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Autore: Matih Bobek    08/04/2017    0 recensioni
Flower è una ragazza di ventidue anni, appena laureata e in cerca di un lavoro. Conduce un'esistenza semplice nella sua città, circondata dalle amiche di sempre e ha passato la vita china sui libri di scuola per costruirsi un futuro.
La madre di una sua amica, la signora Ondrak, le offrirà di accudire il figlio maggiore, una creatura a metà tra un lupo ed un essere umano. Flower accetterà la mansione perché lautamente pagata.
Bryan, il ragazzo lupo vive in una magione abbandonata in un bosco e conduce una vita selvaggia. Flower dovrà vivere con lui sei giorni su sette, preparagli i pasti, istruirlo sulla vita degli esseri umani, educarlo e risvegliare la parte umana che è in lui. Ma la famiglia Ondrak nasconde segreti ben più grandi e ben più terrificanti.
La storia è una rivisitazione in chiave moderna e grottesca della nota fiaba "La bella e la bestia".
Genere: Avventura, Commedia, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO 9 

Le giornate trascorsero veloci, si susseguirono ognuna uguale alla precedente. Dopo il brusco inizio, sembrava che il rapporto con Bryan si fosse stabilizzato. Le lezioni procedevano bene, notavo dell'impegno da parte sua, anche se i risultati non erano molto soddisfacenti. Durante i pasti si riusciva a conversare, pur non arrivando mai a toccare argomenti realmente interessanti. Al telefono, informai i miei che domenica non sarei potuta venire. Nascosero il dispiacere con delle frasi di circostanza, e io feci altrettanto. Pam non rispose mai al messaggio, non sapevo nemmeno se l'avrei vista domenica, mentre Meg, dopo quella notte, si era fatta sentire poche volte e solo per messaggio. Mi mancavano, mi mancavano tutti. Mi sentivo terribilmente sola e la monotonia delle giornate trascinava con sè un vago senso di noia che si faceva via via più acuto. 
Quando gli Ondrak arrivarono, quella domenica, io mi ero svegliata da poco. Bryan rimase di fronte alla porta di ingresso ad attenderli trepidante, come un bimbo che aspetta i genitori tornare a casa. 
Ero in cucina a bere il caffè quando sentii suonare il campanello. Mi alzai per aprire la porta ma Bryan mi superò in velocità, aprì la porta e si fiondò tra le braccia della madre che lo carrezzò come fosse un cucciolo di labrador. Con grande stupore notai che c'era anche Pam, subito dietro al signro Ondrak. In realtà rimasi alquanto sorpresa della presenza di entrambi. Sapevo che la vicinanza di Bryan produceva una regressione imbarazzante per gli uomini. Pam mi salutò con un cenno sommesso piegando di poco il labbro. Io ricambiai il saluto.
" Cara Flower, che sorpresa! Questa casa splende!"
Lo credevo bene, nel fine settimana mi ero dedicata alla pulizia accurata di ogni stanza. 
" Ti vedo un po' sciupata, stai mangiando?"
" Sì, non si preoccupi." Mantenni un certo distacco. Non mi ero dimenticata come ero stata trattata per ben due volte al telefono.
" Oggi puoi riposarti e passare un po' di tempo con Pam, io mi dedicherò alla cucina. Voglio farmi perdonare per il tono brusco delle nostre ultime... chiacchierate. Pranzeremo tutti insieme."
L'annuncio risuonò come un ordine. Sorrisi e feci un cenno di approvazione con la testa, dopodichè invitai Pam in stanza, le volevo parlare.
Eravamo in camera e si respirava un palese imbarazzo. Rimase in piedi al centro della stanza tenendosi le mani nelle mani.
" Be' che fai, non ti siedi?"
" Non è la mia stanza."
" Non avrai mica bisogno dell'invito ufficiale?" Le avvicinai la sedia e mestamente si mise a sedere.
