eiaculare fuori dal corpo della ragazza, così, per sicurezza. Era stato veramente sfigato! Diventare genitore per una scopata avventata era proprio fuori questione, ma non poteva lasciare che Michela decidesse per lui!
E, quella notte, gli era venuto in mente un perfetto modo per fermarla.

**

“Maledetto stronzo! Come ti è saltato in testa? Credi che sia un gioco?” ululò Michela contro Giacomo che, seduto alla sua scrivania la fissava con tranquillità
“Non dovresti agitarti, fa male al nostro bambino” la redarguì con aria paterna “E poi, ti ricordo che questo è il mio posto di lavoro, gradirei che tu avessi un comportamento più contegnoso”
“Giacomo, ti rendi conto di quello che hai fatto?” soffiò la ragazza fuori dai gangheri
“Certo, ti ho impedito di prendere una decisione senza coinvolgere il padre del tuo bambino” replicò senza fare una piega. Era stranamente calmo!
“Io non voglio questo bambino e tu nemmeno, ti ho solo fatto risparmiare il biglietto per qualche esotica spiaggia dove vendere cocchi. Non eri già pronto a mettere tra me e questa indesiderata gravidanza la maggiore distanza possibile? Pensavo fossi andato a comprare il biglietto direttamente all'ASIi
“Non ricordo che tu me ne abbia parlato prima, quindi non capisco da cosa deduci le mie reazioni”
“Non so” fece lei, scuotendo il capo con disappunto “Che tu me ne abbia parlato ripetutamente?” sospirò profondamente “Giacomo, tu non ti rendi conto di quello che hai fatto, altrimenti non avresti quella faccia da fesso” si coprì la faccia con entrambe le mani
“Non stai bene?” domandò Giacomo, alzandosi dalla scrivani e avvicinandosi alla ragazza
Giacomo notò che nella stanza c'era anche Valerio e che Filippo, ancora seduto alla sua scrivania, aveva smesso di fingere di lavorare.
“No che non sto bene! Mi hai fatto prelevare in ospedale dai carabinieri che mi hanno impedito di abortire. Cosa credi che sia stata una decisione facile per me? Come hai potuto farmi anche questo?”
“Io non ti ho impedito di abortire, ho solo chiesto a un giudice un'ordinanza urgente per tutelare i miei diritti di padre”
“Se non fossi tu il padre? Quale idiota di giudice ti permette di impedirmi di fare una cosa che è solo una mia decisione”
“Uno che come me pensa che dovremmo deciderlo insieme”
“Io non voglio questo bambino!”
“Michi, tesoro” appoggiò la mano sulla spalla della ragazza “Devi stare tranquilla”
“Io devo stare tranquilla? Tu sei pazzo, hai anche chiesto la custodia congiunta del mio cane” argomentò incredula "Tu sei completamente fuori di testa"
“In realtà il cane è mio, sono stato io a mettergli il chip, quindi tecnicamente, per la legge italiana sono io il padrone, ma tranquilla ti concederò la custodia congiunta, non voglio allontanarti da lui” la tranquillizzò con aria candida
“Sei un pazzo psicopatico” allontanò la mano del ragazzo e percorse la stanza avanti e indietro a grandi passi “Cosa cazzo vuoi da me?”
Cosa voleva da lei? Cosa voleva realmente da lei? Perché aveva coinvolto Michela in quella pantomima alla guerra dei Roses, alla stregua di quei due psicopatici che stavano divorziando.
Forse quello che volevano quei due era quello di cui aveva bisogno anche lui, forse quello di cui aveva bisogno era solo...
“Parlare”




*Hagia santa in turco

**Hammam indica in lingua araba il complesso termale in cui i mussulmani effettuano i lavacri per poter poi adempiere all'obbligo canonico della ṣalāt giornaliera.

***Sumak. L'albero di Sumak cresce abbondantemente in Medioriente; i suoi frutti rossi vengono essiccati e polverizzati per ottenere questa spezia dal gusto acidulo utilizzata in Libano, Siria, Turchia ed Iran, a volte in sostituzione del limone, per insaporire, senza alterarne il gusto, piatti di pesce, frutti di mare, insalate, carni bollite o nel ragù, e come ripieno per il pollo.

