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Autore: Mrs Montgomery    08/04/2017    2 recensioni
Piemonte, 1778.
Il duca Andrea Pietrarossa fa ritorno in patria. In seguito alla morte del padre deve occuparsi degli affari in sospeso e questo lo conduce dal marchese Guerra, il quale è in procinto di risposarsi con un’amica d’infanzia del duca. Alla tenuta del marchese incontrerà Giulia, sua figlia, appena tornata da un lungo soggiorno a Verona.
Giovane, ostinata e dall’anima ribelle, Giulia si scontrerà con l’altezzoso duca, sebbene egli si dimostrerà l’unica persona in grado di aiutarla nella ricerca della libertà.
Malate passioni, verità nascoste, feste mondane e perfidi intrighi uniranno lo sfrontato duca Andrea Pietrarossa e l’indomita Giulia Guerra fino a far sbocciare quel potente sentimento che abbatte ogni ostacolo.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Il fiore sabaudo



Capitolo 8
Tenera ed Impetuosa

 


«Non ci posso credere!»
Giulia cominciò a saltare sul posto in preda alla gioia. Tra le mani aveva l’ultima lettera di Raffaello, il suo leale amico di Verona. I suoi occhi sbarrati e raggianti scorrevano nuovamente sulle parole. Girava per la sua camera gridacchiando e sbottando con esclamazioni allegre, mentre Rosalina era indaffarata a sistemare i suoi abiti nella cabina armadio.
«Al posto di urlare come un’infante, potresti renderci partecipe di ciò che sembra renderti tanto euforica?» chiese la marchesa Adelaide, seduta comodamente su una poltroncina.
«Ricordate che in questo periodo Raffaello aveva in programma un viaggio a Berlino? Ecco… è riuscito ad incontrare Goethe, il suo scrittore preferito! Mi scrive che è stato estasiante e un vero colpo di fortuna!»
«Uhm… non credevo che al giovane conte Ferrari interessasse la letteratura. Non era l’arte la sua passione?»
«Certamente, ma dubito possa incontrare il suo pittore preferito dal momento che Da Vinci è morto».
«Acuta osservazione, Giulia» ammise sua nonna, prima di emettere un forte sospiro. «E ti ha raccontato altro del suo viaggio a Berlino?»
«La maggior parte della lettera è incentrata su Goethe e lo comprendo» sorrise dolcemente Giulia, mirando ancora una volta la lettera, prima di poggiarla sulla toletta. «Credo che proverei la medesima letizia se incontrassi Parini. Spero di esser baciata dalla sua stessa sorte. Voi, nonna, non avete mai incontrato una persona che ammiravate?»
«La mia ammirazione è per pochi, mia cara».
«Capisco».
«Parliamo di qualcosa di maggiormente interessante e proficuo per noi» continuò la marchesa Adelaide, chiudendo di scatto il ventaglio. «Da quel che ho potuto sapere, sia dall’interno di questa tenuta e sia dalle mie confidenti della società, so per certo che hai scosso successo al ricevimento dei conti Novellis. Hai fatto la conoscenza delle tre grazie dell’alta società. Parlo della baronessa Morali, la contessa Vicenti e la marchesa Bramini. Tienitele buone quelle tre e se riesci stringi un’amicizia con Priscilla Bramini, lei è una persona alquanto influente. Questo non è tutto ciò che è arrivato alle mie orecchie. So che hai un’intesa con il duca Pietrarossa. Andate d’accordo?»
«Abbastanza, sì» confermò Giulia.
La marchesa Adelaide le fece cenno di sedersi sull’altra poltrona, così da stare di fronte a lei.
«Giulia, sei in età da marito. Ora che abbiamo la certezza che tuo padre ti vuole qui in Piemonte, dobbiamo muoverci in fretta e prestare cautela» iniziò il discorso, fissando la nipote dritta negli occhi. Era chiaro che avesse già qualcosa in mente e bisognava stupirsene in caso contrario. «Il duca Pietrarossa è un uomo molto ricco. Non ha molti anni in più di te, però mi sembra piuttosto accorto su ciò che vuole e non è uno stolto. Non è nemmeno spiacevole come uomo. Quindi direi di prenderlo in alta considerazione, soprattutto se rientri nei suoi favori…»
«Aspettate, nonna» la bloccò Giulia, presa alla sprovvista. Non si aspettava che il discorso sarebbe finito lì. «Non ho idea di cosa abbiate udito su di me e sul duca, e in ogni caso non conta. Io so bene come sta la situazione e il duca non ha la minima intenzione di sposarsi. È un uomo che ama la propria libertà e corrergli dietro mi pare tempo sprecato!»
Dalla cabina armadio si udì Rosalina sbuffare.
«Con quanta passione parli di lui» constatò divertita l’anziana marchesa. «Posso ben comprenderlo, si tratta di un uomo affascinante e con un sicuro avvenire. Non mi sembra affatto uno sprovveduto».
«Mi avete ascoltata? Lui non ha intenzione di sposarsi».
«E noi gli faremo cambiare idea» affermò Adelaide come se fosse ovvio.
«Come se ci volesse tanto» borbottò Rosalina passando per la stanza.
Credette di non essersi fatta udire, ma Adelaide godeva di un udito ancora molto fine e prendeva atto di ogni cosa.
«Nonna, Andrea partirà tra quattro giorni. Per quanto potere voi abbiate, e ne avete molto, non c’è niente da fare».
«Da quando sei così negativa, nipotina?» la canzonò l’anziana marchesa e all’assenza di risposta di Giulia, decise di cambiare strategia. «Rosalina, vieni qui!»
La ragazza di origini veronesi giunse in fretta dalle nobili e mostrò una riverenza.
«Per essere una cameriera mi sembri una ragazza alquanto sveglia e so che sei affezionata alla mia Giulia» andò dritta al punto, come sempre. «C’è qualcosa che vorresti dire riguardo questa faccenda? E non fingere di non sapere perché so che stavi origliando, come so che mia nipote si confida con te riguardo ogni cosa. Dimmi pure la tua più sincera opinione. Avrai una testa pensante, spero».
Rosalina spostava lo sguardo dalla marchesa Adelaide a Giulia, da quest’ultima si aspettava un segnale. Se doveva essere onesta, l’anziana nobile la metteva parecchio in soggezione. Non era certa se fosse il suo gelido sguardo, la sua compostezza d’acciaio o il fatto che esprimesse ogni suo pensiero con molta schiettezza. Giulia le fece cenno di parlare liberamente.
Supportata dalla sua padrona, parlò: «In questa tenuta girava la voce che il duca intendeva fermarsi in Piemonte e non partire per Napoli come inizialmente aveva in programma. Personalmente credo che debba avere un valido motivo e forse non si tratta d’affari, altrimenti avrebbe potuto dirlo… credo».
