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Autore: Machaira    04/04/2017    2 recensioni
Dal secondo capitolo.
Rick si allungò, prese il fascicolo e cominciò a leggerlo. A Daryl bastò un'occhiata per riconoscere la foto di quel ragazzo con i capelli corti biondo cenere, le spalle larghe e la canottiera bianca.
“Che cazzo ci fai con quello?” chiese irruento.
“È il tuo fascicolo.” rispose imperturbabile l'uomo dall'altra parte della scrivania, senza alzare gli occhi.
[…] “Che cosa volete?” chiese secco.
“Lavora per noi.” rispose risoluto Rick.
(sempre) dal secondo capitolo.
Eugene si alzò in piedi, si portò le mani rigide lungo i fianchi e lo guardò. “A settembre comincia il periodo di praticantato degli stagisti e ne è stato assegnato uno anche al nostro distretto. Stavo aspettando che qualcuno, uno qualunque di voi, facesse un passo falso per scegliere a chi scaricare quella zavorra. Hai vinto.”
Rick rimase allibito e per un momento non riuscì a dire nulla. […] Con le spalle al muro si arrese all'idea che la sua sorte fosse già decisa. “Si sa chi è?”
“La figlia minore del Generale Greene, Beth.”
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Michonne, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5
 
Il tempo era volato e dopo la cantonata presa con il capannone di bambole, non avevano trovato nessun'altra pista. Erano passate tre settimane e non sapevano dove sbattere la testa. Mancavano poche ore all'arrivo del carico e non avevano la minima idea di come o dove si sarebbe svolto il tutto. Poteva essere via ferrovia, via mare, via aerea. Poteva arrivare anche addosso a qualcuno, per quello che sapevano. Man mano che passavano i giorni, l'ansia e la frustrazione impregnavano le pareti dell'ufficio e chi vi lavorava.
 
“Ehi, Glenn. Che ci fai qui?” domandò Rick quando lo vide uscire dall'ufficio di Abraham.
 
“Consegno pizze.” rispose con tono ovvio.
 
“A quest'ora? Sono le sei del pomeriggio.” chiese stranamente nervoso.
 
“Non è mai troppo presto o troppo tardi per una buona pizza.” ammiccò l'altro per tutta risposta.
 
“Sì, sì. Non viziarli troppo. O dovrò consentirti l'accesso alla centrale solo in determinate fasce orarie.” disse nemmeno scherzando troppo, congedandosi dal fattorino.
 
Tornò verso l'ufficio e quando aprì la porta rimase bloccato sull'uscio, con una mano sulla maniglia e le spalle irrigidite. Beth era alla sua destra, su uno dei lati corti della scrivania, con un cappuccino caldo in una mano e una matita nell'altra. Aveva letto talmente tante volte quelle carte che probabilmente non stava capendo più una parola, nonostante si ostinasse a continuare. Dalla parte opposta c'era il computer in stand by, mentre tra questo e la ragazza c'era Daryl mezzo sdraiato sulla sedia con i piedi appoggiati al piano del tavolo, a non più di una decina di centimetri dal viso della ragazza. L'unico posto rimasto libero era la sua poltrona. Tutto il resto della superficie era tappezzato di fogli che volavano ovunque e, come ciliegina sulla torta, dietro la sedia di Daryl erano impilati cinque cartoni della pizza.
 
Fece un passo avanti e richiuse la porta sbattendola con forza; Beth alzò la testa di scatto guardandolo con gli occhi spalancati, mentre Daryl si limitò a scrutarlo con sguardo interrogativo.
 
“State scherzando?!” urlò scandendo ogni parola. Entrambi continuarono a fissarlo con un lampo di genuina sorpresa. Non li fece nemmeno rispondere; quando fu sicuro di aver ottenuto la loro attenzione riprese subito la manfrina.
 
