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Autore: Heihei    05/04/2017    1 recensioni
TRADUZIONE
La storia è stata scritta da Alfsigesey e pubblicata su fanfiction.net in lingua inglese.
Bethyl post-finale della 4 stagione
"Nulla sarà più facile di nuovo. Scappare da Terminus, sconfiggere una mandria di vaganti, cercare provviste. Ma niente di tutto ciò sarà difficile come innamorarsi e provare a costruire una vita insieme in mezzo a tutto questo."
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Carol Peletier, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Violenza
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WHISKEY

 

 



L’Expedition lasciò la strada per addentrarsi nei boschi, mentre Franco cominciava a tossire sul serio. Tutti loro scuotevano l’aria con dei forti colpi di tosse ogni pochi minuti. Riusciva a individuare i segni della febbre nel sudore che gocciolava sulle loro fronti, ma sembravano ancora del tutto ignari di quello che gli stava accadendo. Aspettava con ansia quel momento, pur sapendo che avrebbero potuto prendersela con lei.

“Ti viene ancora da vomitare?, le chiese Randal. Stava cercando di mostrarsi rilassato. Non stava riuscendo nel suo intento, ma apprezzò comunque lo sforzo.

“Più o meno”, ammise.

Non sapeva se fosse per il ricordo del dolore, per la semplice consapevolezza di quello che le era successo o per i farmaci che le avevano somministrato, ma il suo stomaco era sottosopra. Il percorso accidentato verso il loro campo, poi, non era certo d’aiuto.

Padre Gabriel le offrì un altro sorso d’acqua, ma lei scosse la testa, asciugandosi quelle poche gocce di sudore che aveva sulla fronte con il braccio destro. Si fermò ad osservare il suo palmo, che le sembrò improvvisamente cosparso di strane linee, e si chiese se la luce fosse arrivata davvero in modo diverso oppure se fosse solo un’allucinazione.

“Tu dovrai guardarti le spalle da ora in poi, mi hai sentita?!”, mormorò alla sua stessa mano.

Sì, probabilmente era un’allucinazione. Dalle espressioni di Randal e padre Gabriel, capì che stavano pensando la stessa cosa.

L’Expedition si fermò. La brezza fresca dell’esterno invase l’auto quando spalancarono tutte e quattro le portiere. Fu in quel momento che Beth realizzò quanto fosse stato soffocante il caldo in quegli ultimi dieci minuti o giù di lì. Con cinque persone con la febbre, non c’era da meravigliarsi.

Padre Gabriel aprì il bagagliaio e saltò giù. Probabilmente faceva freddo fuori, ma le sembrò quasi piacevole sentire il vento contro la sua pelle.

“Attenta.” Randal l’aiutò a scendere, attento a non toccarle il moncherino, accompagnandola con mani incerte. “Prima a malapena riuscivi a reggerti in piedi da sola.”

Si sentiva ancora debole e il suo stomaco era come intrecciato in un nodo strettissimo, l’aiuto che le stava offrendo si rivelò inutile. Almeno aveva ancora entrambi i piedi e, quando anche il secondo toccò terra, si sentì sicura del suo equilibrio.

“Sto bene.”

Quando fece un altro passo per allontanarsi da loro per studiare il campo, la seguirono entrambi. Terminus II era una tendopoli nascosta tra i boschi. Era evidente che non avessero intenzione di restare lì ancora a lungo, ma avevano comunque fatto il necessario per renderlo sicuro: per segnare il confine del loro piccolo villaggio, avevano scavato un fossato non molto profondo, prima del quale avevano montato quello che sembrava essere del filo spinato. Era perfetto per impedire ai vaganti di avvicinarsi… ma non avrebbe fermato Daryl.

C’erano circa dodici tende, la maggior parte sembrava essere da cinque persone o anche più grandi, ma c’era anche una serie di tende da due leggermente separate dalle altre. Franco si stava già dirigendo verso una di quelle, con l’aria di uno che non voleva fare nient’altro che stendersi. Eppure, non le sembrava ancora che lui si fosse davvero reso conto di quanto fosse nei guai.

