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Autore: Dandelionx    04/04/2017    1 recensioni
Questa storia è molto simile all'illustre fiaba ma anche molto diversa. Qui non c’è una fata madrina, non una carrozza o delle scarpette di cristallo, topi che si trasmutano in destrieri dal manto lucente e ramarri che diventano cocchieri con un colpo di bacchetta. La magia non esiste.
C’è la vita reale con tutte le sue complicazioni. C’è Ella alle prese con la sua vita da adolescente un po’ confusa ed una nuova famiglia a cui abituarsi. Ella che deve andare avanti senza i suoi genitori, senza suo padre che in dono le ha lasciato solo una matrigna che sembra voler a tutti i costi guadagnarsi la sua fiducia. Non ci saranno le arcigne sorellastre ma Tristan Owens che fa praticamente per due.
Qui è l'arcano: Owens sembra nato per rovinarle la vita più di quanto già non lo sia. Lui è il Golden Boy, lei una semplice studentessa di secondo ordine. C’è qualcosa di diverso in verità: Ella è innamorata da sempre di Rhys Lawrence, ragazzo più popolare dell’Eastwood e fidanzato storico della reginetta della scuola e per lui Ella è solo la presidentessa del comitato studentesco.
Ma non è detto, che a volte, il peggiore dei nemici non possa rivelarsi utile.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Stepbrothers – Another different Cinderella Story

Note preparatorie alla lettura: ecco, sì, alla fine ho deciso di riprendere questa storia impolverata nello scaffale dei numerosi progetti e, complice la curiosità e lo spirito innovativo, mi sono ritrovata a cliccare su quella voce (‘Aggiungi nuova storia’); curiosità, be’, perché non pubblico long dal lontano 2012 e l’ultima volta non è che sia andata proprio divinamente, anzi! Tant’è, che ho finito per cancellarla. Ma adesso siamo nel 2017, sono passati sei anni, ed io ho acquisito uno stile totalmente nuovo – sebbene non perfetto; quella condizione, ahimè, non so se potrò mai raggiungerla perché ora come ora sono costantemente nella fase del ‘revisiona, revisiona, revisiona’ e al massimo ‘riscrivi, riscrivi, riscrivi’. Sono una dura critica persino nei confronti di me stessa. Eppure, sono del parere che se le storie non siano soggette ad alcun tipo di lavorio e dedizione, tanto vale appendere la penna al chiodo. Non sono convinta neppure delle One-Shot già esistenti nella mia pagina – anche quelle sono state scritte tempo addietro e perciò risentono del precedente stile. ‘Stepbrothers’ nasce come una sfida, alla parte di me incostante e indecisa, che non riesce il più delle volte a concludere nulla perché, talvolta, come tutti gli scrittori, ha i suoi momenti ‘no’, in cui l’ispirazione parte indisturbata per luoghi sconosciuti, lasciandola con il fiato sospeso e l’acqua alla gola per la frenesia e la fretta del pubblicare. Ecco, dandovi un assaggio di questa storia imperfetta, non voglio palesare alcuna pretesa. Non so, probabilmente riceverà riscontri negativi, probabilmente rimarrà incompleta, perché per adesso ho deciso di pubblicare solo il prologo, di gettarmi a capofitto in questa impresa, senza lasciarmi sfuggire l’occasione, ma all’alba del nuovo anno mi sono solidamente promessa di rischiare subito, anche alla cieca, per non avere rimpianti in seguito. Mi farò male? Con tutta probabilità sì, ma quello sarà l’incentivo per spingermi a riprovare, finché non otterrò risultati soddisfacenti. Perdonate le mie paturnie ma mi sentivo in dovere di informarvi, di avvertirvi. 

P.s.: Non sono neanche una di quelle che elemosina recensioni, non costringo nessuno. Dunque, se semplicemente vi annoiate a scriverne una, ricordatevi che la mia posta è sempre aperta a scambi di opinione di ogni genere.
Non mi resta che augurarvi buona lettura e, si spera, alla prossima!

Vostra, Dandelionx.



Prologo
Every day by day was really just boring
What I want to say is thanks for coming back.
[...]

 
Welcome back I really missed you

Now will you take me into your arms?
[...]
Don’t act like you hate me, I see you smiling...

