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Autore: thequeens    06/04/2017    0 recensioni
Questa è la storia di due anime sole che, incontrandosi, scopriranno valori di cui non avrebbero mai immaginato l’esistenza e diventeranno, l’una per l’altra, più importanti di quanto si aspettassero.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"Come va con Chuuya?" domandò Oda al ragazzo seduto accanto a lui, prima di prendere un sorso dal suo bicchiere.

"Si lamenta in continuazione perché esco spesso con voi e torno tardi la sera, mi prende a parolacce e a volte non mi parla per ore intere" rispose fissando il bicchiere mentre giocherellava col ghiaccio al suo interno: "A parte questo bene!" aggiunse con entusiasmo Dazai, sorridendo ampiamente. 

"Magari si sente trascurato, gli dedichi abbastanza tempo?" suggerì Oda.

"Non ho voglia di passare del tempo con lui se mi tratta così, sinceramente."

"Perché non gliene parli allora? Dovresti essere più onesto con lui."

Dazai sospirò pesantemente, come annoiato da quella conversazione, e cambiò discorso: "Cosa hai fatto oggi al lavoro?" chiese. 

Nonostante Oda fosse solo il galoppino della Port Mafia, Dazai era sempre curioso di sapere quali mansioni avesse svolto quel giorno. C'era poco da raccontare, eppure il giovane lo ascoltò con attenzione.

"È tardi, dovresti tornare a casa" gli fece notare Oda una volta che ebbe finito di parlare della sua giornata.

"Ma la notte è ancora giovane!" esclamò Dazai con ilarità; stava evidentemente iniziando ad essere brillo.

"Ma tu non vuoi sorbirti le lamentele di Chuuya, o sbaglio?"

Dazai lo guardò deluso ed emise un gemito sofferente. Si alzò dal suo posto con pigrizia e uscì dal locale strascicando i piedi, seguito a ruota da Oda, che ebbe almeno la decenza di lasciare alcuni yen sul bancone.
 
 
 
 

Fu il buio ad accoglierlo quando aprì la porta. Cercò di essere il più silenzioso possibile per non svegliare il suo partner, credendo che dormisse, quando all'improvviso la luce si accese, costringendolo a socchiudere rapidamente gli occhi.

"Ti pare questa l'ora di rientrare?! Dove sei stato fino a quest'ora?!" sbraitò Chuuya, che era rimasto sveglio fino a tardi ad aspettarlo.

"Calma, calma, mi hai sfondato i timpani" si lamentò Dazai: "Ero andato a bere con Odasaku e Ango, come al solito."

Chuuya sospirò irritato e senza dire nulla si diresse verso la camera da letto con l'intenzione di coricarsi.

Sotto le lenzuola, Dazai parve prendere sonno subito, mentre la mente di Chuuya era troppo affollata, non voleva dargli pace né lasciarlo dormire.

Sentiva che Dazai si stava allontanando da lui, lo percepiva anche ora che stavano dormendo dandosi le spalle. Le loro scaramucce, per quanto banali potessero essere, erano diventate sempre più frequenti, passavano sempre meno tempo insieme, ma per quello si poteva anche dare la colpa al lavoro, eppure Dazai riusciva sempre a ritagliare un momento della sua giornata da spendere con Oda, ma non uno da dedicare a lui. 

Come se non bastasse, nonostante le mille raccomandazioni, capitava sempre più spesso che Dazai fosse troppo brillo anche solo per stare in piedi, e che Oda si ritrovasse con il ragazzo sulle spalle a camminare verso l'appartamento che condivideva con Chuuya. 

Ogni sera, quando sedevano tutti e tre in quel bar, Oda gli ripeteva di non esagerare con l'alcol, del resto non aveva nemmeno l'età legale per bere, ma Dazai sapeva di poter fare affidamento su di lui per tornare a casa sano e salvo, perciò non gli dava mai retta. Odasaku era da subito diventato un mentore per Dazai, da quando lo aveva preso con sé, salvandolo almeno temporaneamente dalle grinfie di Mori. Era come una luce che lo guidava in quel mondo dove regnavano le tenebre; sin dal loro primo incontro, quattro anni prima, quando Dazai era poco più che un bambino, gli aveva insegnato tante cose e le sue carezze gentili erano un toccasana dopo aver passato l'intero giorno a subire gli abusi di Mori. 