C’erano pochi uomini, la maggior parte del campo era abitato da donne. O meglio, giovani donne. Erano divise in piccoli gruppi intorno alle loro tende, impegnate nelle faccende “domestiche”. Quelle che non stavano facendo nulla si affrettarono ad accogliere i loro compagni, mentre i due fratelli parlavano in disparte con un altro gruppetto di ragazze in mezzo al campo.

Beth si stava giusto chiedendo dove fossero Hilly e l’altra donna, quando sentì qualcuno stringerle forte una spalla. Si voltò, alla ricerca di Randal e Padre Gabriel.

“Da questa parte”, disse Hilly con un colpo di tosse.

Padre Gabriel afferrò la mano della donna e la tirò a sé. “Lascia che stia con noi...”

“Scusami?!” Hilly rifiutò, alzando entrambe le mani in un finto gesto di sottomissione. Sembrava quasi che stesse per schiaffeggiarlo. “Tu non hai alcuna voce in capitolo.”

“Non possiamo fidarci di voi”, disse l’altra donna con un’alzata di spalle, guardando i due uomini con occhi austeri. “Avete permesso ai sentimenti di distrarvi dalla questione più importante, potreste aiutarla a scappare.”

“Non siamo così stupidi, Miranda”, ribatté Randal, “non sopravviverebbe da sola in queste condizioni...”

“Ma qual è il tuo problema?!”, sbottò la donna. “Niente di tutto questo ti ha mai dato fastidio prima d’ora!”

“Sta frignando come un piccolo stronzo da quando Mary ha sparato al suo ragazzo”, disse Hilly a bassa voce. I suoi occhi ruotarono spudoratamente verso Randal e assunse un’espressione severa. “Tutti noi abbiamo perso delle persone, cresci un po’.”

Il volto di Randal si fece viola dalla rabbia e, tra le sue labbra, era visibile una sottile striscia rosea. Si stava letteralmente mordendo la lingua. E anche forte, a giudicare dalla torsione della sua mascella.

“Cosa avete intenzione di farle?” Padre Gabriel guardò entrambe, con le mani che gli tremavano finché non le chiuse a pugno. “Legarla come un animale?”

“A dire il vero, sì”, rispose Hilly con una risata che si trasformò presto nell’ennesimo colpo di tosse. Forse era solo la sua immaginazione, ma a Beth sembrò di aver visto, per una frazione di secondo, la preoccupazione deformarle il viso in una smorfia, mentre si portava la mano alla bocca. “E se continui così, farai la sua stessa fine. Stiamo ricominciando, a breve avremo bisogno di un altro sacrificio. Ti offri volontario?”

Padre Gabriel non sembrava per niente intimidito dalle sue parole. Randal, al contrario, la guardò con le sopracciglia aggrottate.

“E’ una minaccia a vuoto. Lui, tra tutti noi, è quello che si avvicina di più a un dottore.”

“Non ci è utile se non è davvero uno di noi.”

Hilly strinse di nuovo la spalla di Beth e la trascinò in mezzo al campo. Stavolta non avevano furgoni o, almeno così sembrava, qualsiasi altra sistemazione per i prigionieri, ma provvidero velocemente a crearne una. Al centro del campo, circondata da tutte le tende, Beth fu costretta a sedersi per terra mentre i due fratelli saldavano un grosso palo nel terreno. Dopo avervi sistemato intorno una lunga catena, Miranda le imprigionò la caviglia sinistra con una manetta e chiuse l’altra attorno all’ultimo anello, per poi far sparire la chiave nella sua tasca.