****Solimano I, detto il Magnifico o Kanuni ovvero il Legislatore. Fu sultano e padiscià dell'Impero ottomano dal 1520 alla sua morte. Portò l'Impero ottomano ai massimi fulgori.

a. Mille e una notte, celebre raccolta di novelle orientali del X secolo, di varia ambientazione storico-geografica, composta da differenti autori. Il racconto inizia con il re persiano Shahriyār, il quale, essendo stato tradito da una delle sue mogli, uccide sistematicamente le sue spose al termine della prima notte di nozze. La bella Shahrazād si offre come sua sposa e ogni notte, per mille e una notte, gli racconta delle storie fantastiche finché l'uomo, ormai innamorato di lei, decide risparmiarle la vita.

b. Frodo Beggins è il coraggioso hobbit protagonista del famoso romanzo Il Signore degli Anelli. Definito da Gandalf come il Portatore dell'Anello del Potere che gli dona l'invisibilità quando lo indossa.

c. Incipit e missione della nave stellare Enterprise della Federazione dei pianeti uniti, tratto dalla serie TV Star Trek.

d. Professor Moriarty è l'antagonista per eccellenza di Sherlock Holmes (protagonista di una serie di romanzi di Arthur Conan Doyle), che lo definisce, il Napoleone del crimine (The final problem, 1903).

e. Uriah Heep è l'antagonista principale di David Copperfild nella seconda parte del romanzo David Copperfild di Charles Dickens. Nel romanzo con le sue articolate trame e la sua untuosa ossequiosità riesce a ricattare il padre di Agnes e ottenere il controllo dello studio legale nel quale lavorava insieme a David. I suoi piani sono ostacolati da Copperfild e dai suoi amici e verso la fine del romanzo, lo vediamo in prigione a scontare le sue colpe, ritornato umile e ossequioso come un tempo, e con un comportamento da detenuto modello.

f. Iago è il nome del principale antagonista della tragedia Otello di William Shakespeare. Le trame dell'infido alfiere Iago portano Otello alla follia e alla morte della moglie Desdemona, ritenuta ingiustamente colpevole di aver tradito il moro di Venezia con Cassio. Alla fine dell'opera, Emilia, moglie di Iago, rivela che il tradimento di Desdemona era soltanto un'invenzione di suo marito Iago. Otello, preso dal rimorso si toglie la vita, Iago viene condannato a subire tortura e Cassio prende il posto di Otello, al servizio della repubblica veneta.

° Guerra dei Roses, pellicola americana del 1989 diretta da Denny De Vito, in cui il regista è anche attore e voce narrante. Il film tratta con toni inizialmente leggeri, la storia di una coppia intenta in un'aspra battaglia legale che si conclude con la morte di entrambi.

g. Dominus, nella terminologia forense è l'avvocato che ha la gestione della pratica e redige gli atti, tracciando la linea difensiva; in genere è anche il proprietario di uno studio legale che prende nelle sue cure il praticante.

h. Law abd Order famosissimo legal drama americano con numerosi spin off.

i. Agenzia Spaziale Italiana.



NdA: Prima di lasciarvi, per non creare confusione, vorrei puntualizzare che sono assolutamente a favore della legge 194 che regola la disciplina giuridica in tema di interruzione di gravidanza. Ritengo, personalmente, che la libertà di scelta sia fondamentale in un paese civile e moderno, indipendentemente dalle scelte personali. La legge non prevede che il probabile padre abbia facoltà decisionali nella scelta della gestante di interrompere la gravidanza; numerose sono le interpellanze dei padri, ma MAI la Corte si è espressa in favore di questi ultimi, quindi so benissimo che quello che ho scritto è improbabile e sono consapevole che quanto espongo in questo capitolo è solo una licenza letterale al fine di rendere la storia più avvincente.
L'argomento è abbastanza spinoso, ma cercherò di trattarlo con la massima leggerezza possibile.
Alla prossima,
Lella
  
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