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Autore: KiarettaScrittrice92    04/04/2017    7 recensioni
Dopo la conclusione della prima stagione, mi sono finalmente decisa a scrivere e pubblicare la mia prima long su questo fandom...
Avviso che ovviamente se mai la serie continuerà la mia storia non avrà più nulla a che fare con gli avvenimenti che accadranno dopo la comparsa di Volpina.
Questa storia perciò la potete considerare come un seguito alternativo che mi sono immaginata io, oppure semplicemente come una fic in più da leggere che spero vi emozionerà.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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Lo scontro

«Mi spiace Alya, davvero non posso venire... Sì lo so, ma... Va bene, stai attenta ok? Ciao.»
La ragazza chiuse la chiamata con un sospiro, infilando poi il cellulare nella giacca, appesa lì vicino.
«Non sei riuscita a convincerla vero?» chiese Chat Noir, avvicinandosi a lei.
«Ma che... È come parlare a un mulo... "Ma Marinette è lo scontro finale! Non puoi perdertelo... È la nostra unica occasione per vedere gli eroi di Parigi al completo che combattono!" – disse cercando d'imitare la voce della sua amica – Quanto vorrei non aver proposto questa cosa ieri mattina...» concluse l'eroina coccinella, sospirando nuovamente.
Le mise una mano sulla spalla e con un dolce sorriso, riportò la sua attenzione a lui.
«Andrà tutto bene my lady, te lo prometto.»
«Senti che baccano? Ma credono di essere a una partita di calcio per caso?» disse la giovane in tuta arancione, sbuffando.
«È inutile arrabbiarsi ora, dovevamo aspettarcelo che, dopo un annuncio pubblico come quello di ieri lo stadio si sarebbe riempito di gente.» commentò JBee, che era seduta comodamente su una panchina dello spogliatoio, che era stato fornito loro dai proprietari dello stadio.
«Beh guardiamo il lato positivo... È uno stadio pieno di gente che tifa per noi!» disse divertito Tian, nel suo costume verde, con quella sua solita battuta pronta.
«Vorrei sapere come fai ad essere sempre così calmo e contento tu?!» lo riproverò, ancora più innervosita la ragazza volpe.
«È l'indole della tartaruga cara Volpina: calma, sicurezza e pace interiore.» le rispose lui facendole l'occhiolino.
«Smettila di prendermi in giro!» sbraitò l'italiana, ma subito dopo il giovane eroe pavone le poggio una mano sulla spalla.
«Lila, non ha senso litigare fra noi. Forse ha ragione Tian, dovremmo cercare di calmarci tutti.» disse con quel suo solito tono pacato e un po' intimidito.
«Non mi dire che nemmeno tu sei nervoso perché non ci credo.» gli rispose a tono lei, che non riusciva proprio a trattenersi dal dire tutto ciò che le passava per la testa.
«Certo che sono nervoso, ma ho fiducia in Penn e in tutti voi. Siamo in sei contro due, non possiamo perdere.» rispose nuovamente il ragazzo dai capelli color del pomodoro sorridendo dolcemente alla compagna.
«Ben detto pel di carota! – intervenne l'eroe gatto, raggiungendo con due passi il centro dello spogliatoio – Siamo i migliori e nessuno potrà batterci finché siamo uniti!» concluse allungando la mano munita di artigli e mostrando il dorso.
La prima mano ad aggiungersi alla sua fu quella guantata di rosso della sua compagna, che gli rivolse uno sguardo gentile, poi pian piano si aggiunsero anche le altre tre e alla fine, incoraggiata dagli sguardi di tutti, con uno sbuffo anche Volpina si alzò dal suo posto, per poi poggiare la sua mano su quelle di tutti gli altri.
«Siamo gli eroi di Parigi! Fu, i nostri kwami, la stessa essenza della natura, hanno scelto noi per proteggere la città delle luci da Papillon. Abbiamo il compito di salvare Angelie e Gabriel, di liberare Nooroo e di proteggere tutti gli abitanti della capitale della Francia. Ho fiducia in ognuno di voi, ragazzi!» disse la giovane di fianco a lui, incrociando i suoi occhi cobalto con quelli di tutti i suoi compagni, che ricambiavano con altrettanti sguardi ammirati e decisi.
