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Autore: Elendil    06/04/2017    1 recensioni
Sequel del primo libro della saga "Nihaar'ì".
Le vicende di Harryan continuano ma i punti di vista ancora una volta cambiano. Il destino della Veggente prosegue con nuovi e improbabili risvolti!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buongiorno a tutti!

Capitolo cortissimo perché impossibile da spezzare diversamente J Probabile che la continuazione arriverà prima del solito mese per compensare la scarsità di materiale!

 

Grazie come sempre a tutti coloro che mi leggono, a chi mi segue e a chi mi sopporta in tutte le mie ordinarie crisi esistenziali!!

Bacius!

Elendil

______________

 Ed improvvisamente tutto fu troppo veloce e rapido per riuscire a decifrarlo. Troppo tempestivo per poterne percepire esattamente la sequenza.

Nella tenda fecero il loro ingresso una decina di Kamin armati fino ai denti, i volti trasfigurati da quella che era chiaramente l’avvisaglia di un panico generalizzato e incombente. Guardarono prima il Kamin-Na poi lei e poi nuovamente il Kamin-Na.

“Alcune Ombre sono state avvistate a pochi minuti da qui. Tutti gli Ivnes sono stati allertati e così gli altri, ma loro saranno qui prima di essere tutti pronti” esalò uno di quelli. Il Kamin-Na annuì una volta, grigio in volto.

“Sapete cosa fare. Date armi ai prigionieri in grado di combattere e nascondete gli altri” due del gruppo si allontanarono rapidamente.

“Avete già piantato le Vele?” continuò l’uomo “Tutte quelle a nostra disposizione” annuì uno.

“Cercatene di altre” Nuovo annuire. Nuovo defilarsi di alcuni uomini.

“Come siamo messi con gli yenavo’r?” riprese il Kamin-Na. Un ragazzo dall’aria grave fece come un passo avanti “Stiamo provvedendo ora alle bardature. Pochi minuti e saranno pronti in prima linea” l’altro annuì.

“Il tempo stringe. Provvedete a che tutto sia finito al più presto”. Sguardo vitreo, il ragazzo fece un rapido dietrofront prima di sparire dalla tenda.

“I segugi sono pronti?” lo sguardo del Kamin-Na cadde -con somma sorpresa della Nihaar’ì - su una donna lì presente. Era chiaramente una Kamin, ma il suo abbigliamento la faceva assomigliare più a una dama “di corte” che a una combattente. La donna annuì piano facendo tintinnare le perline affisse dai ninnoli del suo collo fino a quelli apposti ai capelli bruni.

“Siamo pronti”. Mentre anch’ella se ne andava il Kamin-Na posò il proprio sguardo sugli uomini rimanenti.

“A voi il compito di orchestrare le difese. Mi aspetto che ognuno faccia ciò che è stato addestrato a fare in queste occasioni. Liebes ehn Rai! (Forza e coraggio)”

Liebes ehn Rai!” ripeterono in coro tutti prima di allontanarsi a passo di marcia dalla tenda.

Rimasti soli, il Kamin- Na posò finalmente il proprio sguardo su di lei. Era terrorizzato, percepì la ragazza restituendo a sua volta l’occhiata. Eppure a differenza degli altri, egli sapeva controllarsi abbastanza da non darlo a vedere. Intuire tuttavia il tremolio delle sue mani fu un qualcosa di estremamente intimo e rivelatorio per la ragazza.

“Chiunque voi siate” disse finalmente questi dopo un lungo attimo “Credo sia ora mio dovere proteggervi”

Preoccupato per l’affare? Fu tentata di rispondere la ragazza ma si trattenne: poter vantare la protezione di nientemeno che il capo dei Kamin era un privilegio non da poco. Sprecarlo per una stupida battuta forse non era la mossa migliore da fare vista l’immanente situazione.

E difatti, nemmeno il tempo di prepararsi alla baraonda che l’intera Carovana fu investita da un nuovo stridio acuto e lacerante, greve avanguardia del boato che subito seguì e del successivo innalzarsi di grida più o meno umane che a esso si accompagnarono.

Era cominciata. Rabbrividì la Nihaar’ì.
Subito si sentì brancare per la mano dal Kamin-Na e sollevare letteralmente di peso sulla sua spalla. Non la mossa più ortodossa che avesse mai visto ma di certo la più rapida per costringerla senza un lamento a uscire dalla tenda e correre all’esterno alla ricerca - immaginò - di un riparo dietro al quale nascondersi.

Mentre usciva dalla tenda ebbe appena il tempo di gettare un’ultima all’ancora rannicchiata e ahimè dimenticata Karin. Ricordò allora di averle gridato qualcosa. Sicuramente il suo nome. E qualcosa di molto simile a una promessa di qualche tipo. Ma in breve assieme al socchiudersi delle tende alle sue spalle, anche il pensiero di Karin e delle sue sfortunate sorti abbandonò la Nihaar’i.

Ansimò, la spalla del Kamin-Na che le premeva a ogni passo sullo stomaco impedendole quasi di respirare.

“Dove stiamo andando?” chiese con un gemito contratto. L’uomo non le badò, evidentemente troppo impegnato a rifilare ordini a destra e manca per darle attenzione. La voce calma e ferma, sembrava quasi immune al panico che vivo serpeggiava già fra gli uomini presenti, una freddezza d’animo tradita solo dall’inumidirsi via via della presa esercitata sul fianco della Nihaar’ì. Poi un’improvvisa svolta e nel campo visivo della ragazza vi furono delle figure nel deserto, nere di penombra, che quasi volando avanzavano di gran carriera in direzione della Carovana già ora accesa di mille e più fuochi. Rapide nel cielo scattarono allora milioni e più di biglie arroventate che per un attimo solcarono la volta celeste in un nugolo di puntini ardenti, luminosi e fischianti come non mai.

Nuova svolta e l’esplosione rombò nell’aria assordando la Nihaar’ì.

Poi una voce.

“Fuga d’amore, caro Kamin-Na?” il brusco arrestarsi dell’uomo per poco non la fece cadere di schiena a terra. A fatica lui la trattenne a sé prima di avvolgerle il fianco anche con l’altro braccio.

“Solo una piccola precauzione nel caso in cui le Ombre riescano a fare breccia nelle nostre difese. Non sia mai che io privi il vostro padrone della sua prima scelta”

Momento di silenzio, probabilmente usato dai loro inseguitori per valutare l’effettiva veridicità delle parole dell’uomo. Poi un vago accenno di sorriso.

Lusefin desidera che la ragazza sia subito portata a lui” “Lusefin ha già con sé il denaro che mi ha promesso?” fu la lapidaria risposta del Kamin-Na. Nuovo silenzio, evidentemente negativo.

“Molto bene dunque” prese nuovamente parola questi, la voce che tradiva una più che palese nota di nervosismo “Dite al vostro padrone che la ragazza sarà sua solo quando vedrò dinnanzi ai miei occhi il suo prezzo in moneta. Fino ad allora ella rimane dei Kamin”.

Una risposta davvero fiera, non potè che notare la Nihaar’ì. Sfortunatamente però non la risposta che gli scagnozzi del mercanti erano pronti ad accettare perché nel breve attimo che seguì la donna fu certa di percepire l’affilato sfregolio di lame estratte.

Male. Chiuse appena gli occhi. Molto male.

E poi ecco il Kamin-Na buttarla improvvisamente a terra ed estrarre con un unico movimento la propria arma prima di slanciarsi all’attacco degli uomini lì schierati. Dimenticata a terra nella confusione generale, la Nihaar’ì si limitò a strisciare rapidamente a terra per raggiungere il riparo più vicino. Una gabbia, per la precisione. Ma in quel caso qualunque cosa sarebbe di certo andata bene.

Vi si accucciò sotto stringendosi al petto la parodia di vesti che ancora tentavano - senza riuscirci - di coprirle meno di un quarto del corpo nudo e attese, le scene della colluttazione fra il Kamin-Na e i due assalitori che sorvolavano il suo campo visivo senza che ella ne prestasse per davvero attenzione.

Qualcosa di assai più terribile attirava in effetti i suoi pensieri. Un qualcosa che suo malgrado percepiva starsi avvicinando lentamente ma inesorabilmente a lei senza che ella fosse in alcun modo in grado di evitarlo. Uno stridio lacerò nuovamente l’aria e con essa ogni traccia di tranquillità che ancora la Nihaar’ì serbava.

Le Ombre l’avrebbero trovata. Si strinse appena di più in se stessa. Era solo questione di secondi, di attimi di...

“Alzatevi!” fu in quella che il volto del Kamin- Na le si parò nuovamente innanzi scuotendola dai suoi pensieri. Era sporco di sangue, notò lei distrattamente. Eppure non sembrava ferito.

Lodò le sue capacità combattive e il suo sangue freddo. Suo malgrado non diede alcun segno di volersi muovere.

Rapida la mano del Kamin-Na le si serrò allora attorno al polso e con un solo strattone la trascinò allo scoperto intimandole senza molte cerimonie di alzarsi in piedi. Eseguì, tanto rigida di paura da non riuscire quasi a respirare. E poi si ritrovò a correre nella mezza oscurità, una nota di panico a distorcere il mondo attorno a lei.

“La difesa sta andando bene” le disse lui mentre si incassavano fra due Gabbie per riprendere fiato. Il sudore gli colava in rivoli fumanti dalle tempie “Ma la cosa migliore da fare per voi è -”

Non riuscì a finire la frase. Dal nulla parve quasi di vedere l’oscurità medesima inspessirsi e con un unico silente fruscio ghermirlo e trascinarlo chissà dove molti metri più in là.

La Nihaar’ì gridò. Lui atterrò senza un suono.

E finalmente eccola, la sua visione, mentre dal nulla l’aria si condensava proprio dinnanzi ai suoi occhi in una gargantuesca massa tutta nodi e oscurità, tutta sibili e stridii. Lacerante, la sua figura prese il posto di ogni altra cosa dinnanzi alla Veggente che, sola, non potè far altro che assistere impotente al risalire della sua paura attimo dopo attimo, istante dopo istante sempre più tangibile e vera.

Dimenticò di respirare. E perfino di coprirsi mentre il “vestito” le scivolava a terra in mancanza di una presa a trattenerla.

E poi di nuovo eccola giungere dal profondo, quella voce. Quella nota d’infinito.

Dove stai andando, Odayn?”

E poi più lenta, grave.

“Non ricordi più la strada? O ti sei semplicemente persa?”

 

Ansimò. E gemette.
E prima di capire come, eccola scalciare la sabbia lontano e con un retrofront degno della più agile
Agves Anaphat (Volpe del deserto) prendere a scappare esattamente in direzione dalla quale era venuta.

Sapeva di stare sbagliando.

Urtò contro il fianco di un carro, l’idea del dolore a infiammarle per un attimo le pareti della mente senza che ella vi prestasse attenzione.

Sapeva che da protocollo la Nihaar’ì avrebbe dovuto affrontare le Ombre e non darsela a gambe a quel modo senza nemmeno provarci -che diavolo- a fare qualcosa di veggentico, ma per qualche validissima ragione sapeva di non potere.

Evitò con un balzo una pila di corde ammonticchiate a terra.

Non poteva affrontare le Ombre. Non ancora. Non adesso.

E poi dal nulla due mani la ghermirono a metà di un nuovo ed emozionante balzo per trascinarla nell’incavo di una struttura non meglio identificata. Gridò, ma scoprì che una di quelle audaci mani le era stata calata proprio sul viso per impedirle dar sfogo a tutta la sua gioia per essere stata trovata. Gridò comunque.

E poi il volto di Matnery fece capolino alla sua destra intimandole di starsene zitta. Si zittì immediatamente, la deduzione che dunque alle sue spalle dovesse esserci Hiras che per qualche ragione le faceva allora salire le lacrime agli occhi. Poi il cacciatore la voltò e schiacciandole il viso contro il proprio petto la strinse in un rapido abbraccio tutto sabbia e tensione. Prima di capire come si scoprì a ricambiare la stretta cominciando a singhiozzare come una bambina.

Era contento di vederla? Si chiese da qualche parte della propria coscienza.

Certo che era contento. Chi non sarebbe stato contento di rivedere la Nihaar’ì? Ribadì un’altra parte della sua mente.

Tutti quelli che ora la famosa Nihaar’ì avrebbe dovuto difendersi al posto di scappare come una ragazzina piagnucolosa. Le ricordò un altro qualcuno sempre nella sua testa ma lo ignorò.

Ora come ora la gioia di ritrovarsi nuovamente in compagnia dei suoi amici era più che sufficiente a distrarla da qualsiasi dovere vero o apparente.

“Dobbiamo andarcene” la richiamò dopo qualche istante Hiras “O le Ombre ci staneranno”

Lei annuì, tuttavia non dando alcun segno di volersi muovere. Lui la scostò allora con gentilezza, le mani ad allontanarla lentamente per riuscire finalmente a guardarla in viso. L’assenza di Velo attraversò come una scossa elettrica il volto di lui che si ritrovò ad abbassare subito lo sguardo verso terra. Anche lei fece lo stesso. Matnery tuttavia pareva di diverso avviso.

“Alcuni Yenavor’ saranno di certo stati dimenticati nella confusione generale” annunciò sbrigativo “Troviamone un paio e andiamocene alla svelta”

Entrambi annuirono, loro malgrado restii a mettere nuovamente il naso fuori da quella rientranza esponendosi così alla baraonda ora onnipresente nel Campo. Così fu Matnery a farsi avanti e cauto guidarli da un nascondiglio all’altro fino al punto ove secondo lui avrebbero trovato gli yenavo’r.

Furono fortunati. Alcuni draghi vagavano abbandonati per il Campo, mezzi impauriti e mezzi frastornati dalle esplosioni, grida e confusione generali.

Matnery ne afferrò uno. Hiras un secondo e spingendola di peso sulla sella pressoché inesistente lo costrinse a partire in corsa.

Manco a dirlo, proprio allora un’Ombra si frappose sul loro cammino. Il ragazzo strattonò il drago. Matnery costrinse il proprio a cambiare direzione. E tutti e due, contemporaneamente, esalarono un disperato “Somma Nihaar’ì!”

Ma la Nihaar’ì era già svenuta da un pezzo, la paura di ciò che avrebbe dovuto - ma forse non potuto - fare a rubarle infine le ultime energie rimastele in corpo e costringendola ad accasciarsi senza un lamento addosso a Hiras.

Qualcuno gridò. Ma era troppo tardi.

Nello stesso istante Carovana, Danzatori e Ombre scomparvero in uno sbuffo di sabbia mentre la Nihaar’ì scivolava suo malgrado come un fantoccio inerte a terra.

  
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