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Autore: DonnieTZ    05/04/2017    5 recensioni
[Destiel] [Dystopian!AU]
In un universo in cui tutto è controllato - perfino l'arte e le relazioni - si racconta della leggendaria connessione che collega le anime gemelle quando esiste la possibilità concreta che il loro amore si realizzi. Cas, con la sua fede nel rigido sistema che governa tutto, è un pittore solitario; la voce che improvvisamente sente una sera qualsiasi, invece, è quella di Dean, un cantante che il sistema lo odia.
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Avrebbe voluto essere in grado di chinare la testa, di sottostare alle regole, ma c'era qualcosa nella sua anima che non voleva saperne. C'erano passioni e tormenti e incubi dietro le palpebre quando arrivava l'alba e lui andava a dormire. Cantare rendeva tutto così evidente da fare quasi male. Ma quella sera c'era il vago pensiero di dover ricacciare indietro la malinconia, perché non era solo a sentirla vibrare nella mente.
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Non aveva davvero idea di cosa stesse dipingendo, non riusciva a carpire un'immagine completa, ma sapeva che riguardava Dean. C'erano angoli più scuri, sfumature che si incupivano fino a diventare nere, ma il verde smeraldo brillava al centro della composizione, come una luce lontana.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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6. Niente di così reale

La sera diventò notte in fretta, mentre i pensieri continuavano ad inseguirsi e sovrapporsi alle parole a cui davano realmente voce. Restarono uno a fianco all'altro, seduti sugli sgabelli, le ginocchia a sfiorarsi piano. Niente cazzate diventò una regola difficile da ricordare più le ore passavano, più le barriere che Dean aveva cercato di imporsi crollavano sotto il peso della sua intimità con Cas. Cas che ascoltava paziente sia la sua mente sia la sua voce, senza mai chiedere troppo, senza pretese, perfino quando i pensieri diventavano tetri e si focalizzavano su Benny. Dean non parlava mai di sé, di quello che gli si agitava nell'anima, eppure con quell'uomo strano gli era facile come respirare.
In un momento di violenta debolezza – difficile da accettare e ancora di più da perdonare – quando Cas si decise ad ordinare una birra e portò la bottiglia alle labbra, Dean venne colpito dall'immagine nitida di quella bocca su di sé. Non riuscì a censure il pensiero dei loro corpi nudi, delle lenzuola stropicciate, delle gambe intrecciate e dei baci, delle carezze, delle scoperte.
Quando se ne accorse era comunque troppo tardi. Cercò di far scivolare via quella fantasia, ma Cas – occhi negli occhi, con la sua strana intensità dipinta nelle iridi blu – vi si aggrappò. Probabilmente non se ne accorse nemmeno, non realizzò di contribuirvi, eppure l'immagine divenne più chiara: odori, suoni, sensazioni. Annegarono così tanto in profondità che il mondo intero sembrò sparire, risucchiato dal vortice di quella passione tutta inventata ma tanto concreta da spezzare il fiato.
Fu il lieve suono del chip di Cas a restituire loro il controllo: il suo permesso stava arrivando al temine ed era ora di rientrare. Dean gli osservò il polso, l'opaca luce rossastra che lampeggiava sottopelle; un punto piccolo che aveva il potere di ricordare quanto tutto fosse semplicemente impossibile.
“Cazzo, Cas.”
Oh. Mi dispiace molto, Dean. Non avrei dovuto. Io...
Cas si alzò, palesemente confuso, colpito da quanto avevano appena condiviso.
«Credo di dover andare» dichiarò, le parole roche.
«Aspetta, aspetta un attimo» lo fermò Dean, ad alta voce, passandosi una mano sul viso, per poi alzarsi a sua volta. «Non è colpa tua. Questa è solo una serata del cazzo, per me, tutto qui» lo rassicurò.
Abbiamo un accordo. Te l'ho promesso.
“Lo so, Cas. Lo so, credimi. Ma capita di pensarci. Pensarci non significa che lo faremo. L'importante è non andare oltre” pensò Dean, infondendo sicurezza a quelle traballanti incertezze.
Seguì un vuoto mentale, un'assenza di consapevolezza che Dean non aveva mai sentito in Cas. Poi, come una marea, arrivò un'altra dichiarazione, l'ennesima verità.