“Io non posso crederci. Sto impazzendo! Siamo dietro a questo tipo da più di due anni! Dopo mesi abbiamo una traccia e non riusciamo a venirne fuori! E voi state qui come due migliori amiche al bar! L'operazione è tra poche ore e non abbiamo la minima idea di dove avverrà la consegna del carico! Non abbiamo niente! Cristo, non potrebbe andare peggio nemmeno se mi risvegliassi nel bel mezzo di un'apocalisse zombie!” urlò indemoniato.
 
“E vi sembra il modo di tenere l'ufficio?! I piedi sulla scrivania, pieno di fogli, cartoni della pizza, bicchieri di caffè, palline di carta ovunque! State facendo salotto?! Vado a prendervi anche i pasticcini?!” nel frattempo aveva visto con la coda dell'occhio Beth dare un colpetto sulla scarpa a Daryl per invitarlo silenziosamente ad abbassare le gambe. Cosa che alla fine aveva fatto, non senza averle prima rifilato un'occhiata che diceva a chiare lettere “Devo proprio?”
 
“Sembra di stare nella giungla!” urlò fuori di sé.
 
Ci fu un momento di silenzio in cui nessuno si mosse: Rick aveva il fiato corto, quasi come se avesse appena corso la maratona. Beth era rimasta con gli occhi fissi su di lui, non lo aveva mai visto così arrabbiato in tutti gli anni che lo conosceva. Dal canto suo Daryl non aveva fatto una piega, ma quello che aveva detto l'uomo gli aveva fatto venire in mente una cosa.
 
“I boliviani...” mormorò con una strana espressione.
 
“Come?” chiese Rick arrabbiato “Hai sentito almeno una parola di quello che ho appena detto?”
 
“La Bolivia è uno dei paesi in espansione per quanto riguarda il traffico di cocaina.” disse con il tono di chi si aspetta sia tutto ovvio.
 
“Ma è la Colombia il maggior produttore.” ribatté Rick.
 
“Vero, paesi come la Colombia o il Messico sono già nel giro, ma la Bolivia è entrata da poco nel mercato. E se il nostro amico è furbo come sembra, starà trattando con i boliviani: se un boss stringe accordi esclusivi con un mercato in crescita, per quanto piccolo...”
 
“Lo conquista.” concluse Rick, con la speranza negli occhi. Era passato dalla rabbia più cieca alla calma completa nel giro di trenta secondi.
 
“Ma come facciamo a capire come la trasporteranno?” chiese.
 
“Potrebbe essere in qualsiasi modo, ultimamente la droga viene nascosta nei posti più impensabili: nelle bare, nelle scatolette di cibo per cani, nella frutta: nessuno potrebbe sospettare che si trovi lì.” rispose Daryl in tono esperto. “Di certo non possono imbottire il culo di tre coglioni per un carico enorme. Sicuramente si muoveranno via aereo o via mare. Nasconderanno tutto nella stiva di un mezzo piuttosto grande.”
 
“Quindi se devono coprire un'operazione così grossa sarà una ditta di import export o qualcosa del genere.” proseguì Rick.
 
“Sì, ma chi è l'idiota che rischierebbe così tanto? Se fosse una ditta piccola non sarebbero stati contattati, se invece fosse un'azienda importante non avrebbe senso rischiare tutto quello che hanno guadagnato.” contestò Beth. Odiava fare l'avvocato del diavolo, ma non potevano escludere nulla. Dovevano essere obiettivi.
 
“A maggior ragione, possiamo restringere il campo: o Chacòn paga bene, o l'impresa è boliviana.” disse Daryl convinto.
 
“Quindi dobbiamo solo trovare una compagnia che commercia con la Bolivia qualsiasi cosa possibile e immaginabile entro... cinque ore.” rispose frustrato Rick. “Perfetto. Un gioco da ragazzi. Insomma mi sembra una passeg-”
 
“Aspettate.” lo frenò Daryl. “Possiamo escludere le aziende americane: se non avete notato nessun movimento finanziario sospetto, l'impresa deve essere boliviana! Per quanto non mi fidi ciecamente della burocrazia, se al governo interessa una cosa è proprio l'evasione fiscale. Sono due anni che il boss commercia: se avesse pagato un'azienda lo avrebbero già beccato, almeno su quello potremmo stare tranquilli. L'unica azienda boliviana abbastanza importante che c'è in zona è la Miller Inc., commercia frutta esotica. Ha delle filiali in tutto lo stato: Atlanta, Savannah...”
 
