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Autore: Loulou_24    03/04/2017    0 recensioni
Ammetto che è il classico cliché innamorarsi del migliore amico del fratello maggiore,giuro che ne avrei fatto volentieri a meno di questo amore impossibile se avessi potuto scegliere. Ma si sa, non si sceglie chi amare. O si? Io in ogni caso non ho avuto possibilità di scelta. E’successo e basta.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Quando entrai nel pub che gli avevo indicato lui non era ancora arrivato. Era una dei miei pub preferiti, lo Smel. Un po’ vintage, sui toni del marrone e del bordeaux, sempre immerso nella penombra e la musica era sempre piacevole, a volume non tropo alto. Passavano perlopiù band rock o gruppi indie. I tavoli erano in legno, alcuni tondi altri quadrati. Stranamente non erano appiccicosi come quelli di tutti gli altri pub che avevo frequentato. Anche le sedie erano tutte diverse ed ognuna aveva un cuscino colorato. Alcuni tavoli invece avevano delle poltroncine basse vellutate.  C’erano parecchi libri dall’aspetto antico sparsi sulle mensole e tutti sembravano urlare “leggimi”.
Diedi una rapida occhiata alla sala in cerca di un tavolo libero. Non fu difficile: c’erano solo tre o quattro gruppi di persone. Un'altra cosa positiva dello Smel è che lo conoscevano in pochi e quelli che lo conoscevano lo snobbavano perché non era abbastanza alla moda per loro, signorine sofisticate. Molti pensavano che fosse un covo di tossici ma in realtà era frequentato da qualche artista eccentrico e alcuni ragazzi con la passione per il vintage. E’ vero, ogni tanto nell’aria si sentiva quell’odore pungente dell’erba ma questo non lo rendeva un posto poco raccomandabile.
Scelsi un tavolo tondo in un angolo del locale. Intorno a me c’era una fila di lucine e appese al muro parecchie fotografie in bianco e nero.
Ripensando ai pregiudizi degli altri su questo locale iniziai a sentire un po’ di ansia, magari anche Sam non lo vedeva di buon occhio. 
Come ogni volta prima di un appuntamento iniziai a sentire un leggero senso di nausea. Odiavo quell’aspetto di me, pensavo che con il tempo mi sarei abituata alle uscite con i ragazzi, pensavo che dopo un po’ avrei smesso di sentirmi lo stomaco così in subbuglio ma mi sbagliavo. Diciamo che poi il mio numero di appuntamenti è sempre stato basso poi è arrivato Rìan nella mia vita e la mia media di appuntamenti annuali è passata da uno a circa zero. E quindi ancora non posso essere sicura che le cose non cambieranno.
 Questa volta però il senso di nausea era amplificato perché per la prima volta speravo davvero in quell’appuntamento, speravo davvero che tra di noi potesse funzionare.
Prima che mi lasciassi prendere dalle paranoie lo vidi avvicinarsi verso di me.
Indossava una camicia a quadri sui toni del grigio aperta sopra ad una maglietta e dei jeans. Notai con piacere che il suo stile non stonava affatto in quel pub.
«Ciao!»Mi salutò con un bacio sulla guancia.
«Sei in ritardo.» dissi con voce acida. Il suo sguardo corse rapido all’orologio.
«Solo di cinque minuti…» il suo tono aveva una leggera nota di agitazione. Io ero la regina del ritardo. Ormai le mie amiche mi dicevano l’orario dell’appuntamento sbagliato per farmi arrivare puntuale ma quel giorno ero magicamente arrivata per prima e volevo godermi quel momento.
«Non mi piace aspettare.» ora la mia voce era ancora più acida se possibile e Sam mi guardò con un misto di dispiacere e paura. Forse iniziava a pensare che avrebbe avuto a che fare con una pazza, sempre in crisi premestruale e forse stava già pensando ad una via di fuga.
«Scherzavo, sono qui solo da due minuti!» Alzai le mani in segno di resa prima che scappasse a gambe levate. Forse avrei dovuto smetterla di scherzare così con le persone. Prima o poi sarei rimasta senza amici.
Non si sedette sulla sedia dall’altro lato del tavolo ma si sedette alla mia destra, vicino a me, molto vicino. Dopo essersi seduto si guardò intorno.
«Adoro questo posto, non lo avevo mai notato.» Disse compiaciuto.
Tirai un sospiro di sollievo, ero felice che anche a lui piacesse.
«Sono contenta,avevo paura che fosse un po’ troppo particolare.»
