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Autore: TheLoneDarkness    08/04/2017    1 recensioni
Il Sangue di Drago è ormai leggenda, Skyrim non è più quella di un tempo, l'orgoglio nord è sopito ormai, ma non distrutto. Saewen è una ragazza che vive a Solitude, sembrerebbe una comune ragazza, se non presentasse tratti tipici di Aldmeri e Nord. Sebbene la ragazza non sia una nord, trascorre molto tempo a immaginare le storie del passato, ascoltare leggende sul Sangue di Drago e a sembrare una nord. In un clima di tensione tra Impero e Thalmor, ribellioni e il ritorno di alcuni draghi, quale ruolo avrà questa fanciulla? E soprattutto, quale legame ha con Alduin e il Sangue di Drago?
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Si avvicinò di nuovo alla bandiera. Lei era nata trenta anni dopo gli eventi del sangue di drago e della guerra civile, dieci anni dopo la seconda guerra, perciò non aveva mai visto la Skyrim di un tempo, non conosceva le leggende e la cultura di quel paese, che gli Aldmeri avevano messo a tacere. Quello che conosceva, lo sapeva per aver ascoltato alcuni bardi nelle taverne, ma non era certo che quello che raccontavano fosse vero: ormai il sangue di drago era diventato una leggenda e le sue gesta erano state talmente cantate da essere in parte inventate.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alduin, Altri, Vilkas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- La tomba di un drago -
 
 




 
Si svegliarono il mattino presto. Il cielo era plumbeo e non lasciava presagire nulla di buono. Seorith era ancora assopito quando vennero a svegliarli. Saewen dette un’ultima occhiata all’accampamento di giganti e riprese la marcia. Si allontanarono lentamente da Rorikstread.
Il sentiero si dipanava in dolci curve che affiancavano le numerose rocce e i tanti rilievi di Skyrim. Saewen non avrebbe mai immaginato che ci fosse cotanta pianura: credeva che Skyrim fosse una distesa di colline e rilievi. Il sentiero lastricato era a tratti poco curato e vi cresceva dell’erba che però non ostacolava la vista della strada. Saewen notò la mancanza di fiori: ogni tanto faceva capolino tra gli alti fusti erbosi qualche fiorellino bianco, ma nulla di più. Il paesaggio verde scuro attorniato dalla bruma e coperto dal cielo plumbeo dava un tocco tetro a Skyrim. La ragazza avrebbe preferito paesaggi più verdeggianti come quelli delle fiabe che tanto amava.
 “A Solitude nevicava quasi tutto l’anno”, rifletté ad alta voce mentre osservava la assenza di fiocchi di neve.
 “Solitude si trova all’estremo nord”, puntualizzò Seorith mentre si riscaldava con un fuoco fatuo, “Nondimeno si soffre il freddo pure qua”
Saewen scrollò le spalle.
 “Sono abituata a temperature peggiori”
Seorith la guardò in cagnesco.
 “Vieni dal Falkreath?”, gli chiese Saewen.
 “Da Whiterun”
 “E come sei finito a Falkreath?”
 “Non sono affari tuoi. Noi maghi viaggiamo molto: i più ambiziosi come me desiderano lavorare alla corte degli jarl, perciò devono mostrare loro tutte le capacità che possiedono”
 “Ti devi essere allenato a lungo visto che hai raggiunto tale obiettivo”
Il petto di Seorith si gonfiò d’orgoglio. Evidentemente gli piaceva vantarsi. In effetti, Saewen non aveva mai incontrato un mago umile. Tutti quelli alla corte di Solitude erano sempre stati presuntuosi e pieni di sé.
 “Ho studiato molto presso l’Accademia di Winterhold e sono stato per un po’ di tempo il braccio destro dell’Arcimago. Ho prestato molti servigi anche alla città, aiutandola in parte a risollevarsi. I miei anni di dedito studio sono serviti”.
 “Hai impiegato anni di studio per creare un fuoco fatuo?”, lo schernì Saewen, “Io non ho studiato magia, ma so fare incantesimi come quello che hai visto l’altra sera, e posso ricaricare la mia magicka. Tu puoi fare questo? Non credo proprio”
Anche a lei piaceva vantarsi, ogni tanto, soprattutto coi tipi presuntuosi.
Seorith emise un verso di stizza.
 “Tu sai provocare una valanga? Formulare un incantesimo di difesa? Evocare creature e non morti? Manipolare la realtà a tuo piacimento?”, le chiese con una nota d’irritazione nella voce.