" Devo essere onesta Pam, non mi aspettavo di vederti oggi e..."
come faceva ogni volta che avvertiva di essere giudicata o rimproverata, non mi lasciò parlare, si allacciò ad ogni pretesto possibile per attaccarmi e assunse un'insopportabile atteggiamento aggressivo-passivo.
" Che vorresti dire scusa? Mi stai dicendo che io non tengo alla nostra amicizia? Molto poco carino da parte tua."
" No, se mi lasciassi finire di parlare, sapresti che voglio dire tutt'altro.."
" Guarda che mi hai interrotto tu." Avevo già malditesta, non sopportavo i suoi capricci da bambina viziata.
" Allora, facciamo così: inizio io, poi mi rispondi tu"
Non attesi nemmeno il suo consenso e iniziai a parlare:
" Dicevo, non mi aspettavo saresti venuta, ma mi fa molto piacere che sei qui. Onestamente, spero che tu abbia riflettuto sull'atteggiamento che hai avuto nei miei confronti e..."
" Non ho niente di cui scusarmi"
" Addirittura tua madre ha riconosciuto di aver avuto dei toni bruschi..."
le feci notare, e feci centro. Si addolcì improvvisamente e lasciò cadere quel brutto muso imbronciato e stizzito che si era dipinta in volto.
" E' che quando si tratta di Bryan sono molto suscettibile. Mi rendo conto che è stancante e spesso è offensivo, maleducato, ma è mio fratello. Il nostro rapporto si è incrinato molto, ma da quando non c'è a casa a me manca, e manca tanto." Quelle parole toccarono le mie corde. Mi fecero pensare a Lea, la immaginai sul tavolo della cucina a studiare. Poi però mi chiesi come potesse mancarti uno come Bryan. 
" Lo capisco" dissi.
" E' la prima volta che rimaniamo seperati così a lungo, è un fratello ti manca, anche se la vita con lui era difficile."
"La prima volta?" Ricordavo con precisione il racconto della signora Ondrak, Bryan fino ai dieci anni era rimasto in un allevamento di cani-lupo cecoslovacchi. E Pam doveva aver avuto all'incirca otto anni, abbastanza per ricordarsi di aver vissuto con lui.
" Sì, la prima volta."
" Scusa, ma non è stato in un allevamento fino ai dieci anni?"
" Come? Ah, sì, sì certo, intendo la prima volta da allora."
Mentì. Mi dava l'impressione di una bambina a scuola di teatro che non poteva ammettere di non aver memorizzato la sua parte per paura di essere punita dalla maestra.  Era agitata tutt'ad un tratto, si contorceva le mani.
Ero sul punto di tempestarle di domande, sapevo sarebbe crollata, ma sentimmo bussare alla porta:
" Ragazze, tra venticinque minuti scendete, dovete apaprecchiare la tavola."
Pam approfittò della distrazione per aprire un nuovo argomento:
" Sai, ho conosciuto un ragazzo!"
" Ah dai, sono contenta, e chi è?"
" E' un ragazzo che abita qui vicino, l'ho conosciuto ad una festa troppo divertente l'altra sera. Stavo ballando con un vodka lemon in mano, sai, è il drink adatto per certe situazioni, quando mi si avvicina questi tizio e mi chiede di ballare."
" Bell'approccio." Mentii. Mi lasciò alquanto indifferente. " E tu che hai fatto?"
" Che dovevo fare? Quello che fanno tutti, ho ballato!"
" Ma questo chi è?"
" Era il proprietario di casa, pensa, fa feste almeno una volta a mese. Lo considerano un figo."
" E cosa fa nella vita oltre a organizzare feste a casa sua?"
" No no, la casa mica era sua, era dei suoi genitori, solo che non c'erano. 
Comunque è uscito dal liceo l'anno scorso e non sa se studiare o lavorare."
" Ah, quindi è più piccolo di noi."
" No, è più grande, ha venticinque anni."
" Ah... e... a te piace, no?"
" Non è un granchè e mi annoia quando parla, però per tutti è un figo."
" E quindi?"