Ma vogliamo.
Cas era troppo onesto, Dean lo sapeva, troppo diretto per non farsi influenzare dall'immagine che avevano appena costruito insieme, per quanto abbozzata. E la durezza con cui aveva appena pensato quelle parole, il rigido rimprovero che celavano, colpì Dean in pieno petto.
“Niente cazzate. Questo non è cambiato” lo rassicurò mentalmente, accompagnandolo alla porta.
Cas lo seguì, ricurvo, quasi chiuso in se stesso. Stava riflettendo sui pericoli che lo aspettavano ogni volta che avesse abbassato la guardia, ogni volta che non avesse esercitato controllo. Stranamente questo terrorizzò Dean di una paura profonda: temeva Cas sarebbe scappato, fuggito da quella connessione; lo vedeva capace di chiedere un trasferimento, di pregare affinché lo lobotomizzassero o qualsiasi altra follia avesse il potere di infrangere l'unione mentale di due anime gemelle.
Non scomparirò, Dean.
Continuavano a rassicurarsi a vicenda, forse perché quel mondo – il loro mondo – insegnava la paura prima di qualsiasi altra cosa. E, nella paura, si coltivava il coraggio di andare avanti, di avere forza, di resistere insieme.
“Grazie, Cas” pensò Dean.
«Quindi, una bella serata, eh?» aggiunse ad alta voce, scrutandolo.
Erano in piedi, vicino alla porta, uno di fronte all'altro, incapaci di infrangere il legame delle loro iridi chiare nella penombra del locale.
«È stato un piacere, Dean» concluse Cas.
E poi, all'improvviso, Dean si sentì avvolgere dalle sue braccia, dal suo calore, dal suo profumo.
 
Cas agì d'istinto, stringendoselo contro, ignorando la sorpresa che irrigidì il corpo dell'altro. Tornò intero per la prima volta in vita sua, completo, l'anima che si legava a quella di Dean con nodi inspiegabili e impossibili.
Lo sentiva, caldo e solido, sotto i vestiti, il cuore contro il suo petto, quel posto fra la spalla e il collo che invitava il viso di Cas a nascondersi dal mondo. Affondò in quella stretta quando anche le braccia di Dean salirono a replicare il gesto.
Cazzo.
“Dean?”
Non ce la faccio, Cas, non... questo è...
“Troppo.”
«Ok, amico, devi andare.»
Dean parlò slacciandosi dall'incastro di braccia, dopo un paio di piccole pacche fra le scapole di Cas, un sorriso imbarazzato in viso. Cas annuì, ancora confuso dalla continua discesa nella tentazione. In una singola sera quell'intero legame aveva dimostrato quando fosse facile cadere, scivolare, e quanto fosse difficile tornare a galla e rialzarsi. Cercò di uscire dall'aria densa del locale senza guardarsi indietro, un vago prurito nella mente che lo invitava a voltarsi, a salutare Dean con lo sguardo un'ultima volta. Quando la porta si chiuse alle sue spalle e la brezza fresca lo colpì in viso, si congratulò con se stesso per non aver ceduto.
Si incamminò in fretta, attraversando le porte che dividevano i due quartieri, i pensieri caotici che lentamente tornavano alla normalità. Restava la connessione, da qualche parte, in fondo a quella bufera che andava spegnendosi, ma non s'impose su tutto il resto. Aprì la porta con lo strano senso di irrealtà che finalmente si manifestava: aveva incontrato Dean, davvero, per la prima volta, avevano parlato, condiviso lo stesso spazio, si erano sfiorati. E, fra tutte quelle prime esperienze, avevano in qualche modo trovato la convinzione di resistere a qualcosa che sembrava impossibile da contrastare.
Cas si spogliò dei vestiti, abbandonandoli sullo schienale della sedia, per infilarsi in bagno. Era tardi sul serio, ma gli sembrava che una doccia fosse necessaria a lavar via ricordi recenti e immagini mai vissute.
Dean comparve in quel momento, alle porte della coscienza, quasi bussando piano.
A casa sano e salvo, noto.
“Sì.”
Sto rientrando anche io. Tutto bene?
“Non ne sono sicuro, Dean. Credo di sì.”