 “Posso imparare”
 “Basta voi due”, li rimproverò Kiytald, “Un po’ di silenzio”.
Saewen obbedì al soldato e tacque. Si guardò intorno, ormai il paesaggio le sembrava sempre uguale, finché non notò qualcosa.
 “Cosa è quello là?”
Saewen indicò un alto obelisco di pietra circondato da quattro pietre disposte agli angoli di un quadrato.
 “Quello è il monumento di Gjukar”, spiegò Kiytald.
 “Gjukar?”
 “Esatto. Era il comandante di un plotone durante una guerra avvenuta molto tempo fa, prima della guerra civile. Molto, molto tempo prima. Venne assassinato in quel punto dopo essersi accampato coi suoi soldati. Era stato un comandante molto valoroso, perciò è stato eretto quel monumento in suo nome”
 “Dovresti studiare anche storia”, disse Seorith.
Saewen non rispose alla provocazione.
 “Sei abbastanza loquace, oggi? Cosa c’è, Seorith, hai fatto amicizia?”, disse Kiytald con una nota maligna nella voce.
 “Affatto. Ma dopo ieri tengo a sottolineare la mia superiorità. È irritante pure per me parlare con chi non è degno”
Saewen non rispose, ma si perse ad osservare due figure che stavano correndo nella loro direzione.
 “Ah, lupi”, disse Kiytald, “Pensaci tu, Seorith. La signorina non ha avuto una buona esperienza con loro”
Seorith si allontanò dal gruppo e si avvicinò alle bestie nere, pronunciò un incantesimo che Saewen non riuscì a sentire e quasi istantaneamente sull’erba si disegnarono due rune viola. I lupi non ci fecero caso e le calpestarono, venendo folgorati dalle scintille. Morirono sul colpo.
Saewen vide Seorith accucciarsi per prelevare qualcosa dalle creature, forse un ingrediente alchemico. Kiytald lo richiamò e il mago dovette rinunciare a completare l’operazione.
Continuarono a percorrere il sentiero: a detta di Kiytald non ci sarebbero dovuti essere accampamenti di banditi nelle vicinanze, e i predoni isolati non avrebbero attaccato il seguito di uno jarl protetto da molti soldati. Di questo, Saewen non ne era certa. In fondo li avevano attaccati il giorno prima, e poi la speranza di un bottino ricco forse avrebbe indotto i malintenzionati a rischiare la propria vita.
Seorith mise in una borsetta che portava a tracolla un’ampolla. Saewen non riuscì a vedere cosa contenesse.
 “Cosa hai preso?”
Il mago non rispose. Erano evidentemente tornati alla loro relazione di partenza.
Più si allontanava da Solitude e più ne sentiva meno la mancanza, anzi, era desiderosa di esplorare il mondo che la circondava: che fosse merito di un ipotetico sangue nord che scorreva nelle sue vene? Inoltre, era insensato pensare al passato: un nuovo futuro la attendeva, e riflettere su cosa sarebbe potuto accadere se fosse rimasta a Solitude non avrebbe portato a nulla. era il momento di iniziare una nuova vita, una nuova vita in un luogo lontano dalle terre dei Thalmor, in un luogo che paradossalmente poteva definirsi libero, almeno più dei territori del nord estremo. Pensandoci bene, tutto pareva un grande paradosso: una volta, molti nord avevano combattuto strenuamente per la libertà contro l’impero, ritenuto emblema di privazione. Avevano combattuto per i loro diritti, tra i quali quello di poter professare liberamente la loro fede in Talos, cosa che gli imperiali avevano loro proibito a causa di un trattato di cui Saewen non ricordava il nome, però aveva a che fare con l’oro. D’altronde, le conoscenze della ragazza erano limitate ai canti dei bardi e a pochissimi libri, non aveva una cultura approfondita. Tuttavia, Saewen sapeva bene che in quel momento i nord avrebbero di gran lunga preferito sottostare all’impero, vanificando ogni sforzo e ogni morte dei loro antenati. I tempi però erano cambiati, nulla era andato come previsto, e molti nord si erano arresi a quella che a loro sembrava la realtà dei fatti. Non sembravano più gli eredi di quegli eroi antichi, coraggiosi e impavidi, nemmeno di quel Gjukar di cui le aveva parlato Kiytald poc’anzi.