" Niente, ci sto uscendo, vedo come va, potrebbe essere quello giusto!"
" Ma hai detto che non ti piace?"
Veramente mi stavo sforzando di capire la sua logica, ma non ci riuscivo. 
" Eh ma il tempo stringe, devo trovarmi un ragazzo".
" Ma perché? Non c'è mica un scadenza da rispettare!"
" Be', come no, i figli? Il matrimonio?"
" Mi sembra un po' presto per parlarne, e comunque dovresti fare questi passi con una persona che ami, non con uno che gli altri credono sia figo."
" Ecco perchè rimarrai zitella."
" Può darsi, ma sarò felice perchè lo avrò scelto io."
Finita la conversazione scendemmo le scale per andare ad apparecchiare la tavola, come ordinato dalla signora Ondrak. Ripensavo al discorso che mi fece Pam, non aveva minimo senso. Si stava frequentando con un ragazzo solo perchè acclamato dagli altri. Ma poi gli altri chi? Mi sembrava un ragionamento adatto ad un ragazza di quindici, sedici anni, ma non ad una di venti e passa. E perché tutta questa fretta di sistemarsi? Era giovane, con tante, troppe cose di cui fare esperienza, ancora.
La signora Ondrak ci aspettava in cucina, aveva preparato il tavolo con tovaglia, posate e bicchiere, aspettava solo che noi le sistemassimo.
Iniziai a mettere la tovaglia quando lei mi fermò e mi disse che non avremmo certo mangiato in cucina, ma nella sala principale. 
Mi sembrava un po' esagerato, saremmo entrati anche nel tavolo in cucina, ma non feci commenti, mi limitai a seguire le sui indicazioni.
Io e pam stendemmo la bella tovaglia dorata lungo tutto il tavolo, poi andai a brendere posate, salviette e bicchieri. Di nuovo, la signora Ondrak mi bloccò:
" Non vorrai mettere tutto sulla tovaglia di seta?"
" E dove allora?"
" Be', devi stendere sopra un'altra tovaglia, altrimenti quella si rovina!"
"... Ma allora perchè l'abbiamo messa se ne serve un'altra ancora?"
" Perchè decora, rende l'ambiente più piacevole."
Non contestai nemmeno questo, ma mi sembrò folle.
Disponemmo tutto il necessario sulla tavola, stavolta senza interruzioni, ma mancavano ancora i piatti, caraffe d'acqua, vino, e secondo la signora Ondrak, dei candelabri da mettere a centro tavola.
Mi sembrò opportuno chiamare sia il signor Ondrak sia Bryan, in modo che dessero anche loro una mano, ma non li vedevo da nessuna parte.
" Lasciali pure dove sono, questo è un compito da donne."
" Be', una mano ci farebbe comodo, e sarebbe utile anche a Bryan..."
" Ho detto di no." Rispose stizzita la signora Ondrak.
Desistetti, ma, anche in questa occasione, non mi sembrò un ragionamento molto opportuno. 
Era quasi pronto, i due maschi della famiglia rientrarono. Dal fiatone e dal fango sui vestiti capii che dovevano essere rincorsi in giardino. Bryan andò in cucina, sentii la madre rivolgersi a lui con versi di ammirazione che di solito si concendono solo ai bambini. Pam era sul divano a messaggiare col telefono, probabilmente con il tizio "figo" conosciuto alla festa. Il signor Ondrak invece si stava riposando seduto su un gradino della scala.
Con il pretesto di offrirgli del vino mi avvicinai a lui e dissi:
" Si segga pure sulla sedia, starà più comodo."
" Non ti preoccupare, sto bene qui."
" Pensavo non dovesse stare troppo a contatto con Bryan" dissi abbassando notevolmente il volume della voce.
" Ma lei vuole così..."
" Cosa?" Chiesi sbalordita da questa affermazione.
" Così può controllarmi meglio..."
" Tutti a tavola!"
La signora Ondrak dispose sul tavolo piatti colmi di cibo. La tavola era imbandita con il meglio che la casa potesse offrire. 