Era seduta nel fango a gambe incrociate a muovere ripetutamente la catena sul terreno con la mano che le era rimasta. La faceva arrivare oltre il suo braccio, per poi vederla ricadere a terra, osservandola snodarsi come un serpente. A giudicare dagli abitanti di quel campo, si rese conto che l’infezione sarebbe stata devastante. Non erano rimasti molti assassini tra loro e c’erano addirittura altri uomini della stessa stazza di Randal, con il quale, tra l’altro, sembravano condividere anche l’atteggiamento. Li aveva sorpresi a fissarla quando era appena arrivata, ma ora guardavano altrove, a testa bassa. Lontano da due colossi che perlustravano il perimetro, invece, vi era un piccolo gruppo di madri. Aveva la sensazione che la maggior parte dei sopravvissuti fossero riusciti a uscire da Terminus perché si erano dati vilmente alla fuga, sempre che nessuno li avesse salvati. Oppure, come Franco, Randal e i due fratelli, perché erano dal lato destro della recinzione quando si era scatenato l’inferno.

Padre Gabriel portò il suo zaino quasi vuoto in una delle tende da cinque persone e ritornò dopo averlo riempito fino all’orlo. Si fermò accanto a lei, che piegò la bocca in una smorfia torva mentre gli indicava il suo moncherino bendato. Non era stato chissà poi quanto lungo, ma il tratto percorso tra i boschi non aveva di certo giovato alla sua garza e lui voleva cambiargliela. Prestando attenzione al fango, al sangue che continuava a scorrere e al bordo stracciato, scoprì il braccio mutilato e lo allungò il più possibile verso di lui. Beth aveva distolto lo sguardo da quando aveva cominciato a srotolarle la garza, mordendosi la parte interna del labbro.

“Quanto ti fa male da uno a dieci?”

“Più o meno sette.”

“Posso darti altri farmaci...”, il prete smise di parlare quando la vide scuotere la testa.

“Solo antidolorifici stavolta, grazie”, puntualizzò lei. “Vedo ancora luci strane.”

Padre Gabriel rimosse l’ultima benda e Beth, alla fine, guardò.

Non avrebbe dovuto farlo. Le si torse lo stomaco e, per un attimo, chiuse gli occhi e respirò lentamente, per poi aprirli di nuovo. La seconda volta fu quasi peggio della prima, ma questa volta non rabbrividì, né tantomeno spostò lo sguardo altrove. Era parte di lei. Adesso era così.

“Ho anche questa.” Padre Gabriel aprì la borsa, mostrandole una piccola tasca colma di erba. Beth sgranò gli occhi e per qualche istante non fu pienamente sicura di ciò che stava guardando, ma, quando ne ebbe la certezza, scoppiò a ridere.

“No, grazie.” Non era per niente il momento più adatto per compromettere i suoi sensi o il suo giudizio. “Sai, questa è la prima volta che mi viene offerta dell’erba”, pensò ad alta voce con un sorriso. “E tu sei un prete”, aggiunse, con un’altra risatina.

Padre Gabriel fece le spallucce, chiuse la borsa e le rivolse uno sguardo colpevole. “Il mondo è finito.”

“Ho visto anche del whiskey qui, siete già a corto di medicinali?”, chiese inarcando un sopracciglio. “Daryl mi ha detto che lo studio veterinario è stato completamente svuotato.”

Sorpreso, il prete balbettò per qualche secondo. “E’ tornato lì?”

Lei annuì. “Era andato a cercare provviste nella vostra piccola città senza nome e ha visto la chiesa.”

Con uno sguardo cupo, Gabriel cominciò a torturare la garza pulita con le dita. Non sembrava ne fossero rimaste molte. Osservando il campo, aveva notato molte persone con ferite in diversi stati di guarigione.

Mise giù le bende e tirò fuori il whiskey. Beth mantenne il moncherino teso in modo da lasciarglielo disinfettare.

“Quando tu e Daryl ve ne siete andati, io e Randal siamo rimasti da soli per un paio di giorni. Stavamo arrivando a qualcosa, lui ed io, cominciavamo a stare bene. Ma poi Franco, Miranda e un altro uomo...”, si guardò intorno, finché non trovò chi stava cercando, “...Brock...”