“Oh no, proprio loro? Adoro i germogli di soia...” mormorò Beth quasi dispiaciuta. “Però mi sorge un dubbio: perché mai un'impresa boliviana dovrebbe chiamarsi "Miller Inc."? Non è per essere pignola, ma non mi sembra il cognome boliviano dell'anno.”
 
“Aspetta un attimo.” Daryl girò attorno alla scrivania e si sedette sulla poltrona di Rick, iniziando a scrivere al computer. Gli altri due intanto, lo avevano affiancato e osservano lo schermo. “Eccola. Miller Inc. Fondata cinque anni fa da... Jane e Alex Miller, fratelli.”
 
“Ma qui c'è scritto che sono americani.” contestò Beth. “E perché stai andando su Facebook?” chiese stranita.
 
“Perché... la signora Jane Miller è sposata con un certo Martìn Muñoz, nato a La Paz nel 1970.” disse trionfante qualche secondo dopo. “È boliviano. E scommetto che ha intestato la fabbrica alla moglie per non destare sospetti.”
 
Rick rimase in silenzio per qualche secondo, pensando a quante falle avesse quel piano. “Sei sicuro Daryl?”
 
“Sì! Sono boliviani, commerciano frutta esotica, il tizio ha intestato tutto alla moglie e al cognato per pararsi il culo e uno dei loro più grandi magazzini è a Savannah dove, guarda caso, si trova il porto più grande dello stato. Sono loro.” disse deciso.
 
“Cerca di capire: io non posso smuovere tutta la centrale per delle deduzioni dell'ultimo minuto, ho bisogno di sicurezze.” ribatté guardandolo intensamente.
 
“Non posso darti niente più di questo. Ma fidati del mio istinto Grimes. Mi hai assunto per quello.”
 
Rimasero occhi negli occhi per qualche secondo. L'aria divenne improvvisamente carica di elettricità e Beth si sentì quasi di troppo nella stanza. Sembravano due leoni che si fronteggiavano; c'era decisione nei loro occhi e sicurezza. Per qualche attimo che le parve infinito nessuno disse nulla, anche il resto del mondo sembrava essersi fermato. Tutto era teso e silenzioso, come in attesa di qualcosa. Alla fine, fu Rick a cedere.
 
“D'accordo. Io vado a organizzare le squadre di supporto, voi fate la richiesta e Beth...” si voltò verso di lei “lascio Eugene a te.” disse risoluto, scattando fuori dall'ufficio.
 
Entrambi si guardarono e poi Beth aprì subito il file in cui c'era il modello del permesso e cominciò a compilarlo velocemente. Cercò giusto un paio di codici, scarabocchiati come promemoria su un post-it attaccato al cassetto. Quando aveva finito erano ormai le sette. Stampò i tre fogli e si diresse verso l'ufficio del capitano sperando che non fosse già tornato a casa. Per fortuna lo trovò ancora incollato alla sedia, senza nessuna intenzione apparente di allontanarsi dal suo schermo e dai suoi giochi.
 
“Salve Capitano! Avrei bisogno di una sua firma per autorizzare l'operazione di stanotte. Quella del carico di cocaina.” spiegò velocemente, lasciando il foglio sulla scrivania, con affianco una penna già aperta. Lui non disse nulla, prese la penna e firmò dove lei aveva segnato con una crocetta, per poi far scorrere il modulo verso di lei. “Buona serata signorina Greene.”
 
Lei si congedò e si richiuse la porta alle spalle. Quando si girò vide Jesus di fronte a lei, che evidentemente aveva sentito la conversazione. Il ragazzo allargò le braccia come per dirle “Non ho idea di come tu faccia” e scosse la testa sorridendo.
 