Mi misi a sedere, impugnai con delicatezza la forchetta, augurai a tutti un buon appettito e cominciai a mangiare. La signora Ondrak con un colpo di tosse richiamò la mia attenzione su di lei poco prima che inserissi la forchetta in bocca. 
" Cara, prima la preghiera."
" Ah... ecco vede, io sono atea e..."
" Non ti preoccupare, anche noi."
" Ah...E allora perchè bisogna fare la preghiera? Potremmo, non so, iniziare a mangiare, così..." pronunciai questa frase titubando, come se mi stessi inoltrando in un campo minato senza protezioni. Questa lunga sequela di
azioni insensate mi lasciava tramortita e confusa.
" Non dire sciocchezze, ogni famiglia che si rispetti dice una piccola preghierina prima di cominciare il pasto! Vuoi dirla tu Pam?"
Pam si alzò, giunse le mani in preghiera e con gli occhi chiusi
cominciò a recitare un sermone vacuo intriso di ovvietà sulla spiritualità e ringraziamenti di plastica ad una divinità in cui nessuno lì a tavola credeva.
Iniziammo finalmente a mangiare. La signora Ondrak  conversava su ogni piccola inezia, guidando la discussione a tavola. Pam partecipava alla discussione con l'aria spaventata di una ragazzina all'interrogazione di latino, temendo che al primo errore la professoressa potesse metterle quattro e rispedirla a posto. Il signor Ondrak era silenzioso ma inquieto, mangiava a fatica, non riusciva ad impugnare le posate, a guardarlo faceva tenerezza. 
La moglie di tanto in tanto mentre interloquiva con me o Pam, le uniche interessate o che sapevano fingere interesse alle sue parole, gli correggeva la postura, guidava le sue braccia in modo da centrare la bocca con la forchetta e lo ripuliva qualora fosse sporco.
" Forse è stato troppo a contatto con Bryan" dissi interrompendo l'amabile conversazione tra Pam e la madre riguardo il modo opportuno di vestirsi e truccarsi ad una festa tra giovani adolescenti. La signora Ondrak mi guardò 
con tutto il disappunto che sapeva trasmettere con i muscoli del viso. Pam abbassò lo sguardo e si mise a mangiare in silenzio, mentre il padre vagava distratto in una realtà parallela. Bryan era così intento a gustarsi il piatto prelibato, preparato dalle amorevoli mani della madre, che non fece nemmeno caso alle mie parole. 
" Questo non è affar tuo, Flower."
" Senza dubbio non lo è, ma non capisco come mai esporlo per così tanto tempo alla presenza dannosa di..."
Mi zittì violentemente.
" Stiamo mangiando e conversando amabilmente, come tutte le famiglie normali."
" Quello che voglio dire è..."
" Quello che vuoi dire lo so, e non mi interessa. Non ti riguarda e non ho spiegazioni da fornire a riguardo."
" Sì, ma..." insistetti di nuovo, al che la signora Ondrak sbattè il pugno sul tavolo e urlò con voce grave e profonda.
" Basta così. La tua indisponenza inizia a scocciarmi."
Non dissi più nulla. Consumai il mio pasto facendo finta di seguire l' ennesima conversazione frivola tra le due, poi sparecchiai e mi misi a lavare i piatti. L'acqua scivola sulla porcellana e mi bagnava la pelle. Nel suo costante scroscìo mi riusciva facile abbandonarmi ai pensieri, e ne avevo tanti per la testa. Quanti segreti mi nascondevano gli Ondrak? Perchè la signora Ondrak sottoponeva di proposito il marito alla presenza del figlio, pur sapendo gli effetti disastrosi? Bryan era stato veramente allevato dai lupi? Pam non sembrava al corrente di questa storia. Ma come faceva a non ricordarsi che per anni non aveva visto il fratello? Chiusi il rubinetto e con il cessare del flusso dell'acqua sul metallo, smise anche il fluire dei miei pensieri. La signora Ondrak entrò in cucina, si assicurò con discrezione che non ci fosse nessuno e mi si avvicinò:
" Cara, questo è il tuo stipendio della settimana. Il compenso pattuito con un 'aggiunta di cinquecento euro per la domenica fuori programma."