Inclinò la testa verso uno dei due colossi che aveva visto prima. Brock era un omaccione dalla lunga barba scura e le mani bendate.

“…Sono venuti per cercare cibo e farmaci e ci hanno trovati. Randal voleva andarsene con loro… ho provato a fargli cambiare idea, ma non c’era verso. Lo spostato che ha dato fuoco alla chiesa è Franco, non credo gli sia piaciuto quello che ho avuto da dire sulla sua gente.”

Beth poteva immaginare. A contatto con l’alcool, la ferita le faceva così male che, a tratti, vedeva a chiazze. Cercò di non lamentarsi, ma fu più forte di lei. Annuendo, mormorò che stava bene e guardò il cielo.

Padre Gabriel cominciò ad avvolgere le bende nuove intorno al moncherino. “All’inizio è stato difficile, ma poi Randal è riuscito a convincerli a lasciarmi vivere. O meglio, a prendermi come prigioniero.”

Finì di fissare la garza e fece un sorso di whiskey.

“Non le stai dando nulla di buono, vero?”, una voce profonda e accusatoria tuonò alle spalle di Beth. “Non serve sprecare forniture mediche per una ragazza morta.”

Si voltò e vide uno dei due fratelli. Sembrava già messo male: il suo viso era estremamente pallido e le palpebre avevano assunto un colorito violastro che prima non c’era. Aveva perso una notte di sonno, magari per questo nessuno aveva ancora pensato a male, ma presto la febbre sarebbe stata devastante.

“Mi sono assicurato che la ferita non si infetti.” Padre Gabriel si alzò in piedi e lo fissò. “E’ il minimo che io possa fare.”

L’uomo si chinò su di lei e sbuffò. “In fondo hai ragione. Non voglio mangiare della carne in cancrena.”

“Già, sarebbe terribile.” Beth incontrò il suo sguardo.

Doveva aver notato il barlume di umorismo che illuminava i suoi occhi azzurri, dal momento che, dubbioso, aveva corrugato la fronte prima di voltarle le spalle, ignorandola.

“Io e mio fratello abbiamo i decimi di febbre. Hai qualcosa per farla scendere?”

“Controllerò”, disse freddamente padre Gabriel. “Ma tenete presente che siete stati in piedi tutta la notte. Riposatevi un po’ e tornate da me una volta svegli.”

Mentre lo guardava allontanarsi, Beth strinse la mano del prete per attirare la sua attenzione. “Non sprecare nulla per loro. Sono morti che camminano.”

Con un sospiro, padre Gabriel s’inginocchiò. “Loro dicono lo stesso di te.”

“Lo so, ho sentito. Ma io vivrò, loro no.”

La sicurezza della sua voce doveva averlo lasciato senza parole per un po’. Spostò lo sguardo sul perimetro del campo. “Il tuo uomo sta arrivando?”

Lei incontrò il suo sguardo e lo tenne a lungo, prima di annuire. “Ti conviene non farti vedere nei paraggi quando arriverà e lo stesso vale per Randal. Prima di farmi spiegare, penserà che siete parte di questa cosa e vi infilzerà il cranio con una freccia. E non posso biasimarlo”, ammise.

Il prete impallidì leggermente e deglutì rumorosamente, ma con un piccolo cenno del capo mormorò: “Mi sembra giusto. Se lo farà, nessun rancore.”

Detto ciò, la lasciò sola nel fango. Beth considerò la possibilità di scavare attorno al palo, ma era stato piantato troppo in profondità, il terreno era duro e non sarebbe stata sufficientemente veloce con una mano sola. Le sue dita si sarebbero sporcate di fango e di sangue e qualcuno avrebbe capito ciò che stava cercando di fare. E poi, era sorvegliata per la maggior parte del tempo. Non sopportava quell’attesa, ma non poteva neanche pensare di riuscire a fare qualcosa di diverso dal piangere o scavare una piccola buca inutile intorno al palo. Aveva bisogno di qualcosa da fare per tenere la mente occupata. Con un sospiro, cominciò a pettinarsi i capelli con la sua unica mano. Erano ridotti abbastanza male dall’ultima volta che aveva provato a sistemarli.