«Siamo con te, Ladybug!» intervenne Monique Agreste, che fino a quel momento era stata in un'angolo dello spogliatoio a guardare quei giovani eroi in preda alle loro emozioni, ed ora si era avvicinata a loro mettendo le mani una sulla spalla dell'eroina in rosso e l'altra su quella di suo figlio, nel suo costume da gatto nero.
Subito dopo entrò l'anziano cinese nello spogliatoio: era stanco e sudato, ma aveva un'aria alquanto soddisfatta.
«Fatto! – disse subito, facendo voltare l'intero gruppo verso di lui – Tutti gli spalti sono protetti da una barriera che impedirà a qualsiasi attacco, sia vostro che loro, di colpire la gente che è venuta a vedere. La farò cessare di funzionare, solo quando vi vedrò rientrare tutti dentro questo spogliatoio.»
«Grazie nonno!» disse TartaTitan con un sorriso.
«Mi sa che è ora di andare...» commentò, invece, Pavon.
L'eroe nero a quel punto si voltò verso la figura alle sue spalle abbracciandola.
«Quando tornerò saremo di nuovo una famiglia, te lo prometto mamma!» disse, stringendo il più possibile la donna che tanto gli somigliava.
«Ne sono sicura, Adrien...»
I sei eroi si raggrupparono all'ingresso del tunnel che li avrebbe portati al campo dello stadio.
«Bene, il piano rimane quello che abbiamo deciso ieri: chiunque userà il suo potere, passati quattro minuti dovrà tornare qui, ricaricare il suo kwami e tornare allo stadio. Papillon non potrà akumatizzare nessuno, il vostro obbiettivo quindi è neutralizzare Angelie senza farle del male, a lui ci pensiamo io e Chat. Dopo che sarò riuscita a separare Makohon dal signor Agreste, lo purificherò e avremo concluso la battaglia.» disse Ladybug con quel suo solito sguardo deciso.
Lui stava guardando ammirato: mai come in quel momento era convinto della sua scelta, mai come in quel momento era sicuro che quella ragazza coraggiosa e fiera, fosse la persona che avrebbe voluto accanto per sempre. Forse, come gli aveva detto Plagg spesso, era semplicemente destino, ma non gli importava: lui l'amava davvero.
Quando arrivò alla fine del suo discorso, tutti annuirono silenziosamente, nessuno aveva il coraggio di dimostrare più sicurezza di quella che aveva dimostrato lei, non tanto perché era comunque lei il capo della squadra, ma più perché le parole dell'ex portatrice del Miraculous del Pavone, dette il giorno prima, ancora premevano sui loro animi, in particolare sul suo. Sentiva ancora la voce di sua madre, mentre si rivolgeva a Marinette che si trovava di fianco a lui.
«Dovrai purificare l'anima dello sciamano, ma devi stare attenta, perché non è come purificare un'akuma, se consumi completamente l'energia di Tikki, non possiamo sapere cosa potrebbe succedere.»
Sentiva il cuore martellargli più forte del normale e stava pregando con tutto se stesso che fosse andato tutto per il meglio.

 

Il gruppo uscì e per qualche secondo la luce del sole alto ferì loro gli occhi, mentre urla di giubilio li circondavano.
Quando le ritornò la vista, qualche secondo dopo, la prima cosa che vide fu Alya sugli spalti, in prima fila, che esultava con il cellulare in mano.
«Forza Ladybug, sei tutti noi!» la sentì urlare entusiasta.
Lo stadio era davvero quasi pieno, tutta Parigi si era riversata lì, per assistere alla loro vittoria o alla loro sconfitta.
Scorrendo lo sguardo su quel mare di gente vide anche i suoi genitori e il cuore le sembrò fermarsi per un attimo. Perché erano lì? Perché anche loro? E se tutto fosse finito quel giorno e se si fosse detrasformata davanti a tutti, o non fosse riuscita a...