" La ringrazio."
" Non avrei dovuto aggiungerla, data l'insolenza mostrata oggi. Ma voglio pensare sia stato un errore dettato dall'inesperienza a trattare con persone di un certo rango..." Ogni sua parola grondava autocompiacimento e superbia.
Avrei voluto ribattere, prendere il coperchio della pentola e sbattergliela sul muso.
" ... Del resto, capisco che tu non sei abituata. Ma sei qui per questo."
Cosa voleva dire? 
" Signora Ondrak..." dissi digrignando i denti per l'offesa subita.
" No, cara, non dire nulla. E da ora in poi chiamami, Virginia. Sei di famiglia, adesso." 
Sorrise, voltò le spalle, chiuse la porta dietro di lei e se ne andò.

                                            *****
Andai in camera mia a stendermi sul letto per riposarmi. Il nervosismo accumulato durante l'intera mattinata mi aveva  stancato terribilmente. 
Era trascorsa una settimana appena e già non sopportavo più di stare in quella maledetta casa, e quella famiglia, così affettata nei modi, così intrappolata in rituali senza senso, mi dava il voltastomaco. Non li sopportavo. Mi rendevo conto di non sopportare più molto nemmeno Pam. Come uno specchio  affisso ad una sola parete, rifletteva con cura e precisione solo e soltanto il pensiero della madre, senza i filtri necessari dovuti alle loro differenze, di età, di contesto, di personalità. E la madre era folle. In ogni cosa che faceva. Si aggirava come una regina e disponeva ogni cosa secondo il suo volere. Qualsiasi persona nuotasse contro la corrente delle sue decisioni, veniva annientata. Dovevo ammettere che, anche se con insolenza, mi ero saputa difendere bene e l'avevo contrastata con una certa sfrontatezza. La realtà è che gli argomenti di cui si fasciava erano deboli, e lo sapeva bene anche lei, ma la sua aurea intimidatoria preveniva ogni opposizione esterna. Ma io non mi lasciavo intimidire, però ero pur sempre una sua dipendente, come lei stesse tenne a sottolineare, volente o meno, e
dovevo stare al gioco. Il lauto compenso che riempiva la busta sul comodino accanto a me mi ricordava perchè stessi lì. Inghiottii il rospo e pensai ad altro. D'un tratto il silenzio che regnava in quel pomeriggio domenicale venne rotto dal passo sicuro e deciso di Virginia. Pensai sarebbe venuta a bussare alla mia porta, invece voltò l'angolo, si diresse verso il corridoio che avevo percorso al buio la prima notte nella magione, spaventata dall'ulutato di bryan. Ad un tratto si fermò. Ebbi come un'improvvisa illuminazione. Era di fronte alla porta da cui sentii provenire i gemiti. Uscii piano piano dalla mia camera, senza emettere alcun rumore. La spiai dall'angolo del corridoio prestando la massima attenzione ad ogni parola:
"Ti ho portato il pranzo." La sentii dire duramente. Da dentro la stanza sentii provenire versi non distinguibili, lamenti angoscianti e il cozzare a terra del metallo. Pensai a della catene. Qualsiasi persona  o cosa ci fosse lì dentro, era legata.
" Smettila di lamentarti. Tra poco sarai libera."
 La voce gracchiò un suono che riuscii a comprendere.
" Quando?"
" Tra molto poco."
Rabbrividii. Percepii dentro di me la sensazione che tra quello breve scambio di parole, aleggiasse il mio nome. 
Tornai in camera mia per paura che Virginia mi avrebbe scoperto e decisi di vederci chiaro in quella faccenda. Presi il telefono e chiamai Meg:
" Meg, devo parlarti."


   
 
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