 “Sai”, disse Seorith ad un tratto. Cosa gli era preso?
 “Stasera ci accamperemo lontano da un centro abitato”
 “E con questo?”, gli chiese Saewen.
Lo guardò con un sopracciglio alzato.
Il mago si schiarì la voce con soddisfazione. O almeno così parve alla ragazza.
 “Con questo voglio dire che non saremo al sicuro. Di notte Skyrim pullula di pericoli”
 “Davvero?”, disse Saewen cercando di essere sarcastica.
 “Certo. Vampiri, licantropi…”
 “Beh”, disse Saewen, “Non dovrebbe essere un problema. D’altronde abbiamo qui un potente e arguto mago che ci proteggerà di certo da qualunque insidia”
Kiytald si lasciò sfuggire una risatina.
 “Certo, ma la mia proprietà è la vita dello jarl. Non la tua”.
 
Sulla sinistra si dipanava un sentiero: non era uno di quelli lastricati o costruiti dall’uomo per collegare una città ad un’altra, ma era uno di quei sentieri che si vengono a formare quando le persone passano molte volte nello stesso punto. Insomma, era un sentiero naturale, che conduceva tra due piccole alture. Probabilmente esse nascondevano una caverna. Guardando invece meglio di fronte a sé, la ragazza poteva notare in lontananza un’indicazione stradale: si trovavano quindi ai pressi di un incrocio.
Approfittando di una breve sosta, la ragazza si arrampicò su una sporgenza sotto il controllo severo di Kiytald. Da quella posizione poteva ammirare meglio il paesaggio circostante. Aveva sempre amato i luoghi alti, forse perché la facevano sentire importante. Da lì riusciva a controllare tutto ciò che aveva intorno. Si ricordò di Castel Dour e provò un attimo di malinconia, che scacciò subito. In quella direzione pareva esserci praticamente solo pianura. Aguzzò lo sguardo e emise un verso di sorpresa. Poco lontano da loro, due mammuth stavano docilmente seguendo un gigante dotato di clava. Adesso che lo poteva vedere meglio, Saewen si rese conto di aver sempre immaginato diverso un gigante. Aveva sempre pensato che un membro di quella razza fosse molto più alto e robusto, mentre quello che vedeva era sì alto, ma non gigantesco come avrebbe pensato. Inoltre pareva molto magro e procedeva molto lento con la schiena leggermente ricurva.
 “C’è un gigante”, disse Saewen, “Sicuro che non ci attaccherà?”
 “Sicurissimo. Inoltre, di rado i giganti percorrono le vie principali, di solito si aggirano per i campi”, spiegò Kiytald.
Ripresero il viaggio. Quando furono vicini al cartello, accadde qualcosa di strano.
Saewen si sentì inquieta. Si fermò un attimo: percepiva una sensazione strana, come se qualcosa la stesse chiamando. Come se fosse attratta da qualcosa. Non riusciva però a capire cosa stesse accadendo.
 “Che cosa hai?”, chiese Seorith, sprezzante. “Ti fanno male le gambe?”
Saewen non lo ascoltò e guardò verso sinistra.
C’era una sorta di arco formato da tre pietre per niente lavorato. Sembrava l’ingresso a qualcosa. Saewen sapeva che non poteva prendere iniziative, ma sentiva un forte desiderio di vedere a cosa conduceva quella strana costruzione. Così, senza ascoltare le ammonizioni di Seorith e senza far caso a Kiytald che gli imperava di tacere, si avvicinò all’arco.
Toccò la pietra. Era fredda e ruvida al tatto. Un leggero venticello le accarezzò la fronte. Sentiva qualcosa chiamarla. Non era una voce, era una sensazione. La sensazione di essere in un luogo in qualche modo familiare, un luogo che, in qualche modo, le apparteneva. Così oltrepassò l’arco e si trovò davanti a una sorta di piedistallo circolare al quale poteva accedere salendo un paio di gradini morbidamente scolpiti. Il tutto era stato costruito con la roccia, ma vi era cresciuta sopra un po’ d’erba. Doveva essere una struttura molto antica. Chissà a cosa era servita, in passato. Saewen notò altri due archi simili a quello che aveva attraversato: uno era posto alla sua destra, l’altro quasi di fronte a lei ma sulla sinistra. Si fece coraggio, perché iniziava a provare anche un po’ di disagio, e salì i gradini, ponendosi al centro del cerchio.