Tornò in ufficio e anche se era passato un quarto d'ora trovò Daryl esattamente come l'aveva lasciato: seduto su una sedia, con il capo riverso che guardava il soffitto. Senza dire nulla, riprese posto alla scrivania e, una volta trovato ciò che le serviva, sollevò la cornetta e compose il numero. Attese qualche istante e dopo un paio di squilli, le rispose una donna dalla voce chiara e formale.
 
“Buonasera, ufficio del Giudice Turpin, desidera?”
 
“Chiamo dal distretto 23 di Atlanta, avrei bisogno di parlare col Giudice.” disse cordiale ma decisa.
 
“Mi spiace ma non credo sia possibile, è tornato a casa mezz'ora fa.” rispose quella.
 
“Potrebbe dirmi dove abita?” chiese speranzosa.
 
“Signorina, se dessi il suo indirizzo a tutti quelli che me lo chiedono mi avrebbe già licenziata. Non posso proprio, buona serata.” concluse, sbattendole il telefono in faccia.
 
“Be, grazie tante.” disse Beth sarcastica anche se la segretaria non poteva più sentirla. Sbuffò, appoggiando i gomiti sulla scrivania e portandosi le mani alla fronte.
 
“Che succede?” le domandò Daryl ancora immobile, ad un certo punto.
 
“Il giudice non è in ufficio. Giustamente.” aggiunse con gli occhi chiusi.
 
“Quindi?” chiese incolore.
 
“Quindi non possiamo fargli firmare il permesso. Ho chiesto alla segretaria dove abita, ma praticamente mi ha riso dietro.” mormorò frustrata.
 
“Andiamo.” disse lui alzandosi.
 
“Dove dovremmo andare, scusa?” gli chiese alzando gli occhi su di lui. Pensò che la stesse prendendo in giro.
 
“Dal giudice. Ti serve una firma, no?” rispose in tono ovvio.
 
“Ma io non so dove abita.” ribatté.
 
“Io sì.”
 
§§§
 
Durante questi anni, si era immaginata spesso come sarebbero potute andare le cose fra lei e Daryl se ne avessero avuto l'occasione. Si era inventata tante di quelle situazioni che ormai non erano più film mentali, erano dei veri e propri lungometraggi con titoli di testa, colonna sonora, titoli di coda e applauso alla fine.
 
Gli sembrava quasi di aver vissuto un'altra vita parallela alla sua. Una vita in cui c'erano solo loro.
 
Si era immaginata come sarebbe stato uscire con lui, come si sarebbero avvicinati; i primi sguardi, le mani che si sfiorano, un braccio attorno le spalle, due braccia attorno al collo. Aveva pensato a quanto sarebbe stato bello portarlo nella casa in campagna e fargli conoscere Nervosa Nelly. In qualche modo aveva la sensazione che i due sarebbero andati d'accordo. Gli sembravano molto simili sotto certi aspetti.
 
Ma uno dei suoi “sogni” più ricorrenti era immaginare loro due in moto. Un pomeriggio era in giro con la sua amica Jeananne e mentre erano sedute ad uno dei tavolini della gelateria l'avevano visto passare su una motocicletta fantastica. La sua amica non era sicura che fosse lui, ma lei non aveva dubbi. Ebbe la conferma poco tempo dopo quando un pomeriggio lo vide mentre usciva da scuola. Da quel momento aveva pensato mille volte a loro due che, in sella alla due ruote, volavano ovunque.
 
Mai nella vita però avrebbe immaginato che quel sogno potesse diventare realtà! E invece eccoli che sfrecciavano veloci tra le auto per la via principale della città. Lui le aveva lasciato il suo casco, dicendo di non volerla sulla coscienza, e adesso i suoi capelli lunghi le solleticavano il naso. Il seno aderiva alla schiena di Daryl e sentirlo appiccicato a lei in praticamente ogni punto - le gambe, i fianchi, il corpo - le aveva dato la stessa sensazione che si prova quando manca l'aria. Aveva le braccia strette attorno al suo petto ampio e poteva sentire il cuore battere regolare, a differenza del suo che sembrava un uccellino in gabbia che sbatteva le ali. Sperava che in qualche modo lui fosse concentrato sulla guida e non su di lei, o si sarebbe sotterrata viva se si fosse accorto di quanto galoppava.
 