«Brillante! Visto Giulia, se lo capisce la tua cameriera, perché tu invece sei testarda come un mulo?»
«Sono realista».
«Davvero?» domandò sua nonna con tono di sfida. «Quindi sai che se non ti sposi al più presto, o prima che io passi a miglior vita, sarai condannata? Non ti libererai mai di Adriano. Non intendo sopravvalutarlo ma nemmeno sottovalutarlo. Mai sottovalutare il proprio nemico. Potrebbe essere un errore fatale».
«Credetemi, nonna, ho imparato questa lezione».
«Me lo auguro per te! Tornando al discorso di poco fa, mi pare che sia nostro dovere giocarci bene la simpatia che il duca prova per te. Se giocheremo tutte le carte a nostra disposizione, prevedo il matrimonio entro Settembre».
«Vorrei tanto avere la vostra sicurezza» sospirò Giulia, lasciandosi andare contro lo schienale della poltrona.
«Non puoi. È solamente la mia lunga esperienza a rendermi poco dubbiosa sulle vicende che mi circondano» rispose risoluta l’anziana marchesa e non la si poteva contestare «ma non temere. Te l’ho sempre detto che hai stoffa. Devi impratichirti e ciò accadrà solamente nel corso degli anni».
Giulia ne prese atto, anche se dubitava che la sua vita sarebbe stata rocambolesca quanto quella di sua nonna. Quella donna ne aveva combinate tante quanto ne aveva passate.
La marchesa era solita a raccontarle qualche aneddoto della sua lunga e florida vita. Dal matrimonio combinato con Armando Guerra, a quando rimase vedova e con l’unico figlio ed erede della casata da crescere. Fin dall’inizio si rimboccò le maniche per far sì che nessuno si approfittasse delle loro ricchezze e soprattutto di lei che non volle risposarsi.
Era nata come Adelaide Roccaforti, era diventata Adelaide Guerra tramite il matrimonio e intendeva morire come una Guerra.
Ciò non toglieva che avesse avuto molti amanti, dai quali ottenne sempre qualcosa in cambio e chiunque avesse tentato di metterle i bastoni tra le ruote non l’aveva passata liscia.
Giulia non sapeva se sua nonna aveva conosciuto l’amore, non gliel’aveva mai domandato e - per il momento - preferiva tenersi il dubbio. Ciò di cui andava certa era che le grandi responsabilità che le pesarono sulle spalle, la portarono ad essere la donna che era.
Indomabile. Determinata. Puro acciaio.
Credeva che nessuno l’avesse mai piegata e se fosse accaduto, sicuramente Adelaide non l’aveva gridato ai quattro venti. La marchesa sosteneva che la discrezione non era solo un atteggiamento consono ad una nobildonna, ma salvava tante situazioni che facilmente possono scivolare dalle mani. Giulia non poteva ancora capire cosa significavano quelle parole. Un giorno non molto lontano, però, le sarebbero state impartite lezioni che avrebbero mutato il suo essere. Sua nonna lo sosteneva sempre: erano le esperienze a cambiare una persona, non il semplice passare degli anni.
«Perdonate il disturbo!» esclamò Mattia, servitore della marchesa, che a fatica tentò di entrare nella stanza. Saltò subito all’occhio il grande pacco che teneva tra le braccia. «Questo è per voi, marchesina Giulia».
«Per me?»
Rosalina s’affrettò ad aiutarlo e lo posarono sul letto, in attesa che Giulia lo aprisse. All’interno di quel bel pacco v’era una tenuta da amazzone color fiordaliso. Gli occhi della marchesina sgranarono dalla sorpresa. Non era solo un bel completo per andare a galoppare, ma era stato realizzato nel suo colore preferito.
«Nonna! Non dovevate» disse immediatamente, rivolgendosi a lei con gratitudine.
«E tu non devi ringraziarmi».
«È bellissimo. Come non posso ringraziarvi?»
«Per il semplice fatto che non è un mio regalo».
Giulia aggrottò immediatamente la fronte. «Come?»
Mattia si schiarì la voce e, ottenendo l’attenzione della marchesina, le passò un biglietto.

 

Mi auguro che questo dono non vi offenda e che lo accettiate in nome della nostra amicizia.
Forse con questo completo sarà più facile capire che sei una nobildonna.
Vostro,
duca Andrea Pietrarossa

Il duca le aveva regalato un abito. Era ciò che meno si sarebbe aspettata e che la lasciò completamente senza parole. Senza contare che era un regalo importante. Non tutti i nobiluomini regalavano un abito “per semplice amicizia”. Il suo più caro amico in tre anni d’amicizia le regalò qualche disegno, realizzato da lui, e una collana poco vistosa.
Andrea, invece, che conosceva da un mese e, con il quale inizialmente non aveva condiviso un buon rapporto, le aveva regalato un abito che di certo non era costato poco. Il problema non era nemmeno il costo chiaramente. Il problema, se così si poteva definirlo tale, era… perché? Perché le aveva fatto quel regalo?
Era una domanda sciocca. Giulia sapeva quanto la risposta fosse ovvia, eppure pareva non accettarlo, pareva non crederci. Non sapeva perché. Era piuttosto confusa. Non riusciva a ragionare. Quel regalo l’aveva lasciata spiazzata.
«È da parte sua, vero?»
Giulia annuì.
«Meglio di quanto potessi prevedere» affermò soddisfatta la marchesa. «È una tenuta da amazzone, giusto? Sarebbe cortese da parte tua invitarlo a fare una cavalcata».
«Dite che dovrei?»
Adelaide abbozzò un sorriso furbo e si voltò verso Rosalina. «Cara, vai immediatamente dal duca Pietrarossa e digli che la tua padrona, per ringraziarlo del magnifico dono, lo invita ad una galoppata».
La marchesa non riuscì nemmeno a terminare l’ordine che la cameriera era già corsa fuori dalla stanza.
«La tua cameriera ha un bel temperamento!» se la rise.
Non attesero molto per la risposta e non fu neanche una gran sorpresa , il duca accettò.
L’indomani pomeriggio si trovarono davanti all’ingresso, con i cavalli sellati e pronti a partire. Naturalmente Giulia indossò la bellissima tenuta da amazzone, formata da una camicia bianca che la copriva fino al mento e adornava da eleganti fazzolettini.
Il panciotto azzurro era nascosto dall’attillata blusa di velluto perfettamente in tinta con la lunga gonna, realizzata finemente nel medesimo tessuto.