Quando quella luce guida si spense, Dazai si sentì solo e perso in mezzo all'oscurità.

"Come al solito sei tornato in ritardo..." quella fu la frase con cui lo accolse Chuuya alcuni giorni dopo, sospirando seccato, alzandosi dal divano e dirigendosi in camera da letto.

Dazai, invece, non si mosse, ma rimase fermo sulla soglia della porta, fissando distrattamente il pavimento; il suo silenzio contribuì ad attirare l'attenzione del partner: era consuetudine che si mettesse ad annunciare a voce alta il suo ritorno, e il fatto che non avesse ancora proferito parola fece incuriosire Chuuya ancora di più.

"Che è successo?" gli chiese avvicinandoglisi, senza ottenere risposta. 

"Dazai?" provò ancora.

L'altro si limitò ad evitarlo passandogli velocemente vicino, ma Chuuya ebbe la prontezza di agguantargli il braccio e costringerlo a fronteggiarlo: "Parlami!" gli disse quasi urlando e scuotendolo per le spalle.

"Odasaku è morto" rispose Dazai con una calma disarmante, poi si sottrasse alla presa del partner e si tolse la giacca, lasciandola cadere senza curarsi di dove sarebbe andata a finire e dirigendosi verso l'altra stanza.

"Aspetta un attimo!" esclamò Chuuya raggiungendolo.

Si parò di nuovo davanti a lui, bloccandogli la via: "Come è successo?" chiese. 

Dazai non rispose, gli occhi bassi che fissavano il pavimento. 

Chuuya sospirò piano, per poi stringerlo in un delicato abbraccio, che venne ricambiato dall'altro con una certa urgenza. Dazai stava cercando di apparire freddo, come al suo solito, ma in quel momento l'unica cosa che riuscì a fare fu desiderare nient'altro che calore. 

Abbandonò la testa sulla spalla dell'altro e gli raccontò tutto con voce tremante. Sembrò più volte sull'orlo delle lacrime, ma riuscì a mantenere il controllo persino in quel momento. Non che ci fosse qualcosa di cui stupirsi, dal momento che non piangeva da anni: la Mafia gli aveva totalmente prosciugato ogni briciolo di umanità, quasi a renderlo un involucro vuoto. 

Continuò a sfogarsi ancora per un po' poi, quando ebbe finito, restò per svariati minuti tra le braccia di Chuuya, che lo accompagnò nella loro camera.

Si coricarono l'uno accanto all'altro senza dire più nulla, Dazai che dava le spalle al compagno e quest'ultimo intento a fissare il soffitto, rivolgendogli un'occhiata di tanto in tanto, per assicurarsi che andasse tutto bene, anche se sapeva che non era affatto così; la luce della luna illuminava timidamente la stanza, permettendogli una maggiore visione.

"Ora i nostri uomini stanno ultimando i preparativi e si stanno accertando che tutto vada secondo i piani" disse Chuuya improvvisamente: "Domani, quando avranno finito, ci chiameranno e noi entreremo in azione. Sei pronto?"

"Sì" fece Dazai subito. Ma la sua risposta piatta fu data in modo troppo distaccato perché Chuuya potesse credergli.

Quest'ultimo riprese la parola: "Mi dispiace che sia successo, so bene quanto tenevi a lui..." si bloccò per qualche istante, speranzoso che Dazai desse segni di vita, ma l'unica cosa che ottenne fu il suo silenzio.

"Come ben sai..." ricominciò a parlare Chuuya, girandosi verso di lui: "Anche a me sono morte persone care. Posso capirti perfettamente."

"No, non puoi capirmi" gli rispose Dazai, sempre continuando a dargli le spalle.

"Ti conosco da quattro anni, certo che posso" fece l'altro, cercando di non irritarsi.

"Chuuya?"

"Dimmi."

"Per quanto tu possa sforzarti, non potrai mai capirmi davvero. Nessuno può e nessuno potrà mai" disse Dazai malinconicamente.

Chuuya restò silenzioso per svariati istanti, poi costrinse il partner a guardarlo in faccia: quelle sue affermazioni lo stavano facendo innervosire, decise che avrebbe preso in mano la situazione facendogli un discorso motivazionale, ma tutta la sua convinzione svanì quando, con gli occhi, incontrò il suo sguardo triste.