Non erano mai stati così vicini e le sudavano le mani al solo pensiero. Aveva cercato di dissimulare il più possibile e alla fine si era comportata con abbastanza naturalezza. Dopo qualche minuto che erano partiti si era fatta i complimenti per essere riuscita a gestire la cosa senza ripercussioni fisiche evidenti. Tranne il leggero rossore che le colorava le guance, non c'era nessun segno che mostrasse il conflitto interiore che stava vivendo.
 
Arrivarono di fronte una villa lussuosa dopo quello che le era sembrato troppo poco tempo.
 
Con le gambe molli, scese dalla motocicletta e si tolse il casco, mentre aspettava che lui mettesse il cavalletto e la seguisse. Salirono gli ampi gradini all'ingresso e sospirando, suonò il campanello.
 
Pochi istanti dopo la porta si aprì rivelando una bella donna con i capelli castano chiari e un sorriso gentile. Era elegante seppur si trovasse in casa, ma molto semplice e sobria. Beth ebbe la sensazione di trovarsi davanti a una di quelle donne che, indipendentemente, posseggono grazia e classe.
 
“Buonasera, voi siete?” domandò
 
“Buonasera signora Turpin. Non disturberemmo mai suo marito, ma si tratta di una questione di vitale importanza, possiamo vederlo?” rispose Beth cercando di non risultare troppo impaziente.
 
“Ve lo chiamo subito.” richiuse la porta dietro di sé e si allontanò a piccoli passi. Attesero qualche minuto, che Daryl aveva riempito borbottando a mezza voce, e poi la porta si riaprì.
 
Sull'uscio comparve un uomo alto, piuttosto magro, con il viso asciutto, la barba ben rasata e i capelli corti screziati di bianco sulle tempie. “Mia moglie mi ha detto che mi cercavate. Chi siete?” domandò cortese ma piuttosto distaccato.
 
“Siamo della polizia di Atlanta, distretto 23. Non l'avremmo mai importunata fuori dal lavoro, ma meno di un'ora fa abbiamo scoperto dove sarà consegnata una grossa partita di cocaina e ci serve la sua firma per poter intervenire.” partì in quarta Beth.
 
L'uomo la osservò per un momento e poi disse: “Vede signorina, prima di firmare dovrei leggere il verbale e assicurarmi che sia lecito autorizzare l'operazione. Il che non avverrebbe prima di domattina, glielo assicuro. Mi spiace ma avete fatto strada per niente.”
 
Beth sentì dietro di sé Daryl prendere fiato come se volesse urlare addosso all'uomo di fronte a lui, e sapeva che lo avrebbe fatto, così si costrinse a parlare in modo da interromperlo ancora prima che incominciasse.
 
“Signor Giudice, a noi serve assolutamente l'autorizzazione, è un mese che io e i miei colleghi cerchiamo una soluzione a questo caso e finalmente ci siamo arrivati, quindi non ci faremmo fermare da una misera firma.” ribatté decisa.
 
“Mi ascolti signorina, ma chi si crede di essere?” rispose quello con un lampo di nervosismo negli occhi.
 
“Sono la figlia del generale Hershel Greene, se proprio vuole saperlo.”
 
“Ah! La figlia del generale! Questa è buona! Giuro, la più fantasiosa di tutte!” la prese in giro l'uomo, grondando sarcasmo da ogni sillaba.
 
Beth lo guardò socchiudendo gli occhi fino a farli diventare due tagli affilati. Non funzionava molto quello sguardo solitamente, ma doveva provare almeno a fingere. Tirò fuori il cellulare, compose il numero e quando le risposero, sorrise.
 