- Welcome back, IKON

Andrew Duncan è un bastardo.
Fu il primo pensiero che saettò nella mente di Ella, una volta chiusa la lettera, ora stropicciata e intrisa di lacrime meschine, in un pugno mentre il suo petto veniva scosso dai suoi singhiozzi.
Come aveva potuto sposare un’altra donna che non fosse sua madre? E cosa più importante, come aveva potuto farlo senza dirle nulla prima? Era stato molto vile da parte sua confessarlo dietro una lettera e lei non sapeva con quale coraggio lo avrebbe guardato negli occhi una volta atterrata a Miami. Per quanto la riguardava il suo papà poteva andarsi a fare fottere insieme a quella maledetta lettera che ora occupava un posto d’onore sul linoleum che ricopriva il pavimento dell’aereo.
Buffo che non le avesse pagato neppure il viaggio. In effetti quando aveva ricevuto quella prima lettera in cui il suo vecchio le comunicava che doveva con urgenza fare ritorno nella sua calda Florida avrebbe voluto rispondere con un perentorio no. Le vacanze invernali non erano ancora giunte al termine e anzi, i suoi nonni materni, dove alloggiava in quel periodo, avevano bisogno di lei più che mai allo Chalet ora che nel Montana cresceva l’affluenza di turisti. Tuttavia aveva dovuto fare uno sforzo e raccattare qualche effetto personale di corsa poiché temeva fosse successo qualcosa di grave. Poi, proprio mentre stava per imbarcarsi aveva deciso di leggere quella seconda lettera, sul cui dorso vi era inciso di aprirla solo una volta salita sul mezzo. Ella era stata più volte tentata dalla curiosità ed ora che era a conoscenza dell’amara realtà si rendeva conto che sarebbe stato preferibile e più saggio aprirla direttamente dopo la prima. Oramai era troppo tardi per volgersi indietro e cancellare tutto. Lei era una Duncan di nome ma nel profondo sapeva di essere al cento per cento una Garner, come la sua defunta madre, che le mancava ogni giorno di più. Sua madre Regan era una donna splendida e lei l’aveva sempre ritenuta un esempio da emulare; di lei era riuscita a ereditare la caparbietà soprattutto, una forza d’animo incredibile e il coraggio di affrontare tutte le situazioni a testa alta anche se esse sembravano apparire impossibili all’apparenza e così avrebbe fatto anche quella volta. Sorrise mentre con gli occhi scorgeva la distesa di nuvole che si intravedevano attraverso l’oblò dell’aereo, stringendo tra le dita il ciondolo di sua madre, che aveva spesso lo strano potere di calmarla.
Si ritrovò a ripensare alle settimane passate nel Montana insieme ai suoi cari e cordiali nonni, alla conoscenza di splendidi amici, come Harriett Reynolds, la ragazzina che perseverava con i suoi pattini nonostante la mancanza di giusto equilibrio la facesse rovinare sempre al suolo o il guardiano Wallace Carter che le rivolgeva ogni mattina un sorriso per farle iniziare bene la giornata e infine sospirò afflitta al pensiero di Xavier Lance, l’enigmatico quanto affascinante ragazzo incontrato per caso durante una discesa con il quale aveva stretto un rapporto molto piacevole, nonostante la sua poca fiducia nel genere maschile, e si chiese se sarebbe riuscita a rivederlo, a parlarci di nuovo o i problemi a casa l’avrebbero sommersa tanto da non permetterle di raggiungere nuovamente le sue spensierate vacanze. Con quell’ultima riflessione si assopì finché il sonno non la colse completamente.
*
 Miami non le era sembrata così calda come quel giorno. Si era quasi disabituata al clima afoso dello Stato e riprendere a respirare quell’aria torrida non era certo il massimo del relax cui lei si era prefissata di ottenere. Prese un gran respiro mentre si affrettava, con l’unico bagaglio che si era portata dietro, a raggiungere l’uscita. Contrariamente a quanto aveva sperato nessuno si era premurato di andare a prenderla e questo non fece che farla incazzare ancora di più. Come al solito, suo padre, troppo preso dagli affari, aveva dimenticato l’arrivo imminente dell’unica figlia. Forse, si disse Ella, badare alla mogliettina nuova di zecca era troppo sfiancante. Scosse la testa velocemente e dopo aver sbuffato, a ridosso del marciapiedi, alzò due dita per chiamare un taxi. Sarebbe arrivata a destinazione tutta sudata dal momento che si era imbacuccata conscia delle fredde temperature del Montana.
Cielo, si era proprio dimenticata del clima asfissiante della Florida o forse il suo inconscio l’aveva rimosso di proposito. Aveva sempre odiato quella città. Troppo caotica e soleggiata per i suoi gusti più propensi per la neve ed i luoghi freddi. Freddi come lei, avrebbe obiettato chiunque la conoscesse bene.