I suoi terribili film mentali furono bloccati dalla forte presa di Chat Noir, che le aveva afferrato la mano e gliela stava stringendo.
«Te l'ho detto my lady... Andrà tutto bene, ce la faremo.» la ragazza ebbe appena il tempo di rivolgere il suo sguardo a quello felino del supereroe di fianco a lei, che il boato di giubilo si trasformò in fischi e grida furiose.
Il gruppo si voltò, notando i loro unici due avversari fare il loro ingresso nel campo verde dello stadio. Angelie camminava con la sua solita eleganza, indossando semplicemente un paio di jeans e una maglietta lilla, mentre Papillon era in completo viola e quella maschera che gli copriva quasi completamente il volto.
L'eroe nero di fianco a lei fece un grosso respiro, come se stesse cercando di trovare quel coraggio, che nemmeno lui aveva e che gli serviva per affrontare suo padre. Dopodiché tirò fuori il suo bastone di metallo, tenendolo stretto tra le mani.
Ben presto tutti gli eroi afferrarono saldamente le loro armi in mano e anche lei, tolse il suo yo-yo dal fianco lasciandolo penzolare un po' a terra. Non era una partita di calcio, non ci sarebbe stato nessun fischio d'inizio, nessun gong a dare il via alla battaglia e questo lei lo sapeva bene. Iniziò a far roteare la sua arma per qualche secondo, dopodiché si scagliò decisa contro l'uomo, mentre sentiva distintamente gli altri seguirla in quell'attacco, sebbene fosse lei quella in prima linea.
Prima che potesse raggiungere il nemico, la giovane modella le si parò davanti e con un semplice movimento delle braccia si tramutò in un enorme orso bruno. La ragazza evitò una zampata per un pelo, dopodiché vide Chat Noir affiancarla e colpire la testa dell'animale con il suo bastone. A quel colpo l'orso tornò ad avere fattezze umane e la ragazza, un po' intontita ebbe appena il tempo di passarsi una mano sulla testa, che Volpina le fu addosso, cercando di intrappolarla con la sua frusta.
La ragazza fece un balzo indietro e poi, con un nuovo movimento delle braccia, si tramutò in un farfalla bianca. A quella trasformazione l'eroina arancione emise uno sbuffo divertito.
«Pessima scelta, dolcezza...!» ma non ebbe il tempo di dire altro, perché subito dopo Papillon, sbatté il suo bastone per terra e altre centinaia di farfalle bianche, identiche a quella in cui si era tramutata la modella, comparvero e si librarono in volo, facendo perdere le tracce di Angelie.
«Non distraetevi! – disse Ladybug, cercando di scacciare quegli insetti candidi che le si paravano davanti e mantenendo lo sguardo su Papillon, senza perderlo di vista – Se vuole attaccarci dovrà cambiare forma per forza!»
Si stava avvicinando sempre di più a Papillon. In quello sciame bianco aveva perso di vista i suoi compagni, ma non importava: il suo obbiettivo doveva essere solo il portatore del Miraculous della Farfalla, era di lui che si doveva occupare, prima avrebbe agito e prima sarebbe finita quella battaglia che ormai durava quasi da un anno.
Arrivata di fronte a lui questi ghignò, come se si aspettasse la sua unica presenza, fece un veloce gesto e all'improvviso diventò la giovane modella con in mano un'affilata katana. Ladybug indietreggiò evitando un fendente, poi un'altro. Stava indietreggiando sempre di più, schivando ogni colpo che la modella cercava di infliggerle. Non poteva continuare ad evitare i suoi colpi e basta, si rendeva conto che andando avanti in quel modo si sarebbe solamente stancata prima del dovuto. Doveva trovare Papillon: era quello il suo obbiettivo, ma lo sciame di farfalle non era diminuito e ancora le ostruiva la visuale su ciò che la circondava, inoltre la ragazza sembrava non volerle dare tregua.