Cas lo avvertì avvicinarsi a quella che doveva essere casa, entrare nella stanza, sospirare come se fosse finalmente possibile lasciarsi andare. Mentre si infilava sotto il getto caldo della doccia, percepì Dean spogliarsi degli abiti e fare lo stesso, quasi di fretta. Intuì che voleva fare quello che faceva lui, fingere di essere inseme quando non lo erano. Non fisicamente, almeno.
Ti dà fastidio?
“No, Dean.”
Era pericoloso, sul limite di una promessa infranta, ma non stavano indugiando davvero nella compagnia dell'altro, non stavano davvero cedendo. O, almeno, questa era l'illusione di Cas. Serrò le palpebre, focalizzandosi su Dean: lo vide quasi, nudo di pelle come d'anima, l'acqua a scorrergli addosso, gli occhi chiusi contro il getto.
“Sei molto bello” pensò, senza filtri a misurare l'istinto.
Quasi avvertì il sorriso malizioso dell'altro. Di certo sentì la sua mano scorrere, avventurarsi verso il basso, farsi strada oltre il limite che si erano imposti. Poco oltre, certo, ma comunque al di là della linea invisibile che dovevano stare attenti a rispettare.
Non è reale, Cas.
“Forse. O, forse, se ora ci abbandoniamo a questo, sarà fin troppo reale.”
Hai ragione.
Cas percepì la mano di Dean rilassarsi contro il fianco, nessuna tentazione a dispiegarsi fra le loro menti. Quella resa gli fece quasi male. Lui che non aveva mai provato nulla del genere, lui che si era mosso ai margini della vita, estraneo a qualsiasi passione.
Per una volta, una sola, avrebbe voluto...
“Non smettere” pensò, in una supplica che finì per sorprenderlo.
E la sua mano seguì quella di Dean, a sfiorarsi piano. Bastò quello a renderli la stessa persona. Bastò muoversi in sincronia, come parti dello stesso corpo, perché la connessione esplodesse potente. Cas si accarezzò ed era la mano di Dean a toccarlo; quando sospirò, era la voce di Dean ad uscire dalla sua gola; quando il ritmo aumentò, era una scelta dell'altro andare più veloce, inseguire il piacere. Nella mente si accumularono immagini sconosciute, che non sapeva se fossero sue o di Dean, fatte di corpi stretti come pennellate sovrapposte, di incastri e spinte, del suono secco di due corpi in collisione.
Il piacere strizzò fuori l'aria dai polmoni di Cas, quando arrivò prepotente, facendolo piegare verso le piastrelle, una mano a sorreggersi contro il muro. Intenso e spaventoso, sembrò infrangere il suo corpo in minuscoli frammenti.
Quando tornò in sé, il palmo ancora stretto addosso, il respiro spezzato in bocca, cercò Dean con la coscienza.
Sono qui. Sono qui, Cas.
Ma, dietro quel pensiero, Cas riuscì a scorgere il senso di colpa, l'idea di aver trascinato entrambi ancora più a fondo in quella storia pericolosa. Si spostò sotto il getto caldo, con gambe tremanti, alla ricerca di qualcosa che avesse senso, che fosse possibile concretizzare al centro della mente.
Sono una malattia. Non voglio farti questo, Cas, non voglio...
“No, Dean.”
È così, sai che è così. Guarda cos'è appena successo. Non vale niente quanto ci provi, non importa, capisci?
Quella nota disperata, stridente, trapassò Cas da parte a parte.
“L'ho voluto. Dean. L'ho voluto dal primo istante in cui ti ho sentito” confessò, arreso. “L'ho voluto perché non ho mai sentito niente di così...”
Reale.

 
Lo so, sono in ritardo! T__T
Ma è iniziato il CampNaNo e sto cercando di portare avanti TUTTI i progetti che ho aperto e mai finito. Viva me! In compenso questo capitolo credo sia abbastanza "intenso"... 
Ora che sono in pari dovrò ritagliarmi il tempo per scrivere e per portare avanti una parvenza di trama. Auguratemi buona fortuna! XD
E nulla, alla prossima e, come sempre GRAZIE a chi mi fa sapere cosa ne pensa, risponderò alle recensioni al più presto, siete preziosissime! <3
   
 
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