A quel punto, improvvisamente, si rese conto che senza Oda, Dazai era completamente perso; capì che tutta la sua brutalità e indifferenza erano, in realtà, solo delle maschere e che il vero Dazai non era altro che un ragazzino spaurito costretto troppo presto a diventare nientemeno che un mostro.

"Mi viene da ridere" disse Dazai atono: "Io sono il primo che uccide, ma quando muore qualcuno a me caro me la prendo. È strano, non ti pare?" chiese, fissando Chuuya dritto negli occhi.

"È... normale, credo" rispose quest'ultimo poco convinto, anche se sapeva bene che era solo una domanda retorica.

"No, non è normale... è davvero ipocrita. Sai cosa meritano gli ipocriti?"

"Dazai..."

"La morte!" esclamò Dazai, con un tono inadeguatamente allegro; il sorriso che comparve sulle sue labbra dopo fece inquietare non poco Chuuya, che aveva già capito dove l'altro volesse andare a parare.

Senza dire nulla si avvinghiò attorno alla sua vita: "Adesso basta", gli sussurrò.

"Ma io voglio morire, Chuuya" disse Dazai, tornado improvvisamente malinconico: "Lo voglio ora più che mai."

"Qualunque cosa tu voglia fare stanotte... non farla. Ammazzarti non riporterà indietro il tuo amico."

"Lo so. Ma almeno non sentirei più nulla."

"Ti ho di smetterla. Mettiti a dormire ora, domani ci aspetta una missione molto importante" disse l'altro, appoggiandosi al suo petto per dargli calore e rendendosi sensibile ad ogni suo movimento, sperando non andasse in giro per casa di notte alla ricerca di qualcosa con cui suicidarsi; ma Chuuya era talmente stanco che non si accorse minimamente di quando Dazai riuscì delicatamente a sfilarselo di dosso, dopo aver passato quasi due ore a riflettere su quella decisione, che avrebbe portato a un cambiamento drastico, ascoltando il respiro calmo del partner.

Si fermò a guardarlo per un po', prima di vestirsi velocemente. Provò un moto di tenerezza: gli era sempre piaciuto osservarlo mentre dormiva, e alla consapevolezza che non l'avrebbe più rivisto non poté non provare una leggera malinconia.

Una volta varcata la soglia di casa, avrebbe perso tutto ciò che aveva ottenuto in quei quattro anni, ma si accorse che non gli importava poi così tanto: dopo aver perso Oda niente aveva più un senso, quindi tanto valeva ricominciare una nuova vita.

(Oh, Chuuya. Hai tanta paura che io vada ad ammazzarmi, ma questa mia decisione è un vero e proprio suicidio: è la morte del vecchio Dazai, quello bastardo e spietato, ma è anche la rinascita un uomo nuovo.)

Si avvicinò lentamente a lui.

(Insieme a te ho passato tanti bei momenti, ma da oggi in poi non ne avremo più. Ti sto abbandonando, so già che mi odierai a vita per questo. Ma cerca di capirmi e, ti prego...)

"... perdonami" sussurrò, senza neanche rendersene conto.

Gli accarezzò delicatamente una spalla, poi, a passo lento, cercando di non fare rumore, lasciò l'appartamento.

La mattina seguente, un suono assordante fu la prima cosa a penetrare nelle orecchie di Chuuya, che lo fece svegliare di colpo, ma in quel momento non ci fece troppo caso; era troppo rintronato dal sonno e, inoltre, pensò si trattasse di qualcosa di molto pesante caduto chissà dove in strada.

Aprì gli occhi e diresse lo sguardo verso l'altro lato del letto: notò che Dazai non era lì. Si alzò di scatto, ripensando alle sue parole della sera precedente e cominciando ad immaginarsi tutte le fini che avrebbe potuto fare. 

In casa non c'era. Aveva controllato in tutte le stanze, era uscito sul pianerottolo, si era affacciato dalla finestra, ma di lui non c'era traccia, non aveva nemmeno lasciato un biglietto o un messaggio. Avvertì una forte stretta allo stomaco, insieme ad un brutto, orribile presentimento. Si vestì velocemente e uscì. 