“Ciao papà! Tutto bene lì? Sì, qui tutto a posto grazie. Sai, ero in ufficio poco fa e non hai idea di chi abbia appena incontrato! Il Giudice Turpin!” fece una breve pausa “Certo, è proprio qui di fronte a me.” e con un sorrisino angelico passò il telefono al giudice.
 
L'uomo spalancò gli occhi e dopo un momento di sorpresa si schiarì la gola. “T-tutto a posto grazie. La sua signora sta bene? ... Sì, me la saluti. ... Lo farò senz'altro, buona serata.” ripassò il telefono a Beth.
 
“Ciao papà, salutami la mamma. A presto.” e chiuse la conversazione. Dopo aver riposto il telefono nella tasca del giubbotto, allungò il foglio verso il giudice e disse “Tutto suo.”
 
Lui la guardò male per qualche secondo ma poi prese il foglio e appoggiandosi al mobiletto all'ingresso, firmò.
 
“Grazie mille signore, buona serata.” rispose lei gioviale quando lui le riconsegnò il plico di fogli.
 
Beth e Daryl tornarono verso la moto, e mentre lei si allacciava il casco lo sentì dire qualcosa.
 
“Non ho sentito, cos'hai detto?” chiese incuriosita.
 
“Ho detto che non ti ci facevo.” ripeté lui.
 
“Come?”
 
“Un po' stronzetta.” e con un ghigno divertito, ripartì.
 
§§§
 
“Forza, tutti in macchina! Muoversi! È un viaggio di tre ore come minimo!” Rick lanciava ordini a destra e manca.
 
“Finalmente siete tornati!” disse non appena vide Beth e Daryl scendere dalla moto. Prese il foglio dalle mani della ragazza e una volta che vide tutte le firme al loro posto le prese le mani e gliele baciò. “Sei fantastica!” sorrise. “Ora a bordo, veloci!”
 
In tutto ciò, c'era un agente in particolare che si divertiva parecchio. Jesus, al secolo Paul Rovia, sarebbe rimasto ad Atlanta perché nel caso in cui i sospetti si fossero rivelati fondati, e il carico sarebbe stato consegnato dalla Miller Inc., sarebbe andato ad arrestare immediatamente Martìn Muñoz.
 
Quindi, mentre tutti gli altri agenti correvano su e giù come impazziti, lui se ne stava appoggiato a un muro con le braccia incrociate ad osservarli. Seguì i colleghi sul retro quando si misero in macchina e prima che partissero si mise di fronte all'auto in cui c'erano Rick, Daryl e Beth e urlò “Un sorriso per la stampa!”
 
Beth sorrise, più che altro per quanto divertente fosse il ragazzo, Rick lo guardò incredulo mentre Daryl si limitò a sollevare un sopracciglio. Poi, lui e la sua macchina fotografica si levarono di mezzo appena in tempo per non essere investiti.
 
§§§
 
Erano in viaggio da più di due ore e mezza ormai. Doveva essere questione di tempo prima di arrivare, e infatti dopo una decina di minuti l'auto rallentò e Rick accostò sul ciglio della strada. In lontananza Beth riusciva a vedere il porto, la luce della Luna che colpiva l'acqua e illuminava le onde, gli alberi maestri delle barche e le grandi ciminiere delle navi commerciali. Forse era la notte, ma le sembrava tutto straordinariamente magico.
 
In più era su di giri anche perché avrebbe preso parte alla sua prima missione! La sua prima vera missione sul campo!
 
Vide Daryl e Rick scambiarsi un'occhiata e poi quest'ultimo si girò verso di lei con espressione colpevole e le disse “Mi dispiace Beth.” scesero dall'auto nello stesso momento e sentì l'inequivocabile rumore delle chiusure di sicurezza.
 