Prima dell’apocalisse, le piaceva tenere i capelli lunghi come una dea, così come li chiamava sua madre. Quel tipo di lunghezza non era più pratica, ma non aveva mai avuto il coraggio di tagliarli. Sciolse i nodi con le dita e cominciò a dividerli in tre ciocche.

Intrecciare i capelli con una mano sola si era rivelato davvero difficile. Ci era quasi riuscita quando venne raggiunta da una ragazza. Inizialmente, vide solo i suoi piedi, e poi le mani, che si allungarono verso di lei.

“Vuoi una mano con i capelli?”, le chiese con un filo di voce.

Beth si prese il suo tempo prima di voltarsi a guardarla. Quando lo fece, la trovò con un’espressione sinceramente gentile, ma anche impaurita. Aveva il naso all’insù, la bocca piccola e lo sguardo dolce, il tutto contornato da una chioma color sabbia.

“Posso fartela io la treccia”, continuò, mentre cercava goffamente di tirare fuori il pettine da una delle tasche posteriori dei jeans. Lo strinse, chiedendole silenziosamente il permesso.

Senza dire nulla, Beth si allontanò dal pale, in modo da permettere alla ragazza di avere lo spazio necessario per sedersi dietro di lei. Le sue dita chiare sciolsero con cura l’ultimo nodo biondo e cominciò a intrecciarle i capelli alla francese.

“Come ti chiami?”, le chiese la ragazza.

“Beth Greene. Tu?”

“Sophie.”

Non sapeva perché, ma quel nome non le era nuovo. Ignorò quel fastidioso tentativo della sua mente di ricordare di conoscere una Sophie prima che il mondo finisse.

Non parlarono più fin quando non concluse la treccia, legandola con il suo elastico.

“Sembra sia venuta bene”, sussurrò, facendosi indietro e tirandosi le ginocchia al petto, sulle quali appoggiò il mento.

“Quanti anni hai?” Beth si guardò intorno per assicurarsi che nessuno le stesse ascoltando.

“Quindici, tu?”

“Diciotto. Eri una madre a Terminus?”

“Come fai a saperlo?” Sophie aggrottò le sopracciglia, con una punta di paura nello sguardo.

“Volevano che diventassi una madre, ma ero troppo ricalcitrante.” Si spostò, in modo da mostrarle il braccio mutilato. “Quindi hanno trovato un altro impiego per me.”

Gli occhi della ragazza si spalancarono e fissarono spudoratamente il suo moncherino per qualche istante.

“Io non voglio stare con loro”, ammise velocemente, in un frenetico sussurro. “Le persone con cui ero prima erano buone, ma questa gente… Fuggirei se potessi. Non mi piace per niente, mi fa stare male… quello che ti hanno fatto, quello che ti faranno.”

“Alche le altre ragazze si sentono così?”

Sophie annuì. “Prima eravamo in un altro posto, ma poi sono arrivati i vaganti… e gli spari. Hector e Miranda sono venuti a prendere alcune di noi. Li odiavamo, ma… non volevamo morire.” Le tremavano le labbra.

“Sophie, va tutto bene.” Beth le prese la mano, stringendola forte. “Andrà tutto bene.”

La ragazza deglutì sonoramente, per poi annuire di nuovo. “Voglio crederci.”

“Sarà così.”

Prese a guardare il terreno, abbracciandosi con forza le ginocchia, finché Beth non lasciò la sua mano.

“Sophie, potresti fare qualcosa per me?”

Alzò gli occhi su di lei, con la paura che ancora vi danzava dentro. Alzò le spalle, come se potesse nasconderci la testa come le tartarughe.

“Ho bisogno che mi parli delle persone che sono qui, di tutti quelli che fanno parte del campo.”

“Perché?”

“Devo sapere chi merita di vivere.”

   
 
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