Si portò il polso sotto gli occhi per controllare la data impressa sul quadrante e come se il destino le fosse stato avverso anche in quella circostanza calciò un sassolino colta dai nervi. Era un giorno festivo, ovviamente, sebbene non sembrasse affatto, viste le macchine che sfrecciavano una dopo l’altra in una successione talmente veloce da fare venire capogiri a chiunque.
Provò, dunque, a maneggiare il suo telefono ma anche questo sembrava non dare alcun segnale di vita così afflitta e dopo aver elargito un’imprecazione, si appostò all’ombra e si sedette per terra come una perfetta barbona.
Quando alzò lo sguardo notò un ragazzo che la stava guardando da lontano, cosa che lo fece risultare, agli occhi della giovane, come uno stalker. Ciononostante, Ella si limitò a fare finta di niente, dandosi addirittura della paranoica, sulle prime. Successivamente, dato che il tipo sembrava insistere, mosse impercettibilmente la testa nella sua direzione come a domandargli cosa avesse così tanto da guardare.
Che maleducato! – pensò.
Quello si decise a quel punto ad avvicinarsi lentamente e circospetto come se stesse cercando di capire qualcosa. Aveva un’espressione assorta, la fronte aggrottata ed un diavolo per capello che gli donava un look scombinato e quasi ribelle.
La cosa che però saltò subito all’occhio di Ella fu la sua mise, se non altro adatta al clima afoso, a differenza sua. Indossava dei bermuda, probabilmente era un costume, con delle palme stampate sopra, una T-shirt bianca aderente che lasciava intravedere la pelle abbronzata delle sue muscolose braccia, ai piedi delle espadrillas ed i suoi occhi nascosti da un paio di occhiali da sole all’ultimo grido. Inizialmente non sembrò riconoscerlo e subito il suo istinto di sopravvivenza si impadronì di lei, spingendola ad assumere un atteggiamento retrivo e guardingo.
«Mammina non te lo ha mica insegnato che fissare insistentemente gli sconosciuti è una cosa poco educata e soprattutto irrispettosa? Voi ragazzi ricchi vi credete troppo Dio, avevo quasi rimosso questo particolare caratteristico di questa città. E che cazzo, scendete un po’ dal piedistallo qualche volta!».
Non seppe come mai avesse dato per scontato che lui fosse un riccone senza scrupoli e oltremodo con la puzza sotto il naso ma uno dei suoi peggiori difetti era giudicare un libro direttamente dalla copertina. Era una sua prerogativa quella di mettersi sempre sulla difensiva. Lo strano ragazzo, ancora senza identità, invece di prendersela, mosse le labbra creando un ghigno divertito. Questo non fece altro che alimentare la sua stizza.
«Complimenti per la performance da stalker, comunque, eh! Dimenticavo anche che qui ci vivono la maggior parte degli aspiranti attori che sognano Hollywood ma ehi, hai sbagliato zona e soprattutto persona, qualsiasi cosa tu ti sia messo in testa», asserì convinta alzando di scatto un sopracciglio indagatore.
«Oh, lingua lunga e biforcuta, aspetto da stracciona, carattere piuttosto irascibile...», e nel dire ciò, si calò gli occhiali per osservare meglio la ragazza che gli stava dinanzi, poi riprese: «Devo dire che la tua descrizione fisica non mi stava aiutando molto ma è bastato che tu aprissi la bocca per farti riconoscere. Che hai fatto ai capelli, a proposito?», chiese curioso indicando i suddetti con un indice.
Chiunque il tipo fosse sembrava conoscere Ella e molto bene, per giunta. Di riflesso si portò una mano ai capelli biondi ora recisi in un taglio sbarazzino in un attimo di follia e desiderio improvviso di cambiare nota alla sua vita. Non è forse risaputo che le donne, quando desiderano dare una svolta alla propria vita, partano proprio dai capelli?
Ad ogni modo, non passò molto che ripartì alla carica, più agguerrita di prima.
«Anche se non credo siano affari tuoi, li ho tagliati, e se te lo stai chiedendo, sì, da sola. Perché? Affari miei. Adesso, visto che sembra che tu mi conosca perché non mi rinfreschi la memoria? Credo di aver rimosso le persone di Miami in questi mesi, ops», fece finta che le dispiacesse davvero mordendosi un labbro. Forse era la prima a potersi presentarsi ad Hollywood per un provino come attrice.
«Ehi, ehi... sta’ calma, Veronica Mars. Hai affilato le tue tecniche di retorica in questi mesi in Montana? Ti ricordavo così silenziosa. Che rivelazione!», ammiccò divertito incrociando le braccia al petto.