“Ehi! Rick! Non potete lasciarmi qui! Daryl! Aprite subito questa macchina! Apritela! Non ci posso credere! Non provate a lasciarmi qui!” urlò mentre cercava un qualche modo per forzare le portiere. “Cosa pensate che sia? Una stupida? Be, vi do una notizia: è anche grazie a me se siete a questo punto! Brutti stronzi!” nell'impeto di cercare una via di fuga aveva scavalcato i sedili e si era messa al posto del passeggero, nel vano tentativo di liberarsi. “Vaffanculo!”
 
Si era lasciata cadere sul sedile e, con le braccia incrociate, era rimasta immobile.
 
Fuori dalla vettura, intanto, i due uomini avevano sentito tutto perfettamente. Erano rimasti a guardarsi per qualche istante e poi Rick aveva parlato: “Non posso portarla... Non posso metterla in pericolo. Sarà un casino laggiù, se devo preoccuparmi anche di tenerla al sicuro sarà anche peggio.”
 
“Lo so. Lasciamola qui, non è una neonata. È grande e vaccinata, può resistere qualche ora in macchina.” rispose Daryl iniziando a camminare verso il porto.
 
“Ehi, dove vai?” chiese Rick mettendogli una mano sulla spalla.
 
“Mi sembrava che ci fosse una missione.” disse Daryl.
 
“Sì, ma neanche tu puoi venire.” Quando vide l'altro assottigliare lo sguardo, si spiegò subito. “Non è che io non mi fidi, ma mentre i miei uomini stanno facendo il loro lavoro, voi siete un consulente e una stagista sotto la mia diretta responsabilità! E per quanto bravi e competenti, rimanete comunque tali. Prima nella fretta di partire non ci ho pensato, ma ora è tempo di fermarsi, non posso farvi proseguire più di così. Non posso mettervi in pericolo.”
 
Daryl lo guardò ma poi, con un sospiro, scosse la testa. Rick gli lanciò le chiavi e senza voltarsi raggiunse una macchina parcheggiata a pochi metri da loro.
 
Bene. Adesso doveva farsi anche tre ore di autostrada per tornare ad Atlanta, di fianco a quella ragazza che, come minimo, lo avrebbe ammazzato. Si avvicinò cautamente all'automobile e aprì piano lo sportello, quasi temendo che lei potesse saltargli addosso e fuggire. E invece  era rimasta in silenzio, immobile e tesa con le braccia conserte, mentre guardava fuori dal finestrino.
 
Per la prima mezz'ora era stato contento di quel silenzio: poche parole, pochi problemi. Ma quando, dopo due ore di viaggio non aveva detto nemmeno una parola, aveva iniziato a fargli seriamente paura. C'era un motivo se a volte la chiamava chiacchierona. E invece sembrava talmente furiosa da non riuscire a dire niente. La verità era che avrebbe preferito che gli facesse una bella sfuriata piuttosto che starsene zitta. Era quasi inquietante: se davvero era così arrabbiata da non voler parlare allora era molto più nei guai di quanto non avesse temuto.
 
Stavano per rientrare ad Atlanta quando si ricordò di una cosa.
 
Jesus.
 
Beth sapeva che il ragazzo era rimasto in città per arrestare Muñoz, e se avesse portato quella pazza a casa, come minimo si sarebbe gettata nelle mani del truffatore per catturarlo o chissà che altra stronzata avrebbe fatto. In ogni caso una cosa gli era chiara: almeno per quella notte non avrebbe potuto lasciarla sola. Così, arrivato al bivio che divideva il centro dalla periferia, prese la strada a destra diretto verso casa sua.




Angolo autrice:
Eccoci arrivate alla fine del quinto capitolo! Non ho messo l'asterisco della citazione in quanto non lo è, ma il Giudice Turpin è un chiaro omaggio al personaggio di Alan Rickman in Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street. Amavo quell'uomo.
Che dire, finalmente si entra in azione! Spero che le parti in cui sono descritte tutte le cose più "tecniche" e meno romantiche siano comunque verosimili e soprattutto non annoino. Insomma, per quanto sia una fan di Sherlock non sono una detective :P Come sempre ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito :) Fatemi sapere che ne pensate, a settimana prossima!
·Machaira·
   
 
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