All'improvviso una decina di farfalle si ammassarono davanti il suo volto, coprendole completamente la visuale, poco dopo da esse apparì la lama della katana, senza aver potuto prevedere la mossa, la giovane eroina stava per essere colpita in pieno volto, quando il bastone di metallo di Chat Noir bloccò la lama, subito dopo un proiettile giallo, compatto e appiccicoso, grande quanto una mela colpì l'akumatizzata, facendola voltare furiosa.
La ragazza coccinella vide JBee sorridere divertita e dopo averle fatto l'occhiolino, puntò nuovamente la sua arma alla nemica per colpirla con un nuovo proiettile di quello che sembrava miele denso.
«Vieni. – disse l'eroe nero prendendola per mano – JBee e Volpina se la possono cavare, noi dobbiamo trovare mio padre.» concluse, mentre lei vedeva la giovane eroina arancione raggiungere la compagna.

 

Era agitata, lo sentiva: riusciva a percepirlo dal suo modo di fare, dai suoi movimenti. Non era più la Ladybug forte e sicura che conosceva, o meglio lo era, ma solo perché riusciva a mascherare bene la sua paura, che lui però vedeva benissimo. Ovviamente poteva immaginare il motivo di quel nervosismo, nonostante potesse mostrare tutto il coraggio del mondo, ora stava combattendo seriamente, davanti alla città intera e, se non fosse andato tutto liscio, avrebbe perso molte più cose di quante ne avrebbe potute perdere quasi un'anno prima, quando aveva giurato a tutta Parigi e a Papillon che l'avrebbe sconfitto. Lui, si sentiva allo stesso identico modo, nonostante non avesse il ruolo da leader sulle spalle.
Strinse forte la mano della sua dolce metà, come a volerla rassicurare del fatto che avrebbe condiviso con lei anche quel peso e quelle paure.
All'improvviso tutte le farfalle sparirono, esattamente come erano apparse. Un brusio eccitato attraversò tutto lo stadio, probabilmente anche il pubblico fino a quel momento aveva avuto la visuale ostruita da tutti quegli insetti. Poco più in là i due videro i loro quattro compagni intenti nella loro battaglia contro Angelie, attualmente trasformata in un lupo. Nonostante fossero in quattro contro una, l'akumatizzata sembrava cavarsela egregiamente, riuscendo a tenere a bada tutti e quattro. Di suo padre, però, neanche l'ombra.
«Ladybug, attenta!» urlò Alya dagli spalti.
Chat Noir ebbe appena il tempo di voltarsi e strattonare la sua compagna evitando così che l'affondo del nemico la colpisse in pieno ferendola di un colpo mortale.
L'uomo si risollevò tranquillamente dal suo affondo, la mano sinistra ancora dietro la schiena e il suo bastone che adesso aveva una lama al posto del legno.
«La sua arma era uno stocco, non un bastone...» disse lei, facendogli notare poco più in là la custodia in legno che prima copriva la parte metallica dell'arma.
«Accidenti, questa non ci voleva.» imprecò il giovane afferrando saldamente il bastone.
«Perché? Non dirmi che pure tuo padre...»
«Sì my lady, anche mio padre praticava la scherma da giovane, e se ti può interessare è una delle due persone che non ho mai battuto in vita mia.» concluse parando al pelo una stoccata con la sua arma.
«Ok... Tu devi solo pensare a disarmarlo... Al resto ci penso io...» disse iniziando a guardarsi intorno.
Stava sicuramente cercando di farsi venire un'idea, aveva lo stesso sguardo guardingo che assumeva quando doveva capire come usare il suo Lucky Charm, il problema è che in quel momento della battaglia non poteva assolutamente usare il suo potere, perché in quel modo avrebbe tolto più efficacia alla purificazione dell'anima.
Nonostante tutto, tra un'affondo e l'altro, tra una parata e l'altra, l'eroe gatto pregò con tutto se stesso che alla compagna venisse in fretta un'idea: perché era sicuro che non sarebbe riuscito a durare molto in quel duello contro il padre.

  
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