Non accadde nulla, ma quella strana sensazione si amplificò, e quasi Saewen sentì la sua magia accrescere. Si guardò intorno: il paesaggio era tranquillo, non c’era alcun pericolo nei paraggi.
Sentì dei passi dietro di lei e si voltò di scatto.
 “Lo senti anche tu?”, chiese a Kiytald.
Era comparso dietro di lei.
 “Io non sento niente”
 “Oh”
Saewen guardò per terra. si accucciò e toccò l’erba, poi accarezzò la pietra. Non accadde nulla.
 “È un luogo strano”, affermò la ragazza.
 “Tu senti qualcosa?”
 “Non lo so. È come se… come se qualcosa mi chiamasse”
 “Senti una voce?”
 “No. è più una sensazione. Un… istinto, forse. Come se qui ci fosse stato qualcuno che conosco. Ma io non conosco nessuno che stava qui”
 “Sai che struttura è questa?”, chiese Kiytald con voce pacata.
Non sembrava adirato per il suo comportamento. D’un tratto Saewen sospettò che la avessero lasciata andare lì per un motivo ben preciso.
 “no”, ammise la ragazza.
Kiytald rimase per qualche secondo in silenzio.
 “Questa è la tomba di un drago”
Saewen rimase in silenzio. Non sapeva cosa dire, né cosa pensare. Né perché fosse attratta da quella tomba.
 “Io ho sentito parlare del Sangue di Drago ascoltando i bardi, ma mia madre dice che non è mai esistito e che è solo una leggenda. Ma sono passati solo cinquanta anni, non credo lo sia”.
 “Cosa ti ha detto tua madre sul Sangue di Drago?”
 “Niente. Diceva che non era importante. Era solo una leggenda”
Seguirono altri attimi di silenzio.
 “Questa era la tomba di uno dei luogotenenti del drago Alduin, Vuljotnaak”
 “Mai sentito parlare. Alduin… ho sentito il suo nome dai bardi, ma ognuno dava una versione diversa della vicenda. Non so cosa sia accaduto realmente”
Quindi si trovavano sopra la tomba di un drago. Forse lì sotto si trovavano i suoi resti.
 “Quindi qui ci sono le spoglie di un drago?”
 “Non credo. Alduin lo ha risvegliato e il Sangue di Drago lo ha di nuovo ucciso. Non so dove si trovi il suo resto”
Saewen chiuse gli occhi. Perché era attratta da una tomba di un drago? Forse era stata solo una sensazione, una strana sensazione. Forse si era sbagliata.
Seguì Kiytald fino al resto della comitiva. Seorith era in piedi a braccia incrociate accanto allo jarl, che la stava guardando incuriosito. Saewen abbassò la testa. Non le piaceva essere osservata.
 “Allora, Kiytald? Come ha reagito la nostra ragazzina?”, chiese Siddgeir col suo tono noncurante e inadatto per uno jarl.
Saewen sussultò. Probabilmente avrebbe ricevuto una punizione, e la sola idea le incuteva paura. Aveva un pessimo ricordo delle punizione inflittale da Hùldael.
Kiytald si avvicinò allo jarl.
 “Mi dispiace”, sussurrò Saewen.
Lo jarl non parve ascoltarla e annuiva alle parole del soldato.
 “Forse avevi ragione, proseguiamo. Non vedo l’ora di sedermi sul mio adorato trono”, disse poi.
Saewen lo guardò interdetta. Dove era la punizione?
 “Forse mi hanno veramente lasciata fare. Continuo a non capire. Perché?”
A un segno di Kiytald lo affiancò e continuarono il viaggio.


 
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N.D.A. : Chiedo perdono per la nuova formattazione. purtroppo io e questo editor non andiamo d'accordo. Nell'anteprima il font dei capitoli scorsi mi sembrava abbastanza grande, ma quando per caso ho aperto un capitolo dalla mia pagina ho notato con costernazione che era minuscolo. Provo così. Quando avrò raggiunto un risultato ottimale lascerò il font inalterato. Se avete qualche consiglio da darmi in merito, è ben accetto. Mi scuso nel caso vi abbia procurato qualche diottria XD. Avevo pensato di fare un altro disegno, ma il mio blender mi ha abbandonato. Ne ho ordinato un altro su internet cinque giorni fa, ma essendo spedito tramite Poste Italiane, sinceramente non so quando arriverà, quindi per il disegno dovrete attendere. se avete qualche richiesta, avanzate pure!  
   
 
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