Il tocco personale di Giulia fu l’abbinamento di un capellino di piume nere, comprato quando risiedeva a Verona e che non aveva ancora avuto l’occasione di sfoggiare.
Sua nonna Adelaide le fornì non pochi consigli per la giornata. Tutti discreti e che non andavano ad intaccare la moralità che una signorina a modo come Giulia possedeva. L’unica cosa di cui si dispiaceva la fanciulla era di dover cavalcare all’amazzone e non come era solita.
Scendendo le scale si ripassò tutto ciò che le disse Adelaide e ricordò che la invitò ad essere se stessa, dal momento che era per la sua forte personalità che era nata quella simpatia. Giulia sorrise pensando che era un suo personale comportamento galoppare esattamente come faceva un uomo, quindi così avrebbe fatto. Soddisfatta di esser giunta a quella conclusione, raggiunse il suo destriero e aspettò a montarlo, notando che il duca non era ancora arrivato.
«Lasciami indovinare. Esci per una cavalcata?»
Ecco giungere il mostro del castello.
«La tua perspicacia mi commuove, Adriano».
«E chi è il fortunato?»
«Di che cosa stai parlando?»
«Per la cavalcata» rispose Adriano con una conseguente imitazione poco appropriata.
Giulia inorridì. La mente di quel ragazzo era dominata da una malizia peccaminosa. Doveva esserne abituata ormai, eppure ogni parola che proferiva le suonava sporca e una continua offesa alla sua persona. Era la tattica di Adriano. Turbare la sua mente per renderla fragile, ma gli opponeva resistenza.
«Sei disgustoso».
«Adriano! Marchesina Giulia!»
Il duca Pietrarossa arrivò giusto in tempo e rivolse a loro un cenno del capo per salutarli. Saltò subito all’occhio di Adriano che l’amico stava tenendo per le redini il suo cavallo e la situazione gli fu chiara.
«Voi due state andando a fare una passeggiata?»
«Esattamente» rispose prontamente Andrea, rivolgendosi poi alla nobile. «Perdonate il ritardo, marchesina. Non riuscivo a trovare i miei guanti. È evidente che la trepidante emozione ti poter stare al vostro fianco, rendendomi sbadato».
Giulia inclinò il capo, inarcando le sopracciglia. «Desiderate una risposta sincera?»
Andrea allargò il suo sorriso e le lanciò un’occhiata d’intesa. «Non mi aspettavo una reazione migliore. Mia cara, posso aiutarvi a salire sul vostro destriero o penserete che si tratti di un gesto adulatorio?»
«Accetto solo perché state imparando a conoscermi bene».
Si scambiarono un sorriso complice e Giulia quasi dimenticò la presenza del suo temibile nemico. S’accorse che era l’atmosfera che si creava quando stava dinnanzi al duca. Tutto ciò che le stava attorno si offuscava e c’era solo Andrea. Andrea con il suo portamento calmo, il sorriso luminoso, lo sguardo accorto e dall’occhiata vispa.
Era il prescelto di sua nonna per divenir suo marito, poiché aveva tutte le carte in regola. E di certo a Giulia non sarebbe dispiaciuto divenir la futura duchessa Pietrarossa. Questo non aveva niente a che fare con un titolo più prestigioso, molta più ricchezza e iniziava a credere che poco centrasse la salvaguardia da Adriano.
Era ciò che provava in presenza di Andrea. Lui la continuava a mettere in discussione con se stessa. La sfidava, la rispettava e le teneva testa in un modo brioso.
«Potrei unirmi a voi?»
Ed ecco come in poche parole, il sorriso di Giulia si spense.
«Ho l’intero pomeriggio libero e mi stavo giusto domandando come potevo impegnarlo» continuò Adriano.
«Spero di non offenderti, ma…» e Andrea gli posò una mano sulla spalla «preferisco stare da solo in compagnia della donzella. Non temere per l’incolumità della tua futura nipotina. La difenderò se incapperemo in qualche pericolo, sebbene io ne dubiti. Se è tornata sana e salva dal ricevimento dei Novellis, dubito non torni dopo una passeggiata a cavallo».
Il duca Pietrarossa salì sul suo destriero e rivolse un sorriso a Giulia. Lanciò una rapida occhiata ad Adriano e, nonostante lui stesse cercando di nasconderlo, notò il suo fastidio.
«Eh su! Sorridi! È una giornata radiosa, dovremmo esserlo tutti» affermò tutto contento e come poteva non esserlo. «Partiamo, mia cara?»
Giulia annuì, sorridendo soddisfatta per lo scacco matto che subì Adriano.
I due nobili colpirono il proprio cavallo con il tacco dello stivale e partirono insieme, dirigendosi verso la radura, dove i loro cavalli si sarebbero felicemente sgranchiti.
Il clima mite e il cielo sereno furono elementi del tempo che andarono a loro favore. Troppa brezza avrebbe potuto causar loro un malanno e troppo caldo avrebbe potuto stancarli in fretta. E invece furono fortunati!
Galopparono l’uno affianco all’altra, attraversando le dolci colline e gli ampi poderi appartenenti alla famiglia Guerra. Si sfidarono a chi fosse arrivato prima alle cascate e cominciarono, quindi, a divincolasi tra gli ulivi secolari e a cercare una via secondaria per tagliare la strada e vincere.
Fu la marchesina Giulia a vincere. Naturale, la lontananza dalla propria terra non gliel’aveva fatta dimenticare. Aspettò il bel duca, seduta su una roccia, dopo aver legato il suo destriero ad un albero. Gli mostrò un gran sorriso che certamente lo fece rodere non poco.
«Pare proprio che vi siate dimenticato i sentieri di questa foresta. Confina con la vostra o sbaglio?»
«O forse desideravo lasciarvi vincere» tentò Andrea, ancorando il suo cavallo all’albero.
«Inventatevene un’altra».
Il duca doveva sbandierare bandiera bianca. Alzò le mani e le mostrò un sorriso amichevole, avvicinandosi. In effetti i suoi numerosi viaggi gli offuscarono la memoria e fece non poca fatica ad orientarsi. Gli serviva qualche minuto per ricordare dove proseguisse una via.
«Voi, invece, sembrate conoscere questa terra come il palmo della vostra mano».
«Non crediate che i primi giorni sia stato semplice» disse Giulia, scendendo dalla grande roccia. «Mi ci è voluto un po’ per mettere a fuoco la mia memoria. Io trascorro ogni possibile momento libero fuori dalla tenuta per immergermi nella natura selvaggia, se così posso chiamarla. Quindi è stata la pratica di questo ultimo mese a segnare il vantaggio tra voi e me».