«Scherzi? Mi piace molto. Ti sono grato per avermelo fatto conoscere.» Sembrava davvero sincero. Gli sorrisi felice.
Un cameriere con un grosso dilatatore venne a prendere l’ordinazione. Nonostante gli avessi anticipato che volevo una birra Sam rimase sorpreso quando la chiesi.
«L’ultima ragazza a cui ho proposto una birra mi ha liquidato dicendo che la birra le faceva gonfiare la pancia. Poi ha ordinato una coca, light ovviamente.»
Scoppiai a ridere al pensiero della sua espressione.
«Anche a me la fa gonfiare, ma non mi importa, il sapore mi piace troppo per rinunciarci.» Piegai le labbra in un sorriso di scuse.
«Vorrei che anche lei mi avesse risposto così.»
«Spero che tu sia scappato subito dopo.»
«No, ci sono stato insieme per 7 mesi.» disse con un sorriso amaro.
Hm tasto dolente. Complimenti Meg, sei con lui da neanche 10 minuti e già fai queste gaffe. Le mie guance si tinsero di rosso. Azzardai un’occhiata verso di lui, sembrava solo un po’ imbarazzato ora.
«Sono sicura che avesse molti altri pregi allora, la birra non è così importante.» Cercai di riparare.
Puntò gli occhi nei miei, con un’espressione più rilassata. «Sai, non così tanti alla fine.»
Cercai disperatamente qualcosa da dire per alleggerire l’atmosfera. Da come ne stava parlando sembrava fosse rimasto scottato da quella storia. Inaspettatamente provai un pizzico di gelosia per quella ragazza che per me era una sconosciuta. In lontananza il cameriere con i dilatatori si stava avvicinando al nostro tavolo con due birre sul vassoio, sperai che fossero le nostre. Almeno con il bicchiere tra le mani avrei avuto qualcosa da fare. Ci superò e lasciò le birre a qualche tavolo dietro di noi.
«Allora, come va con i tuoi affari?» Il suo viso era di nuovo sereno e nonostante fossi felice che l’atmosfera si fosse alleggerita di nuovo lo maledissi mentalmente per aver tirato fuori proprio quell’argomento.
«Vanno!» Puoi fare di meglio. «Ci sto lavorando. E la tua interrogazione?» gli chiesi per distrarlo.
«Dunque vediamo..direi male. Oggi durante l’intervallo stavo provando a studiare ma poi qualcosa mi ha distratto» Mi lanciò uno sguardo ammiccante e io sentii le mie guance diventare bollenti. Odio quando succede. «Ah si? Tipo cosa?» Ah si tipo cosa?! Perché non sono più brava a flirtare?! Non so, avrei potuto spostarmi i capelli dietro le spalle, guardarlo in modo sexy e dire qualche brillante frase e invece…invece “si? Tipo cosa?”.
Mi guardò inarcando le sopracciglia come a dire “indovina”
In quel momento arrivarono le nostre birre. I bicchieri posati sopra i sottobicchieri fecero un rumore sordo sul tavolo.
«Mi dispiace di averti distratto dallo studio» Cercai di riprendermi con una frase più originale.
«A me no. Sei stata una distrazione piacevole. Sai, quando la professoressa  mi ha chiesto del capitolo sette tutto ciò che mi veniva in mente era il tuo viso.»
Sentii un calore cospargersi per tutte le guance ed il collo. Odiavo quando succedeva! Nonostante l’agitazione per quella sincera affermazione, mi costrinsi ad alzare lo sguardo dalle bollicine della birra che risalivano il bicchiere per incrociarlo con il suo. Volevo guardarlo, dovevo guardarlo. I suoi occhi erano già nei miei e all’angolo della bocca sbucava un mezzo sorriso. Non c’era la minima traccia di imbarazzo su di lui, come invece mi sarei aspettata. Era calmo, l’espressione divertita. Come se confessare di aver pensato a me durante un’interrogazione fosse qualcosa di curioso. Come se lo trovasse buffo.
«Anche tu per me, sei stato una bella distrazione.» Dissi pensando al modo in cui mi allontanava i miei pensieri da Rìan.
«Già, distrazione dai tuoi affari segreti.» Si sporse verso di me, poggiando un braccio sulla spalliera della mia sedia, circondandomi le spalle. «Non mi dirai di che si tratta, vero?»