A quel punto le venne un’illuminazione. Solo una, quella persona – nella fattispecie – la chiamava a quel modo. Ella sosteneva fosse un vizio, quello di soprannominarla in tutti i nomi possibili e immaginabili; a quel punto si ritrovò a sghignazzare. Se glielo avessero detto qualche tempo fa, che stava sghignazzando con il Golden Boy della Eastwood, non ci avrebbe creduto neanche lei. Eppure, la vita è così strana a volte che neanche ti accorgi dei cambiamenti che gli eventi possano portare con sé, arrivando a stravolgerla se non complicarla del tutto.
«Owens. E chi se no? Sto perdendo colpi. Ma come ho fatto a non capirlo subito, mi chiedo...».
Ora era una sfida aperta. Occhi negli occhi. Sì, perché lui si era sfilato del tutto gli occhiali appendendoli alla maglia con assoluta nonchalance e adesso la squadrava con un sorrisetto che di amichevole aveva ben poco.
«Era ora, piattola. Dimmi un po’, come mai sei ritornata così presto? Okay che sentivo la tua mancanza ma...», lasciò la frase incompleta volutamente, aggrottando le sopracciglia chiare, e comunque Ella captò subito il tono prettamente ironico. In fondo neanche lei aveva pensato a lui sebbene fosse il suo incubo ricorrente da più o meno sempre. Sembrava godere nel punzecchiarla e solo per il gusto di scatenare una sua qualche reazione. Si divertiva con poco, il ragazzo, e questo, Ella, l’aveva sempre reputato un comportamento infantile per un diciassettenne di quella stazza. Tristan Owens poteva anche essere famoso per essere il ragazzo più acclamato e in a scuola ma Ella lo odiava per averle reso la vita un inferno. Lo odiava con tutta se stessa e quel sentimento non sarebbe cambiato tanto facilmente, soprattutto nel momento in cui avrebbe sganciato la bomba che ormai, mancava poco, avrebbe distrutto e segnato la vita di Eleanor Jillian Duncan per sempre. 
«Quell’idiota di Andrew si è sposato. Un’altra volta. E senza consultarmi, per giunta. Che diamine, sono sua figlia o no?».
Resasi conto del fatto che quel manipolatore l’avesse convinta a dargli spiegazioni in merito al suo ritorno, scosse la testa, incredula.
«Cielo, non so neppure perché mi stia confidando con una feccia come te ma è stato un dispiacere incontrarti di nuovo quindi... a mai più rivederci», concluse perentoria e risoluta, voltando su se stessa, decisa a chiamare un altro taxi. Ne aveva già abbastanza.
«Tesoro, io me ne andrei volentieri visto che la compagnia non è delle migliori». E qui Ella storse la bocca in una smorfia; per lei era lo stesso. «In fondo, avrei ben altro da fare – se capisci cosa intendo – che improvvisarmi autista per un giorno... per te, poi! Assurdo, non trovi? Chi l’avrebbe mai detto?». Il suo tono adesso aveva diverse sfumature; dalla nota ironica a quella allusiva e maliziosa a, ancora, quella incredula.  Ella arrestò la sua andatura e assunse un’espressione indecifrabile. Che cavolo voleva dire quel bastardo? E cosa più importante, chi l’aveva nominato suo autista? Piuttosto avrebbe raggiunto Duncan Manor a piedi! Imprecò mentalmente una seconda volta, anche contro suo padre che l’aveva costretta a quella situazione.
Prima che potesse chiedere informazioni a Owens, comunque, questi sorrise meschinamente e, contrariamente ad ogni aspettativa, tese una mano nella sua direzione. Ed il suo volto? Chi se lo sarebbe mai dimenticato? Era quasi gelido, turbato ma anche infidamente appagato. Era il volto della vendetta.
Te ne pentirai amaramente, piattola di una Duncan, aveva detto l’ultimo giorno di scuola dopo che Ella lo aveva umiliato pubblicamente per l’ennesima volta, quella volta lanciandogli il pranzo addosso. E a lei, in quel frangente, poco era importata la sua minaccia ma quel volto, in quel momento, aveva tutta l’aria di essere il preambolo di una spiacevole storia, di una nefasta notizia. E così fu.
«Bentornata a casa, sorellina».
Strano come la vita ti colga sempre impreparata...
È meschina, la vita. Confusionaria, a volte. Ma trova sempre, sempre il modo di buttarti giù e farti a pezzi, calpestarti e darti eventualmente anche i colpi di grazia. Fu in quel momento che il mondo illusoriamente perfetto di Ella Duncan crollò, inesorabilmente, come tutte le sue certezze.
Andrew Duncan sei un bastardo!
Ecco, quello è stato, è e sarebbe stato ancora a lungo un dato di fatto.
 
 
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