«Amate trascorrere più tempo qui, libera da ogni convenienza e dal protocollo. Vi posso capire» sospirò Andrea ammirando la natura circostante. La piccola cascata era nascosta dagli alti alberi del bosco e faceva nascere un piccolo e limpido lago. «Questo luogo è incantevole. Trasmette una gran calma. Sembra che tutti i nostri tormenti svaniscano, nevvero?»
«In un certo senso, sì. È piacevole».
«Quando mio padre era in vita e abitavo presso la nostra tenuta di campagna, adoravo rifugiarmi nella foresta e… correre, passeggiare, cavalcare, andare a caccia… ogni cosa andava bene invece che studiare».
A Giulia scappò una risatina divertita. Le sarebbe piaciuto vedere un duca più giovane e sbarazzino, che scappava dai precettori e si nascondeva nei boschi. Non era una visione così insolita. In fondo era ancora uno sbarazzino.
«Per me era impossibile scappare, dal momento che ero controllata a vista dalla mia balia».
«Lo ero anche io, però correvo più veloce!» esclamò facendo scoppiare a ridere entrambi.
Era proprio nato e cresciuto con un animo ribelle. Chissà quante ne aveva combinate, si ritrovò a pensare Giulia mentre lo fissava e osservava quel suo sorriso genuino. Non lo infastidiva ricordare la sua infanzia. Lo notava da come brillava il suo sguardo e dalla pacatezza con cui ne parlava.
«Eravate sfacciato sin da bambino» gli sorrise Giulia.
«In realtà da bambino ero piuttosto tranquillo. Diciamo che crescendo sono diventato più…»
«Monello?»
«Non ero monello! Ero vivace!» protestò Andrea.
La marchesina gliela diede vinta e alzò le mani in segno di resa, sebbene rimanesse della sua opinione.
«E voi, invece?»
«Io? Che cosa?»
«Com’eravate nella vostra infanzia?»
Felice. Sì, Giulia avrebbe voluto rispondere “felice”, perché lo era stata veramente e questo perché sua madre era ancora in vita e il rapporto con suo padre non era male.
In quegli anni non si svegliava con la paura che potesse accaderle qualcosa di male. Non doveva trascorrere la giornata guardandosi le spalle oppure ideando un piano per salvaguardarsi dal mostro che risiedeva nella sua stessa casa.
Ogni giorno era pieno di sorrisi e di risate, perché sua madre era uno spirito gioviale, mentre ormai non passava giorno che sul viso di Giulia non comparisse un’espressione malinconica o una arrabbiata.
La morte della marchesa Francesca non si portò via solamente una madre e una moglie, ma la luce e la pura felicità che si assaporava alla tenuta.
Nulla sarebbe mai tornato come prima.
«La mia infanzia non è stata diversa da quelle delle altre bambine nobili» si limitò a rispondere. «Non è uguale per tutti noi di sangue aristocratico?»
«Credo che le basi siano uguali per tutti. Eppure alcuni evadono e proseguono secondo il proprio criterio».
«Esattamente come avete fatto voi viaggiando. Non siete stato alle regole del protocollo che impongono di trovarsi una moglie, possibilmente di ricca famiglia, che possa dare un erede al proprio casato» disse Giulia, con molta naturalezza, del resto era la verità. «Sotto un certo punto di vista, siete ammirevole».
«E sotto un altro punto di vista?»
«Be’ avere una famiglia da la sicurezza che non saremmo mai soli».
«Non sempre però è una fortuna».
E lì Giulia non potè ribattere. Poteva contare sulle dita di una mano i familiari per i quali provava simpatia.
«La verità è che sono un uomo orgoglioso e che va sempre dritto al punto. Odio tergiversare. E non è facile per una donna stare al mio fianco senza lamentarsi».
«Oh, ne siete consapevole allora!» esclamò ironica Giulia, contagiandolo con la sua allegria.
«Una volta ho incontrato una donna impertinente quanto lo siete voi» disse Andrea, appoggiandosi al tronco di un albero. «Credo si trattasse del mio ultimo viaggio a Londra. Ricordo che suo marito era l’opposto di lei. Un uomo pacato e silenzioso. Conversando mi raccontava che le permetteva di disporre della sua vita come preferiva. Scommetto che la riterrai una donna fortunata».
«Naturalmente! Quando capita l’occasione di sposarsi per dovere e trovare un uomo che ti permette di essere libera?»
«Accade quando un uomo ama incondizionatamente la donna che ha al suo fianco».
E Andrea avrebbe mai amato così ardentemente una donna?
Giulia si pose spontaneamente quella domanda. Era incuriosita e interessata. In fondo non era diversa da altre fanciulle che erano rimaste colpite da lui, sebbene più di una volta avesse tentato di nasconderlo.
Immersa nei suoi pensieri, non si accorse che lo sguardo di Andrea la stava scrutando. Forse era in attesa di sentire la sua opinione, ma Giulia non aveva prestato ascolto a ciò che disse dopo e quindi reagì d’istinto, parlando della prima cosa che gli passasse per la mente.
«Mi auguro che quella donna si sia resa conto della fortuna che possiede e non mi riferisco certamente al denaro».
«Voi ve ne accorgereste?»
«Credo di sì» rispose Giulia, non apparendo molto convinta e non lo era nemmeno con sé stessa.
Era stordita dallo sguardo intenso del duca. Le sembrava di esser tornata al ricevimento dei conti Novellis. Si sentiva costantemente sotto osservazione e questo la metteva in imbarazzo. Imbarazzo e non disagio. C’era della sostanziale differenza, perché in presenza di Andrea si sentiva serena e in pace, eppure provava un tenero imbarazzo che mai prima d’allora si verificò.
Il duca abbozzò un sorriso furbo e, per qualche attimo, spostò lo sguardo sulle cascate, alle spalle di Giulia. Lo riportò in fretta sul viso della nobile, inevitabilmente attirato.
«La tenuta da amazzone vi sta molto bene, non che avessi qualche dubbio» disse il duca, scorrendo lo sguardo sul suo corpo e scioccandole un’occhiata sulle sue parole finali. «Ero indeciso se farlo realizzare verde smeraldo, come il colore dei vostri occhi, ma poi ho rimembrato che il vostro colore preferito è l’azzurro, come il fiordaliso».
Se lo ricordava veramente?
Erano passate due settimane da quando le donò quel fiore colto dal cestino di una cameriera. Giulia non riuscì a nascondere la sua meraviglia, era sempre stata un libro aperto per chiunque, e ciò soddisfò Andrea.
«È stato un regalo bellissimo e forse immeritato» sentì di dirgli, a costo di sembrar maleducata.
Ma del resto era la verità, che cosa aveva mai potuto aver fatto per meritarsi un abito realizzato appositamente per lei? Lo sguardo affilato di Giulia capitolò sugli occhi decisi del duca. Attendeva una spiegazione per quel gesto. Dentro di sé, la marchesina sperava che fosse un segno del suo interesse, come poi credeva sua nonna Adelaide. Volendo, però, lasciar da parte sua nonna e tutti i vantaggi che otterrebbe nell’esser al centro dell’interesse del ricco e avvenente duca, Giulia pretendeva una spiegazione per se stessa. La desiderava più di ogni altra cosa e ne conosceva la ragione.
Andrea si scostò dall’albero e si avvicinò lentamente a Giulia, fissandola negli occhi e manifestando le sue emozioni ancor prima che la sua bocca potesse proferir parola.
«Non è immeritato e nel profondo lo sapete anche voi».
«So che cosa?» lo spronò Giulia, avida della verità.
Il duca le si parò davanti, incastrandola tra lui e il grosso masso alle sue spalle. Nei suoi occhi affilato v’era una luce di tenerezza e il suo sorriso, dapprima immagine della sua furbizia, era appena accennato, pareva timido. Andrea arrossì lievemente e in quell’istante tutte le difese di Giulia caddero. Ogni scudo di protezione di sgretolò. La vicinanza del duca non la impauriva, come invece accadeva con altri uomini. Da quando aveva sfiorato la violenza di Adriano, ogni contatto da persone estranee le provocava un fastidio rivoltante. Ciò non accadde con Andrea. Non quando ballarono insieme e nemmeno lì, mentre erano da soli nel bosco e qualunque cosa poteva accadere. Giulia poteva essere messa alle strette o braccata come un animale, invece non poteva sentirsi più al sicuro. Solamente la vicinanza di Giacomo poteva prevalere su quella del duca ed era piuttosto normale, eppure non era la stessa cosa. Non provava le stesse emozioni.
«I miei bagagli sono pronti. Dopodomani firmerò l’accordo di cessione con vostro padre e me ne andrò dalla tenuta» mormorò Andrea, lasciando Giulia col fiato sospeso. «Non faccio però conto di andarmene dal Piemonte. Risiederò nella mia tenuta di campagna per un po’».
«Non ve ne andate più?»
«No».
«State rimandando il vostro ritorno a Napoli?»
«Non penso di tornare a Napoli, non nell’immediato».
«È lecito domandarne la motivazione?»
Il duca ammiccò un sorriso e poi le carezzò una guancia con il dorso della mano. I suoi occhi scesero a guardare le labbra leggermente schiuse di Giulia. Andrea chiuse gli occhi e la baciò.
Accadde così in fretta che, per i primi istanti, Giulia nemmeno se ne accorse.
Fu inaspettato. Fu lento. Fu dolce.
Giulia non aveva mai baciato molti uomini, anzi non ne aveva mai baciato nessuno di sua spontanea volontà e quindi si sentì incapace di far qualche paragone sul piano emozionale. Senza dubbio il bacio scambiato con il duca Pietrarossa le piacque e molto se doveva essere onesta. Il suo cuore palpitava ad una velocità impressionante e sentiva la sua pelle in fiamme. Le sue guance si imporporarono vistosamente quando percepì la mano di Andrea, premerle la schiena, la stava avvicinando a lui e la schiacciava contro il suo petto. Giulia poteva sentire i battiti accelerati del duca. Non poteva crederci che fosse emozionato quanto lei e lo era veramente!
In tutti i suoi viaggi, Andrea aveva conosciuto numerose donne.
Donne incastrate in un matrimonio infelice, donne che si sono rovinate con le loro stesse mani, donne libere e devote a loro stesse, donne desiderose della passione e del proibito, donne che non si accontentavano mai e donne che semplicemente si accontentavano di ciò che era stato loro imposto.
L’affascinante duca era stato legato a qualche donna per una sola notte o per una fugace passione. Nessuna gli fu in grado di rapirgli la ragione e nemmeno di fargli perdere il controllo delle sue emozioni.
Giulia lo confondeva. Lo metteva in gioco, tanto quando lui inconsapevolmente metteva in gioco lei. Erano come due strade inizialmente separate e che lentamente si avvicinavano fino ad unirsi.
«Marchesina Giulia! Marchesina Giulia!»
Udendosi chiamata, Giulia staccò immediatamente le sue labbra da quelle del duca. Guardò oltre le spalle dell’uomo e qualche istante dopo vide Mattia, servitore di sua nonna, giungere di corsa.
«Oh, marchesina! Finalmente vi ho trovata!»
«Mattia, riprendi fiato» disse dolcemente Giulia, posandogli una mano sulla spalla. «Qual è la causa del tuo affanno?»
«I-io… sono stato… stato mandato da Rosalina. È successa una cosa che…» tentò di dire Mattia, mentre lentamente cercava di riprendere fiato. «Io non lo so bene, ma Ros-Rosalina ha detto che voi dovevate tornare s-subito!»
Istintivamente Giulia lanciò un’occhiata preoccupata al duca, il quale prese la situazione in mano.
«Sei venuto qua a piedi?»
«Ehm… no, ho preso un cavallo da…»
«Perfetto!» esclamò subito Andrea, senza perdere ulteriore tempo. «Torneremo tutti alla tenuta e vedremo cosa sta preoccupando tanto la nostra Rosalina».
Per quanto avesse già saggiato la gentilezza dell’uomo, Giulia fu piacevolmente colpita dalla sensibilità rivolta a persone comuni come Mattia e Rosalina. Questo sarebbe indubbiamente rientrato fra le sue nobili qualità.
Rapidamente raggiunsero ognuno il proprio destriero e tornarono alla tenuta il più in fretta possibile. Al loro arrivo, Giulia individuò all'istante la presenza instabile di Rosalina, alla quale si illuminò il viso non appena vide la sua padrona. La cameriera attese che la nobile scendesse da cavallo, aiutata dal duca Pietrarossa, per poterla raggiungere. Mostrò una riverenza ad entrambi e poi afferrò il polso della marchesina trascinandola all’interno del palazzo, senza che nessuno riuscì ad impedirglielo.
«Perdonate se ho disturbato il vostro pomeriggio assieme al duca, ma… ma voi dovete sapere che cosa sta accadendo in questa casa!» sbottò Rosalina, nervosa come mai Giulia l’aveva vista. «Io non potevo crederci. Veramente, marchesa, è qualcosa di inaudito e ho la presunzione di dirlo io stessa!»
«Rosalina, ti vuoi fermare e dirmi cortesemente che cosa è inaudito?»
La cameriera non la stava a sentire. Continuava a tirarla per i corridoi del castello, in attesa di arrivare dove solo lei poteva sapere. Giulia, però, che non era dotata di pazienza, la strattonò, portandola ad esserle di fronte.
«Ora, fammi la cortesia di calmarti» le ordinò secca, fissandola dritta negli occhi. Intendeva farle capire che non era proprio il momento di perdersi in ciance. «Che cosa sta succedendo?»
Rosalina si mostrò sofferente. Nonostante non avesse nulla a che fare con la situazione, non poteva che dispiacersi.
«Rosalina, lo vorrei sapere prima di domattina!»
«E va bene, marchesa» sospirò la cameriera con fare arrendendole. «Poco dopo la vostra partenza… ehm sì, dopo che siete andata via con il duca, è stata aperta la stanza della vostra defunta madre e tutto ciò che v’era al suo interno è stato spostato».
Giulia sgranò gli occhi.
«Che cosa? Chi… chi ha osato?!»
«Io questo non-non lo so».
La marchesina afferrò i lembi del suo abito e cominciò a correre per raggiungere in fretta la stanza da letto della madre. Rosalina le stava dietro, tentando di calmarla, ma Giulia era sorda a qualsiasi voce. In lei scorrevano una miriade di emozioni burrascose.
Voleva sapere chi avesse dato l’ordine di spostare gli effetti personali della madre e perché. Senza dubbio quella persona avrebbe subìto la sua ira, chiunque egli o ella fosse. Non le importava affatto contro chi si sarebbe messa contro. Nessuno aveva il diritto di commettere quel gesto meschino.
Quando giunse al piano dove stava la stanza da letto, che nessuno mai aprì da quando la marchesa morì, e vide i servitori spostare i bauli, i candelabri, i quadri, i portagioie e lo specchio.
Era tutto vero. Non che avesse messo in dubbio la parola di Rosalina, da sempre sua fedele servitrice, ma almeno sperava che avesse capito male. E invece la verità le stava letteralmente scorrendo di fronte agli occhi.
Afferrò malamente il primo servitore che gli capitò a tiro.
«Che cosa diamine state facendo?! Dove state portando gli effetti di mia madre?!»
«Marchesina, vi prego…» tentò di calmarla nuovamente Rosalina.
Giulia la scostò bruscamente da sé e continuò a fissare l’uomo.
«Rispondimi!»
«Marchesina… io… be’ noi…» il servitore era in evidente difficoltà, ma la nobile fanciulla non demorse. Dire la verità fu inevitabile. «Sono ordini della signorina Elena».
Lo sguardo di Giulia divenne di ghiaccio e s’assottigliò lentamente, mentre nella sua mente rimbombavano le parole di quel servitore. Restò in silenzio un minuto, in cui non mollò la presa sul braccio dell’uomo, che per quanto fosse più grosso e robusto della marchesina, non si mosse di un centimetro.
«Che cosa avete detto?»
«La signorina ha detto che dovevamo portare tutta la roba della marchesa Francesca all’ingresso. Un carro sta portando tutto via…»
«Via dove?»
«Questo… questo non lo so».
Alle spalle di Giulia, Rosalina stava pregando per far si che la sua padrona mantenesse i nervi saldi. Se Giulia non avesse avuto un temperamento caldo e alquanto irruento, forse sarebbe stata in grado di mantenere la calma e agire con coscienza. Ma Giulia era istintiva e aggressiva quando si toccava un suo punto debole. Neanche con tutta la buona volontà, avrebbe potuto star calma in quella situazione.
«Marchesa! Marchesa dove andate?» le corse nuovamente dietro Rosalina.
La sua padrona era una furia. Non la riconosceva più. Tentava di starle dietro, ma faticava in quanto Giulia era più veloce di una saetta.
Era dominata dalla rabbia e nessuno l’avrebbe fermata. Nessuno ne aveva quel potere. Chiunque avesse provato a mettersi in mezzo, sarebbe stato travolto dalla sua collera.
La mente della ragazza era bloccata da una fitta nebbia di emozioni negative che raramente aveva provato così intensamente. Il suo unico desiderio era quello di mettere le mani attorno al collo di quella slavata bionda borghese. Elena non valeva nemmeno un capello di sua madre. Sentiva le mani pruderle da quanto avrebbe voluto mettere in faccia a quella donna.
In quel momento, Giulia stava mandando all’aria anni di educazione per diventare una dama piena di grazia e di classe. Non le importava se sarebbe apparsa come una fanciulla senza creanza. Voleva solo stritolare quel collo da gallina!
Non appena giunse all’ingresso la vide. Quel pomeriggio Elena indossava un abito arancione, dai ricami color ocra, e una collana di perle. Il pensiero di Giulia fu che poteva indossare qualunque cosa, persino l’abito della Regina, ma ciò non l’avrebbe mai resa una di loro. Era ciò che pensava sempre quando la vedeva più elegante del solito.
Quel breve momento non bastò a distoglierla dalle sue reali intenzioni. Giulia era lì per affrontarla e non per giudicare il suo abbigliamento.
Riprendendo con foga la sua camminata spedita, le andò in contro e, quando giunse al suo cospetto, la spintonò attirando dunque la sua piena attenzione.
«Tu, maledetta! Che intenzioni hai? Perché tutti gli effetti personali di mia madre sono stati spostati e ora sono su quel carro?!»
«Giulia!» si voltò Elena, guardandola con occhi sbarrati. «Avete perso il senno?»
«Rispondi!»
«Questa conversazione dovrebbe seguire le convenienze e in base al rango che rivestiamo dovremmo…»
«Lasciamo da parte le stupide convenienze, Elena! Che io mi rivolga a te dandoti del “voi” o del “tu” non cambierà l’esito di questa discussione».
«Molto bene» s’arrese Elena. La donna fece un lungo respiro profondo, perfettamente conscia in quale condizione si stava imbattendo. «La pura verità è che trovo quantomeno inutile vivere nel passato. Bisogna andare avanti con la propria vita, anche se persone care ci hanno lasciato. Io stessa ho perso una madre…»
«Dunque puoi capire cosa significano per me i suoi oggetti. Perché l’hai fatto?» domandò Giulia supplichevole. In lei si accese una luce di speranza. Sperava che ci fosse una spiegazione logica e sensata a quel gesto o sarebbe stata la fine.
«È nostro dovere rispettare il passato, ma non possiamo ancorarci ad esso. Tua madre è morta e conservare tutti quegli oggetti è uno spreco di spazio».
«Stai dicendo che mia madre è… è uno spreco di spazio?»
Elena sospirò e mise le mani avanti. «No. Giulia, credimi, le mie intenzioni sono oneste. Non desidero ferirti, solamente aiutarti a lasciare il passato alle spalle. Dobbiamo almeno provarci per andare avanti».
«Ed era necessario spostare… ma dove stanno andando tutti quegli oggetti?»
«In beneficienza. Il ricavo aiuterà un’associazione per…»
«Non dovevi» la zittì Giulia, mentre la rabbia tornava a tormentare il suo animo. I suoi occhi smeraldini divennero lucidi in fretta, ma non avrebbe pianto. Non una lacrima le rigò le guance. «Erano l’unico ricordo che avevo di lei. Erano le uniche cose che me la facevano sentir vicina… e tu hai distrutto ogni cosa».
«No. No, Giulia. Non dire così» tentò di avvicinarsi Elena, ma la ragazza l’allontanò bruscamente. «Che tu ci creda o no, non era mia intenzione ferirti. Tuo padre era d’accordo…»
«Ma certo!» esclamò Giulia senza batter ciglio. «Lui pende dalle tue labbra. Ogni tuo desiderio è un ordine».
«Giulia, per favore…»
La nobile non aveva intenzione di lasciarla parlare. Detestava sentire quella voce delicata, che incantava chiunque eccetto che lei. Elena non l’avrebbe conquistata e, dopo quell’ultimo affronto, mai ci sarebbe riuscita.
«Non avevi il diritto di fare tutto questo. Sarei curiosa del motivo. Siete forse intimidita dal ricordo di mia madre? Vi sentite inferiore?»
«Non parlarmi in questo modo, Giulia» s’infervorò Elena, puntandole il dito contro. «È da quando sei tornata che non mi dai modo di avvicinarmi a te. Mi attacchi sempre, anche quando tento di esserti amica. Tu mi disprezzi dopo tutto ciò che ho fatto per te!»
«Ciò che hai fatto per me?» ripetè la nobile, fissandola con astio. «Tu sei la causa della mia rovina. Forse la memoria ti inganna e non ricordi che volevi mandarmi in un convento di clausura! Volevi sbarazzarti di me!»
«Questo perché perdesti la ragione e hai tentato di… di… oh! Lo sai che cosa avevi intenzione di fare».
«Tutte menzogne. Solo menzogne» sibilò Giulia. «Sei una stupida, Elena. Ti sei fatta imbambolare da tuo fratello. Sei schiava della sua furbizia e meschinità!»
«Non parlare in questo modo di Adriano!»
«Credimi, è la maniera più gentile con cui posso parlare di quell’infame. All’inferno tu e lui!»
Elena stava per tirarle uno schiaffo, ma Giulia le bloccò il polso e sbilanciandosi finirono entrambe nella fontana. La donna riuscì ad afferrare la marchesina per un braccio e le tirò una sberla. Per la prima volta in vita sua, Elena alzò le mani su una persona. Nessuno mai l’aveva fatta innervosire tanto da arrivare a quel punto. Quella ragazzina si era spinta troppo oltre, insultando la sua famiglia e gettando malignità dove non ne vedeva alcuna.
Giulia la prese per il collo e la gettò nuovamente in acqua, strattonandola con forza. Quello schiaffo l’avrebbe spinta oltre il limite. Ormai era incontrollabile.
«Siete una strega, una meretrice! Avete venduto gli oggetti di mia madre! Strega! Ve la farò pagare per tutto questo male!»
La rabbia dava una forza incredibile a Giulia, che ricambiò “la gentilezza” della matrigna. La picchiò tirandola per i capelli, dandole calci, schiaffeggiandola. Le urla di Elena fecero accorrere non poche persone.
I primi furono la marchesa Adelaide, seguita dal prode Mattia, e Adriano. Rimasero spiazzati da quella scena.
«Vai! Che cosa fai lì impalato? Tira fuori mia nipote dalla fontana!» ordinò Adelaide a gran voce.
Mattia raggiunse in fretta la fontana e vi piombò dentro, tentando di prendere Giulia, e lo stesso fece Adriano. I due giovanotti tentarono di dividerle in ogni modo… o per meglio dire, tentarono di staccare Elena dalle grinfie di Giulia.
Adriano afferrò la marchesina per i fianchi, un gesto che la immobilizzò per qualche istante, il tempo di rendersene conto, poi si voltò e lo fissò con astio, prima di tirargli un pugno sul naso.
Il fratello di Elena si portò subito una mano sotto al naso, dal quale uscì qualche goccia di sangue. Per un soffio, Adriano non le fu nuovamente addosso e tutto grazie a Rosalina. La cameriera balzò all’interno della fontana per accorrere Giulia e tentare inutilmente di calmarla. Non le importava quante volte nel corso dell’ultima ora avesse fallito, voleva bene alla sua padrona e non poteva abbandonarla proprio in un momento del genere.
Il caos creatosi s’accentuò all’arrivo del marchese Pietro e del duca Pietrarossa. Il padre di Giulia divenne rosso dalla rabbia. Era sconvolto da ciò che i suoi occhi gli stavano mostrando. Senza perder tempo s’avvicinò alla fontana.
«Pazza!» urlò Elena.
«Tu sei una pazza e una meretrice!» replicò Giulia.
Il marchese Pietro entrò a sua volta nella fontana e si frappose tra le due, riuscendo finalmente a dividerle. Aiutò Elena a rialzarsi e le prese il viso tra le mani, assicurandosi che stesse bene. La donna piangeva disperata e aveva una guancia tutta arrossata. La poverina biascicava parole incomprensibili e puntava continuamente il dito contro Giulia.
«Ha cominciato lei!» urlò la marchesina, ancora in preda alla rabbia. «Mi ha tirato uno schiaffo e… e non prova alcun rimorso per aver fatto portar via gli oggetti di mia madre. Come avete potuto permetterglielo?!»
«Taci, pazza!» gridò Elena.
Giulia tentò nuovamente di avventarsi sulla matrigna, ma suo padre le diede uno spintone talmente forte da farla scivolare e cadere. Attutito il colpo, venne aiutata a rialzarsi da Mattia e Rosalina.
«Perché lo avete fatto? Perché mi avete fatto questo? Mi odiate a tal punto?»
«Nessuno ti odia, Giulia. È frutto della tua fantasia» ribattè secco il marchese Pietro. «Sei tu la causa del tuo stesso male. Elena ha sacrificato tre anni della sua vita per te. Ha voluto aspettare che tu mutassi opinione nei suoi confronti per potermi sposare e diventar finalmente una famiglia. Se in questi tre anni non ci siamo sposati è stato per causa tua, egoista che non sei altro!»
«Causa mia?! Io non ho chiesto di andare a Verona e né di tornare!»
Mattia provò a mettersi in mezzo per non farla continuare, ma ormai era tutto inutile. Giulia non sarebbe stata zitta.
«Per quanto mi riguarda potevate sposarvi il giorno stesso della mia partenza e potevate lasciarmi a Verona! Io stavo bene dai nonni. Loro sono la mia vera famiglia. Loro mi vogliono bene, non voi!»
«Se non ti volessimo bene, ora non saresti qui».
«Arrivati a questo punto preferirei vivere in una stalla che con voi».
Il marchese Pietro sbuffò sonoramente. Era evidente che si stava trattenendo dall’aggredire la figlia. C’era qualcosa oltre la sua compostezza di ghiaccio, oltre il suo sguardo scuro e oltre l’apparente indifferenza per Giulia.
«A discapito di ciò che credi, cara la mia figliola, io ed Elena vogliamo solamente il meglio per te. Sei tu che ci ostacoli in tutte le maniere. Da quando sei tornata ti abbiamo trattata con rispetto e non mi pare che tu sia stata tanto disponibile da ricambiare o sono in errore?»
«Rispetto? Ciò che avete appena commesso credete faccia parte del rispetto?» chiese Giulia con una poca velata ironia. «Sapete quanto ho sofferto per la morte di mia madre e non avete esitato un secondo a portar via tutti i suoi ricordi».
«I ricordi vivono nelle nostre menti e non in degli oggetti».
«Gli oggetti ci permettono di ricordare. Voi li avete portati via e non ve lo perdonerò mai».
Pietro si prese qualche attimo per osservare la figlia e infine scosse il capo amareggiato.
«Sei ridicola, Giulia».
«Prendete sempre le sue difese, sempre! Non importa se sbaglia. Non conta niente ciò che dico io che sono vostra figlia, sangue del vostro sangue! Quella volgare plebea verrà sempre prima di me in ogni caso!» gridò Giulia fissandolo con astio suo padre ed Elena, che avrebbe continuato a considerare la causa del suo male assieme al fratello. Non c’era alcun rimedio a quella deplorevole situazione.
Il marchese le tirò un sonoro schiaffo. Rosalina sussultò, portandosi le mani alla bocca. Mattia lanciò un’occhiata alla marchesa Adelaide, che non era intervenuta per quel minimo di rispetto che provava per il figlio e che dopo quel gesto si sarebbe annullato. Chiunque assistette a quella scena, rimase di sasso. Alcuni rimasero sconvolti dalla durezza del marchese e altri provavano una profonda pena per Giulia. In quel momento era una povera ragazza abbandonata da tutti. Era infradiciata dalla testa ai piedi e stava inerme di fronte all’unica persona che per l’ennesima volta la tradì.
In tutta quella diatriba, Andrea fu uno spettatore inerme. Quando arrivò era già tutto cominciato e dunque non sapeva bene come si erano svolti i fatti. Si sentì diviso. Da una parte c’era la sua amica d’infanzia, una persona che conosceva piuttosto bene, che non avrebbe mai fatto del male ad una mosca. E dall’altra parte c’era una fanciulla che mostrò un’aggressività guidata non tanto dalla cattiveria, bensì dalla sofferenza. Si percepiva quello se la si guardava negli occhi. Giulia non avrebbe mai pianto di fronte a tutti, era troppo orgogliosa per farlo. Ciò non escludeva che prima di sera sarebbe crollata.
La marchesina si portò una mano alla guancia e la sentì bruciare.
«Voi non mi credete mai» sussurrò in direzione di suo padre. Nel suo sguardo c’era un’amara certezza e non rabbia. «Non l’avete mai fatto e non lo farete mai».
Giulia sollevò il suo fradicio abito, per poter uscire dalla fontana. Rosalina fu subito pronta ad aiutarla. La cameriera veronese provava una gran pena per la sua padrona, perché sapeva che non era cattiva come stava tentando di dipingerla. La sua unica colpa fu quella di cadere nella ceca rabbia.
Passando di fronte a tutti, Giulia non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo su Andrea. Lo aveva intravisto durante la discussione con suo padre e non sapeva con che occhi la stesse guardando. Per paura di un suo giudizio negativo, preferì evitarlo e rientrare in silenzio.
«Elena, sarà meglio che vi cambiate d’abito o vi prenderete un malanno» disse la marchesa Adelaide, spezzando l’assordante silenzio venutosi a creare. «Adriano, dovreste accompagnare vostra sorella, e voi duca… a voi chiedo cortesemente di lasciarmi da sola con mio figlio».
Le parole calme della gran signora smossero la situazione. Tutti fecero come era stato cortesemente ordinato e la marchesa non proferì parola fino a quando, all’ingresso della tenuta, non rimasero solamente lei e il figlio.
«Madre immagino che…»
«Sta zitto e ascoltami!» esclamò la signora, piuttosto alterata. «Tua figlia è una testa matta. I suoi modi sono completamente sbagliati, sia per il rango a cui appartiene sia per il quieto vivere di questa tenuta. Eppure non è nell’errato».
«Siete di parte, cara madre. Non tentate di farmi passare per fesso. L’avete sempre difesa!»
«È naturale, caro figlio, dal momento che nessuno in questa casa lo fa! Dovresti dar più retta a quella scapestrata di tua figlia, invece che prestar ascolto a chi ti lecca i piedi dalla mattina alla sera solo per ottenere in silenzio ciò che vuole!»
«Madre non vi permetto!»
«Sei uno sciocco, Pietro. E vedrai che un giorno ti pentirai di tutto questo» disse Adelaide sventolando una mano, poi fece cenno a Mattia di avvicinarsi e insieme rientrarono nella tenuta.

 

Mrs. Montgomery
Sono tornata con un capitolo bomba!
Eh lo so. Sono proprio cattiva con Andrea e Giulia, non li lascio godere nememno un po' di pace... ma ehi, a mia discolpa posso dirvi che il loro percorso tortuoso renderà il loro legame più forte.
Al contrario, il rapporto tra Giulia e suo padre ha perso anche l'ultima briciola di speranza di potersi ricostruire.
L'aver scelto un'altra volta Elena al posto suo, ha fatto sì che Giulia chiudesse definitivamente. Non che entrambi si fossero impegnati a riavvicinarsi, Giulia nemmeno ci ha provato, ma se in un ipotetico futuro poteva esserci speranza... be' ora non c'è più neanche quella.
Preparatevi per il prossimo capitolo. Sarà uno di quelli che vi lascerà col fiato sospeso.

Vi ringrazio per aver letto. Grazie a chi inserirà la storia nelle varie categorie e chi vorrà recensire.
Se volete seguirmi su facebook ecco il mio profilo. Nelle foto troverete i prestavolto dei protagonisti -- > Charlotte Montgomery
-Baci

 

   
 
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