Questa volta non riuscii a mantenere il contatto visivo con quella poca distanza tra noi due e mi concentrai su un’incisione sul tavolino. Non ero abituata a questa vicinanza con il sesso maschile. Mi rendeva nervosa. Lui invece con i suoi sorrisi e le sue espressioni sembrava essere perfettamente a suo agio e perfettamente abituato al contatto col sesso opposto anzi probabilmente sapeva anche quanto faceva effetto su una donna il modo in cui si poneva.
Presi il bicchiere per bere qualche sorso di birra ambrata.
«No, no non lo farò.»
Si allontanò da me e abbandonò la schiena sulla sedia; anche lui portò il bicchiere alle labbra e diede qualche sorsata..
 
Conversammo per parecchio tempo. Di musica, di artisti, di tutto. E la conversazione mi risucchiò completamente, come se ci fossimo ritrovati in un vortice. Le altre persone non esistevano più, c’eravamo solo lui ed io e la musica in quella semioscurità. La sua lingua dava voce ai miei pensieri, come se mi leggesse nella mente. Avevamo così tanto in comune. Si era creato un legame particolare che ci aveva estraniati da tutto il resto.
Mentre parlavamo le nostre ginocchia si sfioravano sotto il tavolo oppure le sue dita, quando mi rivolgeva una domanda, delicatamente si posavano sulle mie.
Quei piccoli contatti all’apparenza casuali mi facevano deconcentrare per qualche secondo mentre lui non sembrava neanche accorgersene. Questo confermava il fatto che lui era decisamente abituato a quel tipo di contatto.
Io non intendo quel tipo di contatto tra amici, o quello con il vicino sull’autobus, non quel tipo di contatto innocente. Quello lo conosco fin troppo bene, ma quello complice tra due persone che si attraggono.
Un cameriere si avvicinò a noi per portare via i bicchieri vuoti rompendo quel vortice che si era creato e ritornammo alla realtà, di nuovo perfettamente consapevoli delle persone attorno a noi e del vociare che nel frattempo era aumentato
Sam scostò il polsino della camicia a quadri e guardò l’orologio poi con noncuranza poggiò una mano poco più su del mio ginocchio e si sporse verso di me come per confidarmi un segreto. Rabbrividii a quel contatto.
«Voglio mostrarti una cosa. Andiamo?»
Quando arrivò il conto mi offrii di pagare per lui, per sdebitarmi per il telefono ma lui rifiutò e pagò per entrambi.
 
Fuori il sole stava calando e il cielo aveva preso una sfumatura leggermente arancione. Mi lasciai guidare da lui lungo una strada in salita.
Avevamo fatto solo qualche passo quando davanti a noi individuai una figura sin troppo familiare. Proprio lì a pochi metri da noi, proprio mentre Sam mi aveva stretto una mano intorno al fianco per scostarmi da una pozzanghera comparve Rìan, bellissimo come sempre.
E non importava quanto la conversazione con Sam mi avesse coinvolta, non importava quanto vedessi bello anche Sam, al mio stomaco non importava, lui saltò e attraversò tutto il mio corpo da cima a fondo.
«Megan»
«Rìan»
Parlammo all’unisono mentre Sam rimase immobile, con il braccio intorno alla mia vita.
«Megan» ripeté Rìan con più dolcezza, avvicinandosi un poco a me «Io vorrei parlarti.» Lanciò uno sguardo al braccio intorno alla mia vita. Curioso? O La sua espressione era più risentita?
«Non ora,» mi resi conto di aver assunto un tono troppo duro. In fin dei conti era pur sempre un amico di mio fratello, sarebbe stato più corretto essere gentile nei suoi confronti e poi non volevo che Sam sospettasse qualcosa. Cercai di alleggerire il tono e renderlo più indifferente. «non puoi aspettare un altro momento?»
«No, visto che non rispondi ai miei messaggi.» abbassò la voce come se volesse farsi sentire solo da me.
«Lo avrei fatto più tardi, ho avuto..da fare.»  Non sapevo bene come concludere la frase visto che ormai era passato parecchio tempo e se avessi voluto davvero rispondere a quel messaggio il tempo lo avrei trovato sicuramente.
Sam, a disagio, aveva allontanato il suo braccio da me.
«Parliamo un secondo.» Disse Rìan quasi con tono implorante.
Guardai indecisa prima l’uno e poi l’altro. Aprii bocca per rifiutare ma Sam intervenne prima di me.
«Andrò a dare un occhiata a quella panchina, sembra interessante.Ehm…Comoda.» Indicò la panchina dall’altro lato del marciapiede e si allontanò lasciandoci da soli.
  
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