Di improvviso capì da dove era venuto il forte rumore che l'aveva svegliato quella mattina: la sua macchina, la sua adorata macchina, parcheggiata fuori casa, era completamente a pezzi. Una bomba, pensò, quando si avvicinò a quell'auto ormai da buttare. Probabilmente un membro di qualche banda rivale aveva voluto giocargli un brutto scherzo.

(Maledizione.)

In quel momento era l'ultima cosa di cui riusciva a preoccuparsi, i soldi non gli mancavano di certo, ma si era affezionato a quella macchina, regalatagli da Dazai stesso per il suo diciottesimo compleanno.

Sospirò irritato, decise che sarebbe andato a piedi a cercare il partner.

Fece un rapido giro tra le strade di Yokohama, provò a telefonargli, ma non rispondeva, arrivò fino in periferia e controllò ovunque, ma non trovò né lui né il suo cadavere; almeno questo gli diede un minimo di sollievo. C'era ancora la speranza non si fosse ammazzato.

(E se si fosse buttato nel fiume?)

Di certo non avrebbe potuto controllare lì.

Non aveva più idea di cosa fare, si passò le mani tra i capelli, innervosito; improvvisamente il suo cellulare squillò. Rispose velocemente, senza neanche controllare chi fosse a cercarlo: "Dazai!"

"Chuuya, sono Mori."

(Merda.)

"Sono tutti pronti, mancate solo tu e Dazai. Buon lavo-"

"Dazai è scomparso!" urlò Chuuya: "Non so dove diavolo sia finito, è... lui è..."

"Non sarà mica andato ad ammazzarsi proprio ora, vero?!" tuonò Mori.

"Non lo so, cazzo!"

"Maledetto idiota, qui salta tutto!" sbraitò ancora il boss: "Vieni al quartier generale, ti darò i miei uomini per aiutarti a cercarlo; ma senza di lui non si può fare nulla, ci tocca battere in ritirata."

Sentì il boss terminare la telefonata, prevedibilmente iracondo.

In quel momento sentì anche lui un moto di rabbia impotente farsi strada nel suo petto, ma cercò di contenersi e si avviò verso il quartier generale.

Una volta che ebbe preso gli uomini di Mori al comando passò tutto il resto della giornata a cercare Dazai; da una parte la voglia di ritrovarlo, dall'altra l'ansia di ritrovarlo morto.

Per quale motivo lo aveva fatto? Erano, sì, anni che desiderava la morte, ma perché non gli aveva neanche lasciato un ultimo saluto?

Per tutto il giorno quei pensieri lo tormentarono, ma, dentro di sé, sperava che Dazai fosse solo andato in un'altra città, magari in pieno stato confusionale e, magari, che sarebbe tornato qualche giorno dopo.

Le ricerche finirono a tarda sera, senza risultato.

Tornò sconsolato a casa, il cuore pesante e lo stomaco chiuso dalla paura; si rese conto di non averlo neanche salutato la sera prima, abituato com'era alla sua presenza.

Nei giorni passati insieme non aveva fatto altro che lamentarsi con lui, a volte rovinando quei momenti che dava per scontato; spesso e volentieri non faceva altro che trattarlo male e prenderlo a parolacce.

Ripensare a tutto ciò gli fece venire un forte senso di colpa; ma la cosa che lo colpì più di tutte, e che realizzò solo in quel momento era che, in quegli anni, non gli aveva mai detto che lo amava. Glielo aveva spesso dimostrato con i gesti, ma mai esplicitato a parole, sebbene molte volte ne avesse avuto voglia.

E, ora che lo aveva perso, probabilmente per sempre, il rimorso di quelle mancanze si fece sentire più forte che mai.

Quella sera non cenò; senza neanche spogliarsi si abbandonò sul letto, distrutto; non si accorse nemmeno che, con gli occhi umidi, si stava addormentando abbracciando il cuscino.



Angolo Autrici
Ci scusiamo davvero tanto per essere mancate giovedì scorso, ma non siamo state a casa per alcuni giorni, perciò non abbiamo potuto pubblicare, né scrivere nulla :c
Speriamo comunque di esserci fatte perdonare con questo capitolo e ci teniamo ad annunciarvi che, purtroppo, col prossimo capitolo chiuderemo il sipario.
Alla prossima,
A&